Dove la terra finisce
"i lucani in Cile"

 

 

PARTE II°  -  A IQUIQUE E PICA. LE IDEE NUOVE DEI LUCANI - Maria Schirone
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A Iquique. Dove il deserto incontra l'oceano - 1° A Iquique. Dove il deserto incontra l'oceano - 2° A Iquique. Dove il deserto incontra l'oceano - 3°
A Iquique. Dove il deserto incontra l'oceano - 4° A Pica

Mi padre es un recuerdo
de pan y de nostalgia,
uniò también en mi alma
el sol y las estrellas.
61

 

Iris Di Caro,
Dedicado a todos los padres italianos
cuyo recuerdo vive con nosotros.
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A Iquique. Dove il deserto incontra l’oceano.

 

Dopo la Guerra del Pacifico (le cui tappe essenziali abbiamo riferito in precedenza), l’Emigrazione italiana divenne più numerosa, in Cile come in Perù. Le ottimistiche notizie di abbondanza di nitrato di soda nelle regioni del Tarapacá e dell’Atacama (il Norte Grande) attraversarono l’Atlantico e costituirono un richiamo dal vecchio continente. Dall’Italia gruppi di emigrati cominciarono ad arrivare sulla costa di Iquique, principalmente dalle regioni della Liguria e della Basilicata. Nel 1907 la presenza italiana nel Tarapacá superava le mille unità, ripartite tra il porto e la pampa salitrera62. Esse rappresentarono quel nucleo che successivamente, insieme ai figli e alle generazioni successive, avrebbe costituito fino ad oggi la numerosa e significativa collettività italiana nel Norte Grande.

 

 

SCHEDA III

 

Iris Di Caro CastiIIo, maestra iquiquena, è figlia di Paolo Di Caro De Rosa, nativo di Oppido Lucano, emigrato in Cile nel 1893, e di madre peruviana, di Arequipa. Dai genitori, appassionati di arte e musica, ha ereditato il piacere di esprimere in forma poetica, teatrale, letteraria, gli usi e i costumi delle due terre che coabitano in lei: il Cile e la Basilicata. Ha realizzato recitales per l’Università del Cile, il Ministero dell’Educazione, la Municipalità di lquique e l’istutito di Cultura Hispánica. Insegna Teatro Infantile alla Scuola Artistica e ai Dipartimento della Comunicazione dell’Università del Norte come librettista e programmatrice di spazi per la TV dei bambini.

Sposata con Manuel Font, ha tre figli. Ha conseguito numerosi premi letterari tra i quali, nel 1985, il Premio Letterario al 3° Concorso Nazionale di Drammaturgia dell’Università Cattolica del Cile.

E’ Presidente dell’Asociación Lucana Región Norte de Chlle, per la quale dirige la rivista Andiamo.

 

Popolazione di Oppido Lucano dall’Unità d'Italia*:
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anno abitanti anno abitanti
1861 3369 1921 3840
1971 3710 1931 3598
1881 4004 1936 3834
1901 3781 1951 4516
1911 3505 1961 4750
*Per i dati dei Censimenti cfr. V. Armignacco Alidori, Qualche osservazione geografica su Qppido Lucano, in Antiche civiltà lucane, Congedo ed., 1975.

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Avvolta in un’ampia coperta, su un sentiero stretto e ripido, Rosa è a dorso di una mula. Fa freddo, benché sia estate. Intorno a lei, la roccia dell’arido paesaggio andino mostra qua e là le chiazze abbaglianti di nevi perenni.

Rosa è un fagotto in braccio alla mamma, e si lascia trasportare con l’indolenza di una precoce rassegnazione alle vicende della vita. Non ha ancora cinque anni. Va a raggiungere il papà che l’aspetta in un paese dal nome strano, così diverso dai nomi dei paesi che ha lasciato da ormai più di un mese. Iquique. Chissà quanti giorni ci vorranno ancora per quella meta lontana. Sembrava già tanto lungo il viaggio da Oppido a Napoli. Un paese intero all’imbarco. Tanta gente che sembrava la festa di Sant’Antonio, non fosse stato per quella stanchezza, quegli abbracci e quelle lacrime che sapevano così poco di festa.

