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LA RELIGIONE IN ALBANO DI LUCANIA

 

Gli Albanesi sono sempre stati un popolo credente per cui hanno professato con un certo fervore la fede accettata nel variare del tempo. Hanno, perciò, professato prima la religione pagana come tutti gli altri popoli dell'epoca. Con l’avvento del Cristianesimo sono stati e sono tuttora sinceramente convinti professanti della fede di Cristo.

Che gli Albanesi abbiano anticamente professato un culto pagano è dimostrato dall’esistenza di molti altari sparsi nel bosco, citati in precedenza, che gli Albanesi d’oggi usano chiamare « palmenti ». Si sà, invece, che la vite è una pianta che vegeta bene nei paesi caldi, quindi in queste zone è stata certamente importata e non molti anni fa. Mentre i "palmenti", cosi come appaiono, dovrebbero essere stati fatti diversi secoli avanti Cristo. Perciò si può dare per certo che gli stessi siano stati usati come altari, sui quali venivano offerti sacrifici agli dei. Non è neppure strano che questi « palmenti si trovino nel bosco, in quanto si sa che i riti pagani venivano celebrati soprattutto nei boschi e quest’ultimi venivano perciò chiamati "sacri". Ce lo conferma il poeta latino Marco Anneo LUCANO, il quale così descrive un bosco sacro distrutto da Giulio Cesare nella Galia:

« I rami intrecciati, allontanando i raggi del giorno, chiudevano sotto lo spesso fogliame ombre che nascondevano un culto barbaro ed orrendi sacrifici. Gli altari e gli alberi gocciolavano di sangue umano. Da cupe sorgenti sgorgava un’onda impura. Le tetre statue degli dei, grossolanamente sbozzate, erano fatte di tronchi informi ». (1)

Prima fra le varie divinità venerate dovette essere Pallade (Atena, dea greca della saggezza in pace ed in guerra, patrona delle arti, dei buoni costumi e dell’agricoltura), da cui prende nome la contrada « Pallarete », ove doveva essere il bosco sacro alla dea (2), che come la vicina « Rifoggio » è sparsa di « palmenti ».

La fede Cristiana sembra non abbia trovato molte difficoltà per essere accettata dagli abitanti di Albano all’epoca. Da chi è stata appresa? Anche in proposito si può azzardare l’ipotesi, più o meno fondata, cioè che sia stata appresa dallo stesso S. Pietro, apostolo di Gesti. Il fatto potrebbe essere confermato da una lamina in bronzo rinvenuta ad Oria (BR) nel 1531, in cui si dice: « S. Pietro, propagatore e confermatore della fede nascente, nell’anno 44 di Cristo, sbarcò sulla spiaggia jonica in località detta Bevagna e, prima di intraprendere la via Appia - ora SS. 7 - (3) che lo portò a Roma, predicò il Vangelo agli Oritani. E, come nei centri più importanti lungo l’Appia, vi lasciò Suoi rappresentanti — Vescovi — ». (4)

Che S. Pietro abbia percorso l’Appia è anche confermato dal « Quovadis » nel senso che sulla stessa strada, forse la meglio conosciuta dal Santo per averla fatta all’andata, gli apparve Gesù, mentre cercava di fuggire da Roma. Quindi l’Apostolo per giungere a Roma, senza dubbio a piedi, dovette fermarsi, per predicare e riposare, un po’ in tutti i centri abitati lungo e vicino il percorso. E’ probabile dunque che possa essersi fermato anche ad Albano di Lucania.

A confermare questa ipotesi, nella parte più antica del paese, esiste piazza S. Pietro, ove vi era una antica chiesa dedicata al Santo. Ora rimane solo una specie di tabernacolo ed il nome della piazza.

La subitanea e completa accettazione della fede e del culto del Cristianesimo in Albano è provata dalla esistenza di avanzi di antichissime chiese sparse nelle campagne. Si vuole fossero state una quindicina. Fra le più ricordate sono quella di S.Jace e di Santa Lena (distrutte), nonché quella dell’Annunziata. Di quest’ultima rimangono ancora poche mura cadenti dalle quali si deduce che la sua costruzione risale al IV - V secolo. E’ sita in contrada Rifoggio, cioè nella stessa in cui vi sono parecchi "palmenti". Ciò fa ritenere che i primitivi cristiani esercitarono il nuovo culto proprio nelle zone ove avevano avuto luogo i precedenti riti pagani. Inoltre nel centro abitato esistevano la chiesa della Madonna del Rifoggio è quella di Santa Caterina nelle rispettive vie omonime, nonché quella di S. Antonio Abate in piazza S. Maria Maggiore, abbattuta nei primi del 1900. Nello stesso posto ancora oggi vi accendono il fuoco nel dì della ricorrenza ed in onore del Santo.

