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L'ABETINA DI RUOTI
 

 


Le abetine ricoprivano in passato le pendici nord-occidentali dei Foj di Ruoti e Picerno giungendo a lambire il monte Carmine e spingendosi fino al massiccio del Sirino ed il Pollino.
L'illustre botanico lucano Orazio Gavioli (1) rilevava nei suoi studi condotti sulla vegetazione dell'Appennino meridionale, come il bosco denominato Apetina, tra Potenza, Avigliano e Ruoti derivi da apete o apiti, nome locale dell'abete bianco.
L'albero, dalla chioma verde scuro presenta foglie aghiformi persistenti di colore bianco argento nella pagina inferiore. Può raggiungere la ragguardevole altezza di 50 metri.
Le pigne si formano sui rami superiori ed hanno il loro apice rivolto verso l'alto (nell'abete rosso i coni sono invece rivolti verso il basso) presentando squame seminali coriacee che a maturazione si staccano lasciando lo stelo nudo.
Con il nome di Spinosa il Gavioli individuava la parte dell'Abetina di Ruoti che egli riteneva "un relitto di ben più vaste abetine, delle quali essa rappresenta l'estrema propaggine nord orientale, scendendo ad un livello di circa 800 metri per le eccezionali condizioni ambientali, specialmente in relazione all'esposizione ed alla freschezza del suolo".
Il Gavioli nel corso delle sue ripetute escursioni primaverili ed estive censiva nel bosco Abetina di Ruoti numerose specie di piante arboree ed arbustive. Nell'elenco delle piante erbacee vi annoverava anche le Orchidiacee (Orchis variegata All., O. pyramidalis L., O. stabiata Ten.).
Fino alla seconda metà dell'800, "l'Abetina di Ruoti costituiva la continuazione - annotava il botanico potentino - di altri boschi del massiccio principale dei Foj, e propriamente dei boschi del Principe e del Comune di Ruoti, dai quali ora è separato per circa un chilometro da terreni a coltura ed a pascolo. alternati con fasce e piccoli gruppi boscosi, che attestano l'antica continuità della foresta".
Agli inizi del 900 l'Abetina di Ruoti poteva considerarsi un bosco quasi puro di abete bianco (Abies alba Mill.) con grandi e colossali esemplari di questa specie.
II taglio eccessivo e gli eventi naturali e climatici ridussero drasticamente il numero di abeti in corrispondenza con la scarsissima fruttificazione delle piante madri e con malattie, probabilmente d'origine parassitaria (2).
Già le ricerche di Orazio Gavioli rilevavano come l'Abetina pura si fosse ridotta, prevedendone la sua sostituzione completa con il cerreto.
Alcune testimonianze storiche precedenti al Gavioli rilevano come il luogo denominato Abetina fosse "dappertutto unicamente ricoperto di bellissimi abeti".
Tenore e Gussone, botanici della Reale Accademia delle Scienze di Napoli nelle loro peregrinazioni fatte in alcuni luoghi del Regno (3) nell'estate del 1838 rilevavano inoltre "la presenza di alberi bellissimi di oltre 100 palmi di altezza e del più gran pregio per le costruzioni navali e civili".
I due botanici nella loro corrispondenza sul Lucifero evidenziavano come l'abete bianco fosse comunque già in quel tempo considerato raro (4).
Le prime notizie riguardanti questo bosco storico della Lucania risalgono al 1620.
"Oltre a faghi, cerri, carignare, peraine e melaine vi è un bosco di apeti che serve per tavole et travi, dal quale il barone ne riceve il ritratto" (5).
Le notizie desunte da documenti storici della famiglia Caracciolo testimoniano una qualche forma di coltivazione del bosco. A partire dal 1659 l'Abetina di Ruoti veniva infatti regolarmente affittata per il taglio costituendo fonte di entrata feudale.
Talvolta gli stessi documenti riportano anche i periodi in cui solitamente si effettuava il taglio che andava da "novembre a giugno che nel seguente periodo non si taglia trovandosi la gente impiegata in campagna" (6).
II bosco Abetina, posseduto agli inizi dei 600 dai Caracciolo, divenne proprietà del feudatario Ettore Attaldo Minutolo, terzo Principe di Ruoti, per poi passare alla famiglia Ruffo fino al 1830, epoca in cui iniziò un contenzioso tra il Comune di Ruoti e la nobile famiglia napoletana per il suo possesso.
All'inizio del 1800 l'estensione stimata dai periti Catenacci e Bavuso per la divisione dell'intero demanio di Ruoti era di 845 tomoli ed 1/3 pari a 340 ettari circa (7),
I due periti divisero il demanio boscoso in tre parti assegnando al Comune di Ruoti la terza parte di 281 tomoli ed 1 /3, pari a 138 ettari circa.
Da altre notizie storiche desumibili dal contenzioso tra gli eredi del Principe di Ruoti ed il Comune, che si protrasse fino agli inizi del secolo, è possibile calcolare la densità di abeti per ettaro, compresa tra 10 e 100 abeti circa.
L'attuale estensione del bosco Abetina di Ruoti è di 113 ettari circa. La degradazione dei suolo ha prodotto una interruzione nella continuità della formazione vegetale segnalato come meritevole di conservazione sin dal 1971 dal gruppo Conservazione della Natura della Società Botanica Italiana (8).
L'Importante organismo scientifico auspicava l'acquisto dell'intero complesso boscato dai privati da parte dell'A.S.F.D. al fine di evitare i tagli intensi, il pascolo smodato e per tentare la ricostituzione del bosco ridottosi a gruppi di abete bianco intercalati, anche a notevole distanza tra loro, da cerro, rovi, biancospini, cornioli, salici e carpini.
Oggi sarebbe dunque auspicabile l'acquisizione da parte della Regione Basilicata di questa antica Abetina che costituisce una delle ultime stazioni relitte di abete bianco dell'Appennino meridionale, provvedendo nel contempo ad istituire una riserva naturale regionale per tutelare questo patrimonio ed i suoi valori naturalistici, scientifici e culturali.
 