Ma il mare! Quel mare sembrava non voler finire mai. Quanti giorni, settimane, prima di poter ridiscendere dalla nave? Più di un mese per Mar del Plata, e non era che una tappa di questo percorso interminabile. Poi in treno fino a San Martín de los Andes, il confine andino dove insieme all’Argentina finisce anche la ferrovia. Là, un mulattiere ha proposto alla mamma di accompagnarle di là dalle Ande, a Los Andes del Cile. A dorso di quella mula che ora la culla ora la fa sobbalzare, strattonata com’è perché non perda la direzione.

Ma la bimba sa che, dopo, questo viaggio non sarà ancora finito: dal confine a Santiago e Valparaíso, il mulattiere dice che saranno non meno di due settimane di carretto; dal porto mamma e figlia dovranno prendere ancora una nave per il lungo nord cileno, altre mille miglia fino a Iquique. Per ora sono già tre giorni almeno lungo la Cruce de los Andes, sentieri tortuosi, ripidi, polverosi, ponti stretti che passano su baratri e precipizi da far paura anche alle bestie.

Sarà per questo che la mula è bendata.

 

Una storia che potrebbe chiamarsi Dagli Appennini alle Ande, se questo titolo non l’avesse già scelto qualcuno di ben altra stoffa... Perché dagli appennini lucani parte questa vicenda, dai monti di Oppido che allora —siamo alla fine dell’Ottocento — si chiamava Palmira63.

Nonna Felicia Muscio e la piccola Rosa ci misero due mesi per arrivare a Iquique. Sono Canio Antonio Sciaraffia64 e il cugino Francesco Lasala a raccontare. Come nonna Felicia, come la piccola Rosa, tanti italiani, tanti lucani hanno attraversato quell’arida e fredda barriera naturale delle Ande argentine. Così la bisavola di Gianni Corvalan, partita da Oppido per il Cile attraverso l’Argentina e le Ande per raggiungere il marito Benedetto Napoli, emigrato da Oppido all’età di 14 anni. In treno o a dorso di mulo, verso luoghi nuovi della speranza in una sconosciuta lingua di terra che si allunga dai tropici all’Antartico, stretta tra la cordigliera andina e l’Oceano Pacifico. Come dice un ritornello del Tamarugál: “Vivo atrapado/ entre dos mares./ Uno de sal y rocas./ Otro de agua y sal.” 65.

Eppure questa terra, tra picchi rocciosi, spiagge sabbiose e aridi deserti ha offerto un’alternativa di vita a coloro che si possono considerare i più coraggiosi e creativi tra gli emigrati italiani.

 

 

SCHEDA IV

 

A Iquique oggi si contano più di duemila lucani, quasi tutti originari di Oppido, e costituiscono oltre il 50% della comunità italiana residente. L’Asociación Lucana Región Norte de Chile è qualitativamente di grande interesse, giacché tra i numerosi iscritti annovera, oltre agli emigrati, i figli e i giovani dì seconda, terza generazione, nativi iquiqueñi, ma che conservano un forte legame di appartenenza con la terra dei genitori, dei nonni, talvolta dei bisnonni. Devo soprattutto alla presidente, Iris di Caro Castillo, all’entusiasmo con cui ha voluto collaborare alla ricerca, se ho potuto dare voce alle storie, alle esperienze, alle emozioni raccolte nella presente sezione.

 

 

61 Per la poesia integrale v. Parte IV

62 M. Zolezzi Velásquez, Presencia italiana en Tarapacá, in Andiamo, rivista dell’Asociación Lucana Región Norte de Chile, 1995.

63  Palmira è un toponimo che compare nel secolo scorso per Regio Decreto n. 1273 e dura solo per pochi decenni, dal 21 aprile 1863 all’8 giugno 1933. Oppido è. invece, il nome con cui la località lucana è nota sin dai primi documenti (Catalogo dei Baroni Normanni redatto nel XII sec, in cui figura un Rogerius de Oppido; dal 1415 come località denominata Oppido; così figura anche nella carta del Rizzi-Zannoni -1808). All’indomani dell’Unità d’Italia fu aggiunta la precisazione “Lucano”.

