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Il paesaggio nel territorio di San Mauro Forte
 


Il paesaggio agrario
Il paesaggio che caratterizza il territorio di San Mauro Forte é un paesaggio essenzialmente agraria, cioè risultato di secolari rapporti di produttività agricola intercorsi fra il territorio e le società che l'hanno abitato. Sin da antica data le popolazioni, in possesso di rudimentali nozioni di agricoltura, devono aver avviato quel processo di disboscamento, facendo spazio a coltivazioni sempre più estese e stabili a spese del bosco, sostituendo tosi al paesaggio naturale un paesaggio agro-pastorale.
L'impatto determinante dell'attività dell'uomo sul territorio di San Mauro Forte risale all'XI secolo, quando la fondazione dall'abitato fortificato rappresenta l'abbandono di attività silvo-pastorali quali la caccia e l'allevamento brado, a favore di attività agro-pastorali più stabili.
Ma fin dalla sua istituzione a feudo, il territorio di San Mauro risultava appartenere a pochi: in parte a congregazioni religiose dipendenti dal Vescovo della diocesi di Tricarico, in parte a feudatari vassalli della contea di Montescaglioso, quasi mai residenti in zona, ma rappresentati in paese da una costruzione fortificata. AI resto della popolazione l'onere di rendere produttive le estese proprietà feudali, o prestando il proprio lavoro sotto la direzione di frati intenti a coordinare le attività produttive e a curare gli interessi della congrega, in cambio di una misera parte del raccolto, o a titolo di affittuari, corrispondendo ai feudatari canoni molto alti in denaro o in prodotti agricoli.
II perpetrarsi per secoli di questo sistema della proprietà fondiaria, il conseguente persistere della precarietà del rapporto fra coltivatori e terra coltivata, l'assenteismo dei feudatari, hanno rallentato l'evoluzione dei sistemi della produzione agricola, orientati secondo criteri estensivi.
Delle grandi proprietà terriere venivano ridotti a coltura spezzoni variamente dislocati secondo la pratica del MAGGESE, che prevedeva per ogni terreno la rotazione biennale, consistente in un anno di colture seminative e un anno di riposo.
L'uso di questa pratica agraria ed il mancato interesse da parte dei contadini, semplici affittuari, a recintare i fondi, ha favorito un regime di CAMPI cosiddetti APERTI, cioè caratterizzati dall'assenza di qualunque tipo di chiusura, quali essenze vegetali o muretti, lungo i confini.
Questo rendeva anche agevole l'uso di pascolo sui maggesi e sulle ristoppie di greggi e armenti, con i quali si cercava di integrare i prodotti destinati alla sopravvivenza soprattutto in annate sfavorevoli ai raccolti.
Questa secolare economia agro-pastorale dal punto di vista paesistico ha conferito al territorio un continuo di ampi orizzonti, mai interrotti dalla presenza di case di contadini i quali vivevano concentrati nel paese, collocato in una posizione centrale rispetto al territorio messo a coltura. Solo di tanto in tanto i campi dovevano punteggiarsi di alberi isolati o in piccoli gruppi, superstiti dei boschi preesistenti.
La frammentazione della proprietà fondiaria che seguirà al tramonto dell'età feudale nessuna sostanziale modifica apporterà a questa assestata configurazione paesistica che oggi sopravvive nei seminativi e nei pascoli che ricoprono le colline a nord e ad est del paese.
Le nuove divisioni terriere si inseriscono sulle vecchie morfologie dei latifondo; esse non si manifestano con segni tangibili che non siano una diversa maturità delle messi o la presenza di qualche sparsa abitazione sul territorio, in un scenario millenario su cui grava il peso di secoli di arretratezza.

