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LA CHIESA RUPESTRE DI S. MARGHERITA DI MELFI: UN RESTAURO PROBLEMATICO

The restoration matters of the Santa Margherita di Melfi (PZ) church have been analyzed by the -Soprintendente per i Beni Artistici e Storici- of Basilicata, and the workmen staff including the authors of the frescoes belonging to the XIII century and the first ten years of the XIV have been identified.

Così scriveva nel 1930 Edoardo Galli: -La chiesa di Santa Margherita, a breve distanza da Melfi è tutta scavata nella roccia era ridotta letteralmente ad una lurida stalla prima che la Soprintendenza (per il Bruzio e la Lucania con sede a Reggio Calabria) coadiuvata dal benemerito Ispettore Onorario di quella zona prof. cav. Luigi Rubino, intervenisse per farla ripulire, chiudere con un solido cancello e poi farla restaurare....- (1).
Ma già nel 1899 il Guarini descriveva con termini puntuali e approfonditi l'affresco raffigurante -Il Contrasto dei Vivi e dei Morti-: -La parte destra della volta è occupata da un affresco stranissimo, d'un effetto cupo nell'ombra della piccola cappella. Due orribili scheletri bianchi deformi col ventre aperto, segnato da una macchia bruna in cui brulicano piccoli punti bianchi, imitanti i vermi della putrefazione, stendono le mani stecchite e le braccia verso alcune figure alla loro destra. La loro particolarità mostruosa è la testa. I due teschi enormi sono di mezzo profilo, identici. Una bocca straordinariamente grande, guarnita di denti grossi e fitti, quali zanne, s'apre sotto il naso per toccare quasi, con lungo tratto, la colonna vertebrale: e in ambo i teschi un sol occhio rotondo, che si prova a fissare con lo sguardo questa paurosa concezione di un tempo, in cui la fede .... vibra con tetre fantasie ... Gli scheletri sono di un grigio biancastro, su fondo verde scuro. Uno di essi .... tocca quasi con la mano distesa una figura ammantata di rosso, dai grandi occhi rotondi e dal volto lungo. La figura, senza alcun particolare che accenni alla sua qualità di santo, ha un cappuccio giallo (....) ornato di bianco a filetti neri e nella mano destra un guanto, su cui poggia un falco. Addossata a lui è una figura etc. (....) Tutto il gruppo, condotto con sicurezza di tocco, è movimentato abilmente.....- (1)
Ho citato, non a caso, questi due autori: il primo che già nel lontano 1930 forniva il resoconto del primo serio restauro delle pitture della cripta, il secondo per aver esaminato uno dei temi iconografici presenti negli affreschi, il Contrasto dei vivi e dei morti, certamente uno dei più curiosi e affascinanti che sia dato rinvenire nelle rappresentazioni della pittura medievale.
La chiesa rupestre di S. Margherita ha un impianto architettonico a croce latina con volte a crociera: queste ultime, nell'enfasi dell'arco acuto, tradiscono un marcato orientamento verso lo stile gotico.
Esaminiamo partitamente i soggetti affrescati sulle pareti.
Sulla parete absidale troviamo l'immagine di S. Margherita con ai due lati un tabellone a riquadri dove si narra la sua storia. La Santa è vestita con ricca veste gotica alla francese.
Sull'arcone absidale spiccano i simboli degli Evangelisti racchiusi entro cerchi vivacemente tratteggiati; sempre nell'abside, arcone compreso, si possono individuare le figure di S. Pietro, di S. Paolo e di S. Nicola.
Sulla parete sinistra della navata si notano le immagini ieratiche di S. Lucia e di S. Caterina d'Alessandria, mentre sulla parete destra e nella cappella a destra dell'ingresso sono i martirii di S. Lorenzo, di S. Stefano e di S. Andrea.
Nella cappella a sinistra dell'ingresso, dedicata a S. Michele, troviamo affrescati Cristo in trono, lo stesso S. Michele Arcangelo, una Madonna in trono col Bambino ed infine il Contrasto dei vivi e dei morti, che tanto interesse ha suscitato negli studiosi in questo secolo.
Chi è l'autore di questo ciclo di affreschi? Tralasciamo, per esigenze di spazio, di affrontare dotte discussioni sull'analisi stilistica del ciclo. Diremo qui che si possono identificare almeno due o tre autori o maestranze, un primo presente nel ciclo di S. Margherita e degli altri Santi; un secondo nella cappella di S. Michele, compreso il Contrasto dei vivi e dei morti, ed un terzo, che potremo chiamare per comodità il maestro dei tre martirii. Mentre il primo, pur orecchiando esperienze del tardo stile bizan-tino, è comunque imbevuto di cultura francese e comunque occidentale, il secondo e il terzo sembrano possedere un linguaggio più corsivo e immediato, che secondo il Bologna (3) rimanda alla pittura medievale catalana e rossiglionese.
