Eppure nonostante queste trasformazioni ed abbellimenti di moda paesana,
dalla rivoluzione del 1860 in poi si prese in odio il costume e venne la
mania della veste e del cappello; imperocchè la larga lusinga di civiltà
e di eguaglianza ridestò l'istinto dell'umano diritto, che mai si
cancella, esaltò la fantasia, e la veste divenne il sospiro di ogni
fanciulla.
Anche prima si affacciava a qualcuna il desiderio della veste; ma passava
presto, stimandosi vana voglia di sorte rara, come la vincita di un
terno al lotto, quando non se ne abbia la fortuna. La veste si portava,
si, ma solo nella prima età, ed era di taglio semplicissimo, e di roba
di pochissimo valore, detta barracana o peloncino. Però verso i dodici o
i tredici anni, appena cominciava ad arrotondirsi un po' il petto,
subito se la toglievano per voltarsi il busto, e mettersi il costume. E
con che gioia!...
Uscire la prima volta in sottaniello era una vera festa per una figliola,
badandosi più ai nuovi palpiti del cuore, che a sciocchezze di vanità e
di fantasia, perché voltarsi il busto significava mettersi sulla via di
abbuscà (trovare) nu zito!
Anzi la veste ed il cappello venne fatto segno ad espressioni di mordace
ironia, appiccicando all'una il titolo di si-loca, e all'altro quello di
fasciedda (fiscella), buona a mettervi dentro il cacio e la ricotta. Ed
ecco tra i ricordi di quel tempo un aneddoto ad esilarare il lettore.
Un certo D. Girolamo, scrivano di avvocato, sposò una giovane contadina.
Questa si mise la veste. Che diamine, s'avia piglià nu alantomo!... Non
le fosse venuta mai siffatta voglia, perchè subito a burla e a dispetto
le cacciarono la canzone:
Angiulina vole li vant' (guanti)
D. Girolmo nu' po' tant',
Li vole di setafina,
Color malva papagnina! (papaverina)
Nè basta... Il giorno della prima uscita dopo lo sponsalizio,
pavoneggiandosi alla meglio, andarono alla messa (messa cantata ve'!)
nella Chiesa Cattedrale di S. Gerardo, per farsi ammirare dalla gente.
Quello spirito bizzarro di Emilio Maffei, allora giovine prete, si tolse
il gusto di salire in quell'ora sull'organo a suonare la messa. Mentre
D. Girolamo ed Angiolina erano lì a fare mostra di sè, ecco che il
Maffei, tirando tutti i registri della tastiera, si mette a strimpellare
l'aria della canzone. A questa sorpresa di burletta, la gente incomincia
a ridere ed a guardare più gli sposi sicché i poverini, fatti rossi per
la vergogna, se ne dovettero uscire dalla chiesa!
Unificatasi l'Italia a governo libero e nazionale, ne venne il
rimescolamento e la fusione delle diverse genti, ed in Potenza, come
Capoluogo della Provincia, si cambiò l'ambiente per novità e per
pensieri, e quindi si trasformò ogni usanza paesana. In quel grande
entusiasmo di rivoluzione anche le donne furono prese dal bagliore di
civiltà e di progresso. [...]"
Riproporre, oggi, questa raccolta di modi di vestire, vuole essere, non
solo la testimonianza di un rapporto affettivo con le proprie radici, ma
anche il tentativo di tramandare e divulgare un modo di essere, un come
eravamo, in un'epoca in cui si va rapidamente verso l'omologazione di
ogni forma di linguaggio e di ogni strumento di comunicazione. È di
grande attualità l'impegno a registrare, per i posteri, pezzi della
memoria di un popolo, vale in particolare per gli idiomi che si avviano
ad essere rapidamente soppiantati da forme di esperando con cui tutti
riescono a comunicare con tutti, ma in modo asettico, tecnico, senza
patos.
Il modo di vestire è una forma forte di linguaggio, anch'esso già
uniformato ormai. Avere memoria delle diversità da cui proveniamo ci può
aiutare ad avere migliore consapevolezza di ciò che siamo e del perché
siamo come siamo.
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