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Antonio Stella

da: La Basilicata nel Mondo - 1924-1927
 


Dott. ANTONIO STELLA

 Tra i nostri connazionali che maggiormente fanno onore alla nostra grande patria, 1’Italia, ed alla nostra piccola ed aspra terra, la Basilicata, negli Stati Uniti d’America, è indubbiamente il dottore Antonio Stella, il cui nome è già altre volte ricorso su questa Rivista, che intende appunto illustrare 1’opera dei figli di Basilicata nel mondo. Parlare ora un pò più diffusamente di lui, della sua opera di scienziato e di italiano; additarlo alla riconoscenza dell’Italia per quel che egli ha operato nel nord - America, non è che un atto di giustizia dal quale è lontana ogni intenzione di adulazione. Antonio Stella, come tutta la gente che lavora ed opera seriamente, non ha mai domandato ad alcuno riconoscimento e tanto meno attestazioni di benemerenze: forse perciò egli e assai meno noto di quanto dovrebbe, pur non essendo mancato chi lo ha apprezzato al suo giusto valore.

Antonio Stella è nato circa 56 anni fa a Muro Lucano da una di quelle famiglie di galantuomini in cui la tradizione delle professioni liberali è una delle note più caratteristiche del Mezzogiorno d’Italia. Fu perciò che ben presto venne mandato a Napoli a compiervi gli studi secondari ed egli si fece subito notare per la viva intelligenza ed i primi brillanti risultati. All’ Università si iscrisse alla facoltà di Medicina e studiò con la passione che è propria di coloro che imbroccano subito la loro via: fu perciò apprezzato dai suoi professori e specialmente prediletto dai professori Antorielli, Massei, Laccetti etc. Sostenne brillantemente i suoi esami, con l’esenzione dalle tasse, e si laureò col massimo dei punti. Intanto, e subito dopo laureato, egli frequentava la casa del Dottor Atkinson ove ebbe occasione di conoscere molte personalità della borghesia napoletana e della colonia straniera di Napoli e così ebbe modo di apprendere, con una grandissima facilità, l’inglese ed il tedesco. Apprese tali lingue tanto bene da poterle insegnare, così come insegnò latino e greco, riuscendo così non solo a bastare a se stesso, ma ad aiutare anche la sua famiglia. Data la conoscenza dell’inglese e le sue solide qualità, è ben naturale che in quel periodo, intorno alla fine del 900, quando il movimento migratorio italiano cominciò ad incanalarsi verso il nord-America, egli pensasse ad andare negli Stati Uniti. Sostenne appena giunto gli esami in inglese, ed in una lingua così pura che fu ritenuto laureato ad Oxford, ed in breve tempo sì fece conoscere come uno dei migliori medici di New York. Attualmente egli è indubbiamente il più apprezzato e valente medico italiano di quella vasta metropoli ed appartiene all’ Accademia di Medicina degli Stati Uniti.

Due sono state e sono le grandi passioni di Antonio Stella, le due vere sue ragioni di vivere: la sua professione intesa come un apostolato, e il suo amore per 1’Italia. Tutta la sua attività si è svolta intorno a questi due punti fermi, ed è meraviglioso come in trenta anni circa egli non sia mai venuto meno alla sua passione per la medicina ed al suo affetto per la patria lontana: non i successi, non la ricchezza hanno potuto distoglierlo dalla sua attività professionale, come nulla ha potuto fargli dimenticare, non dico 1’Italia, ma il suo paese natio, i parenti, gli amici. A New York egli è stato 1’amico di tutti i suoi compatrioti, la mano sempre pronta a soccorrere ed a beneficare, colui alla cui porta non è stato mai battuto invano. Ed è stato il medico che è sceso in tutti i tuguri, che ha lenito tutte le malattie e tutti i dolori, che ha confortato tutti coloro che non potevano più sperare.