Scrive la Vivarelli (4) a questo proposito: -si può parlare di influenze provenienti dalla Catalogna attraverso varie mediazioni (i viaggi fatti in quelle terre da Carlo lo Zoppo alla fine del 1200, la permanenza a Napoli dal 1304 della regina Sancia nata a Palma di Majorca, e in particolare, la presenza nella zona del Vulture di due catalani nelle importanti cariche di Vescovo di Rapolla [Pietro di Catalogna, confessore e consigliere di Re Roberto- e di Abate del Monastero di S. Michele a Monticchio all'inizio del '300 [Adenolfo dal 13/2/1317 al 13/6/1317-)-. Col supporto di questi studi si può avanzare dunque un'ipotesi di datazione intorno all'ultimo decennio del '200 e il primo decennio del '300. Aggiungiamo, per completezza, che uno dei vettori per diffondere culture tanto diverse e così distanti era certamente, a quell'epoca, la miniatura.
Se in questo contesto si parla della chiesa di S. Margherita non bisogna dimenticare di far menzione a Melfi della cappella della Madonna delle Spinelle e di S. Lucia in contrada Giaconelli.
E veniamo al complicato problema della tutela e del restauro. La chiesa grotta di S. Margherita è posta al di sotto (circa 2 metri) del piano stradale della statale che congiunge Melfi a Rapolla.
Questa ubicazione, con il conseguente scolo delle acque piovane e con l'infiltrazione di vene sorgive, costituisce il problema principale per la buona conservazione del ciclo degli affreschi.
L'interno del vano è letteralmente saturo di un notevolissimo tasso di umidità (vicino al 100%), che provoca muffe e continue fuoriuscite di sali dalle pareti degli affreschi.
A questo si aggiunga la luce, che irrompe dall'ingresso della chiesa attraverso una cancellata in ferro battuto. La luce provoca infatti muffe e licheni, che intaccano gravemente le superfici dipinte.
Dal 1930, anno in cui fu effettuato un primo intervento scientifico di pulitura dell'interno e delle superfici affrescate, il problema della conservazione si è andato aggravando sino a rendere necessario negli anni Ot-tanta un tentativo, effettuato dalla neonata Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Matera, mirante a ridurre il tasso di umidità della grotta attraverso un complesso scavo fatto a monte di questa e interessante anche il piano stradale.
Questo tentativo non sortiva gli effetti sperati per cui, nel 1996, la Soprintendenza B.A.S. di Matera decideva un nuovo intervento più radicale, ancora (1998) in corso.
L'intervento veniva affidato alla Ditta GER.SO di Rimini, che offriva le necessarie garanzie tecniche e scientifiche per dare una soluzione accettabile al problema della conservazione, della tutela, del restauro ed anche di una migliore fruizione.
Nonostante difficoltà logistiche non indifferenti (la lontananza della chiesa di alcuni chilometri dall'abitato di Melfi, la mancanza di energia elettrica), si è proceduto con un certo metodo e programmazione.
Le fasi di lavoro si possono riassumere così come segue:
a) si è allacciata al cantiere l'energia elettrica;
b) si è chiuso l'ingresso della grotta con un pannello isolante d'alluminio;
c) si sono inserite due ventole azionate elettricamente, che avevano la funzione di immettere aria fresca all'interno ed espellere quella umida dall'interno a orari prefissati (attraverso la programmazione di un timer);
d) si è proceduto alla pulitura delle pareti affrescate con mezzi idonei (chimici e meccanici). C'è da aggiun-gere che la privazione della luce naturale ha accelerato la caduta delle muffe e dei licheni dagli affreschi;
e) contemporaneamente, prima di passare alla seconda fase dell'intervento (consolidamento del colore degli affreschi e restauro pittorico), si è proceduto al monitoraggio computerizzato della temperatura e del tasso di umidità all'interno della grotta. Tale monitoraggio dovrebbe durare da sei mesi ad un anno;
f ) in ultimo (circa un mese fa) si è deciso di sostituire la ventilazione forzata dell'ambiente della cripta con una climatizzazione temporizzata per migliorare ancor più le condizioni di temperatura e umidità all'interno della stessa.
Alla luce di quest'esperienza del tutto innovativa e sperimentale per il restauro, la conservazione e la tutela di questo ciclo di affreschi, si confida che questo monumento così prezioso e importante della pittura rupestre in Basilicata possa tornare a nuovo splendore e che le metodologie adottate, peraltro impegnative e necessariamente assai costose, possano servire da terapia standard per restauri analoghi in Basilicata e non solo in questa regione.

Note

1 Bollettino d'arte del Ministero dell'Educazione Nazionale, Restauri e Dipinti del Bruzio e nella Lucania, Milano-Roma 1930, pag. 168-169.
2 G. B. GUARINI, Santa Margherita, cappella Vulturina del '200, in: -Napoli Nobilissima-, VIII, 1899, pp. 113-118, 138-142.
3 F. BOLOGNA, I pittori alla corte angioina di Napoli 1266-1414, Roma 1969, pp. 60-62.
4 P. VIVARELLI, Problemi storici ed artistici nelle cripte medievali nella zona del Vulture, in: -Studi Lucani- a cura di Pietro Borraro, Galatina 1976, pp. 338-341; P. VIVARELLI, Pittura rupestre nell'alta Basilicata, la chiesa di santa Margherita a Melfi, in: Mélange dell'ecole française de Rome, Moyen age Temps moderns, Roma 1973, pp. 547-585.

Autore: Testo di Vittorio Savona - tratto da -BASILICATA REGIONE Notizie, 1998

 

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