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SCHEGGE DI MEMORIA

ANTONIO MOLFESE
 

U Varricchie - Lucia la portatrice d’acqua

Negli anni trenta in molti paesi del sud Italia, come a Sant’Arcangelo (Pz), gli acquedotti non esistevano e solo nei capoluoghi di provincia erano comparse le prime fontane pubbliche nel centro abitato. L’approvvigionamento dell’acqua per bere era un problema quotidiano, che doveva essere risolto in sicurezza e continuità.
Questo era il motivo per cui Lucia, giovane sposa, svolgeva tale mestiere, che, anche se faticoso, era ben remunerato.
Le famiglie di censo, come era la mia, si avvalevano dell’opera di Lucia per approvvigionarsi d’acqua per bere. Compiva fino a cinque viaggi per trasportare l’acqua con il barile sulla testa dalla fontana, situata in contrada, alla salita del petto, “mpede u piette”, fino alla nostra casa, situata al rione castello. Oltre al barile era solita portare in mano anche un recipiente di creta “a gummule”, della capacità di litri 2,5, ed era un di più che spesso rappresentava la riserva per la sua casa.
La restante acqua, che serviva per la pulizia della nostra casa, della biancheria e per abbeverare gli animali, era attinta dalla cisterna, una delle poche esistenti nel paese.
Il percorso all’andata era di 15 minuti, non così al ritorno, dal momento che con circa 13 litri di acqua nel barile ed un altro recipiente nelle mani, per percorrere la ripida salita Lucia impiegava quasi un’ora (in questo tempo era compreso anche il riposo che durante il tragitto ogni tanto compiva).
Il pagamento era rappresentato da 10 centesimi a viaggio ed in più da un pasto a mezzogiorno.
Dal momento che la fontana del petto era la più vicina al paese, tutti vi si approvvigionavano, per cui, specie al mattino, si creava confusione per la “vecita”, ossia il turno di prelevamento dell’acqua.
Era consuetudine che coloro che notoriamente esplicavano questo mestiere per vivere non dovessero rispettarla, ma, appena giunti sul posto, potevano riempire il loro recipiente.
Dopo la morte del marito di Lucia e la nascita di un figlio, Salvatore, ottima persona morta prematuramente, il lavoro di portatrice d’acqua aumentò fino a quando, con l’avvento delle prime fontane pubbliche nel paese, anche questo mestiere scomparve.
La tragica morte del marito di Lucia avvenne per motivi di povertà, legata al fatto che una alimentazione povera di grassi, specie di olio di oliva, procurava nelle persone una stitichezza molto marcata, per cui pare che, mentre era a defecare in un anfratto vicino casa, data la mancanza di gabinetti nelle abitazioni, a causa di uno sforzo eccessivo venne colpito da un capogiro, che lo fece precipitare nel burrone e per le ferite riportate morì.

 

 

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