Pasquale Totaro-Ziella

 

 

Luigi Reina

 

Per Clena

in Vent’Anni di Poesia

 

Clena è la sintesi di un percorso tematico a variabile valenza che innerva tutte le raccolte poetiche di Pasquale Totaro-Ziella. In essa si emblematizza quella genetica motivazione ideologico-esistenziale che, come altrove riesce a trovare, nei segni terrosi e materici di una natura forse troppo spesso martoriata, una linfa corroboratrice, così qui consente di coniugare le immagini di un presente in genere rude e tormentoso nella sua asprezza nervosa, la memoria di una speranza ancestrale e la certezza di una possibile continuità ripagante nel futuro dell'essere.

Simbolo e oggetto d'amore, Clena attesta, metamorfizzando, in scansione variabile di dettato timbrico e segno visualizzante, l'aspirazione a esiti di canto ora smorzato in singulto, ora effuso in sospiro, ora aspirante a una embrionale distensione narrativa su un discorso variamente interrotto e ripreso. Talché l'esito complessivo risulta di tipo esclamativo-vocativo, con partenze ex abrupto, riprese in mediis rebus, anacronismi logici prolettici e analettici che rendono il senso di un'operazione coscienziale su uno stato magmatico di reperti psicologici, ottativi e memoriali, aggregati in effusiva tensione lirica autogratificante e maliosa.

Il sospiro dell'ansia e il tormento dell'angoscia, il ripagamento spirituale e il tumulto della carne, il sussurro dell'anima e il respiro dei sensi sono così coniugati insieme in una sorta di campionario analogico che ha come correlativi oggettivi di un discorso sincopato, al limite del frammentario organizzato, elementi tratti senza risparmio dai documenti offerti spontaneamente dalla natura, nei suoi attributi faunistici e floreali, che rinviano sommessamente a un paradigmatico modello sabiano senza tuttavia circoscriverne l'uso all'ambito di una codificazione non più proponibile ove si vogliano evitare certi esiti di scontata ripetitività. Comportamento difficile e rischioso come si capisce. Da Totaro-Ziella praticato con scaltrezza di chi sa trarre frutto da una sperimentata modalità di gestione degli umori sanguigni di una robusta natura contadina che sa profittare dell'intonazione letteraria utilizzandola quel tanto sufficiente ad accreditare un percorso antropomorfico sublimante la ripetitiva quotidianità di un ricorso approdante ai lidi miracolosi del concepimento.

Dal Gelsomino notturno del Pascoli chi aveva osato cimentarsi in operazioni di tal sorta? Il campione storicamente consegnato alla scommessa dei contemporanei è di quelli che scolorano le vene. Montale e Saba avevano scelto altre vie, Prévert frequentato altri lidi. Eppure la psicanalisi era lì ad attestare modalità di trattamenti differenziati dell'archetipo, nella linea freudiana come in quella junghiana. Si trattava di dare voce all'inconscio individuale, ritrovando i canali di una possibile omologazione psico-sensoriale nella coscienza della collettività, ma senza evocare scansioni intellettualistiche o artificiose architetture prosodico-espressive. Totaro-Ziella assume su di sé il carico della scommessa. E' scomoda la sua empiria che declina in frammenti coniugandola con la propria esperienza di cultura.

L'idillio amoroso si fa allora quasi pretesto di un discorso altro, che coinvolge in una ritualità sospirosa il rapporto di dare e avere della coppia, il mistero del frutto che sboccia in un miracolo di metamorfica transustansazione. Ancestrali riemersioni di memorie religiose biblico-mitologiche trapuntano di suggestioni misticheggianti il trasporto dei sensi che si sfanno nell'amplesso del coito per superare il limite della consumazione nei segni visibili di una promessa di vagito. L'uomo non è più il compagno-patner: dopo essere stato adesivo alimento analogico di un percorso di ottativo impossessamento, si fa aedo di una sensibilità inespugnabile che confina col mistero.

E' per questo che Clena ridonda di analogie le quali correggono e ricreano il noto modulo metamorfico disteso di Saba e quello più squisitamente metaforico e raffinato di Pascoli su di un incalzante percorso iterativo di parossistiche e contaminanti meta-fissazioni situazionali. Sarà per l'emblematizzazione cannibalesca della donna che manifesta, nella tensione erotica, l'imprendibile natura del suo ascendente edenico coinvolgente il compagno nell'amplesso apparentemente da lui quasi subito, o sarà invece per la proiezione inconscia di un masochistico offrirsi al consumo dell'uomo incapace di controllare i propri impulsi istintuali, quasi smarrito nell'incombenza donativa del capro espiatorio a risarcimento di non confessate quanto carezzate vaghezze sospirose; ma ogni risultato lirico-recitativo è impedito, come è impedita la magniloquenza affabutativa o la distensione narrativa. Non rimane che la sconnessione del ritmo pulsante del sangue, con l'amplificazione intermittente dello sforzo gnoseologico per una definizione situazionale dell'altro da sé a suggerire al moderno aedo ritornanti conati specificativi onde razionalizzare l'irrazionale conservando tuttavia l'astrattezza di aura:

 

(...) è il tuo essere incredibile.

