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SANT'ANDREA AVELLINO

i miracoli
documenti e verità dagli archivi della chiesa

 

 

RESURREZIONE DI UN BAMBINO DI DUE ANNI E MEZZO (1678)

Il 5 agosto dell’anno 1678 Scipione, un bambino di due anni e mezzo, figlio dei coniugi Salvatore d’Arleo e Giulia di Giura, cadde da una rupe alta più di sedici metri sulla Strada della Manca, nella cittadina di Castronuovo, dopo la caduta giacque morto sulla strada, con la settima vertebra cervicale ed il collo deformati (“rotta la noce”) e la fronte schiacciata (havia franto e livido la fronte).

  Nella sua disperazione la madre depose il figlio morto sull’altare della cappella che era stata eretta in onore di Andrea Avellino (+ a Napoli il 10 novembre 1608, beatificato nel 1624, canonizzato nel 1712), che dal 1556 era stato membro della congregazione dei chierici regolari teatini e veniva invocato come patrono contro le morti improvvise.

  Il 5 agosto, per intercessione del (allora) beato Andrea Avellino, al bambino morto fu improvvisamente ridonata la vita e contemporaneamente le sue gravi lesioni al capo. Una resurrezione nel diciassettesimo secolo! Nelle deposizioni qui riportate si parla di tre chiese della città di Castronuovo, nei dintorni di Napoli: la Chiesa Madre (cioè la chiesa parrocchiale), la chiesa di Santa Maria della Stella e la cappella del beato Andrea Avellino,  che fu eretta nella casa dei genitori del sacerdote (n. a Castronuovo nel 1521). Il 5 agosto era per tutti gli abitanti della città un’importante festività mariana, che veniva solennemente celebrata nella chiesa di Santa Maria della Stella, in quel giorno molti forestieri giungevano nel paese per far visita a parenti e conoscenti.

Wilhelm Schamoni ha tradotto dal latino i testi e le deposizioni che qui riportiamo, tratti dal volume H 654 degli atti delle canonizzazioni che si trovano nella Biblioteca Nazionale di Parigi (“Positio super dubio an et de quibus miraculis constet… post indultam dicto beato venerationem”. Romae 1695, pagg. 43-57).

 

Deposizione della signora Isabella de Amelia (di anni 40) di Rotondo, nella diocesi di Cassano:

“Se mi chiedete se so di un miracolo compiuto dal beato Andrea dopo la sua beatificazione, ebbene ne conosco uno, che egli ha compiuto sotto i miei occhi. Saranno passati due anni il 5 agosto, e successe così: la mattina di quel giorno partii da Napoli con mia figlia Maria, verso le 9 e 10, per una commissione. E mentre ci trovavamo nei pressi di una rupe sulla Strada della Manca vidi cadere da questa rupe un figlioletto di Salvatore d’Arleo e di Giulia di Giura, che abitano vicino alla mia casa nel nostro comune di Castronuovo. Il bambino cadde dapprima su una sporgenza a metà dell’altezza della rupe, e poi continuò a precipitare fino in fondo. L’altezza complessiva della rupe può ammontare a circa nove pertiche. Quando vidi questa caduta corsi con mia figlia nel punto in cui giaceva il piccolo e lo trovammo morto, non poteva ancora avere tre anni e si chiamava Scipione. Quando lo trovai in quello stato lo presi in braccio e mandai mia figlia a chiamare Mamma Giulia, che venisse a prendere suo figlio che era precipitato ed era morto, intanto constatai che il piccolo si era rotto l’osso del collo ed aveva la fronte schiacciata (“la fronte allacciata”). Poi arrivò la mamma e voleva suo figlio, noi non volevamo farglielo vedere così immediatamente, ma lei si strappò i capelli ed insisté e così glielo demmo; perché intanto erano accorse molte donne. Poi un’altra donna venne nella casa di Giulia, dov’era stato portato il piccolo, e disse: “Giulia, Giulia, guarda c’è un medico in una strada, fateglielo vedere!” e Giulia lo portò là e vi andai anch’io insieme ad altre donne che erano in casa di Giulia, e quando arrivammo dal medico, che si chiama signor Abelle, questi sentì il polso, guardò la nuca e la fronte e disse: “Figliola mia, questo figlio non è più per te, portalo via da qui perché è morto”, perché aveva visto che l’osso del collo sporgeva dalla nuca. Allora riportammo il piccolo in casa”.

 

Deposizione del medico Dottor Abelle de Jacobo (di anni 35 circa), di Rotondo, nella diocesi di Cassano:
Il 5 agosto 1678 si trovava nella città di Castronuovo;  immediatamente dopo la disgrazia ha visto il bambino precipitato, l’ha visitato e l’ha dichiarato morto. Nello stesso giorno, verso le ore 17, ha assistito al miracolo della resurrezione nella cappella del beato Andrea Avellino a Castronuovo. 

Una donna di nome Giulia, accompagnata da altre donne, portava piangendo nelle sue braccia un piccolo fanciullo morto e mi supplicò di aiutarlo, perché s’immaginava che suo figlio vivesse ancora. Io esaminai il polso e trovai che il bambino non aveva pulsazione, non aveva calore, non aveva sensibilità, non aveva movimento, non dava alcun segno di attività vitale; constatai anche una grossa contusione sulla fronte ed un lussazione (“disclocatione”) della vertebra cervicale, di modo che il cervello soffriva così tanto a causa di queste lesioni da non poter esercitare alcuna influenza sul corpo, e con la cessazione di quest’influenza animale era naturalmente impossibile che il bambino vivesse. E dopo che ebbi constatato tutto questo lo dichiarai deceduto e dissi alla madre che doveva andare e seppellirlo”.

