INDICE

Avanti >>

.

GIORGIO CASTRIOTA SCANDERBEG (UN EROE DEL XV SECOLO)

Quel grande eroe ci appartiene, Giorgio Castriota Scanderbeg, segna pagine di storia lucana. Vivono ancora oggi nella terra del Vulture e sulle coste del Pollino costumi e lingua che rimandano a vicende di cinque secoli or sono. Le radici di un popolo di combattenti vennero a piantarsi in questa fetta del Mezzogiorno a conclusione di una fuga drammatica ma non ingloriosa dinanzi ai turchi invasori. Scanderbeg riempì di grandi momenti la storia del XV secolo.
La sua terra, l'Albania, non poteva restare estranea agli appetiti degli eserciti del Sultano che miravano al dominio completo dei paesi mediterranei. L'Albania, allora, era un piccolo paese dominato da un gruppo di famiglie feudatarie. i Dukagin, gli Arianiti e i Thopia, i Musachi e i Balcha, i Castriota, gli Spata, gli Zenebesi, i Gropa. Giorgio Castriota nacque da Giovanni, forse il 1404 o forse l'anno successivo. E' certo che trascorse la giovinezza alla corte del Sultano mentre il suo popolo e la sua famiglia si battevano strenuamente contro i turchi invasori. In patria restavano otto fratelli: Costantino, Stanisha e Reposchi, maschi, e cinque femmine, Amiza, Angela, Angelina, Vlaica e Maria.
Giorgio doveva avere nove anni quando fu portato in ostaggio alla Corte del Sultano Murad Secondo. Aveva appena 17 anni quando era già ufficiale dell'esercito turco, temuto e apprezzato, padrone di diverse lingue, la turca, l'araba, l'italiana, la greca e la slava. Ero forte, audace, abile nel maneggio delle armi. Ed era diventato maomettano. nonostante la sua origine cattolica.
La sua mente e il suo amore erano certamente rivolti all'Albania, non tardò perciò a maturare la fuga dal paese che faceva schiavo il suo popolo. Dall'Albania giungevano fino a Corte notizie sulla eroica resistenza degli Arianiti agli eserciti del Sultano,. il suo cuore si struggeva, diviso fra riconoscenza e patriottismo: riconoscenza al Sultano che lo aveva allevato come un figlio, patriottismo non avendo dimenticato di essere un albanese. La fuga maturò in questo processo. ma fu accelerata dalla iniquità con cui il Sultano trattò la madre dell'eroe albanese, mandandola a morire in esilio. assistita dalla figlia Mamiza che l'aveva seguita nella disavventura. La decisione di Giorgio ormai è presa, alla prima occasione abbandonerà la terra dei suoi nemici e tornerà in Albania. Il 1443 è l'anno della ribellione di Scanderbeg. Murad Secondo aveva mandato un forte esercito contro un altro eroe, I ungherese Giovanni Hunyadi, Giorgio Castriota era alla testa di un armata, ma rinunciò a combattere e abbandonò il campo. Con pochi fidi, tutti albanesi, fuggì dirigendosi verso le terre natie. Con una mossa astuta riuscì a farsi consegnare Croja, la città fortificata in mano ai turchi, sulle mura della fortezza sventolò l'insegna di Scanderbeg, un'aquila nera con due teste in campo rosso.
È l'inizio dell'epopea albanese, la lotta di un piccolo popolo doveva per alcuni decenni dimostrare che l'esercito Ottomano poteva essere battuto.
Il grande eroe comincia a guadagnarsi il rispetto di tutti i popoli mediterranei impegnati a contrastare l'espansione turca, Venezia, Roma, Napoli, gli Ungheresi. Inizia anche il processo di unificazione politica e militare dell'Albania, i feudatari riconoscono in Giorgio Castriota l'unico capo che può contrastare l'avanzata mussulmana. Murad Secondo ora ha una ragione in più per volere la conquista dell'Albania, primo per l'importanza di questo piccolo paese nella sua strategia espansionistica che aveva bisogno di uno sbocco sui mari dominati da Venezia e dalle altre forze mediterranee, poi anche per punire Scanderbeg ormai considerato un "pupillo ingrato".
Ma del suo nemico il Sultano doveva anche conoscere il valore e l'abilità in fatto militare, e doveva sapere che per batterlo c'era una sola strada, quella della preponderanza numerica del suo esercito. Di fronte, in definitiva, aveva un piccolo pugno di uomini che poteva schiacciare con relativa facilità.
