Pasquale Totaro-Ziella

 

 

Giuseppe De Marco

 

Pasquale Totaro-Ziella: Quasi un profilo

in Vent’Anni di Poesia

 

La poesia di Pasquale Totaro-Ziella è ricca di atteggiamenti, di modi nuovi, o curiosi. Nello svolgersi della sua evoluzione, acquistando con gli anni una sempre maggiore maturità, crescendogli esperienza e malinconia, più pungente, più acuto il poeta avverte il bisogno di dir qualcosa di veramente originale, con proposizioni cadenzate di tempo in tempo, egli consente di apprezzare la gentilezza, che pure c'è, e cresce, del lavoro poetico, e la freschezza dei ritmi ed il sapore sano della parola.

Si percepisce in lui un principio vitale, quasi un innamoramento, un bisogno di rapire a volo, di 'aggredire' la poesia. In oltre, una certa sua "irregolarità", l'avvicina al cuore dell'arte, a quanto essa ha di più bello ed autentico. Un subitaneo incominciamento, un comporre largo e spaziato, attrae il poeta, che subito lo fa suo. La sua terra, nelle strade, le pietre ed i colori, è resa con modi lenti ed assaporati, e quando si rivolge alle persone cogliamo una presenza di stile e la coerenza d'una idea lirica.

Pasquale Totaro-Ziella non si rivela incline ad una originalità di linguaggio solo per rivelare una determinata volontà di evitare le forme più convenzionali del discorso poetico. La sua poesia risponde ad arcane suggestioni, fin dalla sua prima raccolta, Solamente questo paese del 1976, e non è possibile non ammirarlo nel suo continuo raffinamento, concettuale quanto espressivo.

Il poeta si esprime in modo radicale e senza cedere ai compromessi, dimostrando quanto sia insinuante e duro sfuggire al potere delle abitudini e dei preconcetti. Legato alla sua terra lucana, egli la reinterpreta, la riscopre nell'immagine di una donna, e ciò gli consente di considerare il passato e il presente, come entità reali:

 

Donna mia lucana

 

Donna mia forse hai avuto negli occhi

la sabbia del mio fiume

la pelle dei panni delle lavannare

le guance rosse delle rose.

 

Oramai ti sei persa donna mia

nei giri di danza delle tue vesti

nei canti campagnoli

che ti davano negli occhi uno sposo

e cantavi delle tue malattie

delle tue malattie d'amore

che tua madre non poteva capire

che tua madre non voleva capire.

 

E il giorno che ti sei fatta seminare

quell'uomo aspro

quell'uomo contadino

ne ha strappato una vita.

 

Donna mia oramai hai abbandonato

le lunghe trecce di capelli

tenute ferme da forcine

e non cullerai tuo figlio nella sporta

appesa per le corde alle travi della casa

e non sgranerai le pannocchie

seduta al focolare nelle sere d'inverno.

(da: Solamente questo paese)

 

Questa è una misura della sua originalità. Per le peculiarità della sua tecnica il poeta fa appello a quello che possiamo ritenere lo spirito del linguaggio: le sue innovazioni accentuano e sviluppano propensioni che sono proprie dell'uso vivente, ma con un magistero nuovo. Totaro-Ziella ci permette di conoscere tutte le sue idiosincrasie tecniche in poesie come Via Madonna di Viggiano, in cui l'idea che ne è alla base non può considerarsi del tutto nuova, ma nessuno l'aveva deliberatamente adoperata in questo senso, trasformandola in qualcosa di profondamente innovativo:

 

Via Madonna di Viggiano

 

Forse mi chiami irripetibilmente

nella tua desolazione instancabile

e forse le ombre ti assalgono

nel  momento del nostro colloquio

quando mi muori nel vento

insensibile al tuo conservarti.

Non ti stanchi mai vecchia via

di odiarmi e di amarmi

nei tuoi soliloqui eterni

e già impassibile mi diventi serale.

Via Madonna di Viggiano

tu non mi accarezzi più il cuore

nel dondolarti alla mia memoria

che sempre ti è stata fedele.

Questo sonno berbero che non ti muta

già lo percepimmo l'altra sera

nel caldo vento dell'Africa

e nelle gemme degli alberi in fiore.

(da: Solamente questo paese)

 

Paradossalmente si potrebbe affermare che il suo intento consista nel portare la poesia quanto più possibile vicino al parlato. Le abitudini e le convenzioni ch'egli respinge erano in realtà tanto forti da rendere difficile il poterne valutare appieno la sua rigenerazione ed apprezzarne totalmente il significato.

