La storia
medievale della città rientra in quella più ampia riguardante tutta l'Italia
meridionale.
Significativa è la dominazione longobarda, che va dalla fine del sec. VI al
XI.
Con i Normanni Muro diviene feudo del principato di Salerno e poi parte del
regno (secc. XI-XIII); con gli Angioini è assegnata al nobile francese
Pietro Hugoth; tra i secoli XIV e XVI rimane in possesso degli Angioini e
degli Aragonesi.
Come testimonianza di questa fase della sua storia si erge il Castello, la
cui costruzione può farsi risalire intorno al sec. X, modificato nel corso
dei secoli, soprattutto dopo il terremoto del 1684 e gli interventi
effettuati dal proprietario nel 1830.
II Castello è famoso essenzialmente perché in esso, nel 1382, fu uccisa da
sicari Giovanna I, regina di Napoli, su mandato del nipote Carlo di Durazzo.
Della stessa epoca della costruzione del Castello è quella della Cattedrale,
modificata anch'essa nel corso dei secoli, come nel 1696 da mons. Rossi, nel
1728 da mons. Manfredi e nel 1888 da mons. Capone. L'edificio è andato quasi
interamente distrutto durante il terremoto del 1980.
La sede vescovile, istituita nel 1050, è stata soppressa nel 1986, quando,
cioè, la diocesi è stata aggregata a quella di Potenza e Marsico Nuovo.
II possesso della città da parte degli Aragonesi cessa, quando Ferdinando I
la vende al conte Mazzeo Ferilli, che la lascia in eredità alla nipote
Beatrice, andata nel 1530 in sposa a Ferdinando Orsini, duca di Gravina, la
cui famiglia domina fino al 1806.
Sia sotto la dominazione spagnola, sia durante il regno borbonico, ma sempre
come feudo degli Orsini, Muro non vive alcun avvenimento di rilievo, mentre
è colpita da altri terremoti, tra cui quello grave del 1694.
Con la rivoluzione del 1799 tutta la popolazione, capeggiata da
"galantuomini" e sacerdoti si trova concorde e proclama la municipalità
repubblicana.
La conseguente repressione dei Borboni è efferata come lo è dopo i moti del
1820 e del 1848, organizzati sempre da esponenti della borghesia terriera ed
intellettuale, che ormai, potenziatasi sul piano economico, può anche
stroncare le rivolte di popolani e contadini, che pur si hanno in questo
periodo, tendenti ad impossessarsi dei terreni demaniali usurpati.
Contro tale egemonia si contrappone anche il ceto degli artigiani, alcuni
dei quali costituiscono nel 1859 la Società dei trenta, con sede a San
Marco, per cui gli stessi "galantuomini" si organizzano in una corrente
politica, che trova il suo centro in piazza Capomuro, riuscendo non solo a
conseguire la maggioranza nelle elezioni comunali, ma anche ad eleggere
deputato del primo Parlamento italiano Pasquale Magaldi, nonostante la
candidatura del concittadino Francesco Marolda-Petilli, che poi sarà
deputato e leader cittadino dal 1871 al 1882.
Primo sindaco dopo l'Unità è Salvatore Mennonna, il quale deve affrontare
soprattutto il fenomeno del brigantaggio, che, già presente agli inizi del
secolo, raggiunge la fase più significativa quando si organizza intorno al
giovane Francesco Nebbioso, detto Ciaglione.
L'attività amministrativa dopo i primi contrasti fra le due correnti, fino
alla vigilia della prima guerra mondiale si sviluppa intorno a competizioni
di natura personalistica e familiare: il confronto si svolge, pur con
diversità ed intrecci di interessi e simpatia, tra le famiglie
Pistoiese-Lordi e quelle Farenga-Martuscelli-Tirico, la cui egemonia dipende
anche dall'atteggiamento dei deputati del collegio che si susseguono:
Pasquale Magaldi, Francesco Marolda-Petilli, Giustino Fortunato, Pasquale
Grippo, Francesco Saverio Nitti.
Tra le prime famiglie si annoverano i sindaci Alfonso Pistoiese, Vincenzo
Lordi, che si qualifica per interventi nel campo dell'istruzione (es.
ginnasio-liceo con annesso convitto) e viario (es. strada Muro-scalo
ferroviario), Gerardo Lordi e il lungo sindacato di Luigi Pistoiese; tra le
seconde i sindaci Vincenzo Farenga, Gerardo Tirico e Arturo Martuscelli.
La vita socio-economica non presenta particolari peculiarità, se non da una
parte la nascita nell'ultimo ventennio del sec. XIX di ben tre istituti
bancari: la Banca di Credito e Lavoro, diretta da uno della famiglia
Pistoiese: il Pio Istituto di Prestiti e Risparmi, annesso alla Congrega di
carità; e la Banca Popolare Cooperativa, costituita dalla Società operaia;
dall'altra un'intensa emigrazione, che annovera intorno agli inizi del
secolo XX già 2.800 unità.
All'inerzia parassitaria della borghesia terriera corrispondono una mancanza
di intraprendenza nel settore artigianale ed una conduzione tradizionale
della stessa agricoltura; mentre nel campo culturale non vi è alcun impulso,
ad eccezione della presenza di una banda musicale, esistente già intorno al
1865 e vissuta con alterne vicende.
Le opere più significative, che ancora oggi permangono, si attuano durante
il sindacato di Luigi Pistoiese (1908-1920), sostenuto e favorito da Nitti:
il lago artificiale, il serbatoio d'acqua sulla Raia per la condotta
proveniente dall'Acquaviva, il ponte di collegamento con Capodigiano,
l'illuminazione elettrica, la costruzione e sistemazione di piazze e strade
cittadine.
