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CASTELGRANDE
 

LA CHIESA DI SANTA MARIA DI COSTANTINOPOLI IN CASTELGRANDE

Descrizione della Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli e dei suoi beni desunti dalla platea compilata nel 1730.
"La Chiesa di S. M. di Costantinopoli è situata nelle pertinenze di questa med(esi)ma t(er)ra isolata, e sta a vista di d(ett)a t(er)ra e viene confinata dalla parte di sotto il vallone, da un detta Venerabile Cappella, dall'altro lato la strada pubblica, quale chiesa e a quatto ancoli rotondi et è di lunghezza palmi ..... larga palmi ..... è stata readificata da fondame(n)to tre ancoli di quella nell'anno e non è stata consacrata, come si vede dalla pianta, e situazione della med(esi)ma Chiesa.
In detta Venerabile Cappella vi è un altare maggiore di fabbrica con tre gradini di tavole dipintati e coloriti rossi e bianchi, e l'estremi neri, nel quale altare vi sta sopra una Icona grande, in cui al mezo sta la statua di d(etta) Sig(no)ra in opera elevata con uno Bambino in braccio, tutti posti in oro, e d(etta) Sig(no)ra tiene una corona di cristallo violaceo in mano pendente, sopra la testa tiene due Angioli, che tengono una corona elevata, tutti posti in oro, a quale Icona in mezo vi è un nicchia, entro del q(ua)le sta la statua di d(ett)a Beata Vergine detto nicchio è di tavole ben lavorato, intagliato, colorito, e parti estreme poste in ore e dalla pa(r)te dell'evangelo vi è un altro quadretto di tela coll'immagine di S. Lucia, dalla pa(r)te dell'epistola un, quadretto di tela cll'immagine di S. Leonardo, ancora pittato sopra tela colle loro cornici indorate e quell'Icona va sono due colonne intagliate colle sue basi tutte indorate, all'altare suddetto vi è la predella di legno e l'altro gradino di pietra". (1)
La Chiesa di S. M. di Costantinopoli si trova a circa un chilometro, da Castelgrande, a valle del paese, quasi ai piedi di Monegiano. Vi si accede per una strada che parte dall'antico rione Borgo, la stessa che un tempo la collegava a Muro Lucano. Non si conosce l'anno della sua fondazione, ma da questa iscrizione sotto il quadro della Vergine in rilievo:

AD HONOREM GLORIOSlSS VlRGlNIS MARIE
CONST.ATI.NOPOLI SACELLU HOC AD DEVOT.
UNlVERSlTATlS TERRE CASTRlGRANDlNIS TEMP.
PORE PRIORATUS ANTON X CIANCIA DE MENSE
NOVEMBRI MILLEM.ET SEXCENTESM X QUARTO
ET E' LEMOSINA AMPLIATA EST OB MAGA D.