Ha vena sovrabbondante, senza parere, che lo porta a tingere d'uno stesso colore le cose, la vita sua e quel mondo che gli sta intorno. La memoria fedele gli restituisce ricordi, e lui li cala nella fresca corrente dei suoi versi, rifacendoli nuovi. E non sono poche le composizioni che fermano l'attenzione del lettore, con rapporti giustamente travati tra sentimento e cosa espressa, naturali rapporti, quasi facili.

Il modo in cui Pasquale Totaro-Ziella adopera, con una piena consapevolezza il linguaggio, non è solo una voluta caratteristica tecnica, ma l'essenza stessa della sua poesia. Ciò è evidente anche quando l'attenzione si sposta dalla rievocazione della sua terra al ricordo di una donna amata:

 

Amore ricordati

 

Maria ricordati

queste mie parole.

Ricordati tutti i miei gesti

forse li troverai in te.

Amore ricordati i miei baci

ricordati le mie labbra

ricordati il mio cuore

ricordati i miei occhi

ricordati le mie mani

ricordati il frenetico abbandono

ricordati tutto me che ti ha amato.

Ricordati questa luna questa notte

ricordati questo luogo questo prato

ricordati questi cocci di bottiglia

ricordati queste vecchie case

questi vicoli ciechi

questi occhi indifferenti che ci spiano

ricordati questo cane randagio

che ti ha amato

ricordati tutti questi luoghi

che ti hanno amato insieme a me.

Ricordati tutto

anche uno sguardo tenero

anche uno scatto violento

anche questa rabbia assetata

anche questo amore sincero

anche questo fiore che ti regalo

ricordati ogni tanto che sei mia.

 

Amore ricordati

che un giorno me ne andrò.

(da: Solamente questo paese)

 

Questa composizione ci consente di andare oltre le particolarità tecniche. Invero, sarebbe pedante continuare ad insistere su esse, anche se potrebbero essere esemplificate all'infinito, in quanto ciò potrebbe distrarre l'attenzione da quanto ci è ancora di più essenziale. L'immaginazione di Totaro-Ziella è soprattutto un rendere i moti intimi della coscienza, riflessi in quanto cade sotto il suo sguardo di osservatore appassionato e partecipe:

 

Lettera I

 

Stanotte ho infranto

il mio mistero d'uomo stigmatizzato

e l'ho spedito in lettere

in tante lettere d'amore.

 

Amico tu hai ucciso il cuore.

Fratello tu ti sei suicidato.

Amore io ti ho pagato.

 

Parto stanotte in esilio

ho sofferto la mia umanità

con tanto di vangelo.

 

Finito di scavare i pozzi

i morti si seppelliscono da soli.

 

Oggi ho trovato un uomo assurdo

che pagava le sue ricevute.

(da: Solamente questo paese)

 

Il poeta non deriva da alcuno, pur dimostrando una conoscenza profonda della poesia contemporanea, e lo può fare perché i suoi interessi sono essenzialmente in ciò che vi è di vivente. Si allontana dall'idioma corrente, ma tuttavia quest'ultimo resta lo spirito che presiede nella sua espressione, ch'egli adotta come strumento non letterariezzato, ma essenzialmente per essere parlato. E' significativo che molte sue composizioni acquistano maggiore rilievo se lette ad alta voce, confermando così l'ipotesi che non è soltanto il ritmo che il poeta tiene in mente. Non se ne avvantaggia solo la costruzione, ma il contenuto finisce con l'acquistare una maggiore drammaticità, forse maggiore di quanta ne intendeva lo stesso autore. Le sue parole e frasi sono azioni oltre che suoni, idee ed immagini. Anche quando si verifica una sospensione si sottintende un'azione, allorché il poeta si sofferma a considerare la condizione umana, coinvolgendo se stesso in un'ampia cornice, sottintendendo quanto può esservi di più serio ed impegnativo in un insieme che può non apparire tale:

 

Randagio

 

Girovago queste case stanche

piene di sole e di noia.

 

Prostrati per terra

giochi d'ombra m'assalgono sconfitti

in un naufragio d'umanità.

 

Mi volto

mi rivolto in canali d'asfalto

disegno grovigli di fughe.

 

Ad ogni crocicchio mi sento svanire

livido di stanchezza

e mi percepisco appena

negli occhi di una donna.

 

Mi trovo a sera

rivelato

una coscienza notturna

 

uomo

(da: Solamente questo paese)

 

Le parole che il poeta adopera sembrano non avere corpo; egli scarta non soltanto un certo ammontare di musicalità, bensì con il crescendo ed il diminuendo dell'emotività, tutta l'azione e la sostanza del verso. C'è, forse, un poco di bravura, specie nell'aggiustatezza degli aggettivi e nel modo di farli cadere a tempo, ma prevale la vaghezza, e qualcosa che va oltre la parola.

