Dove la terra finisce
"i lucani in Cile"
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La guerra del Pacifico
Ma fu con la guerra del Pacifico (1879-1883) che si offrirono le
maggiori opportunità all’Emigrazione straniera e si aprirono più
ampie prospettive di sviluppo per il paese.
Essa fu in realtà una contesa per il possesso del deserto di Atacama
che si estendeva per 900 chilometri da Copiapó (cilena) ad Arica
(peruviana)22.
Ancora sconosciute tutte le potenzialità che si sveleranno
successivamente alla conquista, in una terra priva di porti
naturali: la Spagna non si era mai preoccupata di stabilire una
linea di confine tra il Perù (che all’epoca coloniale comprendeva la
Bolivia) e il Cile. Solo intorno al 1830 si scoprì che queste
vallate, bacini di vecchi laghi in altre ere geologiche, contenevano
ricchi depositi di sali minerali, soprattutto nitrato di sodio.
Questi depositi, che andavano da una profondità di alcuni centimetri
a qualche metro, vennero sfruttati per rinforzare gli esauriti
terreni agricoli dell’Europa e del Nordamerica, e fornirono la base
della nitroglicerina che Alfred Nobel incominciò a produrre nel
1860.
Intanto l’era del guano in Perù stava per finire, mentre al sud quei
giacimenti di salnitro offrivano una nuova fonte di ricchezza.
Dunque la contesa: il Perù reclamava Iquique e la regione desertica
del Tarapacá che la comprendeva, la Bolivia la provincia di Atacama
il cui porto era Antofagasta; al Cile rimaneva Copiapó. I più
intraprendenti cileni avevano iniziato lo sfruttamento sui territori
confinanti pagando una percentuale sugli utili del minerale
estratto. Ma dal 1878 la Bolivia — intanto alleatasi col Perù contro
il Cile — impose tasse più elevate sulle operazioni cilene in
Atacama e rivendicò il possesso su tutti gli impianti cileni di
quella regione.
Fu la guerra: nel febbraio 1879 duecento soldati cileni sbarcarono
nella boliviana Antofagasta. Iquique, porto della peruviana regione
del Tarapacá, venne conquistata nello stesso anno. L’italiano Ugo
Rossi fece parte della nuova Giunta municipale23.
Tacna e Arica vennero occupate l’anno successivo. L’esercito cileno
occupò anche Lima fino al 1884. Nel 1883 il Cile impose le proprie
condizioni24.
22 Cfr. H. Herring, Storia
dell’America latina, 1971, pp. 923-924.
23 Cfr. M. Zolezzi, Presencia
italiana en Tarapacá,
in "Andiamo”, rivista dell’Associazione Lucana di Iquique.
24 Nel 1929 con un arbitrato degli USA, Tacna fu assegnata al Perù e
Arica restò al Ci
In definitiva, grazie alla vittoria sul Perù e la Bolivia e,
contemporaneamente, ai patti con gli indios Mapuche (1881), vennero
annessi sotto l’autorità cilena l’Atacama ricco di giacimenti di
nitrati, e i territori a sud, dal clima temperato. La Bolivia aveva
perso il litorale in direzione est-ovest, nell’area del miglior
accesso dalle Ande al Pacifico, i cui traffici passarono così
completamente sotto il controllo cileno. Contemporaneamente, però,
il Cile dovette lasciare all’Argentina le concessioni minerarie di
buona parte della estesa Patagonia.
I nuovi confini cileni, dal 1882-3, compresero dunque Arica a nord25
In seguito alla più estesa geografia e alle nuove potenzialità
economiche si rendeva ora necessaria una maggiore presenza di
forza-lavoro, un richiamo di Emigrazione interna ed estera. La forza
di attrazione verso il Cile diviene, per gli emigranti italiani,
pari a quella che nel 1869 esercitò il gigantesco cantiere per
l’apertura del canale di Suez: periodo nel quale si registrano in
gran numero partenze verso l’Egitto e paesi confinanti27.
Lo sviluppo dell’attività estrattiva richiamava per lo più
Emigrazione interna o dagli stati confinanti, mentre creava le
condizioni per l’affacciarsi anche alla storia cilena della classe
operaia che, insieme ai nuovi ricchi, gli industriali, si trovò a
sfidare il potere di vecchio tipo, arretrato e conservatore, dei
proprietari terrieri.
Nacquero le prime unioni sindacali dei lavoratori delle miniere del
settentrione28. .
25 Annessione di fatto, perché l’accordo fu ufficializzato solo nel
1929.
26 Anche oggi Antofagasta rimane, per la Bolivia, un importante
centro di import-expont.