Quando egli giunse in America, la tubercolosi faceva strage fra i nostri connazionali: la preoccupazione per la cosiddetta peste bianca era vivissima, giacché essa comprometteva seriamente la salute di migliaia e migliaia di lavoratori. Fu così che egli si accinse a studiarla fra gl’italiani, ché abitavano nella parte bassa della città, down town, in quella Cherry Street, che fu anche detta la via del polmone. Scrisse perciò sull’argomento della tubercolosi una monografia che destò molto scalpore, ond’egli ne fece oggetto di una sua relazione al Congresso di Medicina di Milano. Qualche anno più tardi fu nominato rappresentante del Governo degli Stati Uniti al Congresso internazionale di Roma. Anche in Italia fu intesa l'importanza degli studi dello Stella, che ebbero una larga eco nella pubblica opinione, tanto più che, in quel tempo, vivissimo era 1’interesse per la nostra emigrazione negli Stati Uniti, di cui si era finalmente compresa la grande portata, tanto che il nostro governo cercò di favorirla come meglio potette, invece che avversarla come aveva fatto prima. La voce dello Stella, che fece sentire di che lacrime e di che sangue grondava la nostra emigrazione nell’America del Nord, e che dimostrava una diretta e profonda osservazione delle condizioni di vita materiale dei nostri connazionali, ben diversa dalle osservazioni superficiali di scrittori, come il Giacosa ed il Bourget, che anch’essi avevano trattato in quel tempo il medesimo tema, valse a richiamare l’attenzione delle autorità italo-americane ed a far adottare misure profilattiche e curative di vario genere in conseguenza delle quali la tubercolosi è ora, anche a New; York, notevolmente diminuita. Giacché lo Stella studiò il grave fenomeno in relazione ai suoi vari fattori, età, sesso, nazionalità, occupazione, condizioni economiche, condizioni igieniche, abitazioni, alimentazione: dallo studio completo, statisticamente documentato, delle cause, fu perciò, e relativamente facile, risalire ai rimedi che egli non mancò di suggerire al governo italiano da una parte ed alle autorità federali dall’altra.

Non è nell’indole di questo articolo entrare in particolari dettagli circa le misure suggerite, ma basterà dire che molte furono effettivamente adottate con enorme vantaggio, essendosi riusciti ad impedire la diffusione dei contagi su larga scala.

Ma v’è stata un’altra occasione, più recente, nella quale la passione, che lo Stella porta nell’esercizio della sua professione, si è fatta sentire in modo ammirevole, tanto che il suo nome ha avuto un momento di grande notorietà in Italia e negli Stati Uniti : vale a dire nella polemica che seguì alla morte di Enrico Caruso tra medici americani ed italiani. Antonio Stella dimostrò un temperamento di polemista di prim’ordine, ed ebbe completamente ragione dei suoi avversari. Nella sua vivace polemica con i medici, che a Napoli avevano curato Caruso, lo Stella dimostrò che nessun errore era stato commesso dai medici americani, tra cui era egli medesimo, giacché essi avevano giustamente diagnosticata, all’inizio della malattia, una pleurite acutissima e come tale l’avevano curato: l'ascesso sotto diaframmatico, a cui conseguì la peritonite settica che causò la morte, si era esplicato in Italia e fu troppo tardi diagnosticato, cioè solo alla vigilia della morte. La conclusione stessa di un professore napoletano, con cui lo Stella fu in polemica, sta a dimostrare anche ai profani che la causa dello evento letale fu il ritardo nella diagnosi a Napoli. “ Caruso sarebbe guarito (così si espresse il prof. Chiarolanza) perché se si fosse fatta a Napoli la diagnosi in tempo opportuno, si sarebbe salvato. Egli è morto non per l'ascesso, in se, bensì per una complicazione che si sarebbe certo evitata se non si fosse perduto tempo.

Ed è ben chiaro che, in ogni modo, quand’anche l’ascesso fosse già esistito mentre Caruso era in America, assai maggiore sarebbe stata la colpa dei medici italiani nel non diagnosticarlo quando per il decorso di vari mesi aveva dovuto assumere proporzioni enormi, senza tener conto dei fenomeni locali e generali, cui un tale ascesso avrebbe dovuto dar luogo. in tutta la polemica lo Stella fu signorilmente garbato, anche quando gli avversari trascesero ad un linguaggio intemperante ed inurbano e, quel che più importa, fu dialettico e convincente, e l’opinione pubblica dei due paesi fu indubbiamente con lui.