 

(...) è il tuo essere invadente.

 

(...) è il tuo essere stravagante.

 

(...) è il tuo essere incantevole.

 

(...) è il tuo essere insolente.

 

(...) è il tuo essere stupefacente.

 

(...) è il tuo essere ineffabile.

 

(...) è il tuo essere impertinente.

 

(...) è il tuo essere strabiliante.

 

La stessa successione aggettivale, nell'intreccio dei denotativi nominali e verbali, qualifica un percorso investigativo al quale non è lecito chiedere plausibili riscontri concreti ma solo esiti esclamativi in un contesto caratterizzato da un crescendo definitorio sublimante l'eccezionalità della rivelazione imprendibile nei suoi specifici tratti umanamente comprensibili ed accettabili, appunto, solo entro i paradigmi della iterata relazione amorosa. La sistemazione nodale degli stessi crea un andante in crescendo terzinato dalle qualificazioni regressive che contrariamente dialogizzano nella psiche dell'uomo la dolce malia del godimento dell'oggetto amato in una situazione di abbandono entro la dimensione dell'estasi confinante con la magia. Così a cadenza ternaria possono comparire, a distanza, significanti di rottura che attestano le ridotte capacità di resistenza dell'uomo alle intraprese azioni sensualmente tentatrici della donna, la quale sarà anche "invadente", "insolente", "impertinente", ma finirà per travolgere nella dinamica della sua tensione possessiva il patner costretto a un'offerta senza veli di sé una volta ricondotto psicologicamente nella dimensione magica della reciproca donazione accreditando automaticamente tutta la carica di mistero che risarcisce la combustibile materialità dell'atto episodico non fissabile completamente neppure nella memoria razionale. Talché la donna può apparire, nella gestualità che rappresenta la sua femminilità e nei modi di estrinsecazione del suo essere materia e miracolo, "incredibile"; "stravagante" e "incantevole"; "stupefacente" e "ineffabile"; e finalmente, "strabiliante", come, alla fine, si conviene. Un giudizio che azzera ogni resistenza ideologica e testimonia l'ineffabilità del trasporto cui, senza sforzi d'artificio, il poeta sembra tendere legando anche in esiti suffissali incatenati (-bile, -ente, -ante) le sequenze d'ascendenza scopertamente più narrativa in soluzione colloquiale:

 

E mi mangi

il corpo e il cuore

e cominci (...)

 

E ti vieni a stendere

disarmata

sul mio fianco

a nottate intere

e mi cerchi a morsi(...)

 

E mi tiri i giorni

addosso(...)

e i capelli

che mi cadono

mi raccogli

a uno a uno (...)

 

E tante volte

ti ho detto

di non dirmi ti amo (...)

e ti devo stare sempre

in dormiveglia

per sentirti vicina (...)

 

E a mano a mano

e piano piano

tu ti inventi

delle storie

e non sai che le conosco(...)

 

E cacci sempre la lingua (...)

 

E non devi segnarti

stordita

i miei scatti sfastidiati (...)

 

E trovami un difetto

per disamorarti (...)

 

Un narrativo-colloquiale che ha le caratteristiche di un discorso iniziato in un antefatto sottaciuto, che procede per recuperi di tramature logiche trapuntate a filamenti sottili su una sostanza quasi impalpabile che la congiunzione copulativa riannoda iterativamente confermando un procedimento narrativo assolutizzante l'ex abrupto e la sintesi a corollario che costituisce quasi un pausativo parentetico entro un contesto aggregativo di metafore faunistiche le quali visualizzano metaforicamente attributi fisici e morali della donna/natura/emblema. Ancora il procedimento a sconnessione articola un discorso appositivo cui è impedita la distensione rappresentativa in immagini non analogiche dell'ineffabile situazione:

 

(...) Cerbiatta

     passionale.

 

(...) Cicala

     accecata.

 

(...) Scimmia

     sciocca.

 

(...) Formica

     possessiva.

 

(...) Gazzella

     malinconica.

 

(...) Lucertola

     infuocata.

 

(...) Lucciola

     ossessiva.

 

(...) Coccinella

     cocciuta.