La raccolta successiva, A canne a pietre a posti fatati, del 1979, conferma le non comuni capacità creative di Pasquale Totaro-Ziella, sino a configurarsi come altamente rappresentativo della sua arte, in quanto elabora e padroneggia i suoi espedienti tecnici per sempre più significativi intenti. Non è solo per i puri effetti musicali, per quanto possibili in poesia, melodia, armonia e contrappunto, che queste invenzioni sono importanti, poiché pervengono ad esprimere complessità di sensazioni, il movimento della coscienza, difficili ed impellenti stati della mente. Prendiamo, per esempio, Il gigante della mia infanzia, modello e progressione di echi verbali:

 

Se n'è andato il gigante della mia infanzia

quello che mi strabiliava ai pioppi scossi

che si dondolava sereno all'amaca di felci

quello che mi nascondeva al mantello nero

che mi chiamava sicuro con la voce dei salici

quello che armava tagliole assurde ai pettirossi

che beveva gole rosse di vino alla terra rivoltata

quello che mi spaccava docile noci e pere alla Costa

che mi passava l'acqua insolente alla corrente forte

quello che mi portava a spalla alle stelle lucente

che mi misurava l'orma dei Pantoni al piede di sole

quello che non doveva mai cadere alla luna sfatata.

(da: A canne a pietre a posti fatati)

 

Ci troviamo di fronte a qualcosa che non s'intendeva, ne lo è, convenzionale, poiché i frammenti, costruiti dal ricordo di campagna, di alberi, di frutti, del vino, dell'acqua e degli elementi della natura, con suoni precisissimi, operano un legamento subitaneo, producendo poesia. E' di quegli espedienti, come quelli cui ricorrono i buoni poeti, per aumentare il senso dell'attesa, per controllare il movimento, per dare alle parole nuove associazioni e fare convergere diverse idee ed emozioni, per intensificare la percezione dell'inevitabilità, in breve per estrarre nuove, precise e complesse corrispondenze dal mondo che esiste al di fuori di noi e di cui siamo pur sempre parte integrante.

     Naturalmente, per poter essere qualcosa di più valido e convincente, di sfuggire alle limitazioni del descrittivo, questi espedienti devono racchiudere una innegabile potenzialità. La tematica di "raccoglievamo a ressa", pur non offrendo una eccessiva resistenza alla sua comprensione, è fra le cose migliori del poeta. Questa composizione costituisce un ambizioso esperimento, ed è ancora più significativa in quanto racchiude un ampio ricorso alle risorse tecniche. L'associazione d'una interiore, spirituale ed emotiva tensione con altre nervose e fisiche, che caratterizza molte delle migliori poesie, è qui esplicitamente elaborata in una rievocazione che è allo stesso tempo qualcosa di eminentemente materiale e spirituale, sino ad assumere un valore altamente simbolico, ma discreto e per nulla avventato, perché il poeta narra qualcosa che ha vissuto e che è in lui:

 

Raccoglievamo a ressa

 

Come posso scordare la mia fanciullezza

con i miei compagni mutati raccoglievamo a ressa

alle spose contadine i confetti alla strada

contavamo al palmo le lire ai rancori accesi

al dente attaccavamo i fazzoletti al cucchiaio

allegravamo al rosolio l'essenza alla fisarmonica.

Al giro della penna santificavamo le feste alla ruotella

sorbivamo al ghiaccio grattato le voglie a ore

alle bancarelle assalivamo i torroni alla bocca

seguivamo all'ombra Pacchione cane alla nocciolina.

Alle campane morte giravamo le troccole al paese

suonavamo alla chiesa la messa ai troccoloni

al Cristo risorto baciavamo le mani ai grandi

trapassavamo alle vie la banda appresso ai santi

ai colpiscuri saltavamo il cielo sparato alla terra.

Celiavamo alle fiere la frasca d'ulivo alla fronte

all'età dei muli spiavamo gli zingari alla dentatura

tremavamo alla frusta le lame segnate a sangue

all'acqua assetavamo le arsure ansiosi alla brace

attorniavamo al grido il Pellaio ai mercanti..

(da: A canne a pietre a posti fatati)

 

I fatti attuali assumono un significato più profondo ed in essi il poeta finisce con l'identificarsi, traendo da essi un insegnamento. Sarebbe difficile produrre una costruzione più elaborata, ma non vi è nulla di superfluo, di gratuito.

L'identificazione metaforica dell'esperienza è ancora più viva in quelle poesie che, come Verrà l'amore, esprimono una intensità emotiva:

 

Quando il vento cambierà

noi saremo liberi.

