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LA CATTEDRALE E L'EPISCOPIO DI MURO LUCANO
 

LA CATTEDRALE E L'EPISCOPIO DI MURO LUCANO NELLE PREESISTENTI CONFIGURAZIONI ARCHITETTONICHE

The object of this study was to identify the various phases of contruction of this monumental complex. This was developed through cross referencing of information taken from historical sources coming from investigations carried out directly on the structures. The results obtained have been rapresented grafically and demonstrate the various planovolumetric configurations of the complex during its history.

Sul piccolo pianoro che domina l'abitato di Muro Lucano si trovano numerosi edifici pubblici che in passato erano sedi delle più importanti attività civili e religiose. Il sito si configura come una vera e propria cittadella espressione dei due poteri spesso contrapposti, quello politico e quello ecclesiastico, che ancora oggi si confrontano con le masse volumetriche del castello da un lato e della cattedrale dall'altro. Quasi a ridosso delle mura, delle torri e delle fabbriche appartenenti al nucleo castrense si concentrano infatti quelle non meno preminenti dell'area "sacra": la cattedrale dedicata a S. Maria Assunta, il palazzo episcopale, l'edificio della Curia, il seminario vescovile e le chiese di S. Giuseppe e di S. Gregorio: un unico complesso edilizio vecchio di un millennio che è il risultato di vari accrescimenti e continue trasformazioni risalenti e succedutesi dall'XI al XX sec.
 


LA CATTEDRALE CONOSCIUTA

L'ultima edizione della cattedrale presentava un impianto a croce latina di notevoli proporzioni, sagrestia, torre campanaria e tre cappelle annesse, di cui due disposte simmetricamente alle spalle del transetto (cappella di S. Gerardo detta Cappellone e cappella del SS. Sacramento) e una posta a destra della navata (cappella della Congregazione dell'Immacolata).
La configurazione architettonica esterna presentava semplici volumi coperti a doppia falda sia sulla navata che sul transetto. La facciata era invece articolata da un partito decorativo neoclassico costituito da un basamento modanato, paraste e capitelli portanti una superiore trabeazione timpanata e fortemente aggettante.
Lo spazio interno presentava una fisionomia architettonica volutamente omogenea ottenuta attraverso l'uso di particolari soffittature leggere a diverse geometrie. La navata era definita da un soffitto piano con raccordi curvilinei alle pareti laterali ed era caratterizzata dalla successione ritmica delle arcate e degli altari laterali intervallati da coppie di lesene. Il transetto era invece coperto da due volte a crociera in incannucciata sospese alle soprastanti strutture lignee di copertura, e, all'incrocio con la navata, era impostata una cupola a sesto ribassato poggiante su quattro snelle arcate in mattoni di grande luce. La fisionomia degli interni era completata da stucchi e da dipinti policromi per l'intero sviluppo delle soffittature.
 


L' EVENTO SISMICO

I pochi interminabili secondi di quel tragico ventitré novembre del 1980 cancellarono di colpo questa che era la cattedrale "conosciuta". Il suo relitto abbandonato ne sottointendeva però molte altre inedite e già dai primi sopralluoghi era apparsa evidente la necessità di effettuare uno studio che indagasse sulle vicende costruttive dell'edificio. Conoscere le trasformazioni apportate alla fabbrica nel corso dei secoli avrebbe cioè contribuito achiarire le ragioni della gravità di quanto era avvenuto all'organismo strutturale collassatosi alle prime scosse sismiche.
La catastrofe era stata infatti immediata e completa. La facciata era crollata per intero travolgendo due persone; le coperture e le soffittature a volta erano sprofondate all'interno distruggendo decorazioni, marmi, arredi, statue e ricoprendo di macerie altari, stucchi quadri; la parete del transetto era caduta rovinosamente sul sottostante edificio della curia vescovile sfondandone i tetti. Gli unici corpi di fabbrica che avevano resistito, pur riportando gravi danni, erano il campanile, le tre cappelle annesse e l'edificio dell'episcopio.
Questa drammatica immagine apparve ai tecnici che raggiunsero la rocca per le prime constatazioni e ai volontari che a rischio personale provvidero, passando sui cumuli di macerie, a recuperare le opere d'arte superstiti. Solo dopo alcuni giorni, quando si riuscì a sgombrare la strada d'accesso di quel tanto che bastò a far transitare un'autogrù, fu possibile intraprendere le prime azioni tese a stabilizzare la situazione attraverso la rimozione delle macerie, l'abbattimento delle parti pericolanti e l'esecuzione delle primarie opere di presidio.
E fu l'azione di quei primi giorni a delineare il futuro della cattedrale. Sarebbe stato facile, come pure è avvenuto in altre realtà, distruggere ciò che restava. Sarebbe bastato richiedere un bulldozer anziché una gru per annullare secoli di storia durante i quali, e lo studio effettuato lo dimostra, il rifare non ha mai comportato la cancellazione totale del preesistente. La cattedrale di Muro Lucano, e questa è forse la sua peculiarità, si è spesso rinnovata "approfittando" di eventi traumatici ma sempre conservando pezzi della sua storia.
Per la ricerca di questi "pezzi", alcuni messi in luce proprio dalle azioni sismiche, fu allora avviato, parallelamente ai primi lavori di consolidamento, un programma di indagini sulle murature e di saggi di scavo.
 