 

 

LE CHIESE DI ALBANO DI LUCANIA

Attualmente vi sono la Chiesa Parrocchiale, sita nella parte più alta del paese, una volta intitolata alla Madonna della neve, ora a Maria SS. Assunta. La stessa, già detto, di stile Romanico si presume sia stata edificata verso il 1200. E’ costituita da tre navate con dodici altari, oltre quello maggiore. La porta principale è a ponente di fronte all’altare maggiore, ma dal 1924 è stata chiusa. Da allora il pubblico entra per la porta fatta aprire sulla fiancata destra a cura del Sacerdote Don Giuseppe MARINARO.

Ha un magnifico campanile in pietra viva e con sei campane, la cui cuspide, abbattuta da un temporale nel 1963, è stata rifatta nel 1967 dietro interessamento dell’attuale parroco Don Rocco DE CICCO. Nell’interno vi sono alcuni quadri di grande valore, come quello che rappresenta l’ultima cena, quello della Madonna del Rosario, di scuola napoletana del ‘700, e quello della Madonna della neve, di scuola raffaellesca. Quest’ultimo, che farebbe onore ad ogni pinacoteca, rappresenta la storia dell’edificazione della chiesa di S.Maria Maggiore sullo Esquilineo in Roma. Infatti si nota Papa Liberio, cinto da Cardinali, che benedice l’area santificata dal prodigio della neve caduta in agosto a mezzo del quale la Vergine indicò alla giovane coppia di sposi patrizi il posto in cui voleva che si edificasse il tempio; in basso si notano i busti degli sposi patrizi ed in alto simboleggiata la eretta basilica (5). Non è stato possibile identificare con esattezza gli autori di detti dipinti.

Vi sono poi la cappella dell’Annunziata in località Monte, nella quale vi è pure conservato un bellissimo quadro dell’Annunciazione, opera di Pietro Antonio FERRI, da Tricarico, vissuto nel 17° secolo (6); nonché quella della Madonna delle Grazie e quella della Madonna di Gesù, site rispettivamente la prima nella contrada omonima e la seconda in contrada Difesa.

Nonostante la secolare accettazione e diffusione della religione Cattolica Apostolica Romana, alcuni cittadini (una trentina) si sono convertiti al Protestantesimo ed il 27 marzo 1966 hanno fondato una loro chiesa al corso Garibaldi, denominandola: "Sala Cristiana Evangelica".

 

 

I SANTI DI ALBANO

S. Vito, protettore del paese, gode di una particolare devozione di questi cittadini; la Sua festa ricorre il 15 giugno. La gran parte delle persone di Albano non sanno spiegare perché S. Vito, come detto, sia il protettore del paese, pure, avendo il privilegio di possedere una reliquia chiusa in un braccio d’argento; e pur facendo ressa per andarla a baciare, Qualcuno, interpellato in merito, ha risposto vagamente: « Si dice che tanti anni fa c’era la rabbia e S. Vito fece il miracolo! ».

Nell’archivio parrocchiale (2a seria XVI) si rileva che nell’anno 1773 il clero ed il popolo eleggono come protettore San Vito e la sacra Congregazione dei riti approva tale elezione con decreto del 2 febbraio dello stesso anno. Non essendoci altri documenti per sapere perché S. Vito si festeggia il 15 giugno, perché è stato scelto quale protettore e perché Albano di Lucania possiede una sua reliquia, è necessario riportarci a quanto è stato possibile sapere su di lui, rilevandolo dalla Enciclopedia dei Santi: S. Vito, Modesto e Crescenza vengono commemorati dal Martirologio Romano il 15 .giugno. Da un notiziario proveniente da Floro e integrato da Adone, composto probabilmente nel secolo VII, apprendiamo che Vito era fanciullo di sette anni ed era nato in Sicilia. Essendo già cristiano ed operando molti miracoli, il preside Valeriano lo fece arrestare, torturare e chiudere in carcere, sperando, anche con l’aiuto del padre del fanciullo ancora pagano, di fargli rinnegare fare la sua fede. Ma un angelo lo liberò e Vito, assieme al pedagogo Modesto e la nutrice Crescenzia, si recò in Lucania ove continuò il suo apostolato. La sua fama giunse fino a Roma e l'imperatore Diocleziano lo chiamò perché liberasse il proprio figlio che era invasato dal demonio. In ricompensa del beneficio ottenuto, 1’imperatore fece, ancora una volta, tormentare Vito perché non aveva voluto sacrificare agli dei. L’angelo del Signore lo liberò nuovamente e con Modesto e Crescenzia ritornò presso il fiume Sele, dove tutti e tre furono chiamati al premio eterno (7). La pia donna Florenzia seppellì i loro corpi "in loco qui dicitur Marianus" (nel luogo che è detto Mariano).