Quando il cielo sarà pieno di gabbiani

noi saremo liberi.

Quando il vento cambierà

ti parlerò d'amore.

Io aspetto che il vento cambi

aspetto che una nuvola parta

aspetto che tu mi sorrida.

Quando il vento cambierà

arriveranno gli uccelli

verranno a parlarci d'amore

con le loro grandi ali.

Quando il vento cambierà

fioriranno le rose

non importa tanto

se sarà inverno

se sarà primavera

non so come fioriranno

ma so che ci saranno.

Quando il vento partirà

tante cose porterà via.

Quando il vento cambierà

verrà l'amore

e sarà la tua festa d'amore.

(da: Verrà l’amore)

 

In particolare va notato il modo in cui le parole giustificano sempre un momento saliente: il quando, ripetuto tre volte nei primi versi, per poi essere ripreso successivamente, suggerisce una inevitabilità attesa da sempre, contrapposto dal ripetersi di aspetto che ne deve essere la risposta attesa, la cui promessa sta nel successivo trasformarsi della natura, che rappresenta l'ansia e l'attesa del cuore.

Una tale analisi è superficiale ed incompleta, ma serve a dare un'idea precisa delle funzioni che il poeta attribuisce alle parole. Un'operazione che si ripete in molte altre poesie e che, unita ad una accurata scelta di immagini, ritroviamo in Sgomento:

 

Inginocchiarmi per un attimo

a raccogliere subitamente

le briciole della mia innocenza.

 

Sgomento.

 

Cercarmi un cieco

per indicarmi la parola della carne

e palpare l'impalpabile.

 

Avvilito in quest'occasione

inespugnabile

mi annullo nell'uomo.

(da: A canne a pietre a posti fatati)

 

La superba metafora che costituisce la prima strofa è così evidente e chiara, pur se limitata nel breve giro di tre soli versi, da non presentare difficoltà interpretative. Racchiude ed esprime in modo felice l'intimo sprofondare e la dissoluzione interiore, da rendere del tutto logica l'affermazione racchiusa nel quarto verso isolato, che da solo costituisce la seconda strofa, l'immagine delle ultime due strofe, ciascuna di tre versi, è più complessa, ma non del tutto oscura, perché del tutto conseguente alla premessa. Suggerisce, negli ultimi tre versi, illogicamente ma non incomprensibilmente, essendo compito della metafora proprio il riconciliare gli opposti impulsi ed emozioni, che una caduta può essere premessa ad una risurrezione.

Raramente individuiamo immagini sottili e forti come queste che adopera Pasquale Totaro-Ziella nella poesia di altri autori recentissimi ed "isolati" come lui. Si tratta di una capacità che appare con maggiore evidenza allorché il poeta esprime una ancor più personale esigenza o un dibattito interiore. Sono circostanze, queste, che ricorrono con una certa frequenza in Autocritica di un uomo, la terza raccolta, del 1981.

Così le frizioni interne della gente lucana sono colte ed espresse, emblematicamente, come un peso che grava sullo spirito, in Gente di questi paesi:

 

Gente taciturna

inerpicata

trapassata.

Si stende in queste case

a mormorii

a crocchi

a chioccolii.

Gente alla buona

a sera sanno di vino

per uccidere lo sconforto dentro di noi.

(da: Autocritica di un uomo)

 

La poesia tende tutta verso l'immagine conclusiva della sera, preludio della notte, che è promessa di riposo, quando si finisce con il dimenticare le sofferenze della giornata, avviluppando nel silenzio ristoratore ogni cosa. La progressione è associata con la vita stessa, al punto che è difficile distinguere i due termini. La sera è come una promessa, in se stessa dolcemente solenne e serena, resa eterea ed armonizzatrice, per poi sfociare nel buio della notte, senza quel chiarore lunare che sarebbe una promessa di continuità.

La lunga composizione che dà il titolo alla raccolta, composta da venti quartine autonomamente numerate, è allo stesso tempo una riflessione ed una parabola, che pur conserva il dono dell'immediatezza. Meditando su se stesso e la propria condizione, il poeta individua i due simboli esterni che riflettono l'interiorità e li interpreta in altrettante metafore. All'inizio il poeta si sofferma sul suo essere e ciò che potrebbe fare:

 

I

 

Potrei anche arrendermi all'umanità lucente

e arrestarmi sacrilego a un'anima

agli occhi spiritizzati trasuomo agli scalamori

so già che sarei sconfortato alla dannazione.