64 Rosa sposò Canio Sciaraffia Provenzale, padre di Canio. La sorella Berta sposò Francesco La Sala Giordano. Canio Antonio Sciaraffia. Sciaraffia è il più piccolo dei 12 figli nati dal matrimonio tra Canio e Rosa. E’ sposato con Susana Ortega ed è padre di Canio, José Miguel e Gino. Tiene a precisare che l’ultima generazione della famiglia Sciaraffia è occupata in attività professionali: sono ingegneri o medici.

65 Juan Vásquez, A la camanchaca. Il Tamarugál è l’arida pampa dell’entroterra di Iquique, ricca di nitrati.

 

 

Questa la storia, così come ce la racconta Canio Sciaraffia:

«Mi abuela Felicia Muscio Palumbo nació im 8 de Octubre de 1867 en Palmira (Italia) según se lee en su tumba en el cementerio de Iquique. Se casó en su pueblo natal con mi abuelo Vittorio Sciaraffla Saluzzi quien en 1893-94 emigró con su hermano Antonio a América, dejando en su pueblo a mi abuela con su hija (mi madre) que había nacido el 7 de mayo de 1893. Mi abuelo se detuvo en California. Trabajando en una ganja de un compaesano donde se ganó el apareció de todos, mientras su hermano Antonio siguió al Sur deteniendose en Perú donde trabajó en la explotación de huano de pájaros.

Talvéz por nostalgia u otro motivo mi abuelo Vittorio fué a Perú al encuentro de su hermano y sus espiritus aventurero los trajeron a Iquique, Chile, donde se radicaron cada uno por su cuenta. Aqui mi abuelo ejerció un sinnúmero de actividades lucrativas: vendedor de agua, almocenero, lechero, dueno de una flota de coches a caballo etc.

La necesidad de reunir a su familia empujó a mi abuela a realizar la "aventura de su vida “: viajar a América con su hija de 4 años (mi madre) al encuentro de su marido.

Tomó el barco en Napoles en una traversía que duraba 40 días hasta llegar al Mar del Plata, de Buenos Aires en tren hasta el pueblo de San Martín de los Andes en Argentina donde se terminaban las linas, después en carreta o cabollo hasta los pies de la Cordillera, luego el “Croce de los Andes” en mula y con su hija en brazos hasta la ciudad de Los Andes en Chile.

Contaban mis mayores que los caminos que bordeaban los precipicios eran fan estrechos que no se en parte sólo cabian los patas de las mulas; a las que tenían que vendarles los ojos para que no se asustaran y desbarrancaran, las mulas eran guiadas por vaqueanos expertos en cruzar los Andes. Desde la ciudad de los Andes a Santiago y Valparaíso se usaban carretas o coches tirados por caballos. No se cuantos días se empleaban en toda esta etapa, no creo que menos de dos semanas.

En Valparaíso tornaron el barca para la última etapa: Iquiqime, poco más de mil millas nauticas para al fin abrazar a mi abuelo. »

«Mia nonna Felicia Muscio Palumbo nacque l’8 ottobre 1867 a Palmira [Oppido Lucano], come si legge sulla sua lapide nel cimitero di Iquique. Si sposò al paese natale con mio nonno Vittorio Sciaraffia Saluzzi che verso il 1893-94 emigrò in America con suo fratello Antonio, lasciando al paese mia nonna con sua figlia (mia madre) che era nata il 7 maggio 1893. Mio nonno si sistemò in California. Lavorando con un compaesano riuscì a realizzare buoni affari, mentre suo fratello Antonio proseguì verso il SudAmerica, sistemandosi in Perù dove lavorò nei giacimenti di guano.

Forse per nostalgia o per altro motivo, mio nonno Vittorio andò egli pure in Perù sulle orme del fratello, ma il loro spirito d’avventura li condusse in Cile, a Iquique, dove si radicarono ognuno per proprio conto. Qui mio nonno svolse innumerevoli lavori: venditore d’acqua, magazziniere, lattaio, proprietario di carrozze a cavallo, ecc.

La necessità di riunire la famiglia convinse mia nonna a compiere l’ "avventura della sua vita”: partire per l’America con sua figlia di 4 anni (mia madre) e rincontrare suo marito.