Non si hanno notizie circa la data di nascita e di morte del Santo. Il suo culto è molto antico nella Chiesa e molto diffuso in Europa. Già alla fine del secolo V si ha notizia di una chiesa a lui dedicata al tempo da Papa Gelasio V; nel VI secolo a lui erano intitolati monasteri in Sicilia e Sardegna (lettere di San Gregorio Magno). La sua festa è riportata nel sacramentario gelasiano, in tutti i martirologi storici, nel calendario marmoreo di Napoli e nei sinasseri bizantini.. Nel medio evo fu annoverato fra i Santi Ausiliatori, invocato contro parecchie malattie, in particolare contro la corea (8) o ballo di S. Vito.

Le sue reliquie furono portate nel monastero di S. Dionigi di Cerbey dall’abate Furlado al tempo di re Pipino; nell’anno 896 furono trasferite a Rasbac, in Sassonia, ed inseguito sono state sparse per le molte chiese e città d’Europa ». (9)

Perciò S. Vito; essendo stato in Lucania ed avendo ivi operato molti miracoli, specialmente in favore degli affetti di corea, è probabile che la vaga risposta data da questi cittadini spieghi ogni cosa, Cioè: che la corea trattandosi di malattia epidemica, dovette diffondersi anche in queste zone e quindi fu invocata la grazia al Santo, che, esauditala, fu proclamato protettore del paese. Inoltre, come le molte chiese, città e comuni d’Italia anche Albano di Lucania non seppe sottrarsi al desiderio di avere qualche parte del corpo di S. Vito e così è riuscito ad avere e conservare una reliquia.

S. Rocco — famoso taumaturgo e protettore della peste, come in molti comuni della Lucania, è venerato assai da questi cittadini. La Sua festa ricorre il 18 settembre.

La Madonna delle Grazie — si festeggia il 2 luglio. Caratteristica è la processione che si fa la sera quando i cittadini vanno a prendere la statua nella cappella in campagna e la portano in paese, camminando alla luce delle fiaccole.

La Madonna di Gesù — pure abbastanza venerata. Si festeggia la prima domenica dopo Pasqua. I cittadini vanno in pellegrinaggio presso la cappella in campagna, ove poi vi restano per trascorrere la giornata allegramente.

La Madonna di Fonti - la chiesa si trova in territorio di Tricarico, ma i cittadini di Albano di Lucania vantano il privilegio di avere rinvenuto all’epoca il quadro, quindi hanno diritto di essere i primi a festeggiarla la prima domenica di maggio.

 

 

I CITTADINI DI ALBANO NEL TEMPO

Come possono essere stati i caratteri degli antichi abitanti di Albano di Lucania? Per trarne qualche idea è necessario, ancora una volta, riportarci ai costumi delle altre antiche comunità conosciute. Risulta evidente che anche gli Albanesi, per sopravvivere, hanno dovuto lottare a lungo contro l’ingrata natura del luogo e contro i vicini e lontani invasori.

Dal comportamento delle generazioni attuali si può affermare che gli Albanesi sono sempre stati di indole buona, ma facili ai risentimenti. Perciò i primi abitanti saranno stati docili ed aggressivi nello stesso tempo, cioè come un po’ tutti i Lucani. Infatti, il coraggio dei guerrieri lucani era ben noto già nel V secolo a. C., come si rileva da un particolare della tomba di Pestum (Napoli Museo Nazionale). Inoltre, ci è dato conoscere che « il popolo lucano visse in queste antichissime selve forte, libero e senza leggi, ma di costumi severi ed educato alla maniera di Sparta ». (10)

Col passare dei secoli Albano di Lucania si inserisce attivamente nella vita nazionale mediante i suoi, illustri cittadini distintisi in campo culturale, religioso e giuridico. In proposito si menzionano: il Vescovo VERALLI o VERALLO, deceduto a Roma verso il 1600; l’arciprete Franco MOLFESE, vissuto nel 1700 fattivo collaboratore nella riforma del codice ecclesiastico; l’abate Francesco LA ROTONDA, deceduto in giovane età verso il 1800, autore de: "Il principio unico e universale della legislazione, della politica e della morale" (11); ed il Prof. Francesco GALGANO, fattivo collaboratore nella riforma del codice penale comune del 1930.

