Pasquale Totaro-Ziella

 

 

Antonio Piromalli

 

La poesia di Pasquale Totaro-Ziella tra Sud e Sud

in Vent’Anni di Poesia

 

Intimamente legato alla vita e alla cultura meridionale è Pasquale Totaro-Ziella; soprattutto agli abitanti della sua terra, la Basilicata, i quali "amano con rispetto" la vita amara avuta dal destino che li costringe all'emigrazione. Totaro-Ziella in Solamente questo paese si identifica con una Basilicata filtrata nel suo sangue attraverso luoghi, persone, situazioni sociali: il paese è un sentimento-filtro, attraverso di esso passano colori e musiche, accesi i primi anche nei contrasti, malinconiche le seconde. "E' amaro Senise/con le sue donne fasciate/nei santi pagani chiesaioli/che dormono accanto alla porta/nelle lunghe attese delle sere perdute" (E' amaro Senise). Al paese in un altro libro di versi (A canne a pietre a posti fatati) che sistema narrativamente in lasse alcuni motivi del precedente il poeta ritorna con la memoria ed è un ritorno suggestivo.

Totaro-Ziella è ben lontano dalla retorica di tanti altri poeti meridionali recuperatori, amplificatori, astratti. Qui si sente la vita vissuta con una intensità interiore che ha pochi raffronti; c'è qualcosa di Lorca, di pittori di cicli narrativi ma ciò che caratterizza questi versi è il sentimento struggente del ricordo e della consumazione delle cose del ricordo: come dimenticare i "lenzuoli di paglia", le "uova alle piute", le sere come dense di orti, di frutta, di giochi di ragazzi ("al tiro bipunte centravamo la mazza al cerchio puntato" (Ai sacconi fruscianti); "colavamo alle bacche nere l'inchiostro ai pennini" (Sparavamo all'orecchio); "passavamo ai correnti i trampoli acquatici a Serrapotamo" (Ai giri ballati); "a fagioli secchi sbaccellavamo le bacche al pollice" (Accerchiavamo alla fuga)? La vita meridionale trascorre nella nostalgia, che è un acquisto, con un linguaggio al di là di ogni liquefacimento, intenso perché struggente ma vitale:

 

Al morto prossimo spiavamo la casa annerata al volo

volevamo vedere all'ultimo sospiro l'anima al trapasso

a cannate cacciavamo le ali dai nostri tetti alla morte

i morti nostri non erano mai pronti alle trecce sciolte.

(Alla Vena Sciarappa)

 

La Basilicata diventa favolosa (fabulosa è in Orazio) come il Molise di Jovine nel ricordo ma quel ricordo diventa impulso di vita e desiderio di impossibile ritorno; ma vere un paese o una terra nel cuore è una ricchezza:

 

Amara ripassi ancora

al cuore della malva cotta

i tuoi occhi di ginestre antichi

e le sere annerate di favole

vegliate nelle ombre delle ceneri.

(Lucania)

 

Ma la terra sono, oltre i ricordi, gli uomini che in essa sono vissuti e ci hanno alimentati: nei versi del poeta ricorre una singolare memoria, quella degli emigranti ritornati dall'Argentina e delle musiche della loro giovinezza, il tango che per quella via strutturò passionalmente aspetti della vita, della psicologia e delle musiche meridionali. Il musicale diventa figurativo e quasi classico quando il poeta rappresenta i vecchi che "cercano un cantuccio di sole tutto per loro", "fanno tante ombre/appisolati al sole", "aspettano il turno di morte" e la sera riportano le sedie a casa:

 

Ieri se n'è andato uno

ha lasciato il suo posto vuoto

aveva gli occhi piccoli

aveva le mani grandi

la morte se l'è portato.

(I vecchi)

 

     La forma è relativa allo stato d'animo. Fluida in un componimento per donna moderna e modernamente sentita, meditativa nel componimento in cui afferma la propria fedeltà alla madre essendo infedele, essendo se stesso ed essendo diverso dal padre al quale voleva somigliare. Questa difformità-somiglianza è il ritmo interiore più vivo nelle stupefacenti poesie d'amore (Corale accorato corale) la cui spirale non può non essere barocca, meridionalisticamente barocca e voce popolare ora sommessa ora clamante.

 

Antonio Piromalli    

 

 

da: "Alcune tendenze della poesia del Novecento in Basilicata"

in: "La svolta della rivolta" pag. 94-98

 

Un posto singolare ha nella poesia della Basilicata Pasquale Totaro-Ziella di Senise, sensibilissimo agli arricchimenti intellettuali e formali e la cui opera nasce da una reazione civile e lirica assai individuale, personale. Il paese di "Solamente questo paese" (1976) è quello preconsumistico ma carico di catene e di dolori: un sinolo di grovigli antichissimi che si incontrano nella vita di tutti i giorni, paese di gramaglie, di "rughe terrose dei vecchi", "di morti e di donne abbandonate", immobile nella sua consumazione, quasi pietrificato dai millenni.

In questo primo libro diseguale, con ricordi di Sinisgalli, Scotellaro, Garcia Lorca, c'è, però, una traccia di quella seduzione di fatalità, di perdizione che è un fondo individuale e storico di Totaro-Ziella. Il paese è compenetrato dal poeta, nel suo dolore immobile, da una nota di suggestione continua intorno all'incomunicabilità di quel dolore:

 

Questo paese si sfa lentamente

come le trecce che mia madre

scioglie lungamente allo specchio

nelle piccole albe al focolare (...)

