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PICERNO: storia, da vedere, escursioni

La storia. Sulle sue origini, come su quelle di molti paesi della Basilicata, non vi sono notizie e testimonianze certe. Il ritrovamento dei resti di una tomba di epoca preromana, in località Serralta, ha fatto ritenere che la zona fosse abitata già nel V-IV sec. a.C., da popolazioni indigene che intrattenevano rapporti con i coloni della Magna Grecia. La sua attuale collocazione risale, secondo antica tradizione, all’epoca romana, quando gli abitanti dell’antica città di Acerrona, per fuggire ai soldati di Annibale, si rifugiarono sulla collina, ove sorse il castrum Pizeni. Notizie certe troviamo, invece, a partire dall’epoca normanna, quando Picerno venne concessa in feudo, dai nuovi dominatori venuti dal Nord, ad Amor e Pocomato, che vi costruirono la prima rocca fortificata, completata e ingrandita da Federico II per rinchiudervi i prigionieri. Dopo gli Svevi, il paese conobbe varie signorie, dal conte di Potenza, Giovanni Pipino, ai Sanseverino di Tricarico. Sottratto agli Angioini da Alfonso d’Aragona, nel 1456 divenne feudo dei Caracciolo. I secoli che seguirono, sotto la dominazione spagnola prima, poi sotto gli austriaci e, infine, durante il regno di Carlo di Borbone, portarono a Picerno, come a tutte le cittadine lucane, soltanto miserie e privazioni. Tuttavia ciò non impedì, nel 16° secolo, la nascita di un fiorente studio di teologia, grazie all’arrivo di una comunità di Padri Minori Cappuccini, che qui fondarono il loro convento. Picerno visse uno dei momenti più significativi della sua storia in occasione della rivoluzione repubblicana del 1799. Centro di un attivo movimento culturale e politico già dall’inizio del ‘700, fu tra le prime cittadine lucane a proclamare la caduta della monarchia dei Borboni e la sua adesione alla repubblica napoletana. Per l’eroismo mostrato nel maggio del 1799, quando l’avanzata sanfedista per la restaurazione della monarchia borbonica si concluse con la presa e il sacco del paese, Picerno fu detta “Leonessa della Lucania”. Seguirono decenni di contrasti tra i sostenitori del governo borbonico (che sostenevano segretamente il brigantaggio) e i fautori dell’unità. La sera del 18 agosto 1860, anche da Picerno, come da altri paesi della Lucania, un drappello di uomini, capeggiati da Nicola Giustiniano Capece, si diresse alla volta di Potenza, dove fu proclamata la tanto sospirata Unità d’Italia.