LE ANTICHE STRUTTURE RITROVATE

La cattedrale è stata dunque "scavata e indagata" in ogni sua parte. Gli scavi hanno restituito numerose strutture interrate mentre i saggi sulle murature hanno permesso di individuare importanti reperti architettonici nascosti. La ricerca combinata ha poi consentito di scoprire ambienti completamente occultati di cui si era del tutto persa la memoria.
Uno dei primi ambienti recuperati è stata la prigione vescovile scoperta sotto l'edificio della curia perforando dall'alto il pavimento del piano terra che "suonava" vuoto e ritrovando la scala d'accesso e la porta di legno con lo spioncino di sorveglianza. All'interno della cella di segregazione, le numerose iscrizioni sulle pareti, graffite dai reclusi, hanno confermato la destinazione d'uso dell'ambiente voltato unitamente all'unica feritoia di aerazione protetta da tre file sovrapposte di sbarre a croce di cui una ancora infissa nei fori dell'imbotte di pietra.
Gli ambienti rinvenuti sotto la navata della cattedrale erano invece completamente colmi di ossa umane, veri e propri ossari ricavati sotto il pavimento, alcuni realizzati appositamente, altri adattati e riutilizzati per tale scopo solo successivamente come gli ambienti rinvenuti sotto la parte centrale della navata che, presentavano un orientamento planimetrico diverso. In tali locali, svuotati dai resti mortali, sono emersi due setti murari trasversali costituenti i pietritti di una coppia di arcate non più esistenti.
Lo scavo effettuato nell'area del transetto ha restituito i resti di una chiesa a tre navate monoabsidata databile all'XI sec.. Gli elementi rinvenuti sono sufficienti per la completa individuazione planimetrica dell'impianto. Si sono ritrovate infatti le basi di cinque degli otto pilastri quadrangolari di cui era dotata la chiesa, parte dell'originaria pavimentazione in basolato, lo stipite sinistro del portale lapideo d'ingresso sul fronte meridionale nonché le murature fondali e parte di quelle in elevazione dell'emiciclo absidale esternamente ancora intonacato.
Se era prevedibile il ritrovamento di comuni fosse di inumazione essendo in uso fino all'editto napoleonico di istituzione dei cimiteri il seppellimento dei morti nelle chiese (1), assolutamente inattesa è stata invece la scoperta, sotto la zona absidale,di una vera e propria cripta di cui la chiesa vecchia era dotata. Penetrando da una botola all'interno di un lungo ambiente voltato a botte, si è rinvenuto, nella parte centrale slargata a ferro di cavallo, un gruppo di nove stalli di pietra posti ad emiciclo per la tumulazione seduta delle autorità ecclesiastiche. Il particolare metodo di sepoltura favoriva la mummificazione del cadavere attraverso l'allontanamento dei liquidi della putrefazione garantito da un apposito canale di scolo e comunque assicurava la conservazione integra dello scheletro e delle vesti per un lungo periodo di tempo.
I saggi e le opere di stonacatura effettuati sulle parti residue del muro laterale sinistro del transetto hanno reso possibile il rivestimento delle originali modanature in pietra lavorata risalenti al XV sec. completamente nascoste dagli eventi più tardi. Le poche ma rilevanti tracce sono state sufficienti per poter definire la configurazione architettonica interna ed esterna della parete costituita da due nicchie laterali a sbalzo e dall'abside semicircolare centrale riquadrata da una grande arcata in conci lapidei ora ripristinati con i lavori di restauro.
Durante il consolidamento del cornicione sinistro della navata si sono rinvenuti nel muro i resti di una travatura lignea con i segni ancora evidenti degli incastri, praticati ad interassi regolari, per l'alloggio di travi trasversali. L'elemento ligneo ritrovato costituiva cioè il "dormiente" della struttura di sostegno di un soffitto a cassettoni che doveva certamente appartenere alla preesistente cappella seicentesca detta "del Monte dei morti". Il reperto ha consentito così di "misurare" la lunghezza e l'altezza interna della cappella non più esistente.
 