Questo è anche il periodo in cui, sotto l'impulso pastorale di mons.
Giuseppe Scartata, che istituisce anche una Cassa rurale, e l'attività
svolta da alcuni sacerdoti, primo fra tutti Giuseppe Catalano. Con i suoi
collaboratori, i cattolici si organizzano, costituendo, pur con notevole
ritardo, i primi circoli di Azione Cattolica, in cui si formerà una
generazione, che si affermerà nei diversi campi, non ultimi il religioso con
due vescovi (Pasquale Quaremba e Antonio Rosario Mennonna) e militare
(Gerardo Zaccardo, generale e pluridecorato, e Gerardo Mennonna, direttore
generale della Sanità, il quale con la sua esperienza di presidente della
Fuci napoletana e di vicepresidente nazionale della stessa, diventerà negli
anni '30 il punto di riferimento di molti altri studenti, quali Vito
Lisanti, futuro presidente di Corte d'Appello, e Francesco Pacella, che sarà
esponente di spicco (della Resistenza in Emilia Romagna). La guerra mondiale
per Muro segna la morte, accanto ad altri soldati, di Enzo Petraccone, uno
degli intellettuali più stimati da Benedetto Croce.
Subito dopo la fine della guerra, Pistolese, attaccato da una minoranza di
orientamento nazionalistico, capeggiata da Michele Petraccone, si dimette e
viene eletto Pasquale Mennonna, il sindaco al di sopra delle parti, che,
però, deluso dal perdurare delle divisioni, abbandona la vita
amministrativa. A succedergli è il Petraccone.
La nascita e l'avvento del fascismo non presentano particolari connotati.
Già nel 1915 a Muro opera un'Associazione Intermandamentale Pro Piccola
Proprietà, nazionalistica, contro Pistolese e, quindi, antinittiana che
nell'immediato dopoguerra si presenta più agguerrita e, in linea con il
Petraccone e l'on. D'Alessio, passa all'adesione al fascismo, quando questo
ha già compiuto i primi passi.
Muro diventa tutta fascista, ad eccezione di qualche fervente nittiano, come
Gerardo Zitarosa, Pasquale Manna, Francesco Martuscelli, Antonio Lordi,
Camillo Scoini, Luigi di Canio, Pasquale Pignatelli e Salvatore Pagliuca, in
giovane età socialista e nel dopoguerra presidente della Deputazione
Provinciale e quindi deputato al Parlamento per la DC nelle legislature
(1948-1953).
Quattro podestà si susseguono o si alternano: Michele Petraccone, Gerardo
Galizia, Giuseppe Pagliuca e Giovanni Pagliuca.
Dopo la caduta del fascismo, per il periodo 1943-1946, a reggere
l'amministrazione comunale sono, in ordine, i due commissari, eletti. dal
Comitato provinciale di liberazione, Salvatore Pagliuca e Alberigo Ferrara,
divenuti a loro volta anche sindaci di nomina prefettizia.
A seguito delle prime elezioni libere (1946), vince la lista del "Blocco
nazionale", capeggiata dal Petraccone, con la presenza di non pochi
nittiani, contro la DC, sorta ad opera di esponenti dell'Azione cattolica e
di qualche sacerdote. Degli altri partiti 'politici, mentre il PSIUP (poi
PSI) non trova adesioni se non nel 1958 e il PLI nel 1962, il PCI, e,
soprattutto, il MSI (1948), si diffondono sin dai primi anni. Dopo la morte
del Petraccone (1949), uomo amato e stimato anche dagli avversari, la vita
politica cittadina è molto travagliata fino al 1962.
Alla gestione del ff. sindaco Gerardo Barbieri segue il sindacato di
Giuseppe Zampino, che lascia l'incarico dopo due anni; subentra Matteo
Martuscelli, che per anni regge la città, a cavallo di una gestione
commissariale di due anni, realizzando, tra l'altro l'organica e qualificata
sistemazione di piazza don Minzoni e via Roma.
Dal 1962 al 1978 si susseguono sindaci della DC (Ermenegildo Caputi,
Angelomaria Galella, A. Gerardo Barbieri, Luigi De Santis); nel 1978 si ha
una Giunta PSI-PCI-PSDI con sindaco Franco Pepe e poi Vincenzo lasilli, che
gestisce la fase del dopo terremoto fino al 1983, quando la DC ed il PSI
compongono una Giunta retta da Rosa Lisanti. Successivamente si costituisce
una Giunta DC-PSDI-PSI retta da Vincenzo Di Leo.
A seguito del sindacato di Peppino Gugliotta, segue quello di Gerardo
Setaro, che pur interrotto da una gestione commissariale, impone un ritmo
accelerato alla ricostruzione e alla qualificazione di strutture pubbliche
(es. cimitero strada dal campo sportivo all'ospedale, PEP di S. Biagio, PIP
di S. Lucia, Centro polivalente di S. Lucia) nonché a concretizzare lavori
iniziati dalle precedenti gestioni (esempio strada di penetrazione nel
Centro Storico, denominata Via S. Gerardo Maiella), bonifica delle Rupi
della Raia).
L'attuale Giunta municipale presieduta dal Sindaco Gerardo Setaro è composta
da Nunzio Di Gregorio, Michele Ciaco, Virginia Pastore e Antonio Mennonna.
Per quanto riguarda la rappresentanza in altri organi istituzionali, c'è da
sottolineare la presenza costante del MSI prima con Pio Nardiello e poi con
Filippo Margiotta alla Provincia e alla Regione; una sola volta la DC alla
Regione con Felice Crocetto ed una volta la DC con Ermenegildo Caputi e il
PRI con Donato Cerone alla Provincia.
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