Al tempo d’oggi si contano i Sacerdoti: Vito MARINARO, Innocenzo D’ANZI, Giuseppe SCELZI, Gaspare SARLI e Giuseppe ADAMO; gli insigni magistrati Francesco BOLLETTINO, Pasquale SETARI e Gennarino MOLFESE; i medici Vincenzo MOLFESE, Alberto VERALLI, Giuseppe VALENTINO e Salvatore CANZONIERO, nonché un gran numero di altri laureati e diplomati che si affermano un po' ovunque, mentre gli altri, come legati ad una nobile tradizione, restano in Albano per dedicarsi alla elevazione spirituale, culturale, economica e sociale degli altri cittadini.

 

 

LO STEMMA DI ALBANO

Lo stemma di Albano di Lucania raffigura una quercia « stilizzata a, simbolo dell'immenso bosco che Albano aveva e che si estendeva su tutto il territorio al posto delle magre coltivazioni odierne. Prevaleva quindi la pastorizia assai proficua, giacché l’erba dei pascoli sempre verdi e le ghiande che cadevano dalle querce nutrivano bene il bestiame e questo dava latte e carni buonissime. Perciò la quercia rappresentava per gli Albanesi la loro ricchezza secolare. Ai lati: a sinistra la lettera « A » e a destra la  «L », cioè le iniziali di Albano di Lucania.

L’esemplare riprodotto, forse il più antico che esiste, si trova vicino al vecchio municipio nel corso Vittorio Emanuele. Dalla scritta in latino della lapide sottostante apprendiamo che l’edificio fu costruito con il pubblico danaro e per pubblica utilità nell’anno del Signor 1581.

 


 

(1) DE LA RONCIERE Ch. op. cit. pag. 39.

(2) MOLPICA C. op. cit. pag. 66.

(3) n. d. t. La strada statale n. 7 « Appia », in linea di massima, segue. l’antica via Appia. Quest’ultima interessava il territorio di Albano e precisamente la contrada "Piscilicchi", ove vi è un bivio detto « la crocetta », posto in cui i briganti assalivano i viandanti.

(4) MARSELLA B. P. op. cit. capit. Il Vescovado di Oria.

(5)  MOLPICA C. op. cit. pag. 88.

(6) PREDOME L. — La Basilicata, Litostampa Dedalo, Bari, 1963.

(7) Sembra che S. Vito, Modesto e Crescenzia fossero stati prima immersi nel piombo fuso e ne uscirono incolumi, poi gettati alle belve e queste, anziché sbranarli leccassero loro i piedi, infine fossero stati tagliati a pezzi.

(8) CAPUANA F - .ARDUINO R. Enciclopedia medica « La salute della famiglia », Editrice Italiana per la cultura, Roma, 1965, pag. 203 lett. C, riporta "Corea — malattia infettiva, localizzata nel sistema nervoso, in correlazione, forse, col reumatismo articolare acuto. E’ preannunziata da malumore, inappetenza, spossatezza; segue la tendenza a compiere, con gli arti superiori, strani improvvisi movimenti che rendono impossibile tenere oggetti in mano; quindi cominciano a muoversi bizzarramente il tronco e gli arti inferiori, sicché pare che il paziente, quando cammina, danzi. Nei casi più gravi il paziente arriva a fare movimenti violenti e si rotala per terra. Massima è l’eccitabilità psichica e continua la spossatezza, mentre 1'intelligenza rimane intatta".

(9)   AMORE A. Enciclopedia dei Santi — a cura dell’ Istituto Giovanni XXIII della Pontificia Università Lateranense — tip. Città Nuova Roma 1969, volume XII, pagg. 1245 - 46.

(10) PREDOME L. — op. cit.

(11)  MOLPTCA C. — op. cit. pag. 87.

 

 

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