27 Come risulta da una ricerca in corso condotta dalla Deputazione
di Storia Patria per la Lucania.
28 Più tardi, gli stessi minatori diedero vita nel 1912 al Partito
socialista del lavoro e nel 1920 al Partito comunista.
Comunque non è questo il settore in cui trovano collocazione i rari
emigranti europei. In questo momento i governi cileni fanno di tutto
per favorire l’Emigrazione europea, ma con l’obiettivo di creare
quadri per lo sviluppo del Paese. Si chiede quindi —
come vedremo — una Emigrazione specializzata, più che un ingresso
di ‘braccia’. Con un decreto legge del 10 ottobre 1882 si apre in
Europa la Agencía
generai de colonización
e immigración
en l’Europa (AGCIE), con sede in Francia e delegazioni anche in Italia. Di contro, la
Sociedad nacional de agricultura ha il compito dell’accoglienza in
Cile e del collocamento al lavoro degli immigrati selezionati dalla
prima Agenzia.
In questa fase il nuovo presidente José Manuel Balmaceda (eletto nel
1886) si pone il problema di nuove politiche immigratorie e,
contemporaneamente, di svecchiare le infrastrutture e avviare piani
per i lavori pubblici. L’acquisizione della cittadinanza cilena
diventa automatica: secondo la costituzione della repubblica, sono
cileni tutti coloro che nascono nel territorio della stessa, quindi
anche i figli degli stranieri; secondo il codice civile, non c’è
differenza fra cileno e straniero quanto al godimento dei diritti
civili29.
“Bello, ricco, generoso e uno dei più grandi oratori del momento”30,
Balmaceda attuò una strategia di ampio respiro: estese la rete
ferroviaria e stradale, le linee del telegrafo e i servizi postali,
costruì ponti e banchine portuali, mise in programma un sistema
idrico efficiente, scuole per tutti, il miglioramento degli ospedali31.
E’ il momento in cui si avverte l’urgenza di una Emigrazione
industriale. L’interesse è rivolto soprattutto ai piccoli
imprenditori europei in difficoltà. Il governo del presidente
Balmaceda dà quindi indicazioni alle AGCIE per il reclutamento
specifico. Nonostante il progetto lungimirante, la politica di Balmaceda incontrò la resistenza del Congresso conservatore, che lo sfiduciò e impose il governo provvisorio di Montt, un ufficiale di Marina. Ne seguì una guerra civile, nella quale morirono oltre diecimila cileni, mentre la flotta di Montt, controllando punti strategici come i porti, sconfisse il governo, malgrado l’esercito sostenesse Balmaceda. Il quale, rifugiatosi dapprima presso l’ambasciata argentina, si suicidò.
29 p. Salvetti, L’emigrazione
italiana in Cile: le fonti in Italia, in
il contributo italiano... cit., p. 373. Quasi contemporaneamente
in Italia viene approvata la legge 30 dicembre 1888, la prima sui
flussi migratori, e con la quale si istituisce la figura dell’agente
di emigrazione. Per questa legge, gli agenti di emigrazione e la
presenza dei vettori in
Italia, e partic. in Basilicata cfr. M. Schirone,
Quelli dal volto bruno, I° vol., cit., p. 34.
30 H. Herning, cit., p.925. 31 Si noti come questi ammodernamenti riguardino contemporaneamente anche Argentina, Messico e Uruguay, laddove c’è appunto un piano statale, segnando un progresso molto diseguale tra i paesi latinoamenicani. In altre zone si costruiscono semplici tronchi ferroviari per collegare i centri di produzione dell’interno con i luoghi di esportazione. Così in Brasile e Perù. Cfr. T.H. Donghi, cit., p. 203.
Comunque, la filosofia sottesa nelle riforme di Balmaceda si
dimostrò irrinunciabile e fu sostanzialmente ripresa dai governi che
seguirono. Furono sviluppate le infrastrutture: strade, autostrade,
ponti, ferrovie32
e, per coordinare l’Emigrazione industriale e agricola fu
istituita la Sociedad de
Fomento Fabril
(SOFOFA, 1895).
Tra i risultati, il maggiore popolamento di regioni sino allora non
occupate, come il deserto di Atacama. Il dato demografico è
eloquente: tra il 1895 e il 1930 la popolazione passa da 2,7 a 4
milioni. Il denaro circolante continuava a provenire soprattutto dai
diritti sui nitrati che, da soli, fornivano più della metà del
bilancio nazionale33.
Si arrivò a contare circa 300
oficinas
salitreras.
