LE CHIESE
La Chiesa
Matrice di S. Maria Maggiore
Nella sua primitiva struttura romanica, XIII secolo, di cui possono ancora
ammirarsi le vestigia nella Cripta sottostante a parte dell'attuale
costruzione, la Chiesa Madre era costituita da una sola navata in solida
muratura di pietra grigia e, all'interno, gli archi, gli altari, la
vasca battesimale, la cantoria, il pergamo, l'acquasantiera tutti in
pietra lavorata con sculture semplici ma sempre espressive di fede e di
arte. Qualcuno di questi pezzi d'arte è stato è stato utilizzato nella
ricostruzione del 700, altri servirono per adornare le balconate, le
scalinate, i portali di Palazzo Gaeta in Piazza Vittorio Emanuele. Era
stata costruita dalla popolazione con molta tenacia e con tanto
orgoglio, con enormi sacrifici e con molta fede, come rifugio per tutti
i cittadini in tempo di calamità e di guerra, come luogo di preghiera e
di ricovero per i pellegrini ma, soprattutto come scrigno pregiato per
custodire gelosamente le ricchezze e le memorie della propria storia.
La Torre Campanaria costituiva il simbolo. Costruita in muratura
rinforzata, a base quadrata, sulla roccia, slanciata verso l'alto per 50
metri circa, con 5 piani di apertura, con gli angoli fregiati di simboli
scolpiti su pietre sporgenti, doveva servire per chiamare a raccolta i
cittadini per le riunioni sacre e civili.
Sull'epigrafe, quasi alla base del campanile, si legge "Jacopus
Triphosianus a Stiliano hoc opus fecit. A. D. MCCCC".
Il terremoto del 1694 causò la quasi totale distruzione del paese: il
Palazzo ducale rovinò e anche la Chiesa subì gravissimi danni, cui si
posero i necessari rimedi, ma in seguito a una totale ricostruzione del
paese, secondo l'attuale tessuto urbano anche sul declino della collina,
si avvertì la necessità della ricostruzione anche della Chiesa.
La Progettazione della nuova Chiesa, da costruirsi sulle rovine della
precedente, venne affidata all'architetto Antonio Magri, della scuola
del Vanvitelli.
Per la edificazione delle strutture vennero impegnate maestranze del
posto, mentre per la lavorazione dei marmi furono chiamati artisti e
scultori da Padula e da altri luoghi.
La chiesa Madre fu ricostruita con il concorso di tutto il popolo
pignolese a cura del Capitolo della Collegiata Insigne di Pignola, che
vantava un numero cospicuo di Canonici e di partecipanti cui erano
preposti l'Arciprete, con il titolo di Priore e Abate, e alcune dignità,
e che disponeva anche di un discreto patrimonio.
Venne riconsacrata da Mons. Andrea Serrao, Vescovo di Potenza, essendo
Arciprete D. Vincenzo Abate Gaeta, il 23 maggio 1784 e dedicata
all'Assunta.
Sul portale centrale si legge "D.O.M. EIUS GENITRICI DIVISQUE OMNIBUS
TEMPLUM HOCCE IAM PENE DURUTUM FIDEIIUM PIETATE PIISQUE LARGITATIBUS PER
ANNOS SEPTEM RESTAURATUM FUIT. AN. R.AE SALUTIS 1784".
Il Tempio è di ordine compsito tra il romanico e il rinascimentale.
La struttura è a una navata a croce latina con otto cappelle laterali,
presbiterio e coro nell'abside, con transetto destro e altare per il
Santissimo e con transetto sinistro appena accennato.
Misura 55 metri in lunghezza per 27 in larghezza. All'esterno si presenta
come un complesso monumentale, in muratura a intonaco riccio, con tetti
molto movimentati e con grandi finestroni simmetrici. Vi si accede da
una particolare scalinata attraverso un portale frontale alla scalinata
e un altro centrale sulla facciata, ambedue in pietra lavorata, di
diversa epoca. Nell'interno si ha subito l'impressione di trovarsi di
fronte a una architettura maestosa, bella, proporzionata in tutte le sue
componenti, piena di luce, diffusa dagli alti e grandi finestroni con
vetri cattedrali bicolori.
Il pavimento è in marmo bianco con fasce in marmo colorato.
Su quattro archi, sostenuti da altrettanti colossali pilastri, si erge la
grande cupola sulla crociera 20/25 metri di altezza, con ai quattro
angoli sui pilastri a rilievo i quattro Evangelisti.
