Pasquale Totaro-Ziella

 

 

Carlo Savini

 

Le due anime della poetica di Pasquale Totaro-Ziella

con echi mediterranei di tre continenti

in Vent’Anni di Poesia

 

Ispirazione lirica del poeta e rigorismo analitico del saggista. Tra queste due polarità si esprime l'animo letterario di Pasquale Totaro-Ziella; ma lungi dall'essere fra loro contrastanti o limitativi, l'uno aspetto arricchisce di contenuti il secondo e questo valorizza stilisticamente il primo.

Tale è il primo elemento di valutazione che emerge da una lettura "di primo acchito" dei testi di questo scrittore meridionale sì - con tutta la ricchezza culturalmente significativa di questo termine -, ma linguisticamente italiano, anche per una severissima Accademia della Crusca, quanto universale nei valori che sa manifestare.

Leggendo con maggiore attenzione la serie delle pubblicazioni che raccolgono, con chiaro sapore monografico, le sue poesie, altri aspetti emergono con progressiva evidenza.

L'essenza di ogni realizzazione artistica - sia essa poetica, narrativa, architettonica, pittorica, tanto per esemplificare - presenta un dualismo di forma e di contenuto, secondo la "Aestetica in nuce" di Benedetto Croce; dualismo che diventa discrepanza quando non esista equilibrio di sostanza fra i due termini e sintesi di perfezione quando, al contrario, vi è completa armonia.

Tutto il discorso critico parte da questo presupposto. Nel caso di Totaro-Ziella prevale il secondo caso. Ed è un altro elemento a suo favore. Ma non basta farne una asserzione apodittica, bisogna confermarlo con quel sesto senso che sfugge forse alla ragione perché è il sentire dell'anima unito a quella capacità di percepire il bello ed il buono che sono "istinti interiori innati" in ogni essere umano, che se non sempre esercitati e stimolati opportunamente.

Il tre è il numero tradizionalmente perfetto, ma il due è il numero di Pasquale Totaro-Ziella in questo tentativo interpretativo della sua poetica poiché un altro dualismo in sé armonizzato si può scorgere: quello di un classicismo sia stilistico che di contenuto che proviene da tutta una cultura meridionale mediterranea (in cui confluiscono l'epica e la lirica greca, quella romana, quella giudaica del "Cantico dei Cantici" e dei "Salmi", quella del mondo arabo tanto ricca quanto oggi da noi ignorata e perduta, quella normanna, quella cantante aragonese e quello del "dolce stil novo" che non a caso proprio nel Sud d'Italia ha preso avvio per dare morbidezza di sentire e di esprimersi linguistico all'affermarsi dell'italiano dantesco) e quello di un modernismo semantico che segue il logico evolversi dei tempi, dei costumi, dei neologismi e della ricerca di nuove espressività.

Anche queste due molteplici anime, fatte di fedeltà alle tradizioni e di vissuto contemporaneo, trovano nell'autore una composizione armonica ed una felice sintesi che rende apprezzabile una volta di più il "gustare" la lettura delle sue poesie.

Sì, "gustare" perché esse hanno il sapore ideale di una sensazione che da intellettuale si fa fisica, così come la "palpabilità" talvolta sensuale delle immagini verbali che talune composizioni propongono trasformando parole in materia, concetti in sostanza reale che si fa "vedere e guardare"

Quanto è labile nell'arte - quando, come in questo caso, tale è veramente - il confine tra suoni, segni, colori, concetti astratti, parole dette o scritte.

Anche le parole scritte da Pasquale Totaro-Ziella si fanno musica e colori, si fanno affresco e composizione plastica ad un tempo, così come si fanno passato e presente, storia e futuro, attimo ed eternità, interiorità e realtà esterna.

C'è poi il dato "ritmo" rappresentato da certe ripetitività di verso o di parola che è caratteristico di tante sue poesie, un dato chiave del suo stile.

E' l'eco salmoidante, è la ritmica propria delle influenze mediterranee arabo-nordafricane che ritroviamo come portati-importati della cultura degli "spirituals" negro-americani, è l'ossessività del pulsare corporeo vitale che ci portiamo dal grembo materno, è il battito del tempo che scorre, della natura che vibra nel variare in scansioni costanti, ripetute, continue ed immutabili del giorno e della notte, delle stagioni e delle ere, dell'universale movimento degli astri. E' il richiamo costante, alternato di gioia e dolore, piacere e dispiacere, vita e morte, che caratterizza l'intera vicenda ed esperienza dell'esistere.

Tutto questo c'è in ogni ode, in ogni lirica, in ogni poesia di quest'uomo che si fa scrittore, si fa poeta per un bisogno quasi inconscio di comunicare a noi ciò che sente in lui, con noi, per noi.

Classicista, ma senza classicismi verbali stantii; moderno, ma senza vuoti astrattismi; basato su di una semantica di larga comunicatività, il suo scrivere in versi si avvale di una punteggiatura non arbitraria, ma fatta di pause che danno senso alle rilevanze ed agli incisi, alle aggettivazioni ed alle verbalità di una costruzione sintattica che è rigorosa anche quando vorrebbe essere o dimostrarsi libera.

Ma sono - lo ripetiamo ancora una volta - quei "E' amaro Senise" della raccolta "Solamente questo paese", "Come posso scordare la mia fanciullezza" da "A canne a pietre a posti fatati", dai "Corali" di "Corale accorato corale" e da "Autocritica di un uomo"; sono quelle ripetitività ritmiche ciò che più identifica il verseggiare che si fa canto di una terra antica, di genti che sono e si sentono "popolo" e retaggio di civiltà, di sentimenti non ambigui, di luoghi cari, di panorami e paesaggi ancora a dimensione naturale ed umana senza tempo, di valori universali temporali ed eterni.

E tutto questo visto, sentito, trasmesso con amore, con commozione senza vergogna, con intimità e riservatezza dovuta alle cose più belle, con senso responsabile e cuore pulito, con semplicità ed erudizione ad un tempo.

Questo è cultura, questo è e fa civiltà, questa è letteratura e poesia, questa è umanità.

 

Carlo Savini          

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