Posizione geografica: L'area ricadente nel Comune di Ruoti (PZ) è compresa tra la S.S. n. 7 Potenza-Ruoti, a 18 Km. dal capoluogo - bivio Avigliano
Estensione: Si estende su 113 ettari circa
Proprietà: Privata
Cartografia: F.o 187 - II S.O.
Vincoli di Protezione Esistenti: Vincolo idrogeologico
Proposte: Acquisizione da parte della Regione Basilicata ed istituzione dl una riserva naturale regionale.
 

 


NOTE:
(1) O. Gavioli, Ricerche sulla distribuzione altimetrica della vegetazione in Italia. Limiti altimetrici delle formazioni vegetali in alcuni gruppi dell'Appennino lucano. Nuovo Gior. Bot. Ital., vol. XII, n. 3, 1934.
(2) ibidem.
(3) Lucifero, 12 settembre 1838, "Le peregrinazioni fatte in alcuni luoghi del Regno di Napoli dai Signori Gussone e Tenore nella estate del 1938".
(4) Ibidem, Inoltre vedasi: G. Settembrino, Un nordico sud. L'abete bianco di Laurenzana, in Basilicata Regione n. 5, 1989.
(5) G. Salinardi, L'antica "Terra" dl Ruoti in Lucania, Foggia 1973.
(6) Ibidem.
(7) Ibidem.
(8) S. Palladino, L. Contoli, Corta del biotopi da proteggere, CNR, 1971, Serie quaderni scientifici, n. 78, 1971; Società Botanica Italiana, Censimento dei biotopi di notevole interesse vegetazionale meritevoli di conservazione in Italia, Camerino, 1971, 1979.



 

Testo di Antonio Bavusi                  
tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1990

 

 

 

 

 

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