 

(...) Libellula

     leggera.

 

Il polimorfismo della donna scatena la fantasia immaginifica del partner che nel goderne l'amplesso quasi cerca darsene una rappresentazione in termini di qualificazione logica costruendo un percorso psico-razionale che la parola assolutizzata nel significante non è idonea a rendere. Allora gli statuti della poesia possono soccorrerlo a definire in linguaggio traslato sensazioni e fantasmi, supposizioni e certezze, intuizioni e vaghezza, fantasie e empiria. Poi la sollecitazione della presenza fisica e dell'idea/immagine coltivata nell'intimo suggerisce un recupero contestualizzante. Clena si fa carne e anima, oggetto e strumento, suggestione e richiamo ineludibile, realtà e mistero insondabile:

 

Clena dei rossori e delle vergogne

dei tulipani e delle sante

dei santi e delle orchidee

Clena timida e richiamata

Clena nidale.

 

Il poeta deve fare i conti con la sua delicatezza. Ancora, essendo le parole inadeguate, il ricovero analogico può soccorrrerlo nell'espressione. E allora sbocciano in successioni attribuitive qualificazioni floreali o religiose, mitologiche e magiche: tulipani, orchidee, gigli, margherite, papaveri, gardenie, mughetti, girasoli, bouganville, oleandri, dalie, anemoni, rose; e anche: santi e dei, arianne e minotauri, sacerdoti e sacerdotesse, streghe e maghi; idoli infine.

La sintesi proletticamente varie volte annunciata nel percorso sinusoidale del poemetto, è nella chiusa:

 

Clena mossa e sbalordita

Clena figliata.

 

Il miracolo della vita svela la dimensione non umana della donna che nel suo essere custodisce il più ineffabile dei misteri. I rossori e le vergogne, le frenesie e la follia, i sospiri e le tenerezze, le voglie e i fremiti, i languori e le dolcezze, gli affanni e le vertigini, i deliri e le spossatezze, le smanie e gli svenimenti, i travagli e le doglie, e persino il metaforico cannibalismo possessivo sono i tramiti alla realizzazione del miracolo che si ripete nei secoli:

 

(...) Clena nidale.

 

(...) Clena seminata.

 

(...) Clena piena e soddisfatta.

 

(...) Clena incinta.

 

(...) Clena fecondata.

 

(...) Clena fetale.

 

(...) Clena incarnata.

 

(...) Clena contegnosa.

 

(...) Clena figliata.

 

La nominale ripresa vocativa, nell'apparente relazione duale nel privato di coppia, permette la sublimazione universalizzante di un discorso tutto mirato alla verbalizzazione di un inno all'amore che ha un non velato ascendente biblico ed è, perciò, un cantico dei cantici modernamente modulato.

Ma Totaro-Ziella non aveva atteso Clena per accostarsi al tema. Perché esso circola scopertamente nelle raccolte poetiche precedentemente date alle stampe, e risarcisce toni e linguaggio spesso rudi e terragni dell'ascendente sociale e realistico del suo dettato complessivo in cui, comunque, "speranza" occupa un ruolo ideologico fondamentale:

 

E il giorno che ti sei fatta seminare

quell'uomo aspro

quell'uomo contadino

ne ha strappato una vita.

 

Così in Donna mia lucana (in Solamente questo paese). E ancora, in Stanotte sono stato casa per casa, e in Colloquio, rispettivamente:

 

Nell'odore di menta e di ginestra

t'ho amato violentemente (...)

 

E t'ho trovato una memoria di zolle

e mi hai sorpreso ad amarti.

 

Chi ne volesse riprove ulteriori, anche di ordine ideologico-narativo, potrebbe facilmente attingere, nella stessa raccolta, a Selvaggia, o ad Amore ricordati:

 

Amore ricordati i miei baci

ricordati le mie labbra

ricordati il mio cuore

ricordati i miei occhi

ricordati le mie mani

ricordati il mio frenetico abbandono (...)

Ricordati tutto

anche uno sguardo tenero

anche uno scatto violento

anche questa rabbia assetata

anche questo amore sincero

anche questo fiore che ti regalo

ricordati ogni tanto che sei mia.

 

oppure, in A canne a pietre a posti fatati (1979), la lirica Verrà l'amore, o, in Autocritica di un uomo (1981), la sezione Quasi un madrigale e soprattutto Abbandono:

 

Mi sono diluito

uomo passionale

in una donna passionale

 

Clena è anche la donna passionale che conforta e ripaga la donazione dell'uomo. La donna di sempre, moglie/amante/madre, emblema dell'essere e mistero di natura. Miracolo.

 

Luigi Reina     

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