(da: Autocritica di un uomo)

 

L'insistenza sul ritmo consente all'autore di rendere più che mai evidente l'implicazione dell'io, che è come posto di fronte ad una dicotomia fra bene e male, giusto ed erroneo. Ma l'occasione offre numerose altre possibili situazioni, che vengono tutte considerate nelle quartine successive, altrettante scelte di materialità e di spiritualità, che ben rappresentano la contingenza in bilico fra umano e divino.

Abbiamo un lungo catalogo di potrei, che prendono in considerazione tutte le possibilità che vengono offerte al poeta. Onde una immedesimazione negli alberi e nelle erbe,

 

IV

 

Potrei anche annichilire il pioppo

e vanarmi l'accidente acerbo dell'immutabile

alla malva morbida della selva sfiorata

so già che fiondereste al diletto.

(da: Autocritica di un uomo)

 

i primi alti e le seconde cariche di profumi arcani, ma sempre illuminati. Quindi, la ricerca prosegue per terminare con una ultima possibilità,

 

5

 

Potrei anche ammarmorare reliquie alla creta

e infanatichire a un simulacro credente il corallo

alla landa salmeggiata dell'ortodossia

so già che non secolerebbe all'indifferenza.

(da: Autocritica di un uomo)

 

Abbiamo un lavorio nervoso che non deve essere interpretato come un puro contrasto tra il bene e il male, ma piuttosto come un conflitto tra spirito e materia, una sofferenza che il credente sa di dover necessariamente affrontare, e che non si identifica inevitabilmente in una rinuncia. Noi diveniamo consapevoli di una più sottile angoscia e di una disperata piega. La coscienziosità del poeta è quanto mai complessa, ed è ciò che lo lascia nel dubbio.

Al paragone dell'Autocritica di un uomo le ultime poesie della raccolta possono apparire come non utilizzanti a pieno tutte le capacità del poeta. Ma è solo una impressione che può derivare da una prima e più superficiale valutazione, poiché le parole continuano, pur nella loro varietà, ad avere sostanza e spessore. In Abbandono, per citarne una, le potenzialità delle parole corrispondono ad una più grande significatività, che ben si adatta al sentimento che vogliono esprimere:

 

Mi sono diluito

uomo passionale

in una donna passionale.

 

Nei tuoi occhi assorti di desiderio

ho trovato la fedeltà di un'amante

piena di tutti i tormenti

di tutti i piaceri

da donna sensuale.

 

Mi sono abbandonato miseramente calmo

per ritrovarmi presto uomo eccitato

con tutte le mie bugie dette in silenzio

e i tuoi orgasmi posseduti

ti hanno scoperta donna di un altro

nel continuo fraseggiare di vuoti.

 

Ho lasciato il mio puzzo d'uomo

nelle tue coperte sfatte

e sono uscito a prendere la vita di sempre.

(da: Autocritica di un uomo)

 

Il poeta delinea una condizione che può essere solo immaginata o ancora meglio vissuta, grazie ad una proiezione di immagini sensoriali, e molto probabilmente la risurrezione del corpo che vi è sottintesa, ha un significato molto profondo. Le implicazioni critiche di ciò, che possono essere generalizzate e discusse al di fuori di ogni contenuto teologico, meritano particolare considerazione. Grazie a questi versi, e se ne potrebbero citare anche altri, l'intelletto viene posto all'estremità somma dei sensi, e ciò continuando ad esercitare uno stretto controllo del tempo e della modulazione. Le poesie di Pasquale Totaro-Ziella che hanno la possibilità di essere più favorevolmente accolte dai lettori sono quelle in cui il poeta si esprime con una maggiore intensità personale. La pressione della soggettiva angoscia è quanto mai vigorosa in queste composizioni, anche se la tecnica appare alquanto elaborata, concentrando la forza di tutti i suoi ricchi esperimenti di ritmo e di dizione e castigando la sua arte in uno stile più riservato. E' significativa, al riguardo, la poesia Sto qui:

 

Sto qui legato per i lacci

ai pali di una croce

sopra un calvario di cardi

teneramente portati nel cuore.

 

Sto qui sommerso per i piedi

a un bicchiere vuoto

per scaraventare follemente

la mia angoscia.

 

Sto qui meditando tra tarme da collegio

con una pietra pesantemente

lasciata al focolare.

(da: Autocritica di un uomo)

 

Il senso dell'austerità che è possibile è, forse, conseguenza di quei contrasti interni che il poeta ha già più volte espressi. Nonostante il pregnante significato di queste composizioni, pure vi è una certa fiducia, nella vita, rilevabile anche nel sapiente impiego dei problemi tecnici; questi ultimi risultano essere ancora più rilevabili per quell'intimo rapporto che contribuiscono a stabilire fra l'espressione poetica ed il vivo idioma parlato, che evita ogni pur possibile scadimento e porta alla liricità assoluta. La poesia, inoltre, rappresenta abbastanza bene il controllo, la sicurezza di tono e di perfezione dell'essenziale decoro che s'accompagnano all'oltranza di Pasquale Totaro-Ziella.

