Pasquale
Totaro-Ziella
Pasquale
Totaro-Ziella è un
poeta autentico
per la
capacità di
sintetizzare il sentimento
delle cose,
la socializzazione del privato
e il
notevole risvolto
filosofico con cui
amalgama la complessità del proprio discorso.
Da tutto ciò deriva un tono civile profetico con molti rivolgimenti
sul versante esistenziale. Si aggiunga che la versificazione
spesso lunga
apre verso
un disegno
narrativo
(come già
fu nella poesia
di Scotellaro)
confermato anche dalle
buone doti di
prosatore messe
in opera
dal Totaro-Ziella
in alcuni
racconti di intensa suggestione linguistico-ambientale.
Conseguentemente,
i suoi
libretti di
poesia mostrano gli strappi improvvisi nel tessuto retorico
tipici della poesia moderna e
la
tessitura vasta
e monodica
di quella
antica. Questo
aspetto lo
diversifica dai poeti
lucani della
sua generazione e non
tanto per
l’atteggiamento, che
è comune,
ma per il continuum
lessicale sintattico.
Nella
sua produzione ci sono
plaquettes
più memorialmente
storicizzanti (Spaesamento,
A
canne a
pietre a
posti fatati) ed altre
in cui
variamente si contessono
facce diverse
di uno
stesso sguardo
rivolto verso l’intero.
Per certo, si può dire che Totaro-Ziella non scrive sul vuoto, ha
davvero molto da dire ed è capace di sentire intensamente il
disgregarsi del tempo delle radici. Alla fine, si avverte una sorta
di accettazione del proprio interno pagus di cui la poesia è
una
forma di
esorcizzazione iterativa, da coro greco, da canto
corale. Il
titolo di
un suo
libro, Corale Accorato
Corale, conferma
questa
vocazione al
canto in
cui l’uomo soffre
ed esprime
con stoica connotazione il circolo di vita composta da gioia e
dolore, amore e morte, tutto e niente.
Il
pagus-pagina di Totaro-Ziella è un atto magico: unisce presente
e passato
remoto nello
snodarsi del
filo del discorso
poetico togliendo la poesia dal dominio delle Parche e restituendola
al policentrico rituale della
tecnica della
scrittura omerica.
Un
gesto umile
quanto sapiente
che conferma
il rapporto
vivo fra storia, ambiente geografico e letteratura.
Peccato che la nostra società abbia perduto i ritmi del tempo e
della poesia e non sia più capace di distinguere l’ossimoro
dolore-vita e preferisca
gli artifici
di linguisti
malinconici, privi di questa nostra terribile e necessaria iniziazione.
Franco Manescalchi |
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