I VESCOVI, LE LAPIDI E LE PLATEE

I risultati ottenuti dalla campagna di scavi e di indagini effettuate sulle strutture murarie sono stati integrati con le fonti documentarie attraverso il riscontro con i dati archivistici editi e con la bibliografia di base degli storici locali classici. L'analisi documentaria effettuata ha fornito sufficienti informazioni soprattutto per i periodi successivi al XVI sec. anche perché l'archivio vescovile di Muro Lucano fu distrutto dall'incendio del 1400 (2).
Sufficienti notizie si possono però apprendere con facilità dalla ormai centenaria pubblicazione di Luigi Martuscelli (3) . Buona parte del capitolo VIII è infatti dedicato proprio alla storia della fabbrica che fu ricostruita dall'autore attraverso i documenti consultati presso l'archivio vescovile murese. Preziosi i riferimenti ai documenti rintracciati così come di fondamentale importanza è risultata l'analisi ragionata dello stesso Martuscelli dell'elenco cronologico dei vescovi murani compilato dall'Ughelli (4).
I più generali e recenti studi del Kehr (5) danno inoltre ulteriore conferma sull'epoca di fondazione della diocesi murese che, in origine suffraganea dell'archidiocesi di Conza, è da far risalire all'XI secolo, così come i riferimenti ai primi vescovi murani, desumibili dalla più recente cronotassi stilata da Giovanni Colangelo (6) , ci portano al 1050 con Leone, al 1059 con Eustachio e al 1100 con Gaudino. Quest'ultimo è attestato anche direttamente dall'antica lapide commemorativa ancora esistente e attualmente ubicata al termine della gradinata esterna del palazzo episcopale.
Escludendo già i primi trentadue vescovi dei quali non si hanno che notizie indirette a causa delle già accennate lacune dell'archivio diocesano, dei restanti ventotto vescovi succedutisi sul seggio episcopale fino ai primi del secolo, sedici sono risultati quelli per i quali si hanno riferimenti certi circa il loro operato sulla fabbrica. Tra questi sono da annoverare anche i vescovi Severo Petrucci (1541) e Vincenzo Petrolino (1577), rispettivamente 33° e 38° dell'elenco cronologico, per le singolari notizie circa la decisione, in forza di un pubblico istrumento del 18 novembre 1542 rogato dal notaio De Galellis (7), di costruire, con i fondi congiunti dell'università, del feudatario, del vescovo e del capitolo, una nuova cattedrale e un nuovo palazzo episcopale in un sito più centrale rispetto al paese. Nel 1542 "furono gittate le fondamenta....Ma con tale povertà di mezzi....la fabbrica.... restò a meno della metà".
Abbandonata definitivamente l'idea della costruzione ex novo, i successori di Petrolino si adoperarono per restaurare, migliorare e ingrandire la vecchia cattedrale e l'annesso palazzo.
Alcuni limitarono la propria opera al semplice restauro dell'esistente, come Giovanni Coppola che nel 1644 riparò l'episcopio o come Angelo Acerno che nel 1718 rifece il tetto e il soffitto della cattedrale bruciati nell'incendio del 1707. Altri ampliarono anche le fabbriche come
Francesco Maria Annoni, il cui intervento è ricordato dalla lapide datata 1665 e ancora esistente sul portale dell'androne d'ingresso al palazzo, o come Alfonso Pacella che realizzò alcuni ampliamenti e sopraelevazioni in occasione dei lavori di riparazione effettuati a seguito del terremoto del 1694. Altri invece apportarono consistenti modifiche come l'intervento effettuato tra il 1725 e il 1728 dal vescovo Manfredi che, ottenuta un'elargizione di tremila ducati dal pontefice Benedetto XIII Orsini, conte di Muro, trasformò completamente il vecchio impianto.
Le fonti d'archivio ci forniscono in questo caso l'attestazione anche grafica dell'intervento.
Tra le numerose planimetrie e disegni dei tenimenti della diocesi riportati sulle platee della mensa vescovile (8), si ritrovano infatti due pregevoli piante della cattedrale che, eseguite dall'agrimensore regio Angelo Antonio Monaco, raffigurano lo stato della chiesa prima e dopo l'intervento di trasformazione: la loro consultazione è stata fondamentale oltre che per la verifica dei dati raccolti, anche in quanto base di riferimento per le ricostruzioni grafiche effettuate.
 