Tuttavia, la disciplina del decoro può anche provocare non poche problematiche, ed è quanto sembra verificarsi in Corale accorato corale, una silloge del 1981, che è un'esaltazione ed una meditazione sull'amore. Qui suoni, colori, fatti e sentimenti vengono tutti riportati a concetti.

La lunga poesia iniziale è un tentativo di identificazione della donna in tutti gli elementi della natura che circonda l'uomo:

 

Sei l'acqua

la farfalla

sei il petalo da rosa

sei la dorata

la levigata

sei la terra

sei la luna da sogno

sei la nuvola

la pietra da fiume

sei l'amore vellutata.

 

Sei la felice

la gioiosa

sei il sogno fatto

gli occhi

sei la vita

sei la colomba odorosa

sei il tormento

l'attesa

sei l'assenza disastrosa

sei l'amore mio disperato.

 

Sei il fiore

la montagna

sei il pianto pietoso

sei l'erba

il cielo

sei la presenza amorosa

sei il vento

l'arena

sei il sole ardente

sei il canto da cuore.

 

Sei l'immenso

la dea

sei la danza voluttuosa

sei l'eternità

la foglia

sei la morte preziosa

sei la cenere

l'alloro

sei segni in amore

sei la verginità perduta.

 

Sei la vita

il fiume

sei la barbara vandalosa

sei il nido

la polvere

sei l'amante focosa

sei l'azzurro

il dio

sei l'immagine dominante

sei l'amore.

(da: Corale Accorato Corale)

 

I riferimenti alla natura, quella reale e quella mitologica, rendono più complesso il significato della poesia, che è duplice, poiché oltre quello letterale vi è il simbolico. Le immagini sono così giuste nella loro espressione, così lontana dal produrre un effetto accidentale, così inevitabili ed adeguate, da non consentire di vedere le parole come tali, venendo sempre sostituite dalle immagini stesse. i versi, ciascuno rappresentando una circostanza specifica, sono come tanti settori di un insieme che sa parlare al cuore.

La forza e la sottigliezza delle immagini chiamate ad esprimere il profondo dei sentimenti sono la più chiara dimostrazione del dono poetico di Pasquale Totaro-Ziella, e ne costituisce una esemplificazione Amore hai valicato i sogni...(17). L'accettazione fatta dal poeta è sufficiente da sola per stabilire un criterio poetico. Non si esplica in alcuna pedissequa imitazione di modelli, ma è un integrale sfruttamento delle proprie risorse pervenute ad una loro sempre più completa maturazione.

I versi dell'unica composizione che figura nella terza ed ultima parte di Corale accorato corale, che come la prima s'intitola Corale, offre una positiva dichiarazione assoluta d'amore, scandita da una quasi ossessiva ripetizione del verbo "Ti amo", che rappresenta tanto la memoria quanto il desiderio, sublimati in modo direttamente evocativi:

 

Ti amo

quando gli altri non ti guardano

e sei piena di me.

Ti amo

quando giochi con i miei occhi

a cercare le stelle.

Ti amo

quando ridi nell'assenza

alla cenere della memoria.

Ti amo

quando gli altri non ti parlano

e io parlo con te.

Ti amo

quando assomigli alla terra

immersa nella luna.

Ti amo

quando sei sola nel giorno

e pensi all'amore.

Ti amo

quando t'arrabbi alla mia gelosia

e piangi sul mio cuore.

Ti amo

quando disegni le mie labbra

e sogni angurie.

Ti amo

quando mi passi la mano sulla fronte

e ti accorgi che ti voglio.

Ti amo

quando mi baci sul cuore

e non dici una parola al silenzio.

(da: Corale Accorato Corale)

 

La casistica del "Ti amo" va ampliandosi sempre più, mutandosi in estasi della passione nella parte centrale della poesia, mentre negli ultimi versi notiamo un tentativo di respingere ogni negazione, per procedere verso una sempre più decisa affermazione dell'amore, in una collocazione che non conosce limitazioni temporali, che respinge il caduco per quanto ci è d'eterno e grande, fino alla conclusiva affermazione, che è come una professione di fede:

 

Ti amo

per la vita che mi hai dato

per tutte le cose che sei per me

per i giorni felici passati

per le parole che mi hai detto

per i gesti inconsueti che hai fatto

per la morte che non mi dai

per il tuo sempre cercarmi e volermi

per il tuo amore infinito e grande

perché non sarai mai mia

ti amo.