Sulla volta, pure in rilievo, oltre ai rosoni e alle ghirlande dorate, in
diversi riquadri sono rappresentati il Sacrificio di Abramo, Il Figliuol
Prodigo, S. Emilio, S. Irene.
La Chiesa presenta una serie di altari e parati marmorei che rispondono ai
momenti dell'arte del marmo dall'ultimo barocco al rococò e al
neo-classico della fine del settecento. Opere di notevole livello
tecnico, certamente ideate da celebri architetti e eseguite da abili
marmorei, che hanno conferito alle cappelle, al transetto, alla
balaustra e all'abside un tono di ricca fastosità e vivo colore. Così
l'Altare Maggiore, sotto l'arco trionfale, opera di pregio veramente
eccezionale del maestro Fr. Bitetti da Padula del 1795, presenta un
barocco molto denso, con girali vegetali, vasi di fiori r altri ornati,
resi con marmi di vario colore, in un intarsio preciso, somigliante
quasi a un mosaico fiorentino specialmente nell'originale paliotto. Al
centro di tre ordini di gradoni, al di sopra della mensa, il prestigioso
ciborio ricamato di sculture, e ai lati del 3° gradino due figure
angeliche con torcia.
A ridosso dell'altare maggiore, nel 1954, anno mariano, venne eretto il
trono per la Madonna. Dono del concittadino Michele Palese, emigrato
alla fine del secolo scorso a Montevideo, per grazia ricevuta, fu
realizzato in marmo di Carrara (13 tonnellate) dalla Ditta Pandolfini di
Pietrasanta su progetto dell'ing. Ugo Mazzei e fu montato dai valenti
maestri artigiani: Gerardo Piro, Vincenzo Tortorella, Angelo Silvestri.
Il Presbiterio è circoscritto da una balaustra di marmo, elevata su due
gradini, sullo stesso stile dell'altare con la scritta: "OPUS HOC
PIETATE FIDELIUM ERECTUM".
Nell'abside, dietro l'altare maggiore, l'artistico Coro ligneo, con
intarsi e cornici, venne costruito nel 1805 da maestranze artigiane di
Pignola residenti a Grassano. Vi domina un grande Crocifisso in legno.
In sacrestia, con armadi in noce finemente lavorato si conserva una tela
raffigurante S. Antonio da Padova, firmata "Philibertus Guma a Vineola
Pincebat MDCXVIII".
Nel Transetto destro un altare grande, centrale per la conservazione
dell'Eucaristia, e due altari simmetrici più piccoli, laterali sono
dello stesso stile dell'altare maggiore dell'abside.
Nello stesso transetto due vetrine evidenziano un interessante e ricco
reliquiario: Fra le molte reliquie esposte sono degne di nota quella del
Legno della Croce e della Colonna della Flagellazione di Gesù, portata
da Gerusalemme da Fra Diego da Vignola nel 1701, quella delle ossa dei
SS. Apostoli Simone e Taddeo, donata alla chiesa di Vignola dalla Regina
Giovanna II d'Angiò nel 1420 e sotto la mensa dell'altare grande un'urna
con il corpo di S. Felice Martire: " EX DEVOT. VINCENTII LOMBARDI. A.D.
1791".
Al di sopra dello stesso altare in una grande cornice di stucco domina una
tela, attribuita al pittore Giovanni Di Gregorio detto il Pietrafesa e
ai suoi discepoli. riproducente la Madonna del Carmelo e le Anime
Purganti, e ai lati del quadro due nicchie con le statue dei SS.
Arcangeli Michele e Raffaele. Al centro del paliotto degli altarini
laterali del transetto, in bassorilievo marmoreo è raffigurata la
Madonna degli Angeli, mentre al di sopra degli stessi altari, in due
cornici di pietra grigia e marmo colorato, altre due tele del Pietrafesa
rappresentanti una Crocifissione con S. Giuseppe piangente e S. Carlo
Borromeo e una Madonna con Bambino e Santi.
Sull'altare della prima cappella, a sinistra guardando l'altare maggiore
si può ammirare un polittico di tre epoche diverse: la parte centrale,
su tavola, molto probabilmente in sovrapposizione a dipinti precedenti,
riporta l'immagine della Madonna del Rosario con S. Domenico e S.
Caterina da Siena, attribuita a G. Imparato, inizio 800; la parte
inferiore pure su tavola, è originale del 300/400 e riporta una disputa,
di autore ignoto; la terza parte è costituita da 15 piccole tele
incorniciate intorno alle parti in tavola, con i misteri del Rosario,
opera di Francesco Curzio Vittore del 1841.
Nella seconda cappella, sempre a sinistra, la tela del Martirio di San
Pietro è opera del pittore Feliciano Mangieri; dello stesso artista è il
quadro di San Giovanni Apostolo della quarta cappella di destra, del
1803.
La terza cappella, di sinistra, a ridosso del Campanile, è occupata dal
Battistero con una piccola balaustra in marmo e la quarta, oltre ad
alcune statue lignee di varie epoche, presenta una tela del 600, di
autore ignoto, raffigurante il Martirio di San Lorenzo.
A destra, nella prima cappella, in una nicchia sull'altare è situata una
scultura lignea molto antica di S. Antonio di Padova, di cui si fa
menzione in una lapide: "D.O.M. DIVOQUE ANTONIO PATAVINO SACELLUM HOC AB
RUPERTO ALBANO PIO HONESTOQUE VIRO AD.MCCCCXCII DICATUM...".
Nella nicchia sull'altare in marmo della seconda cappella c'è la più bella
e la più artistica delle sculture lignee custodite in Chiesa: è
l'immagine dell'Assunta, alla quale è dedicato il tempio.
Santa Maria
degli Angeli
Il 21 settembre 1986 è stato riaperto al culto il Santuario della Madonna
del Pantano dopo il restauro per i gravi danni subiti nel terremoto del
23 novembre 198O, in occasione della tradizionale sagra della 3°
domenica di settembre.
Nella fertile pianura della Valle del Basento, poco distante dal Lago e a
circa quattro chilometri dal centro di Pignola, tra numerose case
agricole, sontuose ville e rinomati ristoranti, sorge un meraviglioso
Tempio in stile neo-classico della scuola del Vanvitelli, datato in
epigrafe sul portale in pietra lavorata: "NON SIT VOBIS GRAVE DICERE UNN
AVE - A D. 1789".
Si tratta di una costruzione realizzata a cura del Capitolo della Chiesa
Collegiata Insigne di Pignola con le offerte dei fedeli su una antica
Cappella dedicata a S. Maria degli Angeli da Monaci Basiliani che,
intorno al secolo IX, si erano insediati nella zona e che avevano
iniziato le popolazioni residenti alla devozione alla Madonna con la
venerazione di una Immagine in pietra, rinvenuta sul posto secondo la
tradizione, indicata come S. Maria degli Angeli e, attualmente, posta in
una nicchia sul portale della Chiesa stessa.
Esaurita la presenza dei Monaci Basiliani, nel secolo XII si insediarono i
Benedettini Cistercensi, che, nella steppa paludosa (Sciffra-Pantano),
oltre alla cura della Chiesa e del monastero (Grangia), si dedicarono al
prosciugamento e alla coltivazione del terreno, fino al 1524 quando la
Cappella venne assegnata al Capitolo della Chiesa di Vignola, come si
legge in documento dell'Archvio Parrocchiale: "A precedente
rassegnazione e cessione di D. Santolo Giuzio del Tito, Abate e
Commendatario della Cappella di S. Maria del Pantano, a 29 aprile 1624
da Mons. Giacomo Nino d'Amelia, Vescovo di Potenza, con sua Bulla furono
dichiarati li Preti della Chiesa di Vignola ABBATI e RETTORI di d.ta
Cappella, il di seguente 30 dello stesso mese dal Canonico D. Bartolomeo
Nolè, Notaio Apostolico di Potenza, furono immessi nel possesso colla
solita cerimonia dell'Anello p. ed a 3 Ottobre di detto anno 1524 da
Leone X con sua Bulla fu il fatto confirmato".
Una sola grande navata di m. 25x10, con volta e cupola, sui 15 metri,
sostenuta da 4 grandi pilastri con capitelli corinzi, adornate da
stucchi e affreschi.
"Dal 19 luglio al 13 novembre 1798, Mastro Francesco Bitetti da Padula
costruisce l'Altare Maggiore e il Trono sovrastante (per la nuova Statua
in legno dorato della Madonna), per incarico dell'Oblato (RettoreCustode
del Santuario eletto dal Capitolo della Collegiata di Pignola) di S.
Maria degli Angioli del Pantano, Rocco Paciello da Vignola": "un'opera
monumentale, pregevole per i marmi colorati e le figurazioni
intarsiate".
Nel 1804 lo stesso Mastro costruisce i due altari laterali, pure in marmi
colorati, mentre "si è dato principio alle fatiche dello stucco nella
Chiesa di S. Maria degli Angioli il dì 22 marzo 1804 giorno di lunedì",
dal libro di contabilità di Vincenzo Tepedino, conservato nell'Archivio
Parrocchiale.
Le due tele incorniciate sui due altari sono opera di Feliciano Mangieri
del 1803.
Dal Libro delle spese, per la fabbrica del nuovo edificio della Cappella a
cominciare dal 9 maggio 1786 fino al luglio 1805, fatte dall'Oblato
Rocco Paciello, sotto la cura di D. Francesco Pietrafesa e D. Saverio
Cammarota, risultano spesi "5.157 ducati e 56 carlini".
Nel XXV Anniversario dell'Incoronazione dell'Immagine della Madonna, 27
giugno 1990, Sua Ecc. Mons. Giuseppe Vairo, Arcivescovo di Potenza, con
suo decreto, conferiva al tempio il titolo di Santuario Diocesano.
S. Antonio Abate
Della Chiesa del 600 restano soltanto le strutture murarie e il portale
monumentale in Pietra.
L'interno, in seguito a lavori necessari di consolidamento del Genio
Civile di Potenza nell'anno 1973, fu completamente trasformato in stile
moderno.
L'antica chiesa era costituita dalla sola navata centrale; in seguito
all'abbattimento della Chiesa dell'Annunziata (1892), molto più grande e
più bella e che faceva parte dello stesso complesso di proprietà della
Congrega di Carità del SS. Sacramento, si sentì la necessità di
ampliarla per la comodità dei fedeli, per cui venne aperto un arco che
immetteva nei locali che attualmente costituiscono il presbiterio e i
due cappelloni laterali, di pertinenza della Congrega.
Si venera un'antichissima statua in legno di S. Antonio Abate; una
caratteristica immagine del Santo Anacoreta Egizio cui è legata la
protezione degli animali domestici. In suo onore, ogni anno il 17
gennaio viene celebrata una solenne festa religiosa con celebrazioni
liturgiche e anche con riti e manifestazioni spettacolari, come la
"Fanoia".
Sul sagrato della Chiesa la sera della vigilia e la benedizione degli
animali e la "Corsa dei Cavalli" dopo la Messa Solenne nel giorno della
festa.
Si possono ammirare alcuni quadri di grande valore artistico: sono della
Scuola di pittura del 600 di Filiberto Guma di Vignola, come
l'Annunciazione e la Trasfigurazione, la Madonna del Carmine, due
Madonne con Bambino, un Crocifisso con Santi e S. Michele Arcangelo.
Santa Lucia
Una Cappella in campagna, poco distante dal centro, adagiata su uno
sperone ripido sul fiume di San Michele e costruita all'inizio
dell'ottocento a devozione della Famiglia Brigante, è dedicata alla
Santa Vergine e Martire Siracusana per implorarne la particolare
protezione degli occhi.
Vi si celebra la festa religiosa al 13 dicembre, mentre durante tutto il
giorno si snoda un continuo e caratteristico pellegrinaggio di fedeli
lungo i viottoli tra i vigneti e ragazzi al "laccio" si rincorrono
giulivi. Tra parenti e conoscenti, poi, si è soliti scambiarsi la
"cuccia".
San Rocco
La Chiesa di San Rocco è datata: "A.D. 1777". Era inserita nel complesso
del Convento costruito dai Padri Cappuccini tra il 1590 e il 1595: ora è
isolata, dopo l'abbattimento del Convento negli anni quaranta, tra nuovi
fabbricati.
Una costruzione barocca, in ristrutturazione dopo il terremoto del 1980,
con volta a botte su una navata centrale e su una laterale, con vari
altari e nicchie in muratura e stucchi. Originariamente l'interno doveva
essere tutto affrescato, così come era il Convento.
L'altare maggiore, in legno finemente intarsiato, presenta sul grado
superiore un polittico con tele riproducenti santi francescani, al di
sopra del quale c'è una grande nicchia con una stupenda statua in legno
dell'Assunta: quasi certamente tutto è opera dei francescani stessi.
A fianco dell'altare maggiore, nella navata laterale, c'è un altare in
muratura dedicato a San Rocco del 1778, quando, in occasione di una
pestilenza che mieteva molte vittime tra la popolazione, fu introdotta
una particolare devozione al Santo Protettore dalla peste, celebrandone
in seguito la festa sempre al 16 di agosto.
Gli altri altari della navata secondaria sono dedicati a S. Antonio di
Padova, a S. Francesco d'Assisi e a S. Fedele da Sigmaringa, mentre due
altari laterali della navata principale sono dedicati all'Immacolata e a
S. Felice da Cantalice, con relative immagini in legno, collocate in
nicchie sovrastanti gli altari e, anche queste, opera degli stessi
frati.
Sotto l'arco di ingresso, in appositi tondi, vi erano, prima del terremoto
del 1980, tre affreschi rappresentanti il Redentore, S. Pietro e S.
Paolo, mentre al disopra dell'arco vi era la cantoria con accesso dal
convento.
San Donato
E' del 1700 la chiesa ricostruita per ingrandire la Cappella, dedicata a
San Nicola, annessa al Palazzo Ducale del 1200, ormai distrutto. Detta
Cappella era costituita dalla sola parte frontale, sulle cui pareti sono
stati scoperti affreschi bizantini riportati direttamente sulla pietra
dei muri, e a questa parte venne aggiunta la parte elevata dell'abside e
una torre fu trasformata in campanile (le pietre usate sono state
ricavate dai ruderi del palazzo).
La nuova Chiesa venne ricostruita secondo gli schemi dell'epoca con volta
barocca e ricoprendo la muratura in pietra con intonaci e stucchi. Fu
dedicata a San Donato Vescovo e Martire, in onore del quale si
introdusse la celebrazione della festa al 7 di agosto.
Conserva certamente la parte più antica di Pignola: è necessaria, perciò,
la ricostruzione.
Madonna delle Grazie
Costruita, probabilmente, al tempo degli Aragonesi verso il 500 come
Chiesa di San Giacomo, in seguito fu dedicata al culto di Maria SS.
sotto il titolo di "Madonna delle Grazie".
Era il luogo di raccolta dei fedeli che si preparavano per i pellegrinaggi
verso Roma, la Terra Santa, il Gargano, S. Giacomo di Compostela, o
verso altri Santuari vicini.
E' stata completamente rifatta in stile moderno dal Genio Civile di
Potenza negli anni 60, poiché era necessario l'abbattimento delle
vecchie strutture. Non si hanno più tracce del quadro di S. Giacomo, ma
si conserva la caratteristica statua lignea della Madonna con Bambino e
in suo onore si continua a celebrare la festa religiosa il 2 luglio con
grande concorso di fedeli.
Rifreddo - Maria, Madre della Chiesa
Questo è il titolo della Chiesa, benedetta da Mons. Augusto Bertazzoni il
giorno 8 novembre 1967, a Lui offerta in dono dall'Amministrazione
Provinciale di Potenza su terreno concetto dall'Amministrazione Comunale
di Pignola e costruita nel Bosco di Rifreddo in occasione del 90°
genetliaco dello stesso Presule, per tramandare ai posteri il Suo
messaggio di amore e di bontà trasmesso alle genti lucane con il Suo
Ministero Episcopale nella Regione.
Si tratta di una originale struttura, in cemento armato e in trabeazione
in legno, che svetta a spirale verso l'alto quasi in un tentativo di
gara con gli alberi alla ricerca della luce.
Molto bella e significativa la scultura lignea dell'immagine della Madonna
con Bambino.
San Michele
Il culto a San Michele Arcangelo, con molto probabilità, venne introdotto
tra le popolazioni di Pignola e dei paesi viciniori intorno al secolo
IX, quando anacoreti orientali, sbarcati sulle coste pugliesi, si
spinsero verso l'interno in cerca di luoghi sperduti e inaccessibili per
sfuggire alle persecuzioni iconoclaste.
La "Grotta", sperduta tra le montagne e distante circa 4 chilometri dal
centro abitato, si prestava molto bene, per solitudine e tranquillità,
per introdurre un culto all'Arcangelo similare a quello della Grotta del
Gargano e per stabilirvi una comunità con ordinamento basiliano,
sostituita in seguito da una comunità benedettina.
Nel 1535 presero possesso del luogo i Padri Cappuccini nel piccolo
Convento attiguo alla Grotta sulla quale poi costruirono una Chiesetta
per dare maggiore comodità ai fedeli e ai pellegrini.
Nel 1607 i Cappuccini, che, intanto, avevano costruito un Convento più
grande poco fuori il paese, cedettero il Convento e la Grotta agli
Osservanti che li tennero in cura fino alla soppressione decretata dal
G. Murat nel 1809.
Mentre la Grotta conserva la caratteristica antica di Chiesa Rupestre e il
Convento è ridotto a un cumulo di macerie, la Chiesa, con la pietà dei
fedeli e l'impegno di un valente Comitato, nel 1984, è stata ricostruita
dopo il crollo a causa del terremoto del 1980.
Continua ad essere venerata una simbolica Immagine di San Michele
Arcangelo, una scultura lignea di difficile datazione ma di chiara
intonazione orientale.
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