Questo piccolo paese presepe (...)

ha liquefatto le case bianche

in lava di cenere di cielo

nei silenzi tristi dei vicoli

che già si fissano indifferenti

in uno sguardo immutabile

senza intesa e senza amore (...)

 

Ora che nella sera passano lente

le brevi memorie antiche

i tramonti posano estivi

nelle tarde nuvole bianche (...)

vecchio amore tu stasera

solo mi canti nel cuore....

 

In "A canne a pietre a posti fatati" (1979) Totaro-Ziella si connota come poeta fortemente meridionale per l'irripetibilità degli eventi, il culto di ciò che è perduto, la ricerca di una identità perfetta e felice che lo risospingono verso il ricordo dell'infanzia. Ma il passato è doloroso perché irrevocabile. Questa nota è tipicamente meridionale. Non si appartiene al presente, i punti di riferimento, i valori appartengono al passato, come nella poesia sudamericana o iberica o lusitana:

 

donde estàn las mujeres aquellas?

donde estàn los muchachos de entonces?

donde està mi barrio, mi cuna querida?

quien se robò mi ninèz?

en qué rincòn, luna mia,

volcàs, como entonces,

tu clara alegria?

donde estàs corazòn,

no oigo tu palpitar,

es tan grande el dolor

que no puedo llorar...

porquè ya non vuelve

mi primero amor?

caminito que el tiempo ha borrado ...

 

In Totaro-Ziella il primo verso ricorre per tutti i 15 componimenti ("Come posso scordare la mia fanciullezza"), il tono prosastico è slanciato liricamente ma il mondo è denso di fatti:

 

Come posso scordare la mia fanciullezza

con i miei compagni andavamo a pietre e a posti fatati

alle volantine sputate davamo il rimbalzo al taglio

sfidavamo alla Fontana Vecchia le pietrevalenti al tiro

al petto di mallo addolcivamo la noce all'acqua

frangevamo al sole spaccato le creste di gallo al palmo (...)

Alla pietra cotta ci stendevamo lunghi alla corrente ferma ...

 

Una spia della psicologia del perduto è il ricordo del bandoneon argentino; i rapporti dell'emigrante hanno portato nell'Italia meridionale quella psicologia e in Totaro-Ziella essa entra direttamente attraverso il ricordo del nonno:

 

Parlano ancora d'Argentina lontana

come un eterno paese fantastico

facendo nella memoria e nei gesti

la sconfinata pampa piena di sole

e di loro giovinezza passata

rivivono i grandi paesi fatati

pieni d'amori creoli ....

 

I moderni elementi di incomunicabilità che troviamo in "Autocritica di un uomo" (1980) derivano da questo fondale psicologico trasposto in una condizione molto diversa. La condizione dei vecchi è emblematica ed è cantata con ferma malinconia:

 

I vecchi portano le sedie a casa.

Alla calura del giorno

appoggiati a bastoni lucidi d'anni

cercano un cantuccio di sole tutto per loro.

I vecchi fanno tante ombre

appisolati al sole

le mani di terracotta

che levano in grandi gesti

come uccelli abbattuti

ricordano mosse campagnole.

 

Con gli anni i vecchi affollano la piazza.

 

Seduti sui muri della via

con la pipa che sogna nel fumo

aspettano il turno di morte.

 

Ieri se n'è andato uno

ha lasciato il suo posto vuoto

aveva gli occhi piccoli

aveva le mani grandi

la morte se l'è portato.

 

Per un poeta che canta la fanciullezza perduta i vecchi diventano gli emblemi esistenziali del dirompere della consumazione del tempo.

Fermo restando che gli elementi della poesia di Totaro-Ziella sono il dolore per la consumazione della società contadina e il rimpianto dell'infanzia in cui erano tutti i germi per una vita di fantasia, di libertà, di amore, ci pare che la funzione di Totaro-Ziella sia quella - nel quadro della sua storia interna - di recuperare i significati della sua terra che si vanno perdendo per l'imbarbarimento della vita odierna. Il recupero nel caso specifico vuol dire dare voce poetica a quei motivi nel quadro della società nazionale e locale; ed è quanto il poeta fa, da artista, con immissioni dialettali, con modi di dire e proverbi, con dialoghi ironici nei confronti delle riforme che cadono dall'alto della convenienza governativa e padronale, in "I piantatori di pesce". In questo componimento c'è il compianto dei contadini per gli orti perduti, per i famosi prodotti cresciuti" come i bambini nelle fasce" e che adesso saranno sommersi dalle acque della diga per cui i contadini dovranno diventare coltivatori di pesci, di "pisceti", diventare "chiantapisce".

L'ironia scaturisce dalle contraddizioni e dalla innaturalezza della nuova condizione che viene a stravolgere un mondo di lavoro e un modo di vivere. Su questa linea il recupero interiore è reale mentre l'espressione si alimenta dei più vari modi con cui si suole esprimere la verità da parte del popolo.

L'elemento popolare diventa storico e sociale, in esso convergono i motivi e le forme della Basilicata del dopoguerra con le sue lotte, le sue illusioni, la sua disperazione nel trovarsi o di fronte all'invalicabile o di fronte al fatto compiuto negativo. In questa presa di coscienza il poeta scioglie la sua personalità meridionale nel canto di amore per un mondo che scompare per opera della violenza, di protesta ironica contro i cani "che si mangiano la carne nostra/ e si bevono il sangue nostro": in una dimensione artistica ampia e originale che lo pone rappresentante di una vita corale e non semplice cantore elegiaco di un mondo che sparisce.

 

Antonio Piromalli     

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