LE FASI COSTRUTTIVE E LE CONFIGURAZIONI ARCHITETTONICHE

Dall'esame compiuto sulla fabbrica e dallo studio delle documentazioni storiche si è così giunti ad individuare i periodi delle attività edilizie e le varie fasi costruttive del complesso.
Le trasformazioni sono state raggruppate in quattordici principali periodi evolutivi riportati nello schema. Ad ogni fase costruttiva corrisponde il nome convenzionale data ad essa, il colore di riferimento usato nelle graficizzazioni, la datazione e la tipologia delle modificazioni distinta tra chiesa ed episcopio.
A sua volta la puntuale conoscenza delle fasi evolutive della fabbrica ha consentito di definire, sulla base di elementi certi e di riferimenti anche metrici, le varie configurazioni architettoniche assunte dalla fabbrica nel corso dei secoli. Accorpando le trasformazioni più rilevanti di fasi contigue sono state quindi sintetizzate sette configurazioni architettoniche che più si differenziano fra loro e che sono state oggetto di apposite restituzioni grafiche e rappresentazioni prospettiche (9). L'uso della grafica computerizzata ha reso possibile la visione globale del complesso edilizio in ogni configurazione architettonica facilitando anche la lettura delle singole fasi evolutive.
Si spera che i risultati fin qui conseguiti stimolino ulteriori approfondimenti, sia dell'indagine storica che delle simulazioni grafiche, nella convinzione che il visitatore del 2000, oltre ad entrare nella nuova cattedrale che si sta ricostruendo, possa "camminare" in realtà virtuale nella cattedrale di ogni periodo storico con l'ausilio di uno specifico studio di dettaglio di cui si auspica l'avvio e del quale il presente saggio vuole esserne premessa.
 


Note
1  Le norme sancite dall'editto di Saint Cloud del 12 giugno 1804 che facevano obbligo di seppellire i cadaveri in pubblici cimiteri fuori dell'abitato, non ebbero immediata efficacia. Anche la legge borbonica dell'11 marzo 1817, che reiterava tali norme, stentò ad essere attuata sia per la resistenza della popolazione sia per le difficoltà intrinseche alla costruzione dei camposanti: cfr. Gregorio Angelini, La salute in Puglia, in Istituzioni e Società nell'età della restaurazione, Bari, Levante,1982, p. 69.
2  Maria Antonietta De Cristofaro, Muro Lucano nell'età moderna e il suo Archivio Diocesano, Venosa, Osanna, 1989, p.80.
3  Luigi Martuscelli, Numistrone e Muro Lucano, Napoli, Stabilimento tipografico R.Pesole, 1896 (Rist. anast. a cura della Comunità Montana del Marmo Platano, Muro Lucano, 1987).
4  Ferdinando Ughelli, Italia sacra sive de episcopis Italiae, Venetiis, Apud Sebastianum Coleti, 1720 (Rist. anast., Bologna, Forni, 1973), Tomo VI, coll. 843-852.
5  Paola Lisimberti, Muro Lucano, in Cattedrali di Basilicata, a cura dell'Imago e dell'Istituto Internazionale di Studi Federiciani - CNR, Avigliano, Imago, 1995, p. 68, nota 1.
6  Giovanni Colangelo, Cronotassi dei vescovi di Marsico, Potenza e Muro, in Società e religione in Basilicata nell'età moderna, Atti del convegno di Potenza-Matera (25-28 settembre 1975), Matera, D'Elia, 1977, vol. II, pp. 245-262.
7  Luigi Martuscelli, Numistrone ... cit., p. 334, nota 1.
8 Archivio Diocesano di Potenza, Muro Lucano, Marsiconuovo, Platea della reverendissima Mensa Vescovile della città di Muro, principiata nell'anno MDCCXXVII terminata nell'anno MDCCXXVIII, Tomo II, piante della cattedrale, c.1.
9 Le ricostruzioni grafiche che seguono sono tratte dallo studio effettuato nel 1992 dall'arch. Michele Bilancia per conto della Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici della Basilicata.