Cosa vedere. Picerno domina il suo territorio adagiata sul crinale di un colle, a 700 metri di altezza, e conta circa 6.000 abitanti. L’abitato è caratterizzato dalle due emergenze principali che ne delineano il profilo all’orizzonte, il massiccio torrione cilindrico e il campanile della Chiesa madre (o Parrocchiale) e da un nucleo settecentesco di case e palazzi nobiliari. Strada principale del paese è Corso Vittorio Emanuele che collega piazza Plebiscito con piazza Statuto. All’imbocco del corso visitiamo la Chiesa della S.S. Annunziata, risalente con tutta probabilità al 1300. Il suo valore è testimoniato dai vincoli di tutela cui è sottoposta per l’interesse storico, artistico e monumentale che riveste. Sul portale in pietra, al centro dell’arco acuto, sono scolpite le figure dell’Arcangelo e della Vergine, mentre sull’antico portone è lo stemma di Picerno. L’arco a sesto acuto del portale, come pure l’arco della finestra su via Tirone e l’abside rotondo, sono sicuramente elementi databili al XIII, XIV sec. Nella facciata principale sono incastonate sculture dell’epoca romana tardo-imperiale (I sec. a.C.), provenienti probabilmente da monumenti funerari della zona. Si tratta di tre stele in pietra raffiguranti un’anfora, una donna ed una famiglia. Scavi di consolidamento nel 1974 hanno portato in luce, nel seminterrato, affreschi risalenti probabilmente al IV secolo. Poco distante dalla Chiesa è il Palazzo dei Baroni Carelli, amministratori dei feudatari di Picerno, i Principi Pignatatelli. Risalente al XVIII secolo, mostra un bel portale ornato di pietre lavorate ed uno stemma in pietra. Oggi in stato di abbandono, fu abitazione sontuosa e frequentata. Nelle sue stanze abitabili, più di venti, la gran parte ricoperte con pavimenti di argilla, fu ospitata una ricca biblioteca, fornita di opere preziose come l’Enciclopedia di Diderot e D’Alambert, i Saggi politici di Mario Pagano, opere minori di Ludovico Antonio Muratori e una Bibbia commentata da illustri letterati. Molti di questi volumi si trovano ora presso la Diocesi di Potenza. Giunti in Piazza Statuto, si prosegue per Via Torre, che prende il nome dalla mastodontica Torre, situata nel primo vicolo a sinistra di detta via. Imponente, con i suoi 42 metri di circonferenza e i 12 di diametro, di forma cilindrica con basamento troncoconico, il torrione mostra, all’interno, una struttura attestante l’esistenza di una scala in muratura che, attorcigliandosi a spirale fino alla cima, rasenta la parete coperta di feritoie e colombaie. E ciò che rimane di un impianto normanno-svevo, successivamente rimaneggiato sotto gli angioini e gli aragonesi. Su via Torre si affaccia un ampio giardino, parte del Palazzo Capece, anch’esso risalente al 1700. Ritornati a Piazza Plebiscito, vero centro del paese, ci dirigiamo alla Chiesa Madre dedicata a S. Nicola di Bari, protettore del paese, in buono stato di conservazione, malgrado i danni riportati nel terremoto del 1990 (soprattutto nella zona absidale). Il suo primo impianto risale al 1611, ma fu ricostruita e ampliata nel 1727, con l’aggiunta del coro, della sacrestia e del campanile, in un lavoro intenso che coinvolse la popolazione tutta del paese, talvolta intere famiglie, rendendo possibile l’ultimazione dei lavori in soli quattro anni. Quasi distrutta durante i moti del 1799 prima, e dal terremoto del 1857, poi, l’ultimo restauro risale al 1922. All’esterno domina la mole possente del campanile, alto 40 metri, a base quadrata più quattro livelli rastremati. Riconoscibile la pietra lavica dei grossi conci che costituiscono i contornali. L’ultimo livello fu ricostruito dopo il terremoto del 1852 in forma ottagonale e reca un orologio. L’interno della chiesa è a pianta greco-romana, suddiviso in tre navate da pilastri. Al centro del presbiterio, delimitato da una balaustra in pietra, è collocato l’Altare Maggiore, in legno, con pregevoli pannelli raffiguranti i misteri del rosario, di pittore ignoto ma di ottima fattura. Sia l’altare ligneo, che la pala risalgono al XVI sec. Alle spalle dell’altare è collocato un importante coro ligneo del XVIII sec., opera, probabilmente, dello stesso maestro intagliatore Michelangelo Vazza che ha eseguito la porta della Chiesa della S.S. Annunziata. La parte alta della navata centrale e gli altari di quelle laterali sono ornati da dipinti di un certo pregio. Soprattutto di valore sono le tele in corrispondenza degli altari di S. Filomena e di S. Michele. Nella navata di sinistra un gruppo statuario presso l’altare del Crocifisso, rappresenta con molta suggestione la scena del martirio di Cristo, con le figure di Maria e di S. Giovanni disposte in doloroso raccoglimento. Se si alzano gli occhi al soffitto della navata centrale, è possibile ammirare il bellissimo quadro del De Giacomo, pittore napoletano della fine dell’ ‘800, raffigurante il miracolo di S. Nicola, con i due fanciulli massacrati e resuscitati. Del XVI sec., sembra essere la statua a busto intero di S. Nicola, conosciuta col nome di “S. Nicola Nero” per il colore della faccia del Santo. Una seconda statua in argento, a mezzo busto, dell’ ‘800, è stata trafugata nel 1974. Sulla porta della sagrestia è posto l’organo che sostituisce