L’altra grande passione della vita di Antonio Stella è stato l’affetto per il suo paese di origine: cittadino americano, che come tale ammira ed ama la grande Repubblica del Nord-America, ove ha trovato il riconoscimento delle sue alte qualità, una larghissima notorietà ed anche una sufficiente agiatezza materiale, non ha mai dimenticato la sua bellissima Italia e neppure il paesello di Basilicata che gli dette i natali. Ma, come è proprio del suo temperamento, e secondo l'indole pratica del popolo in mezzo al quale egli vive, ha dimostrato il proprio attaccamento alla patria di origine non con parole e frasi, ma con l’assistenza diuturna, assai spesso disinteressata, ai suoi connazionali, ed occupandosi delle loro condizioni per migliorarle e sollevarle. E' uno dei problemi che naturalmente si è imposto alla sua osservazione è stato quello dell'emigrazione, giacché a contatto quotidiano con individui di tutte le nazionalità ha potuto studiare a fondo i caratteri della immigrazione negli Stati Uniti in rapporto specialmente a quella italiana. Da questa osservazione di molti anni, dal desiderio di far cosa utile ai suoi connazionali e non dannosa agli Stati Uniti, e venuto fuori un volume dal titolo Some aspects o! Jtalian Immigration to the United Stales che è una delle più belle e sentite difese della nostra emigrazione negli Stati Uniti così duramente colpita dalle ultime leggi americane.

Il problema dell’ emigrazione è per l’Italia quello che domina ora tutti gli altri: il colpo che abbiamo risentito a causa delle due leggi restrittive degli Stati Uniti, del 1921 e del 1924, non può per adesso venire riparato, giacché l’Argentina ed il Brasile non sono in grado certamente di assorbire la massa che ci rifiutano gli Stati Uniti; mentre d’altra parte il flutto crescente degli italiani verso la Francia stessa probabilmente va perduto per la madre patria, in quanto la quasi identica civiltà delle due nazioni facilita l'assorbimento completo dei nostri connazionali da parte della consorella latina, il problema non mancherà di aggravarsi ancora maggiormente coll'aggravarsi del fenomeno demografico italiano, cosa inevitabile tra alcuni anni: molta gioventù ci è stata rapita negli anni della guerra e per ora è sostituita solo da bambini; ma ben altra sarà la situazione quando sarà ristabilito l’antico equilibrio fra le varie classi d’età.

Da ciò l’importanza che ha per noi il seguire la politica degli Stati Uniti in rapporto all’emigrazione italiana, giacché se non pare che vi sia ora alcuna speranza di cambiamenti, non è detto che una attenuazione del disfavore, con cui è stata finora trattata l’emigrazione italiana, non possa verificarsi; e comunque il nostro governo dovrà tendere ad una revisione del trattamento fatto all’Italia che non può non apparire ingiusto in relazione a quello fatto alle altre nazionalità europee.

Ora il libro dello Stella è un primo ed importante passo sulla via della revisione: quello che è specialmente notevole è il fatto che lo Stella sostiene la sua tesi in difesa della nostra emigrazione, con argomenti di interesse non italiano ma americano, che è l’unico punto da cui si possa far breccia sul pubblico americano, come è del resto perfettamente naturale.

Osserva il presentatore del libro, Nicholas Murray Butler dell’Università Columbia della città di New York, che è ormai tempo per il popolo degli Stati Uniti “ di insistere che il loro governo voglia adottare una razionale politica di immigrazione ,,; ed a sua volta lo Stella rileva che il problema della immigrazione è uno dei più grossi per gli Stati Uniti, tanto da potersi affermare che “ il futuro destino di essi nella sempre crescente sfera d’influenza fra le nazioni del mondo, dipende in larga misura dal modo come sarà risolto oggi il problema dell’ immigrante, il futuro americano.

Le cause che hanno determinato l'attuale politica degli Stati Uniti in rapporto all’emigrazione sono di vario genere. Innanzi tutto c’è il fatto che il problema della popolazione, che già preoccupava gli Americani prima della guerra, venne a mettersi in primo piano dopo lo scoppio di essa: antagonismi tra le razze largamente rappresentate non tardarono a manifestarsi.

Circa 20 milioni d’Irlandesi o discendenti d’ Irlandesi sentirono rinascere profondo nell’animo l'odio atavico contro l'Inghilterra, e sette od otto milioni di Tedeschi davano tutte le loro simpatie alla causa della Germania, mentre socialisti e pacifisti mettevano in movimento tutte le loro energie per introdurre nuovi elementi e nuovi principi nella organizzazione e nella vita politica americana. Donde sorse l’opinione della necessità dell’assimilazione delle razze, e furono quindi viste con disfavore quelle che non si lasciano facilmente assimilare e la loro immigrazione fu ridotta in conseguenza.

D’altra parte, l'esperienza degli anni di guerra e la persuasione che le risorse americane sono tutt’altro che inesauribili, hanno cambiato profondamente la psicologia americana nel suo atteggiamento verso l'immigrazione.