Ma così non fu. Scanderbeg ebbe dalla sua parte diverse occasioni favorevoli, la conoscenza del luoghi, la grande motivazione del suo popolo nella lotta contro l'invasore, il valore suo e dei suoi compagni dl comando. Ma tutto questo non bastava, l'eroe albanese cercò subito alleanze con le forze e le potenze straniere interessate a contrastare l'espansione dei turchi. E qualche aiuto l'ottenne dai Veneziani, dal Papato, dal Borbone di Napoli, più in mezzi che in uomini, ma era pur sempre un aiuto. Sul piano Interno riuscì, nel convegno di Alessio, a convincere tutti i Principi albanesi a formare una coalizione. Lo stesso Scanderbeg ne divenne il condottiero. L'Albania è pronta ad affrontare il nemico dovunque e in ogni momento, l'Albania ha finalmente un esercito unito. un esercito nazionale, La lezione di Machiavelli è ampiamente applicata.
È guerra, si comincia, E' il 29 giugno 1444.
Venticinquemila Turchi, condotti da Ali Pascià, vengono affrontati e battuti dagli albanesi, molto meno numerosi, a Torviollo. La sconfitta per Murad Secondo è tremenda, il suo esercito lascia sul campo ottomila morti e nelle mani dell'avversario duemila prigionieri. Il Sultano si rifarà dopo qualche mese a Varna battendo il polacco Re Stanislao e cercherà invano di raggiungere un accordo di pace con Scanderbeg. L'eroe albanese rifiuta, un nuovo attacco turco non si fa attendere a lungo, scena dello scontro è Mocrene.
Ancora una volta Scanderberg mette in ginocchio il forte avversario.
La storia degli anni successivi è una lunga sequenza di guerre fra due eserciti impari. Scanderbeg tiene continuamente in scacco le armate della Mezzaluna. Il 1450 e lo stesso Murad Secondo o guidare la lotta, lo scontro si sviluppa con alterni successi, alla fine il Sultano si ritira, non sconfitto ma profondamente avvilito, e abbandona la lotta. L'eroica resistenza albanese ha un grande eco in tutta Europa, nuove prospettive si aprono per Scanderbeg e il suo popolo.
Nel rapporto con gli Stati esteri si crea una corsia di preferenza per Alfonso d'Aragona, Re di Napoli. Fra il Magnanimo e Scanderbeg si stabili una duratura alleanza basata sulla coincidenza di reciproci interessi politici.
È il 1451, Murad muore e gli succede Maometto II. Le ombre di una nuova guerra si dilungano minacciose. Il nuovo Sultano arma un esercito di 25 mila uomini, apre le ostilità e viene sconfitto. Si rifarà l'anno successivo conquistando Costantinopoli e, un paio di anni dopo, la città albanese di Berat. E' un momento difficili per Scanderbeg. Ma a Oranik comincia la riscossa albanese, l'armata Ottomana è costretta ancora una volta a conoscere la sconfitta. I Turchi della Mezzaluna verranno ancora battuti a Abulena Tomoritza, la vittoria albanese è smagliante, un esempio di sapienza strategia del Castriota. Lo stesso condottiero Hamza viene fatto prigioniero, 20 mila turchi vengono uccisi.
Le potenze europee accendono riflettori di interesse verso l'Albania mentre Scanderbeg, subito dopo Abulena, sbaraglia due eserciti Ottomani di 50 mila uomini. Maometto II, di fronte alla impossibilità di battere l'Albania. tenta una pace col suo rivale Scanderbeg. Nel 1461 la pace è stipulata, comincia un periodo di tregua per il popolo albanese che può tornare al lavoro del campi. Scanderbeg in questo periodo guarda preoccupato a Occidente. A Napoli è morto Alfonso V d'Aragona, il Magnifico, il trono del suo successore Ferrante è minacciato dai Baroni e dal Papato. Scanderbeg accorre coi suoi guerrieri in aiuto dall'alleato napoletano. Il suo intervento è decisivo, a Orsara gli albanesi ribaltano le sorti dello scontro, Re Ferrante vince. E' questo forse il momento in cui si crea la condizione migliore per la futura ospitalità degli albanesi in Italia quando saranno costretti, pochi anni dopo, ad abbandonare la propria patria.