quello fuso per ricavarne piombo durante i moti del 1799. Dalla chiesa madre, a mezzo di una scaletta di pietra, si accede alla cripta, detta Chiesa della Congrega, custodita dalla Confraternita di Gesù Bambino. Qui è stato rinvenuto, nel corso di lavori di consolidamento, un affresco databile tra il XII e il XIII sec., raffigurante S. Nicola. Alle pareti scene della Passione e Crocifissione di Cristo. L’ufficio parrocchiale custodisce la ricca Biblioteca fondata, nel 1749, da Don Antonio Passavanti (come risulta da una bolla pontificia conservata nell’archivio parrocchiale). Tra i tesori vantati da questa collezione, le “Omnia” di S. Agostino, di inestimabile valore, e molti volumi salvati dalla distruzione quando fu chiuso il Convento dei Cappuccini. Nella parte sud di Picerno, denominata in dialetto “mber la terra” (bassa la terra), o Tappo S. Leonardo, si trova un’altra torre cilindrica, simile, ma in piccolo, a quella già visitata, costeggiata da costruzioni adibite ad abitazioni. Un alone di mistero circonda i due torrioni. Si racconta dell’esistenza di condotti sotterranei che mettevano in comunicazione con le due torri alcune abitazioni del paese, quali il Palazzo Salvia (ex palazzo Pignatelli) e Palazzo Calenda. Il primo è posto in Via Cavour, ma con ingresso in Via Gaimari. Anch’esso settecentesco, si caratterizza per un pregevole portale in pietra con arco a tutto sesto e piedritti a conci sovrapposti, ognuno scolpito con fiori e volute. Palazzo Calenda, situato tra Via Mario Pagano e via Giacinto Albini, merita una visita per la singolarità della struttura, molto simile a quella di un castello. La facciata è costituita da due torrette d’angolo a base quadrata, che delimitano il corpo centrale orizzontale con il piano di facciata arretrato collegate da un balconato sorretto da quattro arconi in pietra, in cui si aprono gli ingressi al piano terra. Lasciato il centro abitato, nei pressi del Cimitero, troviamo l’ex Convento dei Cappuccini con annessa la Chiesa, entrambi risalenti al 1596. La costruzione interessò prima la chiesa ad una sola navata ed un solo altare centrale dedicato a S. Francesco, con il pian terreno del chiostro e sedici cellette lungo i quattro corridoi. Successivamente, nel XVII sec., il complesso fu ampliato con le tre cappelle, sul lato sinistro della navata principale, ed altri locali sovrastanti. Oggi vi si può ammirare un pregevole quadro dell’Assunta, inviato ai Cappuccini di Picerno, all’inizio del ‘600, da Venceslao Coeberger, pittore, incisore e architetto nato ad Anversa, che operò tra Parigi e l’Italia. Altre sue opere sono a Napoli, Roma, Tolosa, Anversa. Sempre ai margini del centro abitato, su di un poggio presso la fiumara di Picerno, si può visitare l’antica chiesa rurale dell’Assunta, risalente al 1462, come attesta la data scolpita sulla porta della facciata, ma successivamente rimaneggiata. L’interno si presenta infatti barocco, decorato con cornici e stucchi in oro zecchino, opera di maestranze locali, I dodici dipinti disposti lungo le pareti risalgono probabilmente al XVIII, XIX secolo. Vi si conservano due statue della Madonna: di un certo interesse è quella in terracotta. La chiesa è meta di frequenti pellegrinaggi di devoti della Vergine, sia tutti i sabati dell’anno, sia soprattutto il 15 agosto , ricorrenza dell’Assunzione. Come per molti luoghi sacri della Basilicata, anche per questa chiesa esiste una c.d. “leggenda di fondazione” che ne fa risalire la costruzione ad un evento, reale o no, che i vecchi del paese si tramandano di generazione in generazione. Si narra che una delle due statue dell’Assunta, conservata nella Chiesa di Muro Lucano, fu trovata ripetutamente in aperta campagna tra il torrente Ontrato e la fiumara di Picerno. Nonostante ogni volta i muresi tornassero a riprenderla, la statua continuava a far la sua comparsa nelle campagne picernesi, sempre nello stesso punto. Si giunse così all’accordo di costruire un tempio in cui conservare la statua lì dove questa veniva ritrovata, ma con una delle due porte di ingresso rivolta verso il paese di Muro Lucano.

Escursioni. Sfogo naturale per i Picernesi ma anche per chi, dai centri vicini, voglia stare a contatto della natura senza allontanarsi troppo, è il Bosco di Monte li Foi, raggiungibile con la strada interpoderale che, subito dopo la stazione ferroviaria, sale per otto chilometri fino alla cima (1350 metri). Qui, in un bosco di faggi altissimi, si trovano aree ben attrezzate per il pic nic e la sosta. E’ questa una zona ricca di pascoli, tradizionalmente indicata sulla rotta della transumanza di bovini di razza podolica, ed infatti non a caso Picerno è nota in tutta la Basilicata per la produzione di latticini (oltre che per la presenza di numerosi salumifici). Seguendo le indicazioni per Pian della Nevena, si raggiunge una zona in cui si verifica un fenomeno singolare, per cui d’inverno si formano due laghetti di acque piovane che poi, con la bella stagione, si svuotano per lasciare il posto a conche naturali abitate da rane gracidanti.


da: -Le Valli del Melandro- 1998
Comunità Montana del Melandro

Autore: Comunità Montana del Melandro

 

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