Non sono solo le produzioni specializzate a richiedere più
investimenti, quanto tutto il processo di ammodernamento e quella
rete di servizi che chiameremmo "indotto”. E’ questo l’ampio settore
che interesserà più da vicino le vicende degli immigrati italiani,
lucani in particolare.
Ma daremmo un quadro parziale del momento se tacessimo che della
nuova ricchezza non partecipavano i lavoratori comuni. Gli
inquilinos
lavoravano ancora dall’alba al tramonto per una miseria; i minatori
pativano sotto il sole accecante del deserto di Atacama, e non erano
assicurati contro gli incidenti sul lavoro, le malattie, la morte.
Così i lavoratori delle fabbriche. Più dei nove decimi della
popolazione si ammassava in rozze capanne, vestiva di stracci; più
della metà non sapeva leggere e scrivere.
32 Le ferrovie nazionali nel 1914 raggiunsero la lunghezza di 2.400
chilometri; oggi sono lunghe oltre 9.000 km. e le strade circa
80.000 km. 33 Nel 1900, l'1,5 milioni di tonnellate di nitrato cileno rappresentavano circa i _ della produzione mondiale.
Es la hora
alta da tierra y de pedume, mirad este rostro
mirad este nuevo corazón
que os saluda
E’ l’ora
alta di terra e di profumo, guardate questo volto (Pablo Neruda)
Questa era la condizione nel 1914, allorché la prima guerra mondiale
procurò una grande richiesta di nitrati (componenti per la polvere
da sparo) e rame cileni. Il salnitro divenne materiale strategico
che gli alleati cercavano di non far arrivare alla Germania. I
guadagni degli industriali aumentarono, mentre i poveri restavano
tali. Scoppiarono scioperi nelle comunità minerarie e rivolte nelle
città. I lavoratori strapparono salari più alti, alcuni (pochi)
provvedimenti di responsabilità degli imprenditori per gli incidenti
sul lavoro, le prime pensioni. Troppo poco e troppo tardi: non
appena la fine della guerra ebbe portato una contrazione delle
esportazioni e un ritorno alla disoccupazione, si scatenarono nuove
rivolte.
A proposito del primo conflitto mondiale, sappiamo che gli italiani
lasciarono le diverse località di destinazione e rientrarono in
patria per combattere al fronte.
“Mi padre estuvo en la Primera
Guerra y estuvo muy cerca de la
muerte, pero la recordava
con
mucho honor”, ricorda
Felice Abiuso Famularo, di Oppido. Nel Sacrario del Mausoleo
italiano di Santiago e nel Monumento ai Caduti della Scuola Italiana
di Valparaíso compare l’elenco dei caduti italiani, mentre nella
sede dei Bomberos “Ausonia”
di Iquique una targa ricorda il sacrificio di quattro lucani:
Napoli Saverio, Mossutto Rocco, Molinari Francesco e Fidanza Michele.
Con le nuove elezioni del 1920 il Congresso espresse il presidente
Arturo Alessandri Palma —
il “leone di Tarapacá”, da Iquique, ma di origine italiana —
che aprì una lunga fase democratica durata almeno fino alla vigilia
della seconda guerra mondiale.
Autonomia politica alle province, introduzione dell’imposta sul
reddito e sui terreni per finanziare l’assistenza sociale e
migliorare le condizioni di lavoro, la salute pubblica e
l’istruzione: questo il programma di Alessandri e dei successivi
governi ispirati dalla sinistra (sia pure una sinistra variegata e
disunita). Tra l’altro, Alessandri promulgò il Codice del Lavoro che
conteneva novità in relazione alla riduzione dell’orario, alle
assicurazioni contro le malattie e gli incidenti sul lavoro, ai
contratti di lavoro collettivi, alle restrizioni al lavoro minorile.
Programma fortemente ostacolato dalla destra che tra il ‘25 e il ‘31
impose la presidenza di Ibáñez del Campo, generale. Ibáñez attuò una
politica disastrosa di sperpero di denaro (in gran parte prestiti di
banchieri newyorkesi) che fece sorgere una diffusa opposizione,
finché nel 1931 fu costretto all’esilio in Argentina. Di lui
interessa qui la costituzione di un organismo parastatale, la
Caja de colonizacion
agricola
che avrebbe dovuto favorire la colonizzazione europea, e un
tentativo, fallito, di capitalismo di stato avendo creato, con
interessi americani, la Companía
de Salitre de Chile
(Compagnia del Nitrato del Cile, COSACH)34.