Intanto Maometto II pensa alla ripresa delle ostilità con gli albanesi e contro gli Stati mediterranei. Scanderbeg in questo momento diventa capo di tutte le armate che devono contrastare il passo agli eserciti della Mezzaluna.
E' il 1464, gli Albanesi sbaragliano i nemici a Ocrida, ma si tratta di un piccolo esercito dl 14 mila uomini. Subito dopo sconfissero per ben tre volte un altra armata guidata da Balaban, un albanese traditore. Non c'e tregua, per la quarta volta Balaban marcia contro Scanderbeg con 40 mila uomini, viene nuovamente sconfitto, egli stesso sta per mettersi in salvo con una fuga ingloriosa. La sorte, però, lo portò dinanzi a Scanderbeg che lo trafisse alla gola con un preciso colpo di Lancia. Sul terreno restano 20 mila morti Ottomani, seimila vengono fatti prigionieri.
L'epilogo è vicino. Maometto il Conquistatore si sente ferito per la sconfitta di Balaban, il fatto che il piccolo popolo albanese mette in scacco le sue armate lo prostra. Ma poi c'e anche il problema politico. Ha bisogno di garantirsi uno sbocco sicuro sul mar Adriatico e perciò decide di agire con tutte le forze di cui dispone. Cominciano così i preparativi per la grande invasione dell'Albania. Tra il maggio e il giugno del 1466 un esercito Ottomano di oltre 150 mila uomini, forse anche di circa 300 mila a detta di altri storici, invade il piccolo paese. Scanderbeg aveva previsto che il suo mortale nemico lo avrebbe colpito a Croja, nella sua capitale. Perciò si prepara al lungo assedio e alla strenua difesa della città anche con armi da fuoco. Venezia accorre in suo aiuto. Ma è pur sempre uno scontro impari. David contro Golia. Il condottiero albanese mette in esecuzione la strategia delle incursioni improvvise che sfiancano l'esercito saraceno. Maometto Secondo cambia tattica, una parte dell'armata ad assediare Croja e con 70 mila uomini si butta al saccheggio di altre zone dell'Albania. Il Conquistatore distrugge Chidna fa sgozzare circa 30 mila persone, anche vecchi, donne bambini.
L'eroe albanese corre a Roma a cercare aiuti al Papa, sa che da solo non può farcela. E' il dicembre del 1466. Scanderbeg ha 60 anni. Qualche aiuto in mezzi e uomini non gli vengono negati da Napoli e da Venezia. Quando torna in patria rimette insieme un esercito, egli stesso si lancia contro l'armata ottomana e sconfigge Ionuzi, fratello di Balaban.
L'assedio a Croja è rotto. L'esercito turco nuovamente in rotta. Il Sultano chiede di trattare la resa. Niente da fare, la maggioranza dei capi albanesi non accettano, Scanderbeg fortifica Croja, sa che Maometto Secondo tornerà all'attacco. E' l'inizio del nuovo anno, il 1407, un esercito di 200 mila uomini viene guidato dallo stesso Sultano. Semina dietro di sé distruzione e morte, molte fortezze vengono rase al suolo. Croja resiste, Maometto si rende conto che la fortezza è imprendibile e si ritira ancora una volta sconfitto dalla eroica lotta del piccolo popolo albanese. Ma nelle sue mani restano Berat, Sfetigrad, Modriza, Elbassan, Valm, spine nel fianco per l'integrità albanese.
E' la svolta. Ad Alessio Scanderbeg convoca tutti i suoi generali, vuole organizzare la liberazione di tutta l'Albania. Ma è malato, e colto da febbri violentissime, probabilmente ha la malaria. Alle porte si affaccia un altro poderoso esercito saraceno. Attorno al letto di morte del grande eroe i generali giurano di liberare l'Albania. Ma è la fine. Scanderbeg si fa tirare dal letto, chiede l'armatura e la sciabola, nell'agonia ha la forza di impugnarla per l'ultima volta. Quando i suoi fidi lo accompagnano vicino al cavallo Giorgio Castriota cade all'indietro, riverso. Scanderbeg morì il 17 gennaio del 1468. Disse Maometto: un simile leone non nascerà più sulla terra.
Anche per l'Albania è la fine. Ma una delle pagine più fulgide della storia umana era già scritta.

Autore: Testo di Domenico Notarangelo - tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie", 1990

 

[ Home ]  [Scrivici]