 

Deposizione sui fatti a cui assistette verso le ore 17 dello stesso giorno:

“Quando fui in piazza vidi una moltitudine di gente scendere piangendo e lamentandosi dalla città alta nella piazza, in direzione della Chiesa Madre, e quando furono arrivati alla cappella del beato Andrea, che in precedenza era la sua casa, vi entrarono, e vi entrai anch’io per curiosità. Nella cappella vidi lungo disteso sull’altare quello stesso bambino la cui morte avevo constatato la mattina; sua madre era lì con altre donne, piangeva e passava la lingua sul pavimento gridando: “Beato Andrea, ridammi mio figlio vivo!” e quando fu arrivata all’altare vidi con i miei occhi questo bambino levarsi, vivo, ed afferrare con le sue mani una delle candele che ardevano davanti all’immagine del beato e con espressione felice tener gli occhi fissi su di lui; ed a quel punto giunsero di corsa anche i preti ed altra gente e cominciarono a cantare l’inno “Iste confessor” ed il “Te Deum” in lode del beato Andrea, perché aveva resuscitato questo bambino; ed io e tutti quanti considerammo quello un autentico miracolo”.

 

Deposizione della madre del bambino precipitato, morto e resuscitato, la signora Giulia di Giuria (di anni 22):

Ella riferì come al mattino presto del giorno di festa avesse vestito suo figlio Scipione, di due anni e mezzo, che poi era andato a giocare con altri bambini, e come egli le fosse stato poi restituito con la fronte rotta e livida (“havia franto e livido la fronte”) e con l’osso del collo rotto (“rotta la noce”). Quando il medico Abelle gli aveva sentito il polso, che non batteva più, ed aveva visto la fronte a la nuca in cui l’osso s’era spostato, le aveva detto: “Questo bambinetto non è più per te, è morto, va’ e seppelliscilo”. “Io andai a casa piangendo e piena di dolore e me lo tenni in casa, era morto, non si muoveva, non respirava ed era completamente freddo, e così rimase fino al Vespro. Durante quel tempo non feci altro che piangere e lamentarmi. All’ora del Vespro lo portai a Santa Maria della Stella, e morto come ce l’avevo portato me lo riportai fuori, e l’arciprete mi disse: “Va’, portalo alla Chiesa Madre, che lo seppelliamo”. E così andai con le altre donne alla Chiesa Madre, e quando fummo vicino alla cappella del beato Andrea, che si trova sotto il palazzo del signor barone – era aperta – un notaio di Corleto, non so come si chiama, era nella cappella e mi disse: “Giovane donna, porta dentro questo bambinetto, perché il beato Andrea ti farà la grazia”. Così entrai con le altre donne e distesi il piccolo, morto com’era, sull’altare. Poi tornai alla porta e strisciai sulle ginocchia, leccando il suolo con la lingua, fino all’altare, ripetendo sempre: “Beato Andrea, resuscitami questo bambino, fammi questa grazia” e quando fui arrivata in questo modo all’altare del beato Andrea vidi che mio figlio si rizzava su di esso, prendeva una candela accesa dal candeliere, si girava verso l’immagine del beato Andrea e cominciava a ridere e scherzare con essa, e subito la notizia si sparse e molta, molta gente arrivò insieme ai preti e cominciò a cantare diverse preghiere in onore del beato Andrea, ed io presi  mio figlio dall’altare e lo guardai da tutti i lati e vidi che la sua fronte non era più rotta e livida e che l’osso del collo era di nuovo al posto giusto ed il bambino era completamente sano, e lui cominciò a camminare per terra sulle sue gambe ed io lo portai a casa, continuando a ringraziare ed a lodare il beato Andrea che mi aveva resuscitato mio figlio che era stato morto per nove o dieci ore. E tutti lo considerarono un miracolo, perché Scipione era morto, e quanto uno è morto non torna in vita. E questo accadde, come ho detto, il 5 agosto di due anni fa nella cappella del beato Andrea a Castronuovo, ed erano presenti il notaio di Corleto, mia mamma, mio marito ed altri che non mi ricordo, perché allora ero completamente fuori di me. Quello che ho detto è assolutamente vero, perché l’ho visto con i miei occhi e l’ho toccato con le mie mani, e mio figlio fu resuscitato completamente sano e Vostra Grazia può vederlo da sé, perché è questo bambino che ho qui con me”.

 

Deposizione del notaio Antonelli de Luca (di anni 60), di Corleto:
Il 5 agosto 1678 era in visita a Castronuovo e verso le ore 16 apprese dal medico Dottor Abelle de Jacobo della morte per disgrazia del bambino di due anni e mezzo Scipione d’Arleo, avvenuta il mattino dello stesso giorno.

Un’ora dopo mi trovavo nella cappella del beato Andrea (che il notaio s’era fatto aprire da Giuseppe, servo del barone) ed ecco che passarono molte donne che portavano il bambino alla tomba. Io e questo Giuseppe che stava vicino a me dicemmo loro di venire nella cappella con il piccolo e di chiedere al beato Andrea la grazia della sua resurrezione, così esse entrarono e lo deposero sull’altare, vidi che era morto, senza alcun segno di vita. E le donne piansero e supplicarono il beato di fare la grazia. Dopo circa sette minuti vidi che il bambino si rizzava sull’altare, prendeva con le sue mani una delle candele accese e con viso sorridente teneva gli occhi fissi alla statua del santo”. A domanda il testimone rispose: “Il bambino si  rizzò mettendosi a sedere sull’altare”.


Sant'Andrea Avellino è invocato celeste protettore contro la morte improvvisa.

 

 

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