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MONTEMILONE - da: "La Basilicata nel Mondo" (1934-1937)

Ride, come un sorriso bianchissimo, nella conca infinitamente verde, che, nell’estremo lembo confluente delle tre province di Potenza, Bari e Foggia, dolcemente profonda, come una coppa greca, verso Cerignola, Minervino Murge e Spinazzola, in terra di Puglia, alle quali Montemilone occhieggia languidamente dal suo bel poggio fiorito, pavoneggiandosi un poco nel suo bel nome sonante, che sa di leggende e di epopea.

Piccolo di case e di abitanti, dei quali non ha più che quattromila, ma grande di territorio fertile e pingue, che si estende fin verso Palazzo San Gervasio e Venosa, e produce gran copia di cereali, di senapa, di olio e di frutta, Montemilone potrebbe essere annoverato, per la industria e la operosità dei suoi cittadini, tra le cittadine più ricche e fiorenti della Regione Lucana, se la lontananza dello scalo ferroviario e il cattivissimo stato del fondo dell’arteria carrozzabile Montemilone-Venosa non ne paralizzassero assolutamente il commercio di esportazione degli ottimi prodotti dèlla sua terra. Chiuso, come un castone magnifico, nell’angolo di congiunzione di due regioni, Montemjlone è quindi condannato vorrei dire da un destino geografico, a sognare della sua bellezza e a vivere della sua grassa opulenza agreste, sacrificando ad Anadiomene gli occhi ardenti delle sue donne, che non hanno uguali nell’arte di far crescere la testata di basilico e quella di garofani, sui davanzali delle finestre, e a Pomona tutta la pinguedine tropicale della sua campagna. La vita non fa che sfiorano, con quel tardo servizio di carrozze e di calessini, che lo legano a Palazzo San Gervasio e a Minervino Murge, e con quella quotidiana corsa automobilistica postale, che, attraverso, sei o sette comuni e comunelli, porta i cittadini di Montemilone a Potenza, per il disbrigo dei loro affari e delle loro pratiche nel Capoluogo. E così, la mancanza di una ferrovia — ed è questa poi la tragedia di gran parte dei Comuni della Basilicata — rende inutile lo sforzo del coltivatore e la meravigliosa feracità del suolo, inducendo allo sciupio e al marcimento di ingenti quantità di ottimi prodotti agresti, che, nei mercati delle città, si venderebbero a pezzi altissimi, e generando nell’animo deluso dell’agricoltore e del contadino il disamore e il distacco dalla terra, che produce sempre, e specialmente da noi, effetti disastrosi di spopolamento e di miseria. La ferrovia, in Basilicata, non è una questione di lusso; e sarebbe sommamente grottesco, se fosse così. E una questione di vita. Ma... torniamo a Montemilone. Patriottico e silenzioso, esso subisce il suo fato, e rimane tenacemente fedele alla Patria e alla terra, attendendo con rassegnazione pacata e virile che il suo destino muti nell’avvenire e che il fiotto della vita moderna irrompa finalmente tra le file delle sue casette bianche, allineate sulla prospettiva dei balconi fioriti di garofani multicolori e di testine brune di donne, visi di sante e di madonne, solcati dal lavoro e segnati dal bacio ardente del sole.

Montemilone, piccolo e fascinoso, tutto bianco nel verde, aperto al cielo, al sole,, all’abbraccio del monte e al desiderio del piano, chi lo ha visto una volta, non lo dimentica mai più. E ne porta con sé il ricordo, la visione, in un angolo del cuore, in una piega della fantasia.. E vi dorme. Ma se un giorno la fantasia spicca il volo verso le regioni del mito e i paradisi incantati dei poeti, ecco che la visione di Montemilone si riaffaccia allo spirito del sognatore, e lo riprende, e lo soggioga, e lo carezza, di una infinita onda di mestizia e di soavità, così come il vento di maggio carezza le sue messi pingui e le fa fluttuare, come forse la mano dell’amatore esperto ed ardente faceva fluttuare la capellatura di Cerere biondissima. E una sottile poesia di fascino e di armonia, quella che, inondando le casette bianche si spande su per le campagne verdi di Montemilone, a lietificarle di non so quale speciale dilezione georgica, che è forse il profumo della frutta matura, forse il fruscìo delle messi o l’aspra fiorita della vigna, o tutto insieme quel caldo rigoglio vegetale.

Questo è Montemilone. E il suo nome da leggenda conclude e completa l’anello del suo sogno.

La misura del suo patriottismo, Montemilone la dette piena nella guerra nazionale. I suoi figli fecero tutti il loro glorioso dovere. E molti caddero, olocausto vermiglio, e, quelli che tornarono, vivono nella memoria e nel culto di quelli che non tornarono. Piccoli grandi eroi, i cui nomi formano le gemme più pure della corona di Gloria e di Sangue, intorno alla fronte augusta della Patria.

Il 13 giugno 1925 fu inaugurato il monumento ai caduti, che sorge nella Piazza Municipio, ove è anche murata una lapide in memoria del S. Tenente Giacinto Quinto, caduto negli ultimi giorni della nostra guerra sul Grappa, altare d’ Italia, e decorato con medaglia di argento al valore.

Gli altri decorati al valore militare del comune di Montemilone sono:



1 Tenente Michele Martino — medaglia di argento, medaglia di bronzo e palma francese;

2 Tenente Giulio Acciarni — medaglia d’argento;

3 Sotto Tenente Anonio De Filippis — medaglia d’ argento.

4 Tenente Francesco Mancinelli — medaglia di bronzo.

5 Serg. Rocco Darpedio — med. d’argento;

6 Serg. Nicola Conte medaglia di bronzo.



Così in guerra Montemilone seppe versare il suo sangue migliore per la grandezza d’ Italia, ed in pace lavora in silenzio, attendendo anch’esso a tessere una benché piccola trama della fortuna economica dell’ Italia.


da: "La Basilicata nel Mondo" (1934-1937)

Autore: DOMENICO MARTINO

 

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