(da:Corale Accorato Corale)

 

L'amore è una forza che dà la vita, un'acqua di fonte che disseta, una forza salvifica, quale possa essere la condizione finale che ne deriva. Si possono notare alcune limitazioni, inerenti alla condizione che ha prodotto la poesia, come una comprensività, nella stessa natura della composizione, che gioca a danno della struttura. Ma le qualità sono in soprannumero, e fanno di questa poesia una concreta e positiva realizzazione, con una sua caratterizzazione precisa. Non bisogna, però, fossilizzarsi in questi elementi di contorno, ma soffermarsi piuttosto a notare come ammirevolmente l'informe accumularsi di idee e pensieri finisca con il prender forma ed ordine nel momento stesso in cui vengono espressi.

     La poesia d'amore di Pasquale Totaro-Ziella trova, facendosi sempre più intimista, una nuova e più completa espressione in Clena, una originale raccolta del 1984, dedicata alla sua donna, in cui le varie poesie sono accompagnate da altrettante illustrazioni grafiche che ne chiariscono il rispettivo titolo. E' stato scritto che Clena potrebbe più opportunamente intitolarsi Laus sponsae, in  quanto celebrazione assoluta di una moglie: "il casus amoris, o come potremmo dire con un brutto neologismo, 'situazionale', è la compagna del poeta, toccata dalla maternità, come da assunzione evangelica, e non a caso il suo nome Clena sembra richiamare il latino piena, in una sorta di opzione devozionale." (Tito Spinelli)

     In questa breve raccolta Pasquale Totaro-Ziella più che interessato a fare della sua poesia uno strumento di comunicazione di idee, appare proteso a raggiungere una compressione, spremendo il suo materiale fino a ridurlo ad ideogrammi che possano trasmettere pensiero ed emozione. "Tutto il componimento è peraltro modulato su una linea monotica, privilegiata da una forte accentuazione vocativo-ripetitiva, ai limiti di una tambureggiante richiesta erotico-consolatoria affine al registro mistico. E in vero la ripresa del sostantivo del quinto verso della prima strofa (cerbiatta) tende a conquistare qualcosa di più di un artificio costruttivo, cioè la consapevolezza, da parte dell'autore, di voler impadronirsi, mediante il rituale cannibalismo amoroso, dal polimorfismo della sua donna, di volta in volta cerbiatta, cicala, scimmia, formica, gazzella, lucertola, lucciola, coccinella, libellula, che corrispondono a quel grande e piccolo universo delle schermaglie allusive della psicologia femminile. Al di là dell'intreccio sentimentale permangono comunque irrefrenate le immagini plastiche della gravidanza, espresse con vocaboli corposi, quasi a rendere tattile la condizione della gestante. Termini come nidale, seminata, pavona, tonda, incinta, fecondata, fetale, incarnata, figliata postulano, oltre l'accumulo meramente semantico, efficaci ipotiposi per una ritrattistica 'rubensiana' e in ogni caso da ascriversi a referenze paganeggianti." (Tito Spinelli) Il protagonista di Clena non è tanto la donna quanto il figlio ch'essa dovrà dare alla luce, ed a questo erede atteso si allude anche nella poesia dedicatoria, premessa al volume, di Vito Riviello.

Nella linea connettiva di dirette affermazioni, ogni immagine è sollevata fino al suo pieno simbolico potere. La contrazione, insieme con il tempestoso ma pur sempre controllato ritmo, dà ai suoi versi un determinato impatto, sin dall'inizio, dove si ha una allegorica definizione di Clena:

 

Unglaublich (Incredibile)

 

Cerbiatta

di spavento di fughe

e di tristezza

cerbiatta.

Cerbiatta

passionale.

(da: Clena)

 

Il significato è tutto qui, anche se a volte la rievocazione della donna sembra come sopraffatta da un accumulo di immagini:

 

E mi mangi

il corpo e il cuore

e cominci

dalla carne

e cominci

dall'anima

famelica

come ti trovi:

è il tuo essere incredibile.

(da: Clena)

 

In quest'ultima poesia ha operato una modifica nella sua tecnica in modo tale da poter esprimere i significati più semplici nel modo più chiaro, anche se permangono i suoi tipici valori di costruzione e di suono. La sua voce è, indubbiamente, unica e permane la capacità di elevare i simboli a un sempre più alto livello, pur nel giro di pochi versi:

 

Clena dei rossori e delle vergogne

dei tulipani e delle sante

dei santi e delle orchidee

Clena timida e richiamata

Clena nidale.