(questo tempietto fu ampliato in onore della gloriosa Vergine col denaro del popolo per la devozione della terra di Castelgrandine nel mese di novembre dell'anno 1614, al tempo della procura di Antonio Saverio Ciancia).
Si ricava che, prima del 1614, esisteva una cappella più piccola che fu ampliata, con le offerte dei fedeli, nel mese di novembre del suddetto anno essendo procuratore Antonio Saverio Ciancia.
E' una chiesa a pianta centrale a croce greca con i bracci terminanti in absidi - si venera il quadro della Vergine che la tradizione locale dice addirittura portato da Costantinopoli, trafugato da persone devote, al tempo della persecuzione delle immagini sacre; nel 726, dell'imperatore Leone III I'Isaurico. E' una credenza popolare questa alla quale non bisogna prestar fede perché priva di qualsiasi fondamento storico.
Nei paesi dove si venera questa Madonna sono fiorite molte leggende sulle sue apparizioni e sulle chiese erette in suo onore. A Castelgrande si narra che la Vergine apparve in località "Vallone vivo", vicino ad una sorgente, ad un gruppo di persone che venivano da lontano per sfuggire ad un cataclisma che aveva distrutto le loro case. I fuggiaschi trovarono il luogo accogliente e si fermarono. Successivamente, per adorare la Madonna che era loro apparsa, fecero una rozza scultura di legno e decisero di costruirle una chiesa in un bosco di querce poco distante.
La costruzione era già a buon punto, quando una mattina, gli operai addetti ai lavori, la trovarono crollata. II giorno seguente la Madonna apparve ad alcuni pastori ai quali disse che voleva la chiesa nel luogo dove era apparsa: vicino alla sorgente.
I pastori parlarono con i costruttori ma questi non tennero conto della richiesta e cominciarono a ricostruirla nello stesso luogo perché il terreno era più solido. Era quasi ultimata quando crollò di nuovo. La Madonna riapparve ai pastori e rifece la richiesta aggiungendo che, se l'avessero costruita vicino alla sorgente, non sarebbe più crollata. I pastori riferirono a chi di dovere la sua volontà e finalmente la ricostruirono dove si trova tuttora.
A Barile invece si racconta che apparve in sogno ad un contadino al quale disse di scavare una grotta nella quale avrebbe trovato la sua immagine. Il contadino si alzò, andò a scovare e trovò il quadro della Vergine. Qualche tempo dopo, due giovinastri, in un giorno di pioggia, trovandosi nei pressi dell'antro vi si rifugiarono e si misero a giocare ai dadi. AI termine della partita il perditore, infuriato, colpi con un pezzo di legno il fianco dell'immagine dalla quale sprizzò un fiotto di sangue. I due atterriti fuggirono e raccontarono in paese l'accaduto; tutto il popolo accorse e gridò al miracolo, s'inginocchiò davanti alla grotta in preghiera e prese solenne impegno di costruirvi una chiesa.
E tante altre leggende e storie simili si narrano in altre località. Le leggende sono nate dalla voce del popolo per acquisire al luogo in cui sono sorte la primogenitura del culto e per spiegare eventi, lontani nel tempo, altrimenti inspiegabili.
E' un segno questo dell'antichità della devozione alla Vergine di Costantinopoli e della vetustà delle chiese a lei dedicate.
A questo punto sorge spontanea la domanda: come giunse nell'Italia meridionale il primo quadro della Madonna di Costantinopoli?
AI quesito si può rispondere solo con ipotesi.
Probabilmente il quadro originario sarà stato portata dall'Oriente col carico di qualche nave approdata nei porti della Puglia o della Calabria, oppure fu portato dai monaci Basiliani venuti nel meridione d'Italia intorno al VI secolo costretti ad abbandonare l'Oriente dalla conquista araba e successivamente dalla politica religiosa bizantina.
Fra' Luigi Gasparrini, Minore conventuale di Castelgrande che dimorò per molti anni a Costantinopoli, in un suo opuscolo (2) dice che " nella chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo nel contado di quella città, fondata nel 1500 e servita dai padri conventuali, trovò un'antica immagine di Maria SS. Venerata da quei fedeli. II quadro fu trasferito nel 1629 in questa chiesa da quella di Santa Maria di Bàlata presso il palazzo di Costantino. L'immagine è dipinta su legno ma la vetustà del dipinto non lascia apparire altro che il volto della Vergine e del Bambino Gesù che ella tiene ritto in piedi ..... Questo quadro sotto il titolo di S. Maria di Costantinopoli, per la pietà dei fedeli, riprodotto in molti esemplari, in molti statuari d'Italia se ne istituì il culto e si espose alla venerazione dei credenti ..... "
E ancora: in un articolo di F. Gianfranceschi apparso sulla terza pagina del quotidiano Il Tempo del 29 giugno 1989 si leggeva a proposito del più antico ritratto della Madonna di Costantinopoli tutta la storia della sua scoperta dovuta a Margherita Guarducci, l'archeologo che ritrovò la tomba di S. Pietro in Vaticano, e che il dipinto fosse quello esistente nel santuario di Montevergine. Narrava l'articolista che, durante il restauro di un'antica immagine mariana conservata a Roma, nella chiesa di S. Francesca romana, il restauratore Pico Cellini scoprì, sotto il rifacimento del secolo scorso, una pittura medioevale e, sotto questa, un terzo strato con una Madonna a encausto (3) su lino a cui attribuì la data del V secolo. Gli storici dell'arte però non furono d'accordo su questa data, solo la Guarducci approvò le conclusioni del Cellini poiché, studiando una capsula eburnea del V secolo, aveva scoperto, tra gli altri personaggi raffigurati, le immagini di Valentiniano III e Eudoxia, genero e nipote di quell'Eudocia che aveva inviato dalla Palestina a Costantinopoli l'Icona di Maria attribuita al pennello di S. Luca. Successivamente l'Icona fu sequestrata dai veneziani, quando, a conclusione della IV Crociata, conquistarono la città. II quadro fu trafugato nel 1261 da Baldovino II e trasferito in Italia.
Pervenuto, dopo alcuni anni, alla pronipote Caterina di Valois moglie di Filippo d'Angiò, principe di Taranto, questa lo fece traslare nella Cappella da lei fatta costruire nel monastero di Montevergine dove si trova tuttora.