Il paesaggio degli oliveti
Al paesaggio dell'agricoltura seminativa a campi aperti si contrappone, nelle immediate adiacenze dell'abitato, un paesaggio agrario caratterizzato dalla presenza di colture arboree: gli oliveti.
La presenza di colture a ridosso dell'abitato ha origini antiche e risale sin dalla sua fondazione, quando il pericolo di scorrerie barbariche rendeva le aree libere all'interno delle mura cittadine e quelle del più vicino suburbio le più idonee alle colture orticole e all'impiantazione di colture specializzate quali la vite e l'olivo.
Ma un altro importante fattore ha contribuito alla differenziazione di queste aree rispetto al restante territorio agricolo: esse hanno storicamente costituito una eccezione alla proprietà latifondista grazie a contratti del tipo enfiteutico che hanno assicurato quella stabilità di rapporto fra coltivatori e terra coltivata necessaria a garantire una agricoltura meno precaria. Da una estensione limitata il paesaggio degli oliveti deve essersi lentamente allargato nel corso dei secoli: quando infatti nel secolo XVIII il feudo di San Mauro viene riscattato da quattro acquirenti già amministratori fiduciari dei Feudatari che si erano succeduti, ben 500 contadini risultano beneficiari di terreni in enfiteusi, dell'estensione ciascuno di circa un tomolo (pari a mq. 6078 secondo le convenzioni del luogo), localizzati nelle aree adiacenti all'abitato e coltivati a oliveti.
Erede di una pratica centenaria oggi il paesaggio degli oliveti coincide con un territorio caratterizzato da una proprietà fondiaria di appezzamenti di limitata superficie e a contorno irregolare; ma (a mancata sottolineatura dei confini tipica del regime a campi aperti e la continua presenza degli alberi di olivo disposti in filari che seguono l'andamento naturale dei declivi, imprimono al territorio un paesaggio punteggiato ma uniforme, nel quale l'orditura della campagna si conserva anche con il variare del clima durante l'anno.

SISTEMAZIONE AGRARIA
Il ritocchino

Nella determinazione dei paesaggio agrario grande importanza riveste la sistemazione agraria dei suoli coltivati, cioè quell'insieme di opere volte ad assicurarne la difesa idraulica ed anche una maggiore lavorabilità. Soprattutto nei territori collinari e montani l`instabilità dei terreno nei confronti del dilavamento meteorico ha indotto l'uomo ad elaborare tecniche di lavorazione dei suolo sempre più efficaci nella conservazione superficiale della terra più fertile, impedendo che acqua e vento scoprissero le asperità dei sottosuolo.
Fossi, ciglioni, terrazze, sono la materia prima attraverso la quale l'uomo elabora una sorta di operazione sculturale a grande scala, modifica la morfologia superficiale dei territorio, operando la definitiva trasformazione dei paesaggio naturale in paesaggio antropico.
II territorio di San Mauro Forte risulta caratterizzato da una delle più arcaiche tecniche di lavorazione del suolo: il RITOCCHINO. Il r. prevede che l'aratura, la semina, la disposizione delle piantagioni siano orientate secondo le linee di massima pendenza dei declivio naturale del terreno con la conseguenza che l'humus superficiale tende a Farsi trasportare a valle dalle acque dilavanti. Infatti questa tecnica ben presto sarà sostituita da altre più efficaci ed elaborate, ma la dolcezza dell'orografia e un clima arido, hanno consentito che l'uso del r. si perpetrasse fino ad oggi.
La scarsa elaborazione cui il r. sottopone il territorio agrario associata alla coltura dell'olivo, essenza produttiva presente nella nostra penisola da circa duemila anni, ci restituisce uno dei più antichi paesaggi antropici che, stratificati nella memoria collettiva delle popolazioni dei luogo, per primi hanno cambiato il volto dei territorio naturale.

COMPONENTI PAESISTICHE MINORI
Le componenti paesistiche minori sono costituite da quegli elementi a carattere puntuale o sparso che su piccola scala contribuiscono alla determinazione del paesaggio.
Nel territorio in esame le più significative risultano la presenza di alberi di olivo isolati di età centenaria e le coltivazioni vitate. Spesso nell'impiantazione di nuove colture l'uomo lascia alcuni spazi necessari alla conservazione di preesistenze arboree secolari quali querce superstiti degli antichi boschi che originariamente ricoprivano questi luoghi e olivi centenari testimonianza delle prime pratiche agrarie attraverso le quali l'uomo diede avvio alla trasformazione del paesaggio naturale in paesaggio antropico.