E non solo gli operai, che, come è naturale, temevano una riduzione dei loro salari, hanno plaudito alle leggi restrittive, ma anche i grandi industriali ed i finanzieri che ricaverebbero un guadagno immediato dall’immigrazione aumentata, sono dello stesso parere giacché si sono convinti che a lungo andare il guadagno si convertirebbe in rovina.

Se queste sono le ragioni essenziali delle leggi restrittive dell’immigrazione, è evidente che non sarà facile indurre gli Stati Uniti a mutar la loro politica al riguardo, almeno fino a che le condizioni non saranno profondamente cambiate. Ma il problema, come lo pone lo Stella, è un altro: se cioè la nostra immigrazione debba essere guardata con minor favore di quella inglese, francese o tedesca.

Ora egli dimostra a luce meridiana, appoggiando la sua dimostrazione con dati statistici e con osservazioni personali altrettanto acute quanto giuste, che le accuse alla nostra emigrazione, che le hanno procurato un così grave trattamento, sono niente altro che veti pregiudizi. Lo Stella le ribatte ad una ad una e finisce concludendo: “L’emigrazione italiana negli Stati Uniti apporta all’organismo nazionale di questi un elemento industrioso, operoso e colto che, quando assorbito, è in grado di raggiungere le aspirazioni nazionali sia fisiche che spirituali ed intellettuali ,,. Così, ad esempio, egli ribatte le accuse di analfabetismo e criminalità tanto leggermente gettate in viso ai nostri emigranti. Infatti, quanto alla prima, lo Stella dimostra che il livello intellettuale delle classi più umili degli immigrati italiani, in quanto si riferisce ai discendenti, ha raggiunto quello degli altri popoli europei, e ad ogni modo proprio in quelle province italiane che, come Benevento, Potenza e la Calabria, danno una più forte percentuale di analfabetismo, si recluta la più paziente ed industriosa popolazione di immigrati. E quanto all’accusa di facilità al delitto, giustamente egli rileva che non è vero che dall’Italia siano stati eliminati, mediante l’emigrazione, gli elementi più facinorosi, giacché il passaporto non è concesso a chi ha carichi penali in corso, e in ogni modo la fedina penale che accompagna l'emigrante permette di esaminare quale sia il suo passato in rapporto alla legge penale. Ma quel che più interessa e che, come si rileva della statistica ufficiale riportata dallo Stella, “ la criminalità dello straniero nato in Italia e residente negli Stati Uniti è minore di quella della maggior parte delle altre razze e soltanto leggermente superiore a quella della popolazione bianca nativa di America ,,. Quel che ha accreditato la leggenda della maggior criminalità degli italiani e il fatto che essi trascendono più facilmente, tratti dalla loro natura più passionale, a delitti di sangue di cui la stampa “ gialla,, americana si impadronisce, dandovi una “indesirable,, pubblicità, mentre il carattere sensazionale di tali delitti stimola una più severa persecuzione, da parte degli ufficiali di polizia e della giustizia. Ma d’altra parte lo Stella dimostra in base a dati statistici inoppugnabili che gl’italiani danno le più basse cifre di arresti per ubriachezza e di morti per alcoolismo, e acutamente rileva come in verità non tutti i mali fisici e morali attribuiti agli immigrati italiani negli Stati Uniti sono importati da loro, ma in maggior parte contratti da essi dopo avervi risieduto.

E che poi l'immigrazione italiana sia delle più scelte, risulta sia dal fatto che essa offre assai più uomini che donne e bambini, sia dall’altro che presenta il minor numero di respinti. Quest’ultimo è il risultato delle forti restrizioni e dell’accurato selezionamento che l'Italia si è volontariamente imposto, tanto che i Commissari di Ellis lsland riconoscono che gli emigranti, che giungono nelle migliori condizioni, sono gl’italiani. E poi notorio che, quantunque i nostri emigranti giungano sforniti di capitali, hanno però la virtù del risparmio e perciò la minima percentuale nelle case di mendicità è data dagli Italiani.

L’ italiano ha infine una bassa quota di mortalità e non porta dall’ Italia la sifilide o la tubercolosi: la verità è invece che contrae queste malattie negli Stati Uniti e le riporta in patria.

Ma, si dice, ed è un argomento grave, dati i motivi cui abbiamo accennato come causa delle misure restrittive dell’immigrazione, gli italiani sono uno dei popoli meno assimilabili, tanto vero che si sono naturalizzati meno degli altri popoli europei.