L'autenticità del quadro venne confermata da un esperimento fatto dalla Garducci la quale fece eseguire il lucido dell'immagine romana e lo mise a confronto con quello di Montevergine: le due figure combaciavano perfettamente. Dal che dedusse che il dipinto romano era una copia in controparte dell'originale di Costantinopoli databile intorno al 439 quando Valentiniano III e Eudoxia, imperatori d'occidente, vennero a Roma e presumibilmente portarono in dono una copia del dipinto. Come si può ben vedere, tra le ipotesi dell'introduzione del culto della Madonna di Costantinopoli nel meridione d'Italia, quella del quadro di Montevergine mi pare la più verosimile.
Bisogna tener conto inoltre che nel sud d'Italia è particolarmente venerata la Vergine con questo nome dove, in una zona ben distinta e non molto vasta, vi sono i santuari delle cosiddette "sette sorelle": oltre quelli di Montevergine e Castelgrande, Viggiano (PZ), Picerno (San Fele PZ); Montemauro (Pescopagano PZ), Incoronata (Foggia), Maria SS. Dell'Olmo-Cava (Sa), e altri meno noti ma altrettante importanti di Barile, Balvano e Marsico Nuovo nella Regione Basilicata e quella di Avellino, Felitto (SA), Ortona (CH), Terranova (CH) e Ischia (NA) nelle altre regioni per cui si può, a ragione, supporre che il culto abbia una matrice unica e che sia il quadre miracoloso di Montevergine la fonte, l'astro da cui, la devozione per la Madre divina, si è irradiata nei paesi vicini e lì ha conquistato un gran numero di fedeli.
Tutto questo forse accadde, in anni lontani, con le visite al Santuario e con le feste in onore della Madonna che fecero conoscere ai devoti dei paesi vicini il miracoloso dipinto venuto da Costantinopoli e il culto, con tutte le occasioni che mettevano a contatto gente di località diverse, si propagò e raggiunse contrade più lontane. Verosimilmente i devoti che avevano partecipato a queste manifestazioni religiose e che si erano genuflessi dinanzi all'Immagine di Maria SS. e in particolare gli anziani, i vecchi, i malati e tutti coloro che non erano più in grado di affrontare il lungo e faticoso viaggio verso l'alto monte, per continuare ad adorarla e per accrescere e consolidare la loro fede ma, soprattutto, per averla sempre vicino, fecero sorgere nei loro paesi edicole o chiesette che, col passare dei tempo, per la pietà, il fervore e la devozione dei fedeli sono diventate imponenti santuari che, ancora oggi, richiamano moltitudini di pellegrini. Questo potrà essere accaduto anche a Castelgrande e negli altri paesi dove è ancora vivo il culto della Madonna di Costantinopoli. Forse anche nella nostra chiesetta esisteva un modesto dipinto della Vergine simile a quello di Montevergine poi, chi sa, col passare degli anni, a causa degli eventi atmosferici o di incendi, frequenti nel passato, andò distrutto e fu necessario farne uno nuovo. E come spesso accade quando si rinnova qualcosa, i fedeli richiesero, anche perché sollecitati a contribuire alla spesa, un quadro più bello e appariscente e il Procuratore della Cappella ordinò forse ad una bottega napoletana l'attuale altorilievo che "é un pregevole manufatto finemente dorato del primo cinquecento meridionale che si attarda ancora su motivi tardoquattrocenteschi". (4) E l'artista che lo scolpì e lo dipinse volle dare un aspetto più moderno all'opera e si rifece, per il volto della Vergine e tutto l'insieme, ai nuovi canoni dell'arte rinascimentale. Comunque, a parte questa supposizione, iI culto della Madonna di Costantinopoli e la chiesa sono certamente più antichi dell'attuale quadro.
La chiesa aveva un ricco patrimonio. Possedeva alcune greggi, buoi e asini che dava ai contadini a capoprezzo e a caposalvo (5) e da cui ricavava un buon utile; era proprietaria inoltre di motti terreni che dava in fitto e a censo ai cittadini del luogo, di alcune case e di un forno che, per molti anni, fu il più importante del paese. Molti dei suoi beni, oltre a quelli di cui venne dotata all'atto della fondazione, le erano pervenuti da persone devote per grazie ricevute.
Accanto alla chiesa vi era il cimitero costruito nel 1840 che fu chiuso alle sepolture quando venne eretto, nel 1897, quello attuale.
Accudisce ai bisogni della Cappella un custode che risiede stabilmente in un alloggio adiacente e coltiva anche alcuni terreni della sua dotazione.
La campana della Chiesa oggi è muta ma un tempo non molto lontano, faceva sentire i rintocchi al mattutino, a mezzodì e all'Ave Maria.
Con le leggi eversive del 1860 i suoi beni vennero assegnati al demanio. Le rimasero soltanto un boschetto di annose querce e alcuni terreni coltivi confinanti. Questi modesti beni furono amministrati, dopo la spoliazione, dalla Commissione della Beneficienza successivamente trasformata in Ente comunale di assistenza. Quando l'Ente venne soppresso divennero proprietà del Comune.
La chiesa è stata gravemente danneggiata dal sisma del 1980 ed è in via di riparazione.
 


NOTE:
1) La platea della Cappella venne redatta durante la procura del Sig. Nicola Di Giovanfrancesco. Ogni anno, in pubblico parlamento venivano eletti i procuratori di tutte le Cappelle dell'Università. Il procuratore curava l'amministrazione dell'Ente. La contabilità veniva controllata alla fine del mandato da un Razionale e da un delegato dell'Ordinario diocesano.
2) Fra Luigi Gasparrini - Cenno storico e divote preci da recitare in onore di S. Maria di Costantinopoli che si venera nella Cappella di Castelgrande. Napoli - Tipografia di G. Di Maio - Strada alla Sapienza, 1877
3) Tecnica pittorica consistente nel mescolare i colori con la cera e applicarli su tavola o su lino a caldo.
4) Beni Culturali del Marmo-Platano Catalogo a cura di A. Capano - C. Musc. Agropoli 1987
5) Contratti particolari tra il proprietario e il conduttore di animali dí gregge e di mandria.
 

Testo di Angelo Racaniello               
tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1994


 

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