S. MAURO FORTE: STRUTTURA URBANA E CARATTERI ARCHITETTONICI
L'origine di San Mauro Forte risale all'XI secolo, quando sulla rupe tufacea su cui sorge l'abitato si insediarono una abbazia benedettina soggetta alla giurisdizione del vescovo di Tricarico, ed un barone vassallo del conte di Montescaglioso. Tale barone oltre a costruirvi il proprio palazzo intorno all'anno 1100 fortificò tutto l'abitato, erigendo sul lato orientale della rupe una torre a tre piani oggi situata al centro della piazza principale dei paese e per secoli simbolicamente riprodotta in dipinti e stemmi familiari.
L'accesso al paese era assicurato da quattro porte principali: porta Piazzile ancora oggi presente nelle mura nord-occidentali dell'abitato, il portello dei barone, porta S. Lucia e portello Jodice andate distrutte.
Ad ovest, dove la rupe si presentava morfologicamente più accessibile, era stato scavato un fossato successivamente riempito e che oggi costituisce Largo Monastero.
Dell'antica abbazia benedettina oggi non resta più traccia, ma già doveva essere andata distrutta nella prima metà del sec. XV, quando il convento di S. Antonio da Padova di nuova fondazione ne ereditò tutte le proprietà.
Sulle rovine del palazzo baronale invece si insediò l'attuale chiesa di S. Maria Assunta di Episcopia, i cui lavori si svolsero in più riprese e oggi in fase di restauro.
Dal secolo XII il feudo di S. Mauro passa per eredità, dote matrimoniale, perdita al gioco ecc... da un feudatario all'altro finché, dopo un confuso periodo durato fino alla metà del secolo XVIII, durante il quale fu reclamato da più creditori regi, fu riscattato da quattro acquirenti (Arcieri, Lauria, Acquaviva e Arcieri), già amministratori dei feudatari che si erano avvicendati nella proprietà del feudo. Essi, investitisi dei titolo di baroni, si stabilirono in paese, costruendo le proprie residenze all'interno della cinta muraria.
La fortificazione medioevale per molti secoli ha contenuto al proprio interno l'espansione edilizia, con il progressivo riempimento di quelle aree libere in origine adibite a coltivazioni; solo nel XIX secolo le edificazioni debordarono dall'antico nucleo, dapprima addossandosi alle mura cittadine, poi con veri e propri rioni al di fuori di esse. Nel secolo XX infine, il paese si è esteso in modo lineare lungo la strada provinciale che lambisce a sud l'antico nucleo.
La configurazione urbana all'interno del tracciato fortificato è stata fortemente condizionata dalle secolari strutture economiche, sociali e culturali.
All'interno dell'antico nucleo un tracciato viario di strette stradine definisce una struttura urbana suddivisa in isolati di forma irregolare; alcuni risultano somma di molteplici lotti di modeste dimensioni aggregati in vario modo, ognuno dei quali costituisce una unità edilizia riconducibile al tipo a blocco (A); altri coincidono con un unico lotto e risultano caratterizzati dal dilatarsi del tessuto viario che crea slarghi e piazze ad essi antistanti (B). Questi ultimi isolati, spesso di notevole dimensioni, rappresentano l'erigersi, accanto alle minime abitazioni popolari, delle residenze di famiglie storicamente legate alla proprietà terriera, prime fra tutte quelle che alla metà del secolo XVIII acquistarono il feudo e vi si stabilirono.
Dal punto di vista architettonico questi edifici presentano elementi ornamentali di grande pregio e testimoniano il rapporto che i proprietari ebbero con la cultura napoletana, rapporto documentato anche dalla presenza in S. Mauro di dipinti raffiguranti elementi di chiara ispirazione partenopea, opera di artisti chiamati in paese per abbellire chiese e palazzi.
A partire dal '700 portali in pietra, cornici, lesene, volute e fregi floreali adornano slarghi e piazze e ancora oggi, pure se minacciati dall'incuria e da incontrollate manomissioni, rendono ameni gli spazi della vita collettiva, contrapponendosi all'immagine austera con la quale il paese si rivolge al territorio circostante.

L'articolo costituisce una sintesi della ricerca dal titolo: "Analisi e rappresentazione del paesaggio nel territorio di San Mauro Forte" condotta in collaborazione con il Prof. R. Fuccella, finanziata dall'Università degli Studi della Basilicata.



BIBLIOGRAFIA
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Di Fedio AA.: Architettura del paesaggio; Pirola, Milano., 1990
Pillaluga A.: Il paesaggio nel territorio; Hoepli, -Milano, 1987
Boriani-Scozzosi: Natura e architettura, la conservazione del patrimonio paesistico, Clup, Milano, 1991
Amadesi E.: Fotointerpretazione e aerofotogrammetria; Pitagora, Bologna, 1977
Del Turco L.: Storia di San Mauro Forte; I'Erta, Bari, 1974
"San Mauro Forte" in Incontri, n, 6 del giugno 1987

 

Testo di Marinella Gerardi             
tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1995


 

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