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SCHEGGE DI MEMORIA

ANTONIO MOLFESE
 

A la Vianova - Passeggiata sulla strada rotabile

Espressione usata in gergo dialettale familiare, che voleva dire andare a passeggio nei pomeriggi d’estate alla rotabile, sulla strada provinciale che congiungeva S.Arcangelo con Tursi e attraversava la nostra proprietà del Monte.
Era questo un diversivo molto atteso da noi bambini durante i tre mesi di vacanza, che, negli anni 50, lo scrivente con la mamma ed i suoi fratelli Francesco e Giuseppe, trascorrevano al Monte Cellese nella masseria di famiglia. Infatti, appena dopo la chiusura delle scuole ai primi di Giugno, dopo alcuni giorni di preparativi si andava alla masseria a trascorrere le vacanze estive. Non vi era energia elettrica e l’acqua da bere era di pozzo; trovandosi l’azienda ad una altezza di oltre 500 metri slm vi era più fresco che in paese e maggiore possibilità per noi bambini di passare in serenità le giornate di vacanze. A quei tempi le vacanze descritte per gli altri coetanei del mio paese erano considerate cose da ricchi.
Prima di partire con la Fiat Balilla di Giovanni u castranuvese, veniva a casa Vituccio, il barbiere, per raparci a zero ed evitare che fastidiosi animali durante la permanenza in campagna potessero colonizzare le nostre teste.
Il viaggio era preventivato in anticipo in quanto mio padre, medico condotto a S. Arcangelo, per potersi assentare doveva chiedere al Sindaco il giorno di licenza e la sua sostituzione.
Appena arrivati si visitavano i luoghi che avevamo lasciato l’anno prima e specie gli attrezzi utilizzati nei giochi che ci aiutavano a trascorrere la giornata: la carrozza, il cerchio, l’altalena; erano questi i giochi che con Minuccio, figlio del massaro, eravamo soliti fare, oltre a quello di seguire le lavorazioni che in quel periodo si svolgevano in campagna: la mietitura a mano, la raccolta dei covoni con il carro e la traglia (slitta di legno tirata da buoi), la costruzione delle bighe nell’aia piccola in quanto l’aia grande era adibita alla pisatura a piedi dei prodotti che la trebbia non poteva trasformare.
Generalmente al mattino eravamo impegnati a seguire i lavori agricoli, solo a pomeriggio inoltrato almeno una volta la settimana si andava a la vianova.
Dopo aver indossato pantaloni e camicia puliti tutti insieme, in compagnia anche della ragazza che faceva compagnia a mia madre, a piedi si percorreva parte della stradella-strada comunale S. ELIA-PALERMO, che si immetteva sulla strada provinciale per Tursi chiamata in dialetto vianova; la percorrevamo fino alla masseria Palermo e se in questa vi erano amici in villeggiatura ci si fermava a fare visita o altrimenti si continuava fino alla masseria vaccarizzo e alla casa cantoniera adiacente, dove facevamo visita ai numerosi amici presenti. Mentre i grandi si scambiavano qualche novità, data l’inesistenza di mezzi di comunicazione, noi piccoli andavamo alla fontana ed al grande pilaccio, dove si abbeveravano i buoi. Intorno alla fontana vi erano alcuni orti che fornivano verdure e frutta e sparsi intorno vi erano molti rovi, che in quel periodo erano colmi di frutti grossi e maturi (un anno fu così abbondante la raccolta delle more che mia madre preparò una marmellata). La raccolta delle more era abbondante dal momento che lo sterco degli animali concimava abbondantemente il terreno.
Dopo aver bevuto l’acqua della fontana che sgorgava fresca e pura dal bosco adiacente e mangiato molte more, faticosamente si prendeva la via del ritorno. Poteva capitare di incrociare il postale che collegava S. Arcangelo a Montalbano e Taranto, o qualche autovettura, evento molto raro, che di là transitava. Abituati a stare soli per una settimana l’uscita alla rotabile era un avvenimento, un diversivo, che ci avrebbe permesso di passare una intera settimana senza varcare i confini della masseria.
Si rientrava che già annottava e anche gli animali al pascolo facevano ritorno all’ovile. Si assisteva alla corsa sfrenata delle pecore e capre che si dirigevano verso il recinto, dove gli agnellini ed i capretti, ancora in allattamento, richiedevano il pasto quotidiano loro negato per molte ore. Il loro belato riempiva i silenzi della campagna e della notte che sopravveniva. Un ricordo indimenticabile!
Rientrati a casa, mia madre preparava la cena molto frugale a base di insalata e frutta consumate a lume di candela o luce ad olio e, dopo aver passato qualche ora sopra i gradini di ingresso a sentire i fatti della giornata, riferiti da Vitantonio il massaro, e rischiarati da una luna piena, tanto luminosa da produrre un ombra al suolo, si andava a dormire pronti ad iniziare un’altra giornata.

 

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