A la Vianova - Passeggiata sulla strada rotabile
Espressione usata in gergo dialettale familiare, che voleva dire andare
a passeggio nei pomeriggi d’estate alla rotabile, sulla strada
provinciale che congiungeva S.Arcangelo con Tursi e attraversava la
nostra proprietà del Monte.
Era questo un diversivo molto atteso da noi bambini durante i tre mesi
di vacanza, che, negli anni 50, lo scrivente con la mamma ed i suoi
fratelli Francesco e Giuseppe, trascorrevano al Monte Cellese nella
masseria di famiglia. Infatti, appena dopo la chiusura delle scuole ai
primi di Giugno, dopo alcuni giorni di preparativi si andava alla
masseria a trascorrere le vacanze estive. Non vi era energia elettrica e
l’acqua da bere era di pozzo; trovandosi l’azienda ad una altezza di
oltre 500 metri slm vi era più fresco che in paese e maggiore
possibilità per noi bambini di passare in serenità le giornate di
vacanze. A quei tempi le vacanze descritte per gli altri coetanei del
mio paese erano considerate cose da ricchi.
Prima di partire con la Fiat Balilla di Giovanni u castranuvese, veniva
a casa Vituccio, il barbiere, per raparci a zero ed evitare che
fastidiosi animali durante la permanenza in campagna potessero
colonizzare le nostre teste.
Il viaggio era preventivato in anticipo in quanto mio padre, medico
condotto a S. Arcangelo, per potersi assentare doveva chiedere al
Sindaco il giorno di licenza e la sua sostituzione.
Appena arrivati si visitavano i luoghi che avevamo lasciato l’anno prima
e specie gli attrezzi utilizzati nei giochi che ci aiutavano a
trascorrere la giornata: la carrozza, il cerchio, l’altalena; erano
questi i giochi che con Minuccio, figlio del massaro, eravamo soliti
fare, oltre a quello di seguire le lavorazioni che in quel periodo si
svolgevano in campagna: la mietitura a mano, la raccolta dei covoni con
il carro e la traglia (slitta di legno tirata da buoi), la costruzione
delle bighe nell’aia piccola in quanto l’aia grande era adibita alla
pisatura a piedi dei prodotti che la trebbia non poteva trasformare.
Generalmente al mattino eravamo impegnati a seguire i lavori agricoli,
solo a pomeriggio inoltrato almeno una volta la settimana si andava a la
vianova.
Dopo aver indossato pantaloni e camicia puliti tutti insieme, in
compagnia anche della ragazza che faceva compagnia a mia madre, a piedi
si percorreva parte della stradella-strada comunale S. ELIA-PALERMO, che
si immetteva sulla strada provinciale per Tursi chiamata in dialetto
vianova; la percorrevamo fino alla masseria Palermo e se in questa vi
erano amici in villeggiatura ci si fermava a fare visita o altrimenti si
continuava fino alla masseria vaccarizzo e alla casa cantoniera
adiacente, dove facevamo visita ai numerosi amici presenti. Mentre i
grandi si scambiavano qualche novità, data l’inesistenza di mezzi di
comunicazione, noi piccoli andavamo alla fontana ed al grande pilaccio,
dove si abbeveravano i buoi. Intorno alla fontana vi erano alcuni orti
che fornivano verdure e frutta e sparsi intorno vi erano molti rovi, che
in quel periodo erano colmi di frutti grossi e maturi (un anno fu così
abbondante la raccolta delle more che mia madre preparò una marmellata).
La raccolta delle more era abbondante dal momento che lo sterco degli
animali concimava abbondantemente il terreno.
Dopo aver bevuto l’acqua della fontana che sgorgava fresca e pura dal
bosco adiacente e mangiato molte more, faticosamente si prendeva la via
del ritorno. Poteva capitare di incrociare il postale che collegava S.
Arcangelo a Montalbano e Taranto, o qualche autovettura, evento molto
raro, che di là transitava. Abituati a stare soli per una settimana
l’uscita alla rotabile era un avvenimento, un diversivo, che ci avrebbe
permesso di passare una intera settimana senza varcare i confini della
masseria.
Si rientrava che già annottava e anche gli animali al pascolo facevano
ritorno all’ovile. Si assisteva alla corsa sfrenata delle pecore e capre
che si dirigevano verso il recinto, dove gli agnellini ed i capretti,
ancora in allattamento, richiedevano il pasto quotidiano loro negato per
molte ore. Il loro belato riempiva i silenzi della campagna e della
notte che sopravveniva. Un ricordo indimenticabile!
Rientrati a casa, mia madre preparava la cena molto frugale a base di
insalata e frutta consumate a lume di candela o luce ad olio e, dopo
aver passato qualche ora sopra i gradini di ingresso a sentire i fatti
della giornata, riferiti da Vitantonio il massaro, e rischiarati da una
luna piena, tanto luminosa da produrre un ombra al suolo, si andava a
dormire pronti ad iniziare un’altra giornata.
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