S’imbarcò a Napoli per una traversata che sarebbe durata quaranta giorni fino al Mar del Plata; da Buenos Aires in treno fino a San Martín de Los Andes in Argentina dove la ferrovia terminava, poi su un carretto o a cavallo fino ai piedi della Cordigliera; lungo la “Croce de Los Andes” a dorso di mula e con sua figlia in braccio fino alla città di Los Andes in Cile.

Raccontarono poi che i sentieri lungo i precipizi erano tanto stretti che ci passavano appena le zampe della mula; sicché non restava che bendarle gli occhi perché non si spaventasse e sbilanciasse. Le mule erano guidate da vaccari esperti nell’attraversamento dei passi andini. Dalla città di Los Andes a Santiago e Valparaíso si usavano carretti o carrozze tirate da cavalli. Non so quanti giorni si impiegassero per coprire tutta questa tappa, ma credo non meno di due settimane.

A Valparaíso s’imbarcarono per l’ultima tappa: Iquique, poco più di mille miglia nautiche per abbracciare infine mio nonno.»

Là in Iquique, poi, nasceranno i fratellini di Rosa: Maria nel 1898, Berta nel 1900 e Vittorio nel 1903, che si troveranno a vivere una terribile tragedia, di cui diremo.

Continua il cugino, Francesco Lasala: “Mio padre [Francesco La Sala66, come il figlio] quand’era a Oppido andava in campagna a seminare. Quando nel 1911 è arrivato a Iquique alla casa del nonno ha conosciuto Berta, che in seguito (nel 1918) sarebbe diventata sua moglie”. Allora lei aveva 11 anni, mentre lui ne aveva 18 di più. “Arrivato a Iquique trovò il lavoro: vendere acqua nelle case”. L’acqua giungeva da Arica con navi cisterne; gli acquaioli la smistavano di casa in casa. Successivamente, terminata l’emergenza acqua, Francesco La Sala passò a vendere il pane finché nel 1915 aprì la Panaderia “La Universal“, in società con altri quattro lucani

Domenica Cervellino, che oggi ha 83 anni, arrivò da Oppido a Iquique nel 1958. Ricorda una grande paura durante il tragitto andino (stavolta in treno) sui passi montani. Cercava di non vedere il paesaggio dal finestrino. Soprattutto opprimenti le apparivano le montagne che si affacciavano sul nulla del deserto, come onde preoceaniche, e sperò di non dover rivedere le Ande per lungo tempo. Ma non sapeva che la casa che l’attendeva era situata.. ai margini del deserto e di fronte alla cordigliera!

 

Anno 1930 - Calcolo approssimativo dei lucani nella regione del nord
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  n° persone
Lucani provenienti da OPPIDO, secondo una lista del ‘29 100
Altri oppidesi 50
Lucani provenienti da LAGONEGRO, TOLVE, ACERENZA 80
Ricongiungiungimento coniugi dalla Basilicata 180
Calcolo medio di 4 figli per famiglia 720
TOTALE (circa)  1.130

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Por el mundo fueron a buscar
un lugar donde brillara el sol,
habia que emprender un largo caminar
al nuevo continente, hacia el mar.

La anoranza del suelo natal
acunó mi vida sin borrar
las huellas del ayer
que hoy vengo a recorrer
pues todo está muy dentro de mí.

 

Lucanos hoy nos une la hermamdad
de hijos esparcidos de este lar,
buscando primaveras Ioghremos la quimera
porque Dios nos permita retornar.

Y cada pueblo entona su canción
con el amor que agranda la emoción.

La voz de nuestros padres,
sus penas y alegrías,
la frase que se quiebra en el adiós.

 

(Iris Di Caro Castillo, EI retorno lucano,
Canto dell’Associazione lucana di Iquique)

 

 

66 Si tenga conto delle trascrizioni frequentemente divergenti: talvolta Lasala, altre volte La Sala, I lucani oggi residenti a lquique con questo nome si chiamano prevalentemente Lasala. Francesco (il figlio) che ha rilasciato le testimonianze, è Presidente della Casa degli Italiani di lquique.

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