Con il monopolio dei nitrati e dei prodotti collaterali, come lo
iodio, la compagnia era posseduta in parti eguali dagli operatori
stranieri e dalla nazione cilena. Ma non ci furono vendite
sufficienti per pagare interessi e dividendi alla corporazione:
Fu un periodo di sviluppo anche per l’industria nazionale. Di grande
intelligenza fu la scelta di diversificare la produzione e
interessare anche il mercato interno. Intorno al 1938 si producevano
articoli di prima necessità:
34 Dopo la Grande Guerra, mentre la Gran Bretagna era rimasta il
“cliente” principale del Cile, e i banchieri londinesi gli agenti
finanziari di riferimento, anche il ruolo degli Stati Uniti era
cresciuto rapidamente, in conseguenza della diminuzione degli
investimenti della Germania sconfitta.
Le compagnie del Nord America avevano ottenuto il controllo delle
miniere di rame nei primi due decenni del XX secolo. La seconda
guerra mondiale determinò un aumento della domanda di rame35,
che dette nuovo impulso allo sviluppo, nonostante la diminuita
richiesta di salnitro soppiantato dai nuovi prodotti di sintesi.
Intanto, durante il governo del Fronte popolare (1938-’42) si rivelò
significativa anche l’istituzione, nel 1939, della
Corporación
de Fomento, la Corporazione per lo sviluppo, che sarebbe servita
per l’incremento dell’industria, dell’attività mineraria,
dell’agricoltura e della pesca.
L’ultimo governo fino al secondo dopoguerra, presieduto da Riós tra
il ‘42 e il ‘46, si pose il più radicale problema di una liberazione
dai pesanti condizionamenti del capitale straniero.
“La nazione non si sarebbe liberata dall‘influenza straniera finché
il suo suolo, le sue miniere e le foreste non avessero prodotto più
abbondantemente e finché i suoi prodotti non fossero stati lavorati
nelle sue fabbriche. La sua liberazione sarebbe giunta quando
essa avrebbe costruito le sue automobili e i suoi trattori e
fabbricato le proprie rotaie in acciaio.... Cercatori, finanziati
dal ‘Fomento’,
scoprirono il
petrolio nei lontano sud, e
si nutrirono speranze che la nazione non avrebbe più dovuto
dipendere da sorgenti straniere...36.
Ma Riós morì nel ‘46. Bisognerà aspettare gli anni ‘60 per una
ripresa di simili ambiziosi progetti.
Nel frattempo le società nordamericane continuarono a far dipendere
il rame dalle variazioni determinate in modo unilaterale (come nel
1950:
Alcuni esempi di sfibrante dipendenza dalle oscillazioni del corso
mondiale di questa materia prima: dopo la crisi del ‘29, diminuzione
tra il 30 e il 50% del prezzo del rame (e di altri prodotti
essenziali per le economie latinoamericane); intorno al ‘49, altro
crollo del prezzo, e
l’Anaconda
—
principale produttrice di rame
—
cominciò a licenziare i lavoratori. Le ripercussioni in questi casi
si avvertono inevitabilmente sull’intera economia del paese.
Infatti, se i prezzi dei beni importati non diminuiscono, lo scambio
diviene negativo. Di contro, alcuni sostengono che paradossalmente
proprio la crisi delle esportazioni, dopo il 1930, abbia accelerato
il processo di industrializzazione, particolarmente intenso nel
decennio che seguì. E poiché tale processo non poteva aver luogo
senza massicci investimenti americani, la struttura produttiva,
svincolatasi dall’economia inglese, si vincolò saldamente a quella
americana38.
Ancora oggi il rame è alla base dell’economia del Paese e
rappresenta oltre il 40% del totale delle esportazioni del Cile39.
SALITRE
Salitre, harina de la luna llena,
harapo y soledad son su medalla.
Hermanos de las tierras desoladas:
aquí tienes como un montón de espadas
(Pablo Neruda)
35 Nel corso del Secondo conflitto mondiale il Cile si schierò di
fatto con gli Alleati e contribuì a stanare oltre cento agenti
nazisti sul territorio; i nitrati e il rame cileni vennero destinati
agli USA a condizioni speciali, In cambio, Washington s’impegnò a
comprare tutta la produzione aurifera del Cile e la immagazzinò nei
sotterranei di Fort Knox. Cfr. H. Herring, p. 942-3. Per le vicende
del secondo dopoguerra, v. oltre, in relazione alla presenza lucana
nella capitale. 36 H. Herning, cit., p. 943.
37 Cfr. C. Furtado, L’economia latino-americana, cit., p. 23 1-232.
38 Cfr. M. Carmagnani,
L’America latina dal 1880 ai nostri giorni, 1973, pp. 22-23.
39 Per le vicende dal secondo dopoguerra, v. oltre, in relazione
alla situazione attuale dei lucani nella capitale. |
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