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Il canestrato moliternese
(antica tecnica di stagionatura)


D’inverno si curava il pecorino importato dalle marine, più grasso, destate quello delle montagne, meno grasso e più aromatico. Lo si collocava nel fondaco a piano terra, formato da due o tre ambienti, con pavimento in pendenza per lo scolo della salamoia. Dopo tre settimane veniva trasferito nella seconda stanza e lavato con acqua a temperatura corporea, utilizzando uno straccio o un mazzo di erba ruvida “u’ vrungo “. Poi veniva posto sulla fiscella rovesciata e lo si salava con sale minerale. Dopo sette giorni lo si manipolava e si dava il ritocco di sale. Questa operazione si faceva ogni 7 giorni per tre settimane. Successivamente si trasferivano le forme nel terzo ambiente, dopo essere stato levigato con una specie di pietra pomice ed unto col burro che trasudava. A Marzo si vendeva la prima produzione, il cosiddetto primitivo. Il rimanente lo si trasferiva, d’estate, in soffitta per farlo sudare, dopo averlo preventivamente lavato con acqua di fuliggine, ossia acqua bollita per mezz'ora col nerofumo raschiato dai camini. A Settembre il canestrato raggiungeva la maturazione perfetta e lo si presentava all'acquirente spalmandolo con olio, usando il pollice, l’indice e il medio.
 

da: Alta Valle dell'Agri - (APT Basilicata)     


 

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