Ora, se ciò non può effettivamente negarsi, è però erroneo che dipenda dalla minore assimilabilità del nostro popolo, giacché dipende invece dal fatto che la nostra emigrazione è tra le più recenti. Se è vero che gl’Italiani entrati negli Stati Uniti negli ultimi cento anni (1822-1922), sono 4,476,739, cifra superata solo dalla immigrazione tedesca (5,793,209), è però altresì vero che essa è la più recente essendosi svolta sopratutto dopo il 1890; e ben si spiega che sia la meno americanizzata, dato il breve lasso di tempo entro cui si è sviluppata. Unico rimedio sarebbe di lasciar tempo a che il processo di americanizzazione si produca spontaneamente: diversamente esso si svolgerà ancora più a rilento e darà cattivi risultati. L’italiano, nella sua squisita sensibilità, si addolora del disprezzo cui si vede additato e per questo non chiede di naturalizzarsi, il ritorno in patria dei non assimilabili è del resto un bene e non un male per gli Stati Uniti, giacché costituisce una forma di naturale selezione. Inoltre, non tutta l’emigrazione è di carattere permanente: ogni paese, oltre a questa, ne ha altresì una temporanea, che va regolata in modo diverso dalla prima e lo Stella invoca l’esempio del Canadà, che accetta immigranti non sulla base di quelli che vogliono entrarvi, ma sulla base di quelli che occorrono per i suoi bisogni. Pertanto, egli auspica per gli Stati Uniti una razionale e costruttiva politica d’immigrazione, basata sui bisogni specifici della nazione e sui fatti anziché sui pregiudizi in riguardo agli stranieri. E uno dei maggiori pregiudizi è indubbiamente quello che riguarda l'immigrazione italiana, la cui influenza sulla vita americana è stata ed è indubbiamente grandissima.

Gli italiani d’America, anche la classe operaia, posseggono un quasi innato senso estetico ed un idealismo intellettuale, una spiritualità di mente, (come dice il prof. Giddings, citato dallo Stella) che consiste in una fine sensibilità per i migliori valori della vita e per l’apprezzamento di ciò che è intellettuale e bello. Questa sensibilità è il prodotto della vita intellettuale della nazione e dell’eredità della sua storia. Quando morì Carducci, riferisce lo Stella nel suo libro, tutte le banche e i magazzini rimasero chiusi per due giorni, essendo in lutto tutta la nazione. “Vi è un altro paese del mondo dove simile tributo può essere possibile? E il popolo che ha questo idealismo, può bene conseguire una vera distinzione quale creatore di civiltà. Ecco perché lo sforzo italiano ha storicamente sorpassato tutti gli altri coli’ essere per tre volte, una volta politicamente, la seconda moralmente e la terza intellettualmente, la potenza dominante del mondo. Sarebbe davvero sorprendente che la Nazione che ha influenzato ogni fase del pensiero umano e dello sviluppo intellettuale, dovesse rinunziare a portare il suo contributo per mezzo dei suoi figli nati qui.

Queste parole che abbiamo voluto riferire testualmente stanno ad attestare quale profondo e serio affetto lo Stella conservi per il suo paese di origine, il suo libro sull’emigrazione ha avuto una grande eco in Italia e negli Stati Uniti e ha sollevato molte discussioni pro e contro: esso pone non soltanto una questione economica ma una questione di dignità nazionale, non essendo né giusta né onorevole la nostra inferiorità rispetto alle altre nazionalità europee. E pertanto, quale che possa essere l'indirizzo futuro della politica degli Stati Uniti, esso ha servito a rialzare gli spiriti dei nostri connazionali, che hanno potuto rivendicare, in base a uno studio serio e documentato, la loro piena eguaglianza intellettuale e morale con le altre nazionalità.

L’opera dello Stella è stata quella di uno strenuo difensore dell’ italianità e come tale egli ha bene meritato dell’Italia, ma non è inutile aggiungere che alle sue preziose doti di scienziato e di italiano egli ha unito e unisce virtù private spiccatissime, essendo sempre amantissimo della famiglia, dai parenti e dagli amici.

A lui, che negli Stati Uniti tiene alto il nome d’Italia e quello dalla nostra terra di Basilicata, il saluto memore ed affettuoso di un suo conterraneo, dalle colonne di questa Rivista, che ascrive a suo onore di averlo potuto additare ancora una volta all’ammirazione ed all’affetto dei suoi concittadini.

 

GIOVANNI PETRACCONE     


 

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