(da: Clena)

 

Si ha l'impressione che il poeta ricerchi il mondo in un modo nuovo attraverso la sua donna. I suoi simboli scaturiscono dall'inconscio, dalle origini dei suoi più istintivi sentimenti, mentre l'appropriato impiego delle risonanze attribuisce al tutto un vigore nuovo:

 

Envahissant (Invadente)

 

Cicala

di stridore di frenesie

e di follia

cicala.

Cicala accecata.

 

E ti vieni a stendere

sul mio fianco

a nottate intere

e mi cerchi a morsi

più lunghi possibili

nelle tue mani piccole

a consumarmi il braccio:

è il tuo essere invadente

 

Clena dei sospiri e delle attese

dei gigli e delle dee

degli dei e delle margherite

Clena aperta e accalorata

Clena seminata.

(da: Clena)

 

Non sappiamo fino a che punto Totaro-Ziella abbia familiarità con la psicanalisi, ma un esame del suo fondere materia e condotta rivela ch'egli fa buon uso della teoria elaborata da Carl Jung sul simbolo archetipo.

La sua poesia si presenta sempre con un insieme ben costruito, sempre basato su un esatto metafisico ideale di comunicazione, che senza dubbio deriva da un suo attento studio del linguaggio, ed il suo scritto critico Appunti di poetica è un valido aiuto per comprendere quello che è il suo atteggiamento generale. Clena non è soltanto un'espressione sensuale e romantica, poiché il poeta non si limita a delle semplicistiche affermazioni; le sue immagini non tendono solo a creare un impatto con quello che è il subconscio del lettore, ma coinvolgono anche la sua ragione. I suoi versi sono sempre una felice illustrazione di principi nei quali egli crede fermamente, lo coinvolgono pur consentendogli di restare uno osservatore, dando un significato multiplo alla sua struttura delle parole, le quali assumono significati diversi nel loro offrire contrasti opposti che consentono di scoprire i significati più riposti.

Notiamo una modifica della tecnica in favore di una sempre maggiore volontà di affermazione. L'attenzione al particolare è sempre tesa, ma non più rivolta particolarmente all'esterno, tendendo ad assistere e non a dominare i suoi significati, si arricchisce per una ricreazione dei principi e l'opera si accresce di qualità umane.

In poesia Totaro-Ziella nel succedersi delle raccolte continua il suo canto sostenuto e fermo delle prime composizioni, e non è difficile cogliere immagini squisite, mai guastate da accordi troppo dissonanti: Il poeta, nel suo corso, ha tuttavia sentito la necessità di rinnovare gli elementi del suo gusto, o almeno di trovarne alcuni nuovi, più robusti e più ampi, di allargare e approfondire in qualche modo la sua visione dell'umanità.

La freschezza di fantasia e l'immediatezza della visione, per la quale le cose più piccole, e meno avvertibili, ricevono un risalto ed una vita straordinari, sono il pregio di tutte le composizioni migliori.

I luoghi e le storie della sua Lucania costituiscono uno dei nuclei intorno a cui verte la poesia degli esordi. In essa celebra tutti i luoghi donde gli venne ispirazione, nella gioia come nella sofferenza, e nei ricordi familiari e semplici, egli mantiene un tono intimo e tranquillo, pur quando s'impone l'ardore dell'immaginazione. Il tutto è reso con abilità indiscutibile, che consente di raggruppare immagini nette e mirabilmente "visive" intorno ad una impressione, che può persino essere tenuissima. Certo queste poesie hanno una grande maturità di forma, ed il poeta si mostra sempre ben consapevole dei suoi mezzi.

La fantasia creatrice gli consente gradualmente di ampliare il raggio dei suoi interessi. Permane il disegno di condensare all'estremo l'espressione, ma sotto la semplicità apparente si cela la più complessa esperienza. D'altra parte la forma spirituale di Totaro-Ziella si adatta meglio alle composizioni più brevi, quelle che in un breve volgere di versi racchiudono pensieri e sentimenti. Per lo più troviamo minute impressioni, ore fuggevoli di sogno fissate nella loro più fluida apparenza, desideri appena affioranti, rimpianti soffocati, che riescono a suscitare in noi strane e lunghe risonanze.

Se vi fosse bisogno di aggiungere altre prove per dimostrare la fedeltà di Pasquale Totaro-Ziella a se stesso, la sua coerenza, ed il conseguente arricchimento della sua arte, potremmo ricordare la sua poesia dedicata alla donna. Novità, estro, gusto della sorpresa, coraggio delle risoluzioni, sono la ricchezza di questa sua rappresentazione.

 

Giuseppe De Marco           

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