1/1 DUECENTO - La chiesa a tre navate monoabsidata, di cui si sono ritrovati i testi, costituisce la prima sicura configurazione della cattedrale. L'accesso al complesso vescovile avviene da una rampa esterna che, addossata alla parete rocciosa orientale, è posta proprio al termine della stradina che sale dal borgo del Pianello. Una seconda rampa esterna, incassata tra i due corpi di fabbrica, conduce poi in chiesa. Verso nord c'è un fabbricato costituito da un grande ambiente suddiviso da due setti trasversali interni nei quali si aprono le due arcate individuate negli scavi.

2/2 - GOTICO Mantenendo le murature esterne, demolendo le pilastrature e le arcate interne e traslando la parete absidale ricostruita più ad est, la chiesa vecchia, notevolmente ampliata in lunghezza, viene trasformata ad unica aula. L'ampliamento è realizzato sul vuoto del costone roccioso ad est attraverso la costruzione della grande volta a sesto acuto che, oltre a portare il piano di calpestio della nuova aula, funge da vestibolo al palazzo episcopale. Il vecchio ingresso a sud è sostituito da un nuovo accesso sulla parete nord. Il palazzo vescovile presenta, nella zona est, una nuova sagrestia, elevata sul preesistente terrazzo.

3/4 - CONFETTI C. Durante l'episcopato di Tomeo Confetti da Narni (39°), viene eretta nel 1627 per volere del conte Pietro Orsini, una grande cappella necessaria per creare nuovi spazi da destinare alle sepolture. La cappella, dotata di un controsoffitto piano a cassettoni, è realizzata ortogonalmente al muro settentrionale della chiesa nel quale viene aperta un'arcata di comunicazione. La parete absidale si presenta ora priva delle due nicchie laterali occluse nei lavori di adeguamento liturgico effettuati da mons. Clemente Confetti (40°) succeduto nell'ufficio episcopale allo zio Tomeo.

5/7 - MANFREDI La cattedrale presenta ora una pianta a croce latina con orientamento nord-sud. L'intervento, diretto da due architetti napoletani, è realizzato trasformando la cappella del Monte dei Morti, notevolmente ampliata, nella nuova navata, mentre l'aula preesistente diviene transetto. Il nuovo impianto, dotato di un controsoffitto piano in legno, presenta sulle pareti interne sobrie decorazioni a stucco con coppie di lesene e superiore cornice modanata. La fisionomia esterna - definita grazie ai resti ritrovati nei lavori - presenta le pareti intonacate a riccio, riquadrature lisce delle aperture e cornicione a tre filari di romanelle.

6/11 - MARTUSCELLI-GIGLI La fisionomia architettonica del fronte meridionale del palazzo vescovile viene notevolmente modificata nel 1815 su volere di Mons. Ferrone (54°) con la costruzione del lungo terrazzo che si affaccia sull'abitato. La loggia, impostata su una delle rampe della gradonata di accesso realizzata in precedenza dal vescovo Gagliardi (51°), si compone di sette pilastri quadrangolari in conci lapidei portanti sei arcate che raggiungono l'ultimo livello dell'episcopio. La configurazione è completata dal piccolo fabbricato realizzato nel 1839 da Mons. Gigli (56°) quale quinta prospettica al termine della prima rampa gradonata.

7/14 - NOVECENTO La cattedrale assume, con gli interventi di adeguamento spaziale e decorativo realizzati alla fine del XIX sec. dal vescovo Raffaele Capone (58°) e diretti dall'ingegnere salernitano Filippo Giordano, un nuovo aspetto interno caratterizzato dalle soffittature leggere tutte decorate in policromia. Con la sopraelevazione del campanile effettuata dopo il terremoto del 1910 e la costruzione della facciata realizzata nel 1946 usufruendo dei contributi elargiti dai danni bellici, il complesso assume l'assetto della cattedrale giunta fino al terremoto del 1980.
 

Testo di Lucio Cappiello                  
tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1999


 

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