U Varricchie - Lucia la portatrice d’acqua
Negli anni trenta in molti paesi del sud Italia, come a Sant’Arcangelo (Pz),
gli acquedotti non esistevano e solo nei capoluoghi di provincia erano
comparse le prime fontane pubbliche nel centro abitato.
L’approvvigionamento dell’acqua per bere era un problema quotidiano, che
doveva essere risolto in sicurezza e continuità.
Questo era il motivo per cui Lucia, giovane sposa, svolgeva tale
mestiere, che, anche se faticoso, era ben remunerato.
Le famiglie di censo, come era la mia, si avvalevano dell’opera di Lucia
per approvvigionarsi d’acqua per bere. Compiva fino a cinque viaggi per
trasportare l’acqua con il barile sulla testa dalla fontana, situata in
contrada, alla salita del petto, “mpede u piette”, fino alla nostra
casa, situata al rione castello. Oltre al barile era solita portare in
mano anche un recipiente di creta “a gummule”, della capacità di litri
2,5, ed era un di più che spesso rappresentava la riserva per la sua
casa.
La restante acqua, che serviva per la pulizia della nostra casa, della
biancheria e per abbeverare gli animali, era attinta dalla cisterna, una
delle poche esistenti nel paese.
Il percorso all’andata era di 15 minuti, non così al ritorno, dal
momento che con circa 13 litri di acqua nel barile ed un altro
recipiente nelle mani, per percorrere la ripida salita Lucia impiegava
quasi un’ora (in questo tempo era compreso anche il riposo che durante
il tragitto ogni tanto compiva).
Il pagamento era rappresentato da 10 centesimi a viaggio ed in più da un
pasto a mezzogiorno.
Dal momento che la fontana del petto era la più vicina al paese, tutti
vi si approvvigionavano, per cui, specie al mattino, si creava
confusione per la “vecita”, ossia il turno di prelevamento dell’acqua.
Era consuetudine che coloro che notoriamente esplicavano questo mestiere
per vivere non dovessero rispettarla, ma, appena giunti sul posto,
potevano riempire il loro recipiente.
Dopo la morte del marito di Lucia e la nascita di un figlio, Salvatore,
ottima persona morta prematuramente, il lavoro di portatrice d’acqua
aumentò fino a quando, con l’avvento delle prime fontane pubbliche nel
paese, anche questo mestiere scomparve.
La tragica morte del marito di Lucia avvenne per motivi di povertà,
legata al fatto che una alimentazione povera di grassi, specie di olio
di oliva, procurava nelle persone una stitichezza molto marcata, per cui
pare che, mentre era a defecare in un anfratto vicino casa, data la
mancanza di gabinetti nelle abitazioni, a causa di uno sforzo eccessivo
venne colpito da un capogiro, che lo fece precipitare nel burrone e per
le ferite riportate morì.
AVANTI
>>
|