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UN ANTICO LEMBO DI TERRA LUCANA - IL GRUPPO MONTUOSO DEL SIRINO-PAPA ED IL MONTE LA SPINA

Tre ghiacciai occupavano nel quaternario le valli del gruppo montuoso Sirino-Papa. Il più grande scendeva dal lato nord della vetta del monte Papa (m. 2.005) allungandosi per circa quattro chilometri sino a Petinachiana. Di questo antico ghiacciaio e rimasta la morena frontale che ora delimita la conca del lago Remmo o Laudemio.
Un altro ghiacciaio si incuneava nella volle del Cacciatore, scendendo dal lato nord occidentale del monte Sirino (m. 1.907), dove sgorga la sorgente di Niella: di questo secondo ghiacciaio è visibile la morena del lago o stagno Zapano: un terzo, e più piccolo ghiacciaio, occupava il versante meridionale del monte Papa nel vallone di Niello.
Questi laghi di origine glaciale si produssero nel Pleistocene come ha ben documentato Giuseppe De Lorenzo (1), l'eminente geologo di Lagonegro ai cui studi si deve lo determinazione della struttura geologica del monte Sirino e di tutto l'Appennino Meridionale.
L'area montuosa del Sirino-Papa è, infatti, tra le più antiche da un punto di vista geologico essendo emersa insieme a quella del Volturino e di Pierfaone dalla profondità dei mari prima del formarsi della stessa catena dell'Appennino. (2)
La presenza di numerosi fossili, di animali antichissimi, come lucertole gigantesche e rettili oceanici, di Mammouth o elefante primigenio: di Rinoceronte, Orso, Iena, Tigre dalla mole gigantesca e di altri animali; la scoperta di frequentazioni umane nelle grotte di Latronico ed in altre della zona documentano, anche da un punto di vista archeologico, i segni della presenza della vita animale ed umana in questo antico lembo di terra lucana dell'Appennino. (3)



IL LAGO LAUDEMIO ED IL LAGO ZAPANO

Il lago Laudemio (Remmo), sito in territorio di Lagonegro a 1.525 metri s.l.m., si estende oggi su circa 2 ettari, circondato sulle sponde da una stazione boschiva di fitti ed alti faggi che, insieme agli ontani a foglie cuoriformi (Alnus cordato), al carpino, al pioppo bianco ed all'abete bianco, rivestono le pendici del gruppo montuoso del Sirino-Papa al di sopra dei 900 metri; al di sotto si estende il dominio della quercia e del castagno. Alla fine dell'Ottocento i tronchi degli alberi del Sirino stazionavano nel lago Laudemio (Remmo), dove venivano trasportati utilizzando le acque del torrente immissario. (4)
La superficie del lago Laudemio ed il boschetto di faggio che lo circonda, per una estensione di 25 ettari, sono state individuate dalla Regione Basilicata quale area da proteggere per il particolare interesse ambientale e floro faunistico e in tal senso è stata assoggettata a vincolo: da questo punto di vista del tutto ignorato risulta il territorio del lago Zapano, anche se l'intero comprensorio del Sirino è assoggettato a nuove norme di pianificazione. (5)
Vi è da annotare, inoltre, la presenza. nell'area del gruppo montuoso Sirino-Papa, di alcuni endemismi floristici nei pascoli di questa regione subalpina come la Vicia Sirinica (6), l'Astragalus sirinicus e l'Astragalus sempervirens, specie queste protette in base a specifici provvedimenti regionali. (7)



IL LAGO SIRINO

Alla base del monte Sirino il lago Sirino (788 metri s.l.m.: lunghezza 250 metri; larghezza 100 metri, forma irregolarmente ellittico; superficie di oltre 3 ettari variabile in rapporto al clima), documenta invece un'altra storia di questa porte di territorio.
Si tratta, intatti, di un tipico lago di sbarramento determinatosi a seguito dello sbarramento della valle che lo contiