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C'era una volta il dialetto
Enzo Fittipaldi e Salvatore Fittipaldi

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A. D. L.  - ALFABETO  DEI  DIALETTI  LUCANI

 

Una Nota a parte meritano  questo Capitolo e questo Argomento.

Siamo partiti con lo scopo di  tentare di "trascrivere" il nostro dialetto facendo uso, come è di norma per tutte le altre lingue, dell'Alfabeto Fonetico Internazionale (IPA o AFI). Abbiamo dunque impostato il lavoro su questa direzione. Il lettore troverà molti testi trascritti in IPA, sebbene poco comprensibili ed eccessivamente "barocche" per chi non abbia dimestichezza con i grafemi dell'Alfabeto in parola.

In corso d'opera, e a lavoro quasi concluso, abbiamo avuto la fortuna e il privilegio di venire a conoscenza dell'esistenza dell'ADL (ALFABETO DIALETTALE LUCANO) ideato e messo in cantiere dalla Professoressa Patrizia Del Puente e i suoi validi Collaboratori del Gruppo A.L.Ba (Atlante Linguistico della Basilicata) unitamente a La Scuola Internazionale di Dialettologia, organizzata dal Centro Interuniversitario di ricerca in Dialettologia dell'Università della Basilicata.

Ci siamo dunque attivati per apprenderne l'uso. In questo capitolo si troveranno alcuni testi dimostrativi trascritti in ADL che evidenziano come l'uso dell'Alfabeto Dialettale Lucano  sia di gran lunga preferibile rispetto al meno comprensibile e leggibile IPA. Lo suggeriamo, pertanto, a tutti colori che intendano trascrivere il Rotondese, in quanto  sistema di trascrizione  che adopera per tutti i fonemi comuni le stesse regole di scrittura dell’italiano e altri grafemi per quei fonemi estranei all’inventario fonematico della lingua nazionale. Inoltre risponde all’esigenza di avere un sistema grafico che consente a tutti i Lucani di poter scrivere, secondo regole precise, le loro 131 lingue e renderle leggibili anche a chi, non lucano, voglia provare a comprenderle.

 

 

N.B. In rosso dialetto maccheronico, in blu ADR

 

 

- Tantu và all'acqua a lanceddra fino a chi si ruppe.
- Tàndu̥ va a l'acqua a langèd̥d̥r̥a finu̥ a cchë së rʉppë.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prontuario ADL

 

 

1. Indicazione dell’apertura delle vocali medie toniche;

2. Indicazione delle vocali in iato con accento acuto;

3. Indicazione delle parole tronche con accento grave;

4. Univerbazione di tutte le espressioni composte da in + sostantivo, ad esempio ngapë, mbrazzë, ecc.

5. Nelle sequenze avverbio di negazione non + parola iniziante per consonante dove si registrino cambiamenti delle consonanti a motivo dell’assimilazione bisogna utilizzare l’underscore tra non e la parola, come in num_bòtë e nun_dènë;

6. Per le forme apocopate si mantiene l’indicazione dell’apostrofo, come in l’amichë, mentre per forme come gli_uócchië e ci_ammë si mantiene l’underscore.

7. Quando ‘avere’ ha valore debitivo non va accentato, come ad esempio in anna uardà; in quanto ausiliare perfettivo o verbo con significato autonomo, invece, va accentato per ‘ha’, ‘hai’ e ‘hanno’;

8. Per quanto riguarda l’articolo indeterminativo esso è seguito dall’apostrofo prima di un nome femminile iniziante per vocale, mentre è seguito dall’underscore prima di un nome maschile, sia singolare che plurale, iniziante per vocale: es. n’ognë, ma n_ursë e n_ati.

9. Quando all’interno della parola, anche a seguito di propagginazione, si crea una nuova sequenza ui la i andrà accentata per consentire la corretta pronuncia: es. frucuìlë.

10. Quando lo iato è in posizione interna si accentano entrambe le vocali: es. pìàttë.

11. Quando in una parola la vocale tonica è una semimuta si trascrive con una ë sottolineata: es. nghëpë, sëlë.

12. Infine, in caso di conservazione della l- (anche trasformata in r-) degli articoli determinativi (lu, la, , ecc.) e quando la l- è scempia, le forme delle preposizioni articolate si presentano non univerbizzate ma divise in preposizione semplice e articolo (ad esempio da la ‘dalla’, rë rë ‘delle’, ecc.), in tutti gli altri casi sarà univerbizzata (ad es. au ‘al’, all’ ‘all’’, ecc.).

13. In caso di sovrapposizione di forme di preposizioni articolate e preposizioni semplici (ad esempio da o ra sia per ‘da” che per “dalla”), per trascrivere le preposizioni articolate si adopera la forma con i due punti (ad es. da: “dalla”) per indicare l’allungamento della vocale.

N.B. L’apostrofo indica la caduta della vocale finale;

L’underscore indica la continuità di pronuncia laddove questa causa mutamento: es. num_bòtë. Fa eccezione il caso dell’articolo indeterminativo singolare seguito da underscore laddove quest’ultimo non causa mutamento: es. n_ursë.

 

 

 CARATTERI PER LA TRASCRIZIONE DIALETTALE

di Maria Teresa Greco

 

Capita spesso di aver bisogno di scrivere in dialetto, soprattutto laddove è, fortunatamente, ancora in uso come lingua materna; sul piano scientifico gli strumenti ci sono: l’Alfabeto Fonetico Internazionale (IPA) offre caratteri che permettono una trascrizione fonetica il più possibile fedele; ma allorché si voglia scrivere il dialetto correttamente, in modo che riesca leggibile ad un pubblico il più possibile vasto, che possa essere gradevole graficamente e, con qualche attenzione, utilizzabile anche sul piano della ricerca, gli strumenti di cui si dispone si mostrano insufficienti.

Abbiamo perciò cercato di costruire una tavola praticabile per chi non sia uno specialista – tutti i segni adoperati si trovano o sulla tastiera di un normale pc o nella tavola dei simboli – ma che, a chi voglia, offra anche il mezzo di allargare le sue conoscenze e che permetta, a chi serva, di valutare bene di quali suoni si tratti; la presentiamo qui, sperando che, rendendo più agevole il compito, invogli i visitatori del sito, e quanti altri lo trovino opportuno, a darci con questo strumento testimonianza scritta del patrimonio linguistico più propriamente loro.

 

A      dell’italiano letterario (it. raso)

a       centralizzata, che suona affievolita (nap. cainata)

b       occlusiva bilabiale sonora (it. buco)

bb     occlusiva bilabiale sonora e rafforzata (it. babbo)

c       occlusiva velare sorda, quando è seguita da a, o ed u (it. capello, coltello, cuscino)

cc     occlusiva velare sorda e rafforzata (it. vacca)

χ       fricativa palatale sorda (ted. ich)

c       affricata palatale sorda, quando è seguita da e ed i (it. cento, cima)

ci      affricata palatale sorda, quando è seguita da a, o ed u (it. ciao, ciocco, ciucciare)

chi    occlusiva mediopalatale sorda (it. chiodo)

cchi  occlusiva mediopalatale sorda e rafforzata (it. secchio)

d       occlusiva dentale sonora (it. dentro)

dd    occlusiva dentale sonora e rafforzata (it. freddo)

1        occlusiva dentale sonora cacuminalizzata (titese amadìeḍḍ̣u, ingl. drums)

ḍḍ̣2    occlusiva dentale sonora cacuminalizzata e rafforzata (titese ḍamadìeḍḍ̣u)

e3        neutra (it. però)

è       aperta (it. bèllo)

è      stretta (it. stèlla)

ë      muta, vocale indistinta (fr. le)

f       fricativa labiodentale sorda (it. ferro)

ff      fricativa labiodentale sorda e rafforzata (it. rafforzare)

g         occlusiva velare sonora, quando è seguita da a, o e d u (it. gallo, goccia, gufo)

gg       occlusiva velare sonora e rafforzata (it. aggottare)

γ         fricativa velare sonora (picernese γavé, sp. luego)

g        affricata palatale sonora, quando è seguita da e ed i (it. gelo, gigante)

gi       affricata palatale sonora, quando è seguita da a, o ed u (it. già, giogo, giubba)

ggi     affricata palatale sonora e rafforzata. quando è seguita da a, o ed u (it. mannaggia, maggio, a ggiungo)

ghi      occlusiva mediopalatale sonora (it. ghiaia)

gghi    occlusiva mediopalatale sonora e rafforzata (it. agghiacciare)

i           dell’italiano letterario (it. farina)

j          semivocale palatale (it. jota, germ. Januar)

l          laterale postdentale (it. lungo)

gli       laterale palatale (it. giglio)

m        nasale bilabiale (it. mulo)

mm    nasale bilabiale rafforzata (mamma)

n         nasale dentale (it. naso)

nn      nasale dentale rafforzata (it. nonna)

gn       nasale palatale (it. ogni)

o4           neutra (it. moneta)

ò         aperta (it. nòtte)

 

1   Si ottiene, su Word,  cliccando su Inserisci, poi Simbolo; sulla finestra a destra far scorrere fino a Estensione IPA, cliccare sulla terza casella partendo da destra del secondo rigo.

2 V. nota 1.

3 Se l’accento cade sulla penultima è inutile segnarlo; se cade sulla terzultima adoperare l’accento della Estensione IPA alla settima casella da destra).

4 V. nota 3.

 

N.B. In rosso dialetto maccheronico, in blu ADR

 

 

- Femmina chi nun mangiasi fasuli cum' fai avì su bellu culu.
- Femmëna chë nu̥n màngësë fasùlë cú̥më fàië_aví ssu̥ bbèllu̥ cùlu̥.

 

 

ó       stretta (it. bócca)

o           centralizzata, che suona affievolita (tortorellese: l’òrbola)

p      occlusiva bilabiale sorda (it. padre)

pp    occlusiva bilabiale sorda e rafforzata (it. scappare)

r       vibrante postdentale (it. ramo)

rr     vibrante postdentale rafforzata (it. morra)

s       fricativa dentale sorda (it. suora)

ss     fricativa dentale sorda e rafforzata (it. cassa)

š       fricativa platale sorda, quando è seguita da velare e bilabiale (titese šcanà; špamà)

sci    fricativa platale sorda, quando è seguita da a, o ed u (it. sciame, sciopero, sciupio)

t       occlusiva dentale sorda (it. tavola)

tt     occlusiva dentale sorda e rafforzata (it. mettere)

z       affricata dentale sorda (it. mazza)

ż       affricata dentale sonora (it. mezzo)

ž       fricativa palatale sonora (tosc. ragione, fr. journal)

u      dell’italiano letterario (it. mulo)

w     semivocale bilabiale (it. water)

v      fricativa labiodentale sonora (it. tavola)

β      fricativa bilabiale sonora (sp. saber)

 

Abbreviazioni :

fr. francese

ingl. inglese

it. italiano

nap. napoletano

sp. spagnolo

ted. tedesco

tosc. Toscano

 

- U vecchio nun chiangìa ca murìa ma ca nu nsavìa mparato.
- u̥ vècchiu̥ nu̥n chiangíja ca mu̥ríja ma ca  nu̥n s(ë)_avíja mbaràtu̥.

 

 

N.B. In rosso dialetto maccheronico, in blu ADR

 

 

ALFABETO DIALETTALE LUCANO ( A.L.Ba.)

(ESTRATTO:  per un migliore utilizzo si rimanda alla versione integrale della Professoressa Patrizia DEL PUENTE - UNIBAS e il Gruppo A.L.Ba.)

 

VOCALI:

a = gàtta

ɑ = rɑšcɑtèd̥d̥ri (fusilli a ferro)

ẽ = æ / vèŋ-æʒi/vèŋ-ʒi/( tu vieni)

è=  ɛ  /pètalu/Amèrica/

é=  e  /f́éd̥d̥ra/(fetta)

ě=  ɜ

ë= ə

i=  i

ɪ̥̊=  ɪ

ɪ̈=  ii /crɪ̈atʉra/ dicɪ̈a/(diceva)

ó = o /cóme)

ò = ɔ pòrta/

ø = ø

u = u /dùci/ (dolce: aggettivo)

ʉ = ʉ / crɪ̈atʉra/

ü = /südà( sudare)

 

CONSONANTI

b

(b) b

ca,co,cu / càne/, /cód̥d̥ru/

che, chë,chi

chi+voc.  /chiàve/

ce,ci = /cìciri/

d= d   /díd̥d̥r̥u

d̥= dɪ́d̥d̥ɽu

g+ a,o,u / gàtta

ghe,ë,i

ghi+voc= /ghiru/ ghiro, / fɪyyu/  figlio

g+ e,i 

gn = /r(i)gnʉne/ rognone, /grégna/ covone

gl =

l=   latte

m=

J    =

w  =

n=

p=  /pídëtu/ peto

q=  /quàt̥t̥r̥u/

r = /rašcà/

s

š = /rašcà/(raschiare)

t

 

 Si consiglia di trascrivere /j/ solo quando è preceduta da /i/.

Si consiglia di trascrivere /w/ solo quando è preceduta da /u/

 

- U mulinu vacci ndà putia stacci.
- u̥  mu̥lìnu̥ vàccë nda pu̥tìja stàccë. 

 
 

N.B. In rosso dialetto maccheronico, in blu ADR

 

 

Riflessioni rilevate con l'ausilio di ADL (Alfabeto Dialettale Lucano) UNIBAS e della  R I V (Rivista Italiana di Dialettologia) , G. Sanga, Sistema di trascrizione semplificato secondo la grafia italiana,  1 (1977),pp.167-176.

 

Alcune caratteristiche generali della fonologia della lingua italiana rapportate con il dialetto rotondese.

 

Le  vocali del dialetto rotondese.

Le vocali i, a, u sono come in italiano: ad es. vìnü, pàlla, mùrü . Secondo la tradizione grafìca seguita dai vocabolari italiani, la pronuncia aperta di e, o è indicata con un accento grave (è, ò), la pronuncia chiusa con un accento acuto (é, ó): ad es.. bèllu̥, bénë, còd̥d̥r̥u̥, ónda.

La vocale neutra e  (detta anche vocale indistinta, o talvolta e muta) è segnata ë: ad es. pànë .

Le vocali toniche /è, é, ò, ó/ sono distinte con l' accento corrispettivo,

mentre in posizione atona sono segnate /e, o/, (in molti dialetti vengono intese semichiuse).

Le vocali nasali , ove se ne riscontrassero, andrebbero indicate mediante sovrapposizione della tilde ( ˜ ), quindi a nasale si dovrebbe indicare con ã; é nasale con; ó nasale  con õ, ecc.:

 

 Le vocali lunghe in alcuni dialetti ( tra questi quelli materani e quelli gallo-italici*** ) vengono indicate  mediante la ripetizione della vocale (sprovvista di eventuali accenti).

 quindi a lunga si dovrebbe dire aa, é lunga si dovrebbe indicare ée, ecc.:

** Le vocali lunghe non si riscontrano nel dialetto rotondese.

*** I dialetti galloitalici sono collocati in due aree strategiche importanti della regione: un primo nucleo è presente sulle alture che sovrastano il golfo di Policastro (TrecchinaRivelloNemoli, il secondo è collocato sullo spartiacque ionico-tirrenico lungo la direttrice Napoli-Salerno-Taranto (dialetti di PicernoTitoPignolaVaglio e della stessa Potenza con tracce settentrionali anche a RuotiBellaAviglianoCancellara e Trivigno).

 

 

  L’accento tonico può essere sempre indicato, e di norma andrebbe indicato :

-         nelle parole tronche (ad es.candà ),

-         sdrucciole (ad es. dìcënu̥(dicono)

-         e dove le toniche  sono la  / e / e la / o /, perché in questo caso l’accento indica anche il timbro della vocale (ad es. cóme); per semplicità può essere omesso nelle parole piane (ad es. cane o càne, a scelta).

-          

La /iviene segnata con i rispettivi accenti quando è tonica; quando è atona evolve in (Es: di (preposizione) dë;  cani (plurale di cane): canë;

Le vocali  /o, u/atone italiane in fine parola evolvono nella vocale dialettale // oppure /ëᵘEs: pecoraro /pëcràru̥/pëcràrëᵘ.

 ( vedi capitolo sull' ADL, Alfabeto Dialettale Lucano)

 

 

 

 

 

 DIGRESSIONE – PANORAMICA SUI DIALETTI

DEL NORD ITALIA E CONFRONTO CON IL ROTONDESE

 

Per evitare l’accumulo di segni, si intendono accentate le vocali provviste di un qualsiasi segno diacritico (ad es. milanese Milãã ‘Milano’); in caso di ambiguità si segna l’accento (ad es. bresciano meridionale màmå ‘mamma’, materano cӓ́në ‘cane’.

Semivocali.

 Nella parola, i, u, ü a contatto con vocale hanno valore di semivocali: in caso contrario o recano l’accento, o sono separate da un trattino: ad es. hanno valore di semivocale i in più, u in buòno, ma hanno valore di vocale i in spi-àre, u in dùe; possiamo così distinguere il bresciano pià ‘piano’ da pi-à ‘mordere’.

Quando non sono all’interno di una parola, le semivocali vengono indicate, all’occorrenza, con j: ad es. milanese j öc’ ‘gli occhi’.

 

Le occlusive velari vengono indicate con c e g avanti a, o, u, ö, ü (ad es. cànë, màgü, cùra, cúccü);

 per ch di norma si procede come per l'italiano; avanti u consonantico abbiamo trovato in uso  la grafia tradizionale italiana, quindi q in quat̥t̥r̥u̥, quístu̥ ma  la /c/ in còrë, cu̥rnùtu̥.

 

Consonanti

 Sono come in italiano p, b, t, d, m, n, r, l, f, v.

Per le palatali e le velari si adotta il sistema grafico italiano.

 Le affricate palatali vengono indicate con c e g avanti ad e, i (ad es. cibo, gentile, cínnëra, gèndë ); con ci e gi avanti ad  a, o, u, ü (ad es. marcia, giacca, giugno, milanese Giüli ‘Giulio’,màrciü, giacchétta, giùgnu̥, ciùcciu̥  ); con c’ e g’ avanti a consonante, in fine di parola e da sole (ad es. bolognese g’nóv ‘dicannove’, milanese vèc’ ‘vecchio’).

Le occlusive velari vengono indicate con c e g avanti ad a, o, u, ö, ü (ad es. cane, mago, cura,bresciano cöràm ‘cuoio’, milanese cüna ‘culla’ cànë, màgü, cùra, cúccü );

·        per ch di norma si procede come per l'italiano; così troviamo ch e gh avanti ad e, i (ad es. chi, ghiro), avanti a  consonante (ad es. neghligente ‘negligente’), in fine di parola e da sole (ad es. milanese sèch ‘secco’);

 per  gh   avanti e, i  si auspicano migliori studi, però si accettano  ghìru̥ e in altri dialetti gʲ; ǵʰ; g̊; ğ) ghiànna; gʲànna; ǵʰiànna; cu̥nìgghiu̥; cu̥nìyyu̥;  cu̥nìgʲu̥.

Avanti a  u consonantico va usata la grafia tradizionale italiana, quindi q in quadro, quòta, ma c in cuòre, innocuo.

Le occlusive palatali e postpalatali si indicano con ćhi e ǵhi avanti ad e, a, o, u, ö, ü (ad es. valchiavennasco ćhièe ‘casa’, ćhiünta ‘conta’); con ćh e ǵh avanti  a i, avanti a consonante, in fine di parola e da solo (ad es. valchiavennasco brićh ‘non, mica’).

Per quanto riguarda le sibilanti alveolari, come è noto l’italiano non distingue graficamente tra sorda e sonora: seguendo l’esempio di alcuni vocabolari indicheremo con s la sorda (ad es. santo, sasso, sàndu̥, sàssu̥ ) e con (s con puntino)  la sonora (ad es. ròṡa, aṡma, ròṡa, àṡma  ).

Per quanto riguarda la /s/ si sono evidenziati, già in altro capitolo, foni e fonemi con rispettivi grafemi (s; š; s̃; s̥ ).

Ma abbiamo trovato anche:

 fáušë (falce)

 ë_píššë ( i pesci)

dëšíjanu̥ (dicevano) con valore di /c/.

 

 la consonante /S/ con suono sc (sci) viene indicata con   davanti ad altra consonante ( Es: Scatola :šcàtu̥la).

La/S/ , che troviamo nelle parole dialettali scritte in dialetto sciocco (es.

mascatura, strazzu, strittu, ecc.) viene indicata sempre con //, ma sarebbe il caso di differenziarla dalla precedente con l'aggiunta di un simbolo diverso  (trattasi pur sempre di sibilante ma anche nasale e retroflessa nello stesso tempo). Spesso l'abbiamo indicata con ( s con tilde) ma corretto sarebbe (s con puntino sopra) , oppure  volendo evidenziare la retroflessione s̥̊ ( s con puntino sopra e sotto).

Es: mascatura: mas̥̊catùra ( spesso è stata scritta con :mašcatùra) .

Altri vocaboli sono stati scritti con (s con tilde)

Es: castrato :cas̃t̥r̥àtu̥. Questo aspetto ancora, a noi, che non siamo  tecnici del linguaggio, resta un tantino oscuro e quindi resta da approfondire.

Come si è notato questa /s/ si trova davanti a consonante, di solito la /c/ e la /t/ seguita dalla consonante /r/.

Sia la / t / che la / r / sono retroflessate , per la qualcosa andrebbero indicate con opportuno segno di distinzione. Abbiamo usato il puntino sottostante t̥; r̥ come in cas̃t̥r̥àtu̥ già citato. In questo fonema il suono della /r/, sovrasta quello della /t/. Infatti, in alcuni esempi di trascrizione abbiamo rilevato addirittura l'assenza della /t/ per evidenziarne l'indebolimento sonoro: Es:  castrato: cas̥̊r̥àtu̥; straccio: s̥̊r̥àzzu̥ .

·        Anche  questo suono necessita di approfondimento così come lo richiede la citata /r/ retroflessa dell'intero gruppo /str/ che in genere abbiamo trascritto con št̥r̥ 

Es: stretto: št̥r̥íttu̥.

 

La stessa chiarificazione richiedono  le affricate dentali, dove la z  sorda sarà indicata con z (ad es. pèzzo, pèzzu̥, azióne) e la sonora con ż (ad es., żòna, żòna, różżo).

Pure le sibilanti dentali  / s / che assomigliano uditivamente a delle z senza l’occlusione) di solito si trascrivono con z la sorda e con ż la sonora (ad es. bolognese piàzza, mèżża , Esofago: cannarróz̊z̊u̥. ).

Per quanto riguarda le sibilanti palatali, è noto che l’italiano possiede solo la sorda, scritta sc, e non la sonora, che sarà indicata, per analogia, ṡg (il suono di j francese in jour ‘giorno’): avremo quindi sc e ṡg avanti ad a, o, u, ö, ü (ad es. asciutto, toscano raṡgióne ‘ragione’); š- e ž- avanti a consonante (ad es. romagnolo šchèla ‘scala’); sc e ṡg avanti ad e, i (ad es. scémo, fiorentino duṡgènto ‘duecento’, lombardo occidentale ṡgenée ‘gennaio’, ligure nuṡge ‘noce’), in fine di parola e da sole (milanese bràsc ‘braccio’, ṡgiũũṡg ‘giungere’).

La laterale palatale è resa con gli avanti ad  e, a, o, u, ö, ü (ad es. italiano figglie ‘figlie’, veggliare ‘vegliare’, bergamasco gliura ‘allora’); con gl- avanti a consonante; con gl avanti ad i (ad es. italiano gli), in fine di parola e da sola (ad es. parmigiano igl ali ‘le ali’).

La monovibrante alvelolare, cioè r debolmente articolato (come r semplice intervocalico nello spagnolo: ad es. cara ‘faccia’, pero ‘però’), si segna

(è frequente nei dialetti veneti: ad es. paṙ ‘per’). Quanto alle nasali, oltre alla labiale m e alla dentale n, abbiamo la palatale, scritta sempre gn, come in italiano (ad es. italiano settentrionale ragno, italiano centromeridionale raggno, milanese pagn ‘panni’).

La nasale labiodentale viene indicata, come la nasale dentale, con n (ad es. ànfora).

La nasale velare si indica con solo in caso di effettiva rilevanza fonematica (ad es. piemontese lüṅa ‘luna’); si indica semplicemente con n quando è un allofono che occorre meccanicamente in certe posizioni (ad es. italiano fango, veneto meridionale canpo, veneto settentrionale canp ‘campo’).

La fricativa interdentale sorda viene indicata con th (come l’inglese th in thing ‘cosa’) e quella sonora con dh (come l’inglese th in this ‘questo’): ad es. veneto settentrionale théna ‘cena’, dhelàr ‘gelare’.

Tutte le altre fricative vengono indicate – solo se necessario - con il taglio delle rispettive occlusive, quindi p, b, t, d, ch, gh (come spagnolo b in lobo ‘lupo’, spagnolo g in lago ‘lago’): ad es. sardo cabaḍḍu ‘cavallo’, sa die ‘il giorno’, dialetto di Premana (Lecco) làga ‘lascia’.

La fricativa e l’approssimante palatale vengono trascritti j, oppure i in posizione intervocalica (ad es. veneto pàja oppure pàia ‘paglia’). L’approssimante prevelarela cosiddetta l veneziana – viene trascritto ê (ad es. veneziano góndoêa ‘gondola’, bàêa ‘sbornia’); la particolare r veneziana si trascrive ŕ.

L’approssimante laringale (chiamato anche aspirazione – è il suono dell’inglese h in have ‘avere’) si trascrive h (ad es. fiorentino la hasa ‘la casa’, bergamasco hóta ‘sotto’).

Le retroflesse vanno indicate mediante un puntino sottoscritto, quindi con ṭ, ḍ, ṛ, ḷ, ṇ, ṣ (ad es. siciliano ṭṛi ‘tre’, bèḍḍa ‘bella’).

Le uvulari si indicano mediante un accento circonflesso, quindi ĉh, ĝh, ȓ (è la r del francese rue ‘strada’): ad es. alto valtellinese soȓèla ‘sorella’.

Le consonanti doppie vengono indicate, come in italiano, mediante il raddoppiamento della consonante semplice (ad es. tutto, carro); in caso di digrammi o trigrammi, viene raddoppiata solo la prima lettera (ad es. maggio, òcchio, fasscia, figgli). Quando un nesso grafico (ad es. sc) non rappresenta un unico suono (digramma, trigramma), ma la successione dei suoni indicati dalle singole lettere (ad es. s + c), viene sciolto con l’inserzione di un trattino

(ad es. veneto s-ciao ‘ciao’, màs-cio ‘maschio’). Per suoni particolari è meglio non usare trascrizioni complicate, ma trascrizioni semplici, sempreché univoche, segnalando il valore fonetico particolare dei segni impiegati.

v Non abbiamo usato troppa sottigliezza durante la trascrizione. Per suoni particolari  non abbiamo utilizzato trascrizioni complicate, ma semplificate al massimo, pur sempre univoche, segnalando al contempo il valore fonetico  dei segni impiegati.

 

Le semiconsonanti e le semivocali nei dittonghi. Dittongo e iato

Si chiamano semiconsonanti i suoni che sono a metà strada tra le vocali e le conso­nanti. Si tratta, in pratica, delle vocali i u pronunciate stringendo ancor più il canale orale: si ottengono così la semiconsonante palatale che si indica col segno /j/ (detto jod), e la semiconsonante velare che si indica col segno /w/ (detto uau).

Secondo l'Alfabeto Dialettale Lucano /J/ e /w/ vanno usate ,di preferenza , se precedute da /i/ e /u/.

 

Esempio: ammìja, [am'mija]; attìja [at'tìja], pu̥tìja (bottega) [pu̥ˈtija], pu̥tíja (io potevo)[pu̥ˈtija] , vu̥líja (volevo) [vu̥ˈlija]

 

Le semiconsonanti hanno valore fonematico, anche se si possono reperire pochissime coppie minime rispetto alle vocali corrispondenti: ad es. spianti /'spjanti/ (2a persona singolare del presente indicativo del verbo spiantare ‘sradicare’) e spianti /spi'anti/ (participio presente plurale del verbo spiare ‘osservare senza essere visti’); la quale /la'kwale/ (pronome relativo femminile) e lacuale /laku'ale/ (relativo a un lago, lacustre). 

 

Le semiconsonanti si trovano esclusivamente nei dittonghiquesti sono combina­zioni di una semiconsonante (sempre atona) e di una vocale (che può essere tonica o atona).

Sono dittonghi ia, ie, io, tu 

(ad es. nelle parole piano, vieni, piove, piuma) e , uè, ui, uo (in guardo, guerra,guida, buono).

 

I dittonghi nei quali la semiconsonante precede la vocale si chiamano ascendenti.
Quelli nei quali si trova invece prima la vocale, si chiamano 
discendenti: 

sono ai, eioi, au, eu (ad es. in saiseinoi, causa, reuma).

La e la dei dittonghi discendenti sono più vicine alle pure vocali e vengono perciò chiamate anche semivocali.

La lingua italiana conosce anche  trittonghi, costituiti da una e una semiconso­nantiche, una vocale e una semivocale (tuoi, buoi, guai, miei), oppure da due semiconsonanti e una vocale (aiuola).

Il dittongo (ascendente o discendente) e il trittongo formano una sola sillaba; gli elementi che li compongono si possono però separare con uno sforzo di pronuncia, e in tal caso la semiconsonan­te o la semivocale diventa una vocale e fa sillaba per suo conto: mà-i, tu-òi. Questa separazione si chiama dièresi.

 

Nelle parlate meridionali, come il napoletano  si tende a vocalizzare la semiconsonante nei dittonghi ascendenti: /'buono/

 

Alla descrizione del dittongo va subito affiancata quella dello iato, perché spesso c’è confusione tra le due cose. Mentre il dittongo, come abbiamo visto, è l’unione di una semiconsonante e di una vocale che formano nell’insieme una sola sillaba, l’iato è la semplice vicinanza di due vocali che restano staccate, formano cioè due silla­be diverse (iato, dal latino hiatus, vuol dire ‘separazione’). Si ha l’iato:

 

- quando non sono presenti né la i, né la u: aereo, poeta, saetta, le one, ca │ os;

- quando la o la sono toniche: sia, due, via, Caino, paura (e anche in viale, pauroso, e in sciare, perché si avverte la derivazione dalle forme con i e u toniche);

- dopo il prefisso ri- (riesco, riapro) e dopo bi- tri- (biennio, triennio), perché in questi casi si avverte ancora l’autonomia del primo elemento.

 

Nella poesia per ragioni metriche (computo delle sillabe) un iato può formare unica sillaba (sineresi) e un dittongo può essere scisso e formare due sillabe (dieresi).

La dieresi si marca con due punti sovrapposti alla semiconsonante o semivocale.

 

Un esempio di entrambi i fenomeni è il quinto verso del sonetto di Ugo Foscolo Alla serae quando dal nevoso aere inquïete.

 

Stemma  Portale  Casa Amato

 

Stemma Portale  Casa Pandolfi

 

N.B. In rosso dialetto maccheronico, in blu ADR

 

 

- Quannu l'acqua iè ferma nun passà ca ti nechisi.
- iúmu̥ cíttu̥ nu̥n cë passà ca të nècasë

 

 
 

Universita’Ca Foscari Venezia

L’IPA e l’ambiguità dei sistemi di trascrizione tradizionali

 

Elenchiamo alcuni problemi che si riscontrano con l’alfabeto italiano utilizzato come sistema di trascrizione fonetica:

 - talvolta, una stessa lettera rappresenta due foni (o anche fonemi) diversi in parole diverse:

stella vs medico - casa vs cima -  gatto vs giostra

- talvolta, due lettere diverse rappresentano lo stesso fono/fonema in parole diverse:

quale vs scuola - gara vs ghiro

 - talvolta, una sequenza di lettere rappresenta un solo fono/fonema:

scivolo, meglio, ragno, chiostro, ghiotto (viceversa, x è una lettera singola ma rappresenta una sequenza di due foni/fonemi: xilofono)

- vi sono lettere che non corrispondono a nessun fono:

chiesa, ghiera, cielo, scienza

- una stessa lettera può talvolta rappresentare foni diversi per parlanti diversi:

ad esempio, la s di casa rappresenta foni diversi per un parlante veneto e un parlante napoletano.

- l’alfabeto italiano manca di simboli che possano rappresentare foni assenti dall’italiano (per es., la r francese, la h tedesca, la u giapponese).

- anche nell’ambito delle lingue che usano l’alfabeto latino, si usano spesso lettere diverse per trascrivere lo stesso fono/fonema (ad es. c nell’inglese cinnamon rappresenta lo stesso fono di s nell’italiano signore), e, ancora più spesso, la stessa lettera può rappresentare foni/fonemi diversi in lingue diverse (la h in italiano, tedesco, inglese).

 Per ovviare alle ambiguità ed ai problemi posti dalle grafie alfabetiche convenzionali, i linguisti hanno adottato varie forme di trascrizione fonetica in cui ci sia una relazione di corrispondenza biunivoca tra simboli e suoni:

ad ogni simbolo corrisponde uno ed un solo suono e ad ogni suono uno ed un solo simbolo.

 

L’Alfabeto Fonetico Internazionale (IPA), elaborato dalla International Phonetic Association, contiene un insieme di simboli (e diacritici) che consentono di rappresentare i foni di tutti i sistemi linguistici conosciuti; esso viene periodicamente aggiornato (l’ultima volta lo è stato nel 1996).

Nell’alfabeto IPA, ciascun fono corrisponde ad un solo simbolo (st[e]lla vs m[E]dico) e ciascun simbolo corrisponde ad un solo fono (tutt’al più, certi foni vengono rappresentati dallo stesso simbolo, ma con segni diacritici diversi):

es., /a/ vs /˜a/)

 

 

Opera di scalpellini locali – C.so Garibaldi

 

 

II B

Nell’area arcaica calabro-lucana  ,  come dice Lausberg ,si "ha: pici per « pece » come nel latino picem. La i breve del latino è trattata come la i lunga di fili, perché, in questa zona, l'equilibrio del sistema vocalico non è stato ulteriormente disturbato dall'arrivo della distinzione fra <i> aperte e chiuse. Rimane intatta la differenza fra i breve e e chiusa, per cui si ha in questa zona "creta" ben distinta da "pici", mentre in toscano creta e pece hanno confuso le due vocali in una unica. Così la u breve di nuci « noce » non si distingue dalla lunga diciamo di fumu, mentre nel toscano noce ancora una volta la u breve (e aperta) del latino volgare nucem si oppone alla lunga (e chiusa) di fumo. Inversamente la o lunga di soli « sole » non si distingue in partenza da quella diciamo di focu, ma sì dalla u breve di nuci, con la quale invece il toscano l'ha confusa (noce, sole)".

 

Gli antichi grammatici contavano 20 lettere perchè u e v erano considerate due forme della stessa lettera.

La fonetica, che studia nella sua interezza tutto il processo  dalla produzione all’ascolto, si suddivide metodologicamente in tre distinte branche:

 - la fonetica articolatoria, studia il modo con cui l’espressione linguistica è prodotta dal parlante;

 - la fonetica acustica si occupa della trasmissione dei suoni linguistici nell’aria;

 - la fonetica uditiva osserva invece il processo di ascolto e percezione dei suoni linguistici da parte dell’ascoltatore.

La     b (italiana)   scivola in v

la     v   (italiana)        in b     

bocca > ['vuk:a]; brace >  [vratʃa]; bacio > ['va:s]

                           E tutti van a "bbidi"

c > g

t>d                                              

f > v:                                                 in faccia> /nvàccia/

nd > nn in dialetto                            mondo>  /mnn/

                                                              quando> /quann/    

 

 

 

 

III. A

 

ELENCO ESEMPI CONTENENTI TERMINI DIALETTALI

ESTRATTI DAL PROGETTO A.L.Ba - UNIVERSITA' DI BASILICATA-

 

ADL

IPA

ITALIANO

cupërtùra

kupərˈture]

copertura

celuràsu̥

[tʃeluˈrasu]

controsoffitta

archit̥r̃àvë

[arke ʈɽavɘ]

architrave

catarràtta

[kataˈrːatʰːa]

ribalta

piano dë nzupra

[pjanu di͜nt'supra]

piano di sopra

piano dë sútta

[pianu di ͜'sutta]

piano di sotto

stàd̥d̥ra

[staɖɽːa]

stalla

candì̥na

[kanˈðina]

cantina

chiangàtu̥

[kjaŋˈgato]

soffitta

lašt̥rëcu̥

[ˈlaʃʈɽəko]

pavimento

sgabu̥zzìnu̥

[zgabːuˈtːʒino]

sgabuzzino

fënèt̥r̃a

[fəˈnɛʃʈɽa]

finestra

mašcatùra

[maʃkaˈtura]

serratura

vít̥rë

[ˈviʈɽi]

vetri

fu̥cu̥làru̥

[fokuˈlaro]

camino

scànnu̥

[skanːo]

sgabello

scannëcèd̥d̥r̃u̥

[skanːi'ʈʃɛɖɽu]

sgabellino

sèggia

[ˈsedːʒa]

sedia

caššonë

[kaʃ'oːne]

cassone

bu̥ffètta

[bːuˈfɛtʰːa]

buffetta

màt̥t̥r̃a 

[ˈmaʈːɽa]

madia

crëdènza

[kriˈðɛndza]

credenza

scansìa

[ʃkanˈdzja]

scansia

cristallèra

[kristaˈlːɛra]

cristalliera

scandënàto

[skantiˈnatu]

scantinato

vascunë

[vaʃˈkunə]

grossa vasca

 tinèd̥d̥r̃a

[tiˈnɛːɖɽa]

tinozza

 t̥r̃ëcatùru̥

[ʃʈɽikaˈtuːru]

tavola per lavare

conga

[ˈkoŋga]

conca

pedistàd̥d̥r̃u̥

[pɛdiˈstaɖːɽo]

piedistallo

mataràzz

[mataˈratːʒo]

materasso

cupèrta

[kuˈpɛrta]

coperta

muttìta

[muˈtːita]

imbottita

lënzúl

[lənˈdzulɔ]

lenzuolo

cuššìnu̥

[kuˈʃ:ino]

cuscino

cëmígghia -cëmíyya

[cəˈmi:ɠɧia]

ciniglia

     

piššatùr

[pʃːaˈturœ]

orinale

scarfalètt

[skarfaˈlɛtʰ:u]

scaldaletto

šša

[ˈkaʃːa]

cassa

ba(g)ùgghi - baguyy

[b:aˈɣuʎːɔ]

grossa cassa

(a)vandësënu̥

[vandəˈsino]

grambiule - avanti seno

mappìla

[maˈpi:la]

strofinaccio

msal

[məˈsalə]

tovaglia

stë(i)avucc

[stjaˈvukːɔ]

tovagliolo

trppèd

[trəˈpːeðə]

treppiede

camat̥r̃a

[kaˈmaʃʈɽa]

catena

mottìta

[muˈtːita]

imbottita

juɟɟiarul

[ juːɟjaˈruːlo] [juʃːaˈrulɔ]

soffietto

pgnata

[piˈɲːata]

pignata

spressurìzzazione

[spressuriddzaˈtsjone]

spressurizzazione

ca(v)udara

[kavuˈðara][kaʰuˈðara]

caldaia

sartania

[sarˈtanja]

padella

tighèd̥d̥r̃a

[tiˈɠʰɛ:ɖɽa]   [tiˈʰɛ:ɖɽa]

pentola

tiganèd̥d̥r̃a

[tiʰaˈnɛ:ɖɽa]

pentolina

cuperchio

[kuˈpɛrkju]

coperchio

gùmmula

[ˈgumːəla]

brocca

kannàta

[kaˈnːata]

cannata

lanced̥d̥r̃a

[lanˈdʒɛɖːra]

anfora per acqua

buttiyyunë- buttigghiunë

[b:utːiˈʰjunə]

bottiglione

fiàsco

[ˈfjaskɔ]

fiasco

ttippl

[uˈtːipːulu]

tappo

varlir

[varˈlirə]

barile

vtticèd̥d̥r̃a

[vutːəˈtʃɛɖʳːa]

piccola botte

giàrra

[ˈdʒarːa]

giara

mesa

['mɛsa]

madia

laganatùr

[laɣanaːturɔ]

spianatore

ràsula

[raˈsula]

raschiatrice

zuppèra

[dzuˈpːɛra]

zuppiera

cucchiàra

[kuˈkʷara]

mestolo

cucchiar

[kukʲːarɔ]

cucchiaio

furcìna

[furˈtʃina]

forchetta

šcumaròla

[ʃkumaˈrola]

mestolo bucato

coppo

[ˈkɔpːo]

mestolo concavo

culìno

[kuˈlinɔ]

colino

kulatura

[kulaˈtura]

colatura

macined̥d̥r̃u̥

[matʃˈneɖʳːo]

macinino

murtàle

[murˈtale]

mortaio

pisatùr

[pisaːturo]

pestello

muted̥d̥r̃u̥

[muˈteɖʳːu]

imbuto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Acquasantiera in pietra Chiesa del Rosario

 

 

 

III B

·        NESSI CON LA LINGUA LATINA

       (ricavati dal DIZIONARIO DIALETTALE DI GALLICCHIO a cura di Maria   

        Grazia Balzano)

 

-cul- :  (AURICULA);

-tul- : (CAPITULU)

 -r + cons:  resta intatto:' Korpu] ( CORPU; il corpo).

- rg e rv- molto spesso vengono separati  da  una vocale o una consonante: [ ' veri:ga] ( VIRGA; la verga), [ 'ko:rivo] (CORVU; il corvo);

 -l + cons: viene velarizzata:[' favuce] ( FALCE; la falce, (  CALIDU;  caldo),

[' vur:pa] ( VULPE;  volpe);  [mali'vitzu] (MALVICEU; il tordo); oppure sostituita la consonante   (PULPA;  polpa).

-gr dal lat. NIGRU e NIGRA  :[' nivu:ru], (nero); [' nivu:ra](nera).

-r + consonante di solito resta la stessa : [ kòrpu]( CORPU; il corpo).

 -r-mb--nd-: la labiale e la dentale vengono  assimilate alla m e alla n:            [pa'lum:u] ( PALUMBU; colombo);  [Ru'tun:a ( ROTUNDA);

-gn :  lat. COGNATU diventa ka'natu], il lat. AGN]U  diventa ………(???) 

 -mp-nt-nc-  vengono sonorizzate (TIMPA;  roccia ); 

   (CRESCENTEM;  lievito),   (  HANKA- anca).

-x- ss-sc (LIXIVA;  lisciva);  (COXA;  coscia)

-ti :   ( CUCUTIA;  zucca).

-li:  / (PALEA; la paglia),  OLEU; olio);

-pi : (SAPIO; so),(APIU; il sedano);

-mi -ni:[ˈgre:ña]  (GREMIA;  covone.).

-ri. CORIU , cuoio) PARICULUM-PARICLUM:[pa'rik:ia ](coppia di buoi)   

 

P.zza Vitt.Eman.III – inizi anni 60

 

 

Alcuni termini rotondesi derivanti dalla lingua latina

 

avèra (da habueram); avèra [aˈvɛra]

avèmu (da habueramus); avèmu̥    [aˈvɛmu]

fhéddra (da ofèlla, dim. di offa), fetta;; féd̥d̥r̥a   [ˈfɛɖɖɽa]

fhora (da foras), fuorifòra   [ˈfɔra]

jamunìnni (da eamus inde);  iamu̥nìnnë [jamuˈninnə]

jàtu (da flatus,), fiato, soffio;  iàtu̥   [ˈjatu]

lavìna (da labina), corso d'acqua melmosa che si forma in seguito ad un acquazzone lavìna  [laˈvina]

 nzurari (da inuxorare), prender moglie; nzurà [ndzuˈra] 

primùra (da prèmere, pressare), fretta;; prëmùr[prəˈmura

pirtusu (da pertusum, pt. di pertùdere, forare, bucare), pertugio, foro; përtùsu̥  [pərˈtusu]

sauzizza (da salsus, salato, e insicia, carne tagliuzzata), salsiccia;

saü̥zìzza-sa(v)u̥zìzza  [sauˈtsittsa]

scapùlari (da exire ex capulis, o dal tardo lat. excapulare, liberarsi dai legami, dagli impegni lavorativi), sospendere il lavoro giornaliero; scapu̥là [skapuˈla]

scrima (da discrimen), scriminatura, linea di divisione dei capelli;;  scrìma

[ ˈskrima]

scutulare (da excutere), scuotere, scrollare;

scotu̥là (scu̥tu̥là-scu̥tulë(i)à) [skotuˈla]

sìngàre (da signare), segnare, tracciare;; sëngà [sənˈga]

spatriàtu (da da extra e patria, fuori della patria), espatriato, esule;  spat̥r̥ë(i)àtu̥ [spaʈɽəjatu]

trappitu (da trapetum), frantoio;; t̥r̥appìtu̥ [ʈɽapˈpitu]

truzzàre (da extrusare), strusciare, sfregare, urtare;

t̥r̥u̥zzà  [ʈɽu[tˈtsa]

vèrtula (da averla, sacco per provviste), bisaccia;

vèrtu̥la [ˈvertula] 

vozza (da guttur), gozzo vòzza [ˈvottsa]

 

 

Alcuni termini rotondesi derivanti dalla lingua araba

 

arrassàre (da arràda), spostare, rimuovere, allontanare;

arrassà [arrasˈsa]

babbaluccu (da mamluk), mammalucco, soldato di un antico esercito turco-egiziano e, fig., individuo sciocco, tonto,babbeo;;

babbalùccu̥ - mammalùccu̥ [mamːaˈlucːu]   

cìbbia (da gàbiya),vasca in muratura, in cui viene raccolta l'acqua piovana da usare per l'irrigazione;

cìbbë(i)a [ˈtʃibːia]

fhundu (da funduk), fondo, podere, grossa tenuta;

fúndu̥ [ˈfundu]

giàrra (da giarrah), giara, grosso vaso di argilla per conservare olio;

giàrra [ˈdʒarra]  

giurgiulèia (da giulgiulan), giuggiolena, sorta di dolce fatto con semi di sesamo, miele e farina eli frumento;

 giu̥rgiu̥lèia- giu̥rgiulèna  [dʒurdʒuˈlɛja]

limùni (da laimun), limone;

lëmúnë  [ləˈmunə]

tamarru (da tammàr, mercante di datteri), uomo grossolano, individuo rozzo, buzzurro;

tamàrru̥ [taˈmarːu

tazza (da lassah), tazza;

 tàzza  [ˈtattsa]  

tavutu (da dabùt), bara;

ta(v)ùtu̥ - [taˈʋtu] [taˈvutu]

 

- Si voi a masciata vacci si nò mannacci.
- Së vvòie a mmaššàta vàccë së nnó mannàcce 

 


N.B. In rosso dialetto maccheronico, in blu ADR

 

 

 

Alcuni termini rotondesi derivanti dalla lingua spagnola

 

 

 abbrazzare (da abrazar), abbracciare; abbrazzà   [abbratˈtsa]

allazzàri (da enlazar), allacciare, stringer con laccio; fig., avviarsi,

mettersi in cammino; allazzà  [allatˈtsa]

buffittùni (da bofètón), manrovescio, ceffone, sberla; bu̥ffëttùnu̥ (s.)  bu̥ffëttùnë (p.) [buffətˈtunu]

bulletta (da bullella), bolletta, scontrino;; bu̥llétta  [bulˈlɛtːa]

crianza (da crianza), creanza, urbanità;; crë(i)ànza [crəˈ(j)antsa]

gregna (da grena), mannello di grano; grégna, gréña  [greɲɲa]

fhilèra (da hilera), fila, ordine di cose o persone disposte l'una dietro l'altra; fëlèra [fəˈlɛra] 

jènnere (da jerno), genero; iènnëru̥ [ˈjɛnːəru]

mammastra (da madrastra), matrigna;;

mammàs̃t̥r̥a [mamˈmaʂʈɽa] mantinimentu (da mantinimiento), mantenimento,

sostentamento; mantënëméndu̥  [mantənəˈmɛndu]

mulinàru (da molinero), mugnaio;  mulënàru [muləˈnaru]

paliàta (da apalear), bastonata, percosse con un bastone;

palë(i)àta [paləˈ(j)ata]

pignata (da pinata), pignatta;;  pëgnàta, pëñàta [pəɲˈɲata]

pulìtu (da pulido), leggiadro, ordinato, acconcio;pulítu̥ [puˈlitu]

 rasc-care (da rascar), grattare, graffiare e, p. est., sottrarre fraudolentemente, sgraffignarerašcà  [raˈʃka]

rifriscàre (da refrescar), rinfrescare, ristorare;

rizzu (da rizo), riccio, riccioluto; rëfrëscà [eəfrəˈska]

scampàre (da escampar), spiovere, cessar di piovere;

scambà [skamˈba]

scarfàta (da escalfadura), atto o effetto dello scaldare,

riscaldamento; scarfàta [skarˈfata]

simmàna (da simana), settimana;sëmmàna  [səmˈmana]

 suprissàta (da sobreasada), soppressata;

su̥prëssàta [suprəsˈsata]

tuvàgghia (da toalla), asciugamano, asciugatoio;

tu̥vàgghia , tuvàyya, tuvagʲgʲa [tuˈvaggja]

vrace (da brasa), brace; vràcë, vràšë, vràša [ˈvraʃə]

vrazzu (da brazo), braccio;  vràzzu̥ [ˈvrattsu]

 

 

Alcuni termini rotondesi derivanti dalla lingua francese

 

accattàre (da acheter), comperare; accattà [akkatˈta]

ammucciàtu (da mucer o mucher), nascosto, celato;

ammu̥cciàtu̥  [ammutˈtʃatu]

ammunziddràre (da amonceler), ammucchiare,

ammonticchiare,accumulare; ammu̥nzëd̥d̥r̥à  [ammundzəɖˈɖɽa]

arraggiàtu (da enragé), arrabbiato, infuriato, stizzito;

arraggiàtu̥   [arradˈdzatu]

 buàtta (da boîte), barattolo di latta, di alluminio o di altro

materiale; bu̥(v)àtta  [buˈ(v)at:a]

buffetta (da buffet), credenza, dispensa, tavola su cui si mangia

o scrive bu̥ffétta [bufˈfɛtːa]

brillòcco (da breloque), medaglione, catena, ciondolo d'oro;

brëllòccu̥   [brəlˈlɔkku]

ciràsu (da cerise), ciliegio, ciliegia; cëràsu̥ [tʃəˈrazu

fòrgia (da forge), fucina, officina ciel fabbro;;

fòrgia   [ˈfɔrdʒa]

gradìgghia (da `grille), griglia, graticola;

gradìgghia, gradìyya, gradìgʲgʲa [ graˈdiggja]

malivìzzu (da mauvis), tordo; malëvìzzu̥ [maləˈvittsu]

mbìgna (da empeigne, tomaia cli scarpa),;

mbígna, mbíña  [ˈmbiɲɲa]

maccatùru (da mouchoir), fazzoletto; maccatùru̥ [makːaˈturu]

puma (da pomme), mela; pùma [ˈpuma]

ràggia (da rage), rabbia, stizza;; ràggia  [ˈraddʒa]

ruzza (da rouille), ruggine; strato di sporcizia; rùzza [ˈruddza]

sciafferru (da chauffer), autista, guidatore di automobile;

sciaffèrru̥, šaffèrru̥  [ ʃafˈfɛrːu]

sciammissu (da chemise, camicia), voce usata con valore

spregiativo, per indicare un soprabito vecchio e logoro;

sciammìssu̥ , šammìssu̥ [ʃamˈmisːu]

sparagnàre (dall'ant. fr. sparaigner), risparmiare,economizzare;

sparagnà, sparañà [sparaɲˈɲa]

stàccia (da estache), palo di sostegno;

staccià [statˈtʃa]

tatarànnu (da grand-pére), nonno paterno o materno;

tatarànnu [tataˈranːu]

 

bërlòccu̥ [bərˈlɔkːu] (breloque in francese significa FASCINO...

n dialetto rotondese spesso si usa in senso ironico o metaforico...

t_hàië mísu̥ nu̥ bërlòccu̥

 

 

 

Alcuni termini rotondesi derivanti dalla lingua germanica

 

 

 Anca (da hanke), anca, gamba; ànca, ànga [ˈanka]

crùccu (da krok), gancio, uncino, bastone ripiegato ad una estremità; crùccu̥ [ˈkrukːu]

gabbu (da gabb, scherno, burla.), ostentazione di meraviglia per gli

 errori e difetti altrui; gàbbu̥ [ˈgabːu]

 

- A fa cumi ti fanu nun ci vò mastria.
- A fà cómë të fànu nun cë vó ma(i)ës̥̊t̥r̥ìja


 

N.B. In rosso dialetto maccheronico, in blu ADR

 

 

 

III C

·       ALCUNI NESSI CON I TERMINI NORMANNI 

        (assorbiti anche dalla lingua siciliana):

 

[akkat'ta] - comprare (dal normanno acater, francese moderno acheter ['attsa] -           sedano (da ache) 
[ar'madjo] -    armadio (da armoire) 
[appɔd'dʒa] -  appoggiare (da appuyer) 
[bu'atta] -       latta, barattolo (da boîte) 
[magad'dzino
](da magasin) 
[mus'taddzi] -    baffi (da moustache) 
[per'tsa] -        bucare , perciare
['pollitse]-        pollice (da poucier) 
['atsina]        uva (da raisin) 
[ŋʈɽuppiˈka]- inciampare (dal normanno triper; provenzale trepar) 

['kray] -          (domani)  cras

[pis'kray]-      (dopodomani)  post cras.

 

 

 

DIO PADRE

PORTALE CENTRALE CHIESA MADRE

 

 

III D

 

·        TERMINI DI DERIVAZIONE GRECA

Le parole ad etimo greco si presentano in forma più contorta rispetto a quelle di derivazione latina.

 

      [ˈkitarra]          citara  (cetra)

      [ˈbabbu]           πάππος -pappus   (rimbambito)

      [stup'peɖ:ɽu]stupios  (contenitore in legno, unità di misura)

      [skɔtuˈla]          cotiule  (agitare i rami per raccogliere olive)

       ['kropo]     κροπος  : (letame)

       [ka'tojo]     κατα(sotto) γειος(terra) e  non  κατα οικια (sotto casa, 

                           cioè   dimora, abitazione, villa)   = cantina,sotterraneo

                           ι’ αυθμός  dalla radice ίαυω (riposo) , è il luogo di riposo  

                           del gregge

       [wa'lanu]   βοϋς (bue) + έλαϋνω (spingere) ,è colui che spinge i  

                             buoi (v.sagra    della  “pitu”), con trasformazione della 

                             consonante “b” di bue in “v” di 

      [mumts'gràfju]     μόσκος = vitello, ragazzino , bamboccio, al 

             ['spìnnu]       σπάνις = desiderio,  desiderio ardente di qualcosa, per 

                                   lo più di cibo

      [terra 'jɛrsa]    γή χέρσος (arida,incolta) ,campo incolto,arido

      [tsa'maulo]   κεραύλης (suonatore di corno)  persona tonta , che

                                parla troppo                             

      [kuttsiɖˈɖɽato]      πόρχης ( cerchio ) έιδώς (simile), dolce fatto a

                                   Cerchio

       cántaru (da kántharos, vaso con anse), cantero, vaso da notte;

        -càntaru̥ (càndaru̥)  ;  [ʼkantaru] [ʼkanðaru]

       carusári (da kéiro, taglio, toso), radere i capelli, rapare,tosare;

       -caru̥sàrë, caru̥sà [karuˈsa]

       ciaramílu (da kerantís), tegolo; -ciaramílu̥ (cëramílu̥) [tʃəraˈmilu]

       jàscu (da askòs), fiasco; -iàscu̥ [ˈjasku]

       pìsulu (da pizùlion, banco di pietre), sedile in muratura, vicino

      all'ingresso delle vecchie case; -pìsu̥lu̥ [piˈsulu]

       putìa (da apotèche, ripostiglio, magazzino), bottega, negozio;

        pu̥tìa [puˈtja]

      scifhu (da skyphos), truogolo; -šìfu̥ [ˈʃifu]

      spinzu (da spìza), fringuello; -spìnzu̥ [ˈspintsu]

      tuppitiàri (da tùpto, percuoto), colpire, battere ripetutamente;

       tuppëtë(i)à [tuppətəˈja]

      zitu (da zetèo,vado cercando),giovane in cerca di moglie,sposo      

      novello. -zìtu̥ [ˈdzitu]

 

 

 

 

Cupola e campanile  Chiesa Madre

 

 

 

 

 

 

 

 

III E

TOPONIMI

 

   Buìle   [buˈjle]   βοΰ (bue)  ιλός (sudiciume, letame) letame dei buoi

   Calorie   [kaˈlɔrje]      Καλλάυρια   ,  καλός (bello)    ἀήρ (aria) 

   Ciponzio  [tʃiˈpɔndzio]  Κήπος   ( terreno lavorato)

   Cornuto(ponte) [kurˈnuto][ˈpɔnte]  χώρος  (luogo)  νότιος (umido) luogo umido

   Coste      [ˈkɔste]           Χοστός          (accumulo di rocce)

   Formigosa  [formiˈgɔsa]   Φόρμιγγοσα   φόρμιξ (cetra)  γά (terra)  =  artigianato del    luogo

   Fosse   [ˈfɔsse]     Φώς  (    luminoso, luogo soleggiato )  

   Fusaro  [fuˈzaro]  φύσα (ventosa)  ορώ (corrente)  

   Fratta   ['frat:a]    φράτρα  (fraternità, gruppi di famiglie collegate da parentela)

   Frustero   [frusˈtɛro]  φρυκτορός  (pericolo di fuochi)

   Gaglione   [gaʎˈʎɔne] γά   (terra) γλευκος  ( vino dolce)

   Gringiàso  [grindˈʒjaso]  γρΰ   (grugnito del maiale) γάιοη  ( per terra)  

   Lori     [ˈlɔri]  λόγος (giaciglio)  ρό (corrente) giaciglio presso la corrente 

   Malita   [ˈmalita]  μελίτος   terreno coltivato a meli  

   Màuro   [ˈmawro] μαυρός (scuro) luogo scuro 

   Paracèddro  [paraˈtʃɛɖɖɽo]  παρά  (presso)  χέδρος (cedro)

   Paragaddrìne   [paragaɖˈɖɽine]  παρά  (presso)  γά (terra)  δρυώνος (querceto) presso  la terra del querceto

   Palombaro  [paloɱˈbaro]  παλιμβλάστης  (che cresce di più , in inverno)

   Paratùro    [paraˈturo]  παρά ( presso,a lato)   τοϋ (della)    ρό (corrente) presso  la  corrente

   Patricòne   [paʈɽiˈkɔne]  πατήρ (padre)  έιχων (icona) icona del padre

   Petrìtto   [peˈʈɽitto]   πετρηήις  (sassoso, pietroso) luogo pieno di sassi

   Pizzo i trenta  [pittsiˈʈɽɛnta]     πήξις (fortificarsi dentro)  τρητός ( perforato ) fortificarsi,quindi   nascondersi dentro un luogo forato

   Priatòrio   [priʲaˈtɔrjo] πρίω  (per,attraverso)  κάτοδος  (discesa) attraverso la discesa

   Sitòngia   [siˈtɔndʒa] σίτος ( frumento) γά  (terra) terra (coltivata) a frumento

   Scaudacàne   [ʃkawðaˈkane]  σχοίνινος  (di giunco)  κάνης (intreccio di canne, canestro) intreccio canne di giunco

    Zìrcoli   [ˈtʒirkoli] σέκος (  pecorile)  κίρκος  (cerchio)  recinto di pecore

 

 

 

III F

 

Termini  di varia derivazione

 

[buˈtiɠɧja] - boutelille- bottiglia /bu̥ttìgghia/ 

 [ab'baʃu] - abajo /a baix /abaixo/ en bas     

 [ˈJɛrə]- ieri - ayer/ hier

[ammuˈjna]-chiasso - amohinar/amoïnar

[ˈkantaro]-vaso da notte /κάνθαρος (kántharos)

[kuˈkjara] - mestolo - cuchara / cochlearia

[kuˈr:ja]- cinta - correa / corrigia

[mi'sale] / tovaglia /μησάλιον (mesálion) / mesa (tavolo) / mensa (tavolo, pasto, altare)

['pak:aro]- schiaffo - πᾶς (pâs) "tutto" e χείρ (chéir) "mano"

[pu'tja ]- negozio, bottega - apotheca / ἀποθήκη (apothéke) / boutique

[tsi'm:aro] - caprone- χιμμάρος (chimmáros)

 

Portale casa De Rinaldis

 

-Il dialetto, a volte è di fatto un'emarginazione. A Torino, dove ho vissuto per parecchi anni, vedevo che per moltissimi emigranti del Sud che lavoravano alla Fiat in non possedere la lingua italiana era un ostacolo quasi insormontabile. E parlo della vita di tutti i giorni, al lavoro o nei negozi, al di là della "discriminazione nordista". Partivano già emarginati, linguisticamente.                                          

(Edoardo Sanguineti)

 

IV A

Singolare                              Plurale  

 Non si evidenzia usuale opposizione fonomorfematica tra singolare e plurale:

In larga parte dei casi, i nomi formano il plurale cambiando la desinenza finale del singolare.

Particolare attenzione deve essere posta alle parole singolari che terminano in e e in o  .

N.B. LE REGOLE GRAMMATICALI NON COINCIDONO CON QUELLE FONETICHE.

 

[ka:sa]   /casa/                           casa/e                                  [ka:se]  /casë/

 man                                           mano                                   /manë/             

[staɖ:ɽa]                                       stalla/e                            ['staɖ:ɽə]                           [kanˈdina]                                    cantina/e                        [kanˈdinə]  

[kjaŋˈgato]                                  soffitta/e                         [kjaŋˈgatə]                               

 

 Maschile                                          Femminile                                      

 

 [' bɛɗ:ɽu]                                            [' bɛɗ:ɽa]  

 

Alcuni dialetti presentano  invece una variazione fonetica dovuta ad un fenomeno che si chiama sensibilità alla struttura sillabica, ossia le vocali possono avere esiti diversi a seconda che la sillaba in cui si trovano termini in consonante (sillaba chiusa) o in vocale (sillaba aperta)

ES: DEN-TE(M): (sillaba chiusa-vocale aperta)

PE-DE(M): (sillaba aperta-vocale chiusa)

In italiano, a differenza di altre lingue come l’inglese, la lunghezza (durata) delle vocali non ha valore fonologico. Nel parlato accurato si osserva tuttavia un fenomeno: le vocali che si trovano in certe posizioni sono relativamente più lunghe di altre. Poiché questa differenza non porta a distinzioni di significato, nella maggioranza dei casi il parlante e l’ascoltatore non se ne rendono conto.

 

 

 

 Per segnalare questo fenomeno nelle trascrizioni fonetiche è dunque necessario non affidarsi alle percezioni uditive ma a due semplici regole di struttura sillabica:

 

·           sono sempre lunghe foneticamente le vocali che si trovano in sillaba tonica  aperta (ossia in una sillaba che termina per vocale), non in finale di parola.

 

·           Sono brevi le vocali atone, le vocali toniche in sillaba chiusa, e le vocali   toniche in sillaba aperta se in fine di parola.

 

·        Se consideriamo il caso di sillabe il cui incipit è costituito da una sola consonante, notiamo che qualsiasi consonante può comparire in tale posizione:

       pi.no             ti.mo     bu.ko      di.to    fu.zo      se.ra

       dZe.lo           dze.ro   paz.zo     tSe.na

·        Se consideriamo invece delle sillabe con un incipit biconsonantico

            notiamo che la seconda consonante è sempre una liquida:

       p[l]a.ci.do    g[l]a.cia.le          a.t[l]e.ta             p[l]i.co  c[l]o.ne

       b[r]e.ve        p[r]i.mo               f[r]a.te     c[r]e.ta            t[r]o.ta    g[r]u.mo

 

Le sillabe possono anche avere del materiale dopo il nucleo sillabico.

Il materiale consonantico che si trova nella sillaba dopo il nucleo sillabico viene detto coda.

Una sillaba che termina con una coda viene detta chiusa; una sillaba che termina con il nucleo sillabico viene detta aperta.

Se consideriamo ora invece non delle sillabe aperte, che finiscono in vocale, ma sillabe chiuse da una coda consonantica, notiamo che la coda può essere o una sonorante (liquida o nasale o la approssimante di un dittongo discendente) o la prima di un nesso di geminate:

 

       tap.po                 rab.bia          gat.to   rid.da         pac.co            

       leg.go    baf.fo      ov.vio           sas.so

 

       pa[r].co        te[r].no       fo[r].no         co[r].da

       ta[l].co         fe[l].ce       fi[l].tro          so[l].co

       sa[m].ba      li[n ].fa       ti[n].ta           fa[n ].go            

       fo[j].ba         da[j].no    fa[w].na         fe[w].do

 

 

NOTA: Per quanto concerne le parole (singolari e soprattutto maschili)  terminanti in /u/  è doveroso sottolineare  : 

- la /u/  essendo quasi sempre atona, non appare "piena" e di "netta distinzione". Più correttamente occorrerebbe trascriverla alla guisa della trascrizione usata per la /i/ e la  /ë / e quindi trascriverla con /ö/ : 

Esempi: tavölìnö, mišcarèd̥d̥r̥ö, pr̥ësùttö

 

 

Stemma Portale Casa Iorio

 

 

IV B

    Articoli  Determinativi

il           u                        il cane                   [ u'ka:ne]  /u̥ canë/

lo          u        u̥               lo specchio           [uˈʃpɛːkjo]  /u̥ specchiu̥/

l'           u        u̥                l'ubriacone           [uɱbrjaˈkɔnə]                                                 la           a       a                la casa                   [ a'ka:sa]   / a casa/

l'            l'       l’                 l'acqua                  ['lakwa]     / l'acqua/                                 

  i                                       i cani                      [i' ka:ni]   /ë canë/

  gli          i                         gli scarpari            [i skar'pari]     scarpàr

                                                                                                                                                                               

  le          e         ë                le case                    [e'ka:se]      /ë casë/ 

 

·        Nella lingua parlata è comune anche la forma neutra" i ".

 

Articoli Indeterminativi

un            nu    (nu̥)                 un cane :                       [nu̥ 'kane]

                                                      

uno          nu   (nu̥)                 uno Stato                     [nu̥ 'Statu]

 

        una           na                           una macchina              [na 'makina]

                                                                               

                                         un’ infermiera             [n_inferˈmiɛra]

 

Preposizioni semplici

di  d          i                      La casa di Nicola :        a casa Nicola                                                                                                                    

                                                                                          a casa d Nicola  

del    dello     du̥                        Via del Castello         [ˈvija du caʃˈtɛɖ:ɽu]        

della delle     d               L'acqua della fontana       [lˈakwa da funˈtana]

dei    degli                                                                                                                                         

              

     a             a                                                                                                       

Maria è  andata a Capri:             [maˈrja  ɛ ˈ(gh)juta aˈkapri]

Esiste differenza grammaticale e non fonetica tra a articolo e à preposizione ( come nella lingua fancese esiste una  differenziazione  tra a verbo ( il a) e à preposizione  (à la maison).

 

mazzapurtùnë    mattsapurˈtun

 

 

da        da                                                                                                                                           

dal       da_u  medc

dallo    [da'lorto]     da l_ort

dalla    [da_kjɛza]

dai       [d_jarˈdini]

dagli    [d_spru'funni]

dalle    [d_kaˈlɔrie ]

dall'      [da l'aˈmiku]

 

in    >   a              se comp. di stato in luogo                  

Abito in Via Milano     [ˈstaʰu/ / stagʱu) di ˈkasa a miˈlano]

 

con  >   ku  - /cu- cö/             Con                       cu̥ ttija

                                   Con mio fratello                cu̥ ffratëta

                       Tagliare con le forbici       tagghià cu̥_ë forbëcë

                                   Scrive con la penna          scrivë  cu̥_a pénna

        

 

su >  ˈnʒupra     La mostra su Caravaggio  

                               [a 'moʂtra 'nzupra  a  kara'vaddzo]

                             

                                 Vado  su                 [ˈvaʰu aˈdautu]

                                 Il libro sul tavolo   [uˈlibɽɔ ɛ ˈnzupratavula]         

 

per  > pi       Non si vive  per lavorare  nun së camba pë faticà

 

tra-fra    >      ʈɽa/fɽa                       

 

 

“Per me il dialetto costruisce mondi: E’ più di una lingua, è una visione”

(Emanuele Crialese)

  

   

IV C

 

Avverbi di luogo: qui, qua, costì, costà,colà,vicino, lontano

kwa, viˈtʃinɔ ˈkwa, viˈtʃinɔ 'loku, viˈtʃinɔ ɖɽa, , lun'tanɔ

qua , vëcinu̥ qua,    vëcinu̥ llocu̥,   vëcinu̥ d̥d̥ra,    lu̥ndanu̥

Avverbi di tempo: ora, adesso, ancora, ieri, oggi, domani, prima, presto, subito, tardi, sempre, mai

ˈmo, stɔ muˈmɛntɔ, anˈkɔra, ˈjɛri,ˈgʰɔi,ˈprɛstɔ, ˈsubitɔ, ˈtardə, ˈsɛmprɘ, ˈmaj

mo, stu̥ mumendu̥, ancóra,  ierë, goië, prestu̥, subbëtu̥, tardë, sémbë, 

Avverbi di modo o maniera : bene, male, meglio, peggio, volentieri,

[ˈbene, ˈmale, ˈpɛddʒo, cupjaˈtʃirɘ]

Avverbi di quantità: molto, poco, meno, troppo, più, tanto, assai, niente, nulla.

[asˈsaj, poˈkɔ, ˈʈɽo:pɔ, ˈnɛntə]

avverbi di modalità( affermazione, negazione, dubbio) : sì, certo, sicuro, non, neanche, neppure, nemmeno, forse, probabilmente, quasi.....

[ˈsi, ˈtʃɛrto, siˈkurɔ, ˈnoːnə,ˈmanku, nəmˈmanku,ˈfɔrse, ˈkwazi]

·        adˈdu : avverbio di moto a luogo. L'avv. locativo <dove> è preceduto da una -à- che non è una proclitica di avvio ma una preposizione di moto a luogo; ( Come tale la a produrrebbe grammaticalmente il raddoppiamento consonantico di "a dove"); Il troncamento successivo, da segnalare con accento e non apostrofo, porterebbe alla forma -addù- o meglio sarebbe dire  à ddu

dadˈdu avv. di moto da luogo        --        pədˈdu : avv moto per luogo

Probabilmente l'avverbio < adˈdu>  è anche avverbio di stato in luogo

[adˈdu ˈvaj]                 /a ddú vài /    

[dadˈdu  vɛnəzi]       /d'addú  vènësë/

[pədˈdu ˈpas:azi]        /pë ddú pàssas/

                     

                                                                                                                                              

IV D

AGGETTIVI E PRONOMI DIMOSTRATIVI

 

questo : ˈkwiʃtɔ, stu   /qust/                         questi    ˈkwiʃti, ˈsti     

codesto :ˈkwi:ʃu        /quss/                             codesti :   ˈkwiːsi

quello :  ˈkwiːɗɽu, kwiːɗɽu, ˈssù          quelli :     ˈkwiːɗɽi, ˈssi

                  / quíd̥d̥ru̥ /                /ssu/                   /ss/

questa : ˈkwiʃta,ˈʃta                            queste:     ˈkwiʃte,ˈʃte

codesta: ˈkwiːʃa; ˈsa                           codeste:    ˈkwiːʃe; ˈsɛ

quella:   ˈkwiːɗɽa;                              quelle  :      ˈkwiːɗɽe;   

ˈʃta casa à (d'à) meja, ˈkwiːɗɽa;  jɛ   di frătëma

ˈkwiʃtɔ ˈkwa  u ˈlettɔ  ˈmɛʰjɔ, kwiːɗɽɔ ˈdɽa ˈjɛ u ˈtuʰjɔ

ku i kaˈpiʃe i ʃmanje i ˈs:u vakaˈbunˈnu.

 

Spesso si usa una particella enclitica (ˈkwiʃtɔ 'kwa; ˈˈkwiɗɽu ːɗɽakwi:su 'loko ) che ribadisce espressivamente il  concetto di vicinanza o lontananza al parlante:  (come nel francese moderno : ( ce-ci; ce-là).

Il pronome dimostrativo  nella funzione di sostantivo, come visto, può essere rinforzato.

Queste forme indicano ciò che è lontano, e pertanto possono aggiungere metaforicamente una sfumatura elogiativa o dispregiativa, come se ciò di cui si parla fosse lontano perché irraggiungibile, famoso, isolato nella sua grandezza o piccolezza:

 ˈkwiːɗɽɔ ɗɽa  jɛ nuˈdʒenjo - kwiɗ:ɽa dɽa jɛ a ˈmɛgɠɧja;

kwiʃʃu ˈlocɔ nunnu ˈpas:a nisʃˈʃunu -kwiɗ:ɽed'dɽa  ˈsu di ˈntonju 

 

 

 

La varietà dei pronomi nel dialetto Rotondese  è molto ridotta rispetto all'abbondanza lessicale  da cui deriva. Spesso si usano forme italiane dialettizzate.

 

 ciò:                             tʃo

stesso:                       ˈstɛssɔ

medesimo:               / mdèsim /

tale:                           /tal/

costui:                         kɔsˈtuj

costei :                        kɔsˈtɛj

  costoro :                      kosˈtɔro

 

colui  :                         kwi:ɗɽu kɘ 

colei   :                        kwi:ɗɽa   kɘ 

coloro :                       kwi:ɗɽi  kɘ 

 

 

 

 

“CONSUMATUM EST”   scultore  Fernando Mario Paonessa

 

 

ALCUNE REGOLE FONOSINTATTICHE

 

PRONOMI RELATIVI, (sono invariabili in Italiano)

L'uomo che ride:                            L_ommu̥ chë rrídë

Il latte che hai comprato:             U̥ lattë chë hai accattàtu̥

Le scarpe che hai portato:            Ë scàrpë chë haië pu̥rtatu̥

Che scarpe porti?                           Chë scàrpë pòrtësë?

Chi ti ha dato queste scarpe?       Cu t_ha ddàtë stë scàrpë

 

RICAPITOLANDO, abbiamo :        Chë

                                                           Cu

                                 e infine            Ca      nel senso di "perchè"

 

Non parlare perchè mi arrabbio: Nu̥n parlà ca m_arràbbë(i)u̥

 

 Come si agganciano  fonosintatticamente con le parole successive in dialetto ?

 

Vanno studiate e approfondite le varie forme di aggancio tenendo conto anche

delle generali regole fonetiche in uso per l'italiano, per esempio l'apostrofo.

Un primo metodo potrebbe essere quello di mantenere separate le singole parole della frase;

 un secondo metodo potrebbe consistere appunto nell'aggancio fonosintattico tenendo conto anche della regola della "crasi" , del raddoppiamento fonosintattico in uso nella trascrizione IPA, dell'uso dell' underscore (evidenziare,sottolineare)  , considerando soprattutto la pronuncia verbale e l'enfasi usata dai parlanti.

 

 PRONOMI E PARTICELLE PRONOMINALI:

 

Cosa m' importa :                           Che më mbórta

Che me ne importa:                       Chë më në mbórta,       oppureChë mènnë mbórta

Non me ne importa:                       Nun më në mbórta,     oppure: Nummënnë mbórta

Non te ne dò:                                   Nun të në dòngu̥          oppure: Nun tënnë dòngu̥

Non te ne posso dare:                    Nun_të në pózzu dà     oppureNun_ tënnë pózzu̥

Non se ne può più:                          Nun së në pò cchiú      oppure: Nun sënnë pó cchiú

 

 

 

      PREPOSIZIONI SEMPLICI E ARTICOLATE, aggancio con la parola seguente:

Da dove vieni?  Da_d̥d̥ú vënësë?   (Moto da luogo)

Dove vai?           A_d̥d̥ú vàië?           (moto a luogo)

Dove abiti ?       Ad̥d̥ú   stàië?          (stato in luogo)

 

 

NEGAZIONI:

Non te lo posso dire      Nun të u̥ pozzu̥ dìcë   oppure:  Nun t_u̥ pozzu̥ dìcë

Non me lo dovevi dire: Nun më l'avíjasë dìcë;                   Numm_avíjase̥ dìcë

 

Pronomi combinati

ME LO/LA/LI/LE             TE LO/LA/LI/LE      

CE LO/LA/LI/LE               VE LO/LA/LI/LE

GLIE/LO/LA/LI/LE

 

 

 (compratelo)  >         accatta'till  dal francese   achete-tu-le - captat+te+ille

 (portamelo) >            portam'mill

 (compratevelo) >      ak:at:atǝ'vill

(portatemelo) >         pɔrtatǝm'mil:

 (mangia-tu-lo) >        mantʒa'til:

 (mangiate-voi-lo) >   mantʒatǝ'vil:

  (metti- ce-lo)  >         mit:itˈtʃil:

 

·        Da sottolineare, in generale, il fenomeno della crasi ( fusione di vocali ), la contrazione specifica della vocale finale di una parola con la vocale iniziale della seguente.

 

 

porta  aperta:                        [pɔrta'pɛrta]   /port_apèrta/

Pronomi indefiniti (singolativi, collettivi, quantitativi,negativi)

alcuni sono arrivati              kwakˈkunu ˈjɛ ar:əˈvatu

uno esulta:                            ˈʰunu ˈtsuɱba,

 ciascuno ama:                     tʃaʃkəˈdʰunu ˈʰama,

 nessuno piange:                  niʃˈʃunu ˈkjantʒə

(uno+altro)                            n_'atu

 

Gli uni mangiano, gli altri bevono           ˈtʃɛrtə ˈmandʒanu, lˈʰatə 'bbivənu

Uno dice una cosa, l’altro la nega            ˈʰunu ˈditʃə, lˈatu nɛga

Qualcosa è successa                                    ˈkwuakə ˈkosa ˈjɛ sutˈtʃɛssa

qualcosina, qualcosuccia, qualcosetta    : kwakekoʒəˈtʃɛɖ:ɽa

 

     

Centro storico  -  Foto di  Jhonny Malancone

                                                                                                                                                              

 

 

Pronomi indefiniti collettivi

tutti            tutt                   poco                      pocu̥

tanto          tand                 molto, troppo     troppu̥  ˈʈɽɔp:u

alquanto , parecchio      paˈrɛkju        molto, moltissimo         ʈɽɔppasˈsaj

 

Molti non sanno sciare            paˈrɛk:i  nu ˈsanu ˈʃja

  Gli piace moltissimo                 i pjˈatʃe ˈtantu asˈsai

Sto un pochino meglio             ˈʃtaʰu nu poki'tʃeɖ:ɽu  mɛgʰʲu

 

Pronomi indefiniti negativi 

 niente       ˈnɛntə - / nènt   /    nessuno         niʃˈʃunu  -  / nis̃unu̥ /

 nulla        ˈnuɖ:ɽa, / nènt  /

- I ciucci si scuntrunu e i varliri si ruppunu.
- Ë ciu̥ccë së scúnt̥r̥anu̥ e ë varlìrë së rúppënu 


N.B. In rosso dialetto maccheronico, in blu ADR

 

 

 

PRONOMI  PERSONALI  SOGGETTO

 

In  IPA

io                                          jɛ                         

tu                                         tu                

egli                                      diːɖɽu  

 

 noi                                      j

voi                                        vɔj

 

loro                                      loro   (soggetto)

 

essi - esse -                         loro  (complemento)

 

 

 in ADL

io                                         ié                 

tu                                         tu

egli                                      did̥d̥r̥u̥ 

noi                                       ni  

voi                                        vòi  

 

loro                                      lòr   

 

  essi - esse -                         llòr  

 

 

 

 

 

 

AGGETTIVI E PRONOMI POSSESSIVI

 

mio, tuo suo, nostro, vostro, loro

 

meʰju-meʰja/     me(i)

 tuʰju- tuʰja/       tu(i)

 suʰju-suʰja/       su(i)  

nɔstru-nɔʃʈɽa/    nostr

vɔʃʈɽu-vɔʃʈɽa/      vostr

lɔro                       lòr

  

miei, tuoi, suoi, nostri, vostri, loro

mie, tue, sue, nostre, vostre, loro

  mɛʲi  - mɛʰie /

  tuʰi - tuʰi/

  suʰi - suʰi/

  noʃʈɽ - noʃʈɽ/

  voʃʈɽ -voʃʈɽ/

  lor

 

·        I possessivi   vengono anche  usati, per i nomi di parentela, in forma enclitica .[ˈsɔrəma] (SOROR MEA; mia sorella) [sɔrəta] (SOROR TUA)

 

                          a mmja / a ttja/ a ddiɖ:ɽu/ a ˈnnoi/ a ˈvvoi/ a llorɔ (dativo)

 

                                                     /  ammìja /     / attìja /

 

- Futti e futtitinne, ca se nun futtisi restasi futtutu

- Fúttë e  fu̥ttëtìnnë ca së nu̥n fùttësë rèstasë fu̥ttùtu̥

 

 

 


 

N.B. In rosso dialetto maccheronico, in blu ADR

 

 

 

 

 IV E

 

Numerali

 

ˈʰunu                           (g)únu̥

 

 

ˈdúyɘ                           d̥ú(i)ë

 

ˈʈɽɛ                                t̥r̃é

 

ˈkwaʈʈɽu                       quàt̥t̥r̃ü

 

ˈtʃingʰᵊ                          cíng(ë)

 

ˈtʃɛi                                 sèië

 

ˈtʃɛttɘ                            sèttë

 

' ʰɔttɔ -                           (g)òttu̥

 

'novə                              nòvë

 

ˈdɛtʃi                                décë

 

  mendzaˈnottɘ        mezzanotte                   mënzanòttë

 

  mendzuˈyɔrnɔ         mezzogiorno                 mënzu̥iórnu̥

 

 ˈvetsˈperɔ                 vespro                              vèspëru̥

 

zero:     dzɛɛrɔ

 

 

01:05   ˈ l una etʃ ˈ etʃingʰᵊ

 

02:10   ˈdúyɘ ed ˈ dɛtʃi

 

03:15   ʈɽe (t̥r̥e) ekˈkwinnitʃi

 

04:20   quat̥t̥r̥u evˈvinti

 

05:25   tʃingʰᵊ evvinti ˈtʃingʰᵊ

 

08:40   ʰɔttu ekkwaˈranta

 

09:45   ˈnòvɘ ekkwarantaˈtʃingʰᵊ

 

007:           ˈdzɛrɔdzˈdzerɔˈʈʃɛttə

  

3x2:            ˈʈɽɛppᵊdˈduyɘ

   

4x2:             kwaʈʈɽupɘdˈduyə

   

4:3 :              kwaʈʈɽuˈterʈʃi

 

9/9,5:          ˈnɔvənʈʃupranˈnɔvemˈmendzu

 

9,5/10          ˈnovəmˈmɛndzu 'ntsupradˈdɛʈʃi

 

10/10,5        ˈdɛʈʃinʈʃupradˈdɛʈʃiemˈmendzu

 

10,5/11        ˈdɛʈʃemˈmedzdzuntsupraˈʰunniʈʃi

 

11/11,5        ˈʰunnitʃintsupraˈʰunniʈʃiemˈmendzu

 

16x9             ˈsidiʈʃipənˈnɔvə

 

100               ˈt͡ʃɛntu    

 

101               ˈʈʃɛntɔeˈʰuno

 

102               ˈʈʃɛntɔedˈduyə

 

105                ˈʈʃɛntɔeʈʃingʰᵊ

 

110 e lode    ˈʈʃɛntɔedˈdeʈʃi elˈlodə

 

118             ˈtʃɛntɔdiˈtʃɔttɔ

 

127              ˈtʃɛntɔvintiˈsɛttə

 

131              ˈtʃɛntɔʈɽɛnˈtuno

 

 

Opera di scalpellini locali(centro storico)

 

 

 

 

 

IV F

Nomi alterati

Forma

Suffisso

Diminutivo

-ino/a -ello/a -etto/a -icello/a -icciolo/a -olino/a

Vezzeggiativo

-uccio/a -uzzo/a -olo/a -otto/a -acchiotto/a

Accrescitivo

-one/a -accione/a -acchione/a

Dispregiativo

-accio/a -azzo/a -astro/a -aglia -ucolo/a -uncolo/a -onzolo/a -iciattolo/a -uzzo/a

nomi alterati sono quei nomi che sono formati dalla radice del nome primitivo + un suffisso. Il risultato è il significato leggermente modificato.

Es. “letto” > “lettino” (idea di piccolezza, DIMINUTIVO), “lettone” (idea di grandezza, ACCRESCITIVO), “lettuccio” (idea di leggiadria, VEZZEGGIATIVO), “lettaccio” (idea di disprezzo, DISPREGIATIVO). I diminutivi sono a volte anche dei vezzeggiativi: “piede” > “piedino”. Gli accrescitivi sono a volte anche peggiorativi o dispregiativi. “testa” > “testone”. Nel dialetto rotondese esistono tanti nomi alterati, dei quali prevalgono quelli diminutivi e accrescitivo:

 

 

gwaɲɲɔˈnɛːɖɽu            /guagnu̥nèd̥d̥r̥u̥/ 

tʃinnaˈreɖ:ɽu                /zënnarèd̥d̥r̥u̥/                    

panəˈtʃɛɖ:ɽo                 /panëcèd̥d̥r̥u̥/

tʃuttʃaˈrɛɖ:ɽo                /ciu̥cciarèd̥d̥r̥u̥/ 

fattaˈreɖ:ɽo

dzipˈpɔne

fikatˈtsano

mataratˈtsɔne

ɱbɽuɣʰjuˈnadzo

fiʃkiˈtsɛːɖɽo

kannarudˈdʒɛːɖɽi

jasˈkɔːne

skaˈrpuːni

ʃkitiˈtʃɛɖ:ɽo

pətrutʒiˈnɛɖ:ɽu

fiʃkaˈtɛɖ:ɽa

tʃantʃaˈnɛɖ:ɽo

kampanəɖˈɖɽuttsa

ɣaɖɖɽiˈtʃɛɖ:ɽo            /gad̥d̥r̥ëcéd̥d̥r̥u̥/

paraˈtʃɛɖ:ɽo

kuɱpaˈrɛɖ:ɽo

paljaˈtɔne

mantatʃetˈtɛɖ:ɽu

fokaradˈdzɔne

aʰjᵊtʃɛɖ:ɽo ,  ayyɘtʃɛɖ:ɽo

kjak'kjɘraˈtɛɖ:ɽa  

skanːi'ʈʃɛɖ:ɽu] 

cɘpuɖˈɖɽuttʒa

kur'teɖˈɖɽɔne

gaɖɖɽəˈtʃɛɖ:ɽu

maskuˈlɔne

 kavuˈðaˈrɛɖ:ɽa

 piˈɲːaˈtɛɖɖɽa

 sarˈtanjata    

 tiˈɠʰeɖˈɖɽutʒa     

  kankaˈrɛ:ɖɽo    

vutːəˈtʃɛɖ:ra

 muteɖˈɖɽuttʒo 

ammuʃʃaˈtɛɖ:ɽo

 

Angolo p.zza Vitt.Eman. III

 

 

IV G

 

ENANTIOSEMIA/POLISEMIA

ENANTIOSEMIA  = Condizione di polisemia per cui una parola assume un significato opposto a quello etimologico, composto dal greco: ένάντιος ( opposto )e dal tema

di σημαίνω ( significare ).

POLISEMIA = condizione in cui una parola ha più significati,  πολυ (molto) e σημαίνω « significare»;
Es. : "feriale": le ferie sono i giorni di festa, ma i giorni feriali sono i giorni di lavoro.         “ospite”: che può essere sia chi accoglie sia chi è accolto;  “ tirare”, che significa sia lanciare via sia avvicinare a sé; “affittare”, che può indicare tanto il prendere quanto il dare in affitto.


 

[mɔɖɖɽu]            (morbido- bagnato)

[mattuˈtinu]       (aggettivo- sostantivo)

[ˈlɛntu]                (lento - magro)

[sikˈku]                (secco- magro)

[ˈsanu]                 sano - intero

['fɔssa]                 buco - tomba

[krisˈtjano]      persona- aggettivo

['skopa]            scopa    - gioco

[ˈkotʃe ]             ind. Pres di cuocere- che scotta- agg

[ˈfrisko]             fresco, ombra - prodotto fresco 

[ˈkappa]              camino - mantello

[ˈkɔppa]              foglia di granturco- trofeo

[ˈkautʃe]              calce - calcio

['lɛtto]                 letto- part.pas. leggere

[ˈkɔtto]                part. pass. cuocere - ceramica

[assətˈtato]        seduto - ben posizionato

[ˈspuɽla]:             pellicina - imp. pres. di [spuɽˈla]

[piˈano]:              pianoforte - pianura

[ˈtʃesto]:              punto nella pallacanesto-ciuffo di foglie e gambi dalla stessa radice

['nutʃe]:                frutto - albero di noci

 

 

 

V A

VERBO  AUSILIARE:     ESSERE:

                 Pres.   P.P           Imp.      T.P

jé           ˈsungu  statu        'jɛru      stato  

ié          sùngu̥ stàtu̥     ièru̥  stàtu̥

tu            'tsə             "          'jɛrazə       "

tu          sí           "          ièrasë

di:ɖɽu     'jɛ              "            'jɛra           "

dìd̥d̥r̥u̥  iè           "          ièra

noj         ˈsumu   statə         'jɛramu  statə   

noië      súmu̥     stàtë   ièramu̥   statë

voj         ˈsɛzə         "             jɛravu      "

vòië      sèsë     "           ièravu̥        "

'loru       ˈsu         "               jɛranu                  "

loru̥       sù           "       ièranu̥            "

 

Nel dialetto rotondese per il futuro, passato remoto e condizionale si usa il presente + un avverbio di tempo o termine equipollente.

Alcune forme sintetiche si sono sviluppate in forme analitiche.

Questo sembra valere anche per le tre coniugazioni. (v.pag.101)

 

fus's-ɛ ra

fus's-ɛrizə

fus's-ɛra

fus's-ɛrəmo

fus's-ɛrəvu

fus's-ɛ rənu

cantai:                   agʰju   kan'tdatɔ   (CANTAVI  > HABEO AD CANTARE)

sono andato:        agʰju 'juto,         ( HABEO AD IRE)

                               'sungu' jutu

sarò  libero domani:          sùng  lìbbr  duman

 

ci sarò:                                  c sùng

sarò  libero domani:          sùng  lìbbr  duman

 

ci sarò:                                  c sùng

L' ausiliare <avere> sostituisce < essere > nei tempi composti.

VERBO AUSILIARE  :  AVERE

 

ˈʰaggʰju       ˈa'vja             aˈvɛra                 a'vissə

agghiu̥       avìja           avèra              avìssë

ˈʰai               ˈa'vjazə          aˈvɛrɘzə             a'vissizə

haië            avìjasë       avèrësë           avìssësë

ˈʰa                ˈa'vja             aˈvɛra                 a'vissə

 ha             avìja           avèra               avìssë

a'vɛmu        a'vjamu        aˈvɛrəmu           a'vissəmu

avèmu̥       avìjamu̥      avèrëmu̥         avìssëmu̥

a'vɛsə           a'vjavu         aˈvɛrəvu             a'vissivu

avèsë        avìjavu̥       avèrëvu̥            avìssëvu̥

'ʰanu            av'janu         aˈvɛrənu            a'vissənu

hànu̥         avìjanu̥        avèrënu̥         avìssënu̥     

aˈvutu - aˈvi

 

 

 

scultore   Fernando Mario Paonessa

 

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