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CALVELLO: LA CINTA MURARIA

Passeggiando per i vicoli e le ripide stradine del paese è possibile rintracciare la presenza di sei torri circolari, il più delle volte inglobate nelle pareti degli edifici. Sono le vestigia della cinta muraria che cingeva l’antico borgo medievale. La prima torre è situata all’ingresso Sud-ovest del borgo, sull’attuale via Umberto I, all’inizio della ripida stradina che conduce al Castello; la seconda è rintracciabile in un fabbricato che si affaccia su Via S. Domenico e su via Mazzei, poco distante dalla prima; altre tre torri sono ubicate nei pressi del rione S. Nicola. Delle antiche porte rimangono i toponimi, quale Portamendola, vico Portello, Porta Caniglia.

In epoca cinquecentesca, nel periodo di maggiore incremento demografico, il borgo si munì di una seconda cinta muraria, delle cui porte rimane traccia solamente in un arco murario a sesto leggermente ribassato presso il monastero delle Teresiane, che potrebbe essere quella “Porta La Terra” che apriva un varco verso il fiume omonimo.

Si continua a scendere, immettendosi su Via S. Francesco; sulla sinistra colpiscono i due portali affiancati del palazzo Nardone, antica famiglia di origine spagnola; il primo permette l’accesso al piccolo cortile interno al palazzo; il secondo costituisce l’ingresso alla cappella gentilizia ad esso annessa, intitolata a S. Francesco di Paola, oggi in restauro, che presentava originariamente stucchi e decorazioni in stile barocco. I due portali in pietra, decorati con mascheroni scolpiti, sono opera di Xavier Marini e risalgono al 1750.

Si raggiunge così la chiesa Madre, dedicata a S. Giovanni Battista.



Edificato probabilmente in epoca quattrocentesca e più volte rimaneggiato, l’edificio presenta una pianta a croce latina con tre navate scandite da due file di pilastri in muratura; la parte centrale del transetto è sormontata da una possente cupola. All’interno la chiesa custodisce opere pittoriche, scultoree e lignee di un certo interesse: un affresco raffigurante la Madonna di Costantinopoli, la sculture lignee della Vergine SS. della Pietà e di S. Giovanni Battista, una altare in marmo policromo ed una singolare acquasantiera in pietra locale sorretta da una pila, al cui centro emerge l’immagine scolpita di una testa demoniaca.

Il fronte principale della chiesa si attesta su Largo Marconi, un ampio piazzale ricavato nei primi decenni del secolo dalla demolizione di alcune abitazioni fatiscenti, il cui lato sud costituisce un piacevole belvedere affacciato sul vallone del torrente La Terra. Il Corso collega questo alla Piazza del Comune.

Sul fronte laterale prospiciente il largo trapezoidale denominato “ il Sedile” si distinguono tre grandi archi, in uno dei quali si apriva il portale di accesso alla chiesa prima della realizzazione del Largo Marconi. Da piazza del Sedile, svoltando a sinistra, si percorre una larga strada in lieve discesa che conduce al quartiere “il Piano”, dove si può visitare il complesso monastico di S. Maria del Piano.



Il ponte di S. Antonio

Il ponte, costituito da un arco ribassato, ha struttura e parapetto in conci di pietra; recenti restauri hanno eliminato le notevoli superfetazioni apportate negli ultimi 50 anni, restituendo al manufatto l’armoniosità delle forme e dei materiali originari.

Considerato di epoca medievale, il ponte è stato probabilmente edificato su preesistenti strutture romane, in quanto consentiva all’antico tracciato che intercetta va la via Herculia di oltrepassare il torrente La Terra e proseguire in direzione della Civita di Marsicovetere. Successivamente esso ha costituito l’accesso al dolce declivio della collina Timpa del Castagno dove la popolazione insediatasi intorno al complesso monastico di S. Maria del Piano coltivava gli orti; in ragione del notevole incremento della popolazione qui si formò ben presto un piccolo agglomerato di case attorno alla cappella di S. Antonio, primo nucleo di quello che diventerà il rione S. Antonio. La chiesa custodisce una singolare scultura lignea raffigurante il Santo protettore del fuoco e degli animali, al quale la popolazione di Calvello è particolarmente devota. La festa di S. Antonio si celebra il 17 gennaio ed in passato era particolarmente sentita. i devoti raccoglievano cataste di legna che deponevano dinanzi la chiesa; la mattina del 17 gennaio il sacerdote benediceva i fuochi divampati dalla legna raccolta e i tizzoni, che secondo la credenza popolare avevano la proprietà di proteggere il focolare domestico dal/e sciagure e dagli incendi, venivano contesi tra gli abitanti, al tambureggiare della banda, tra balli e risa. Altra singolare consuetudine, ormai scomparsa, legata al culto di S. Antonio e che si protraeva per tutto l’anno, era la crescita a pascolo brado per le vie del paese del “maiale (puorc) di S. Antonio” il suino, fin da piccolo, veniva lasciato circolare libero per le vie e i vicoli e ognuno si premurava di nutrirlo con ghiande, granturco e beveroni; il suo passaggio, per quanto accompagnato da particolari profluvi, veniva accolto benevolmente quale segno della benedizione del Santo e, al tramonto, l’ultimo ad incontrarlo era tenuto ad ospitarlo nella propria stalla. Il 16 di gennaio, vigilia della festa, il maiale veniva pubblicamente sacrificato con riti particolari, quindi si preparavano insaccati, ventresca, prosciutto, costate e fettine che, cucinati sulla brace del fuoco benedetto o crudi, venivano acquistati dagli abitanti che così potevano portarsi a casa la benedizione de ‘lu puorc’ di S. Antuono”.


tratto da "Sellata-Volturino" A.P.T. Basilicata

Autore: Adriana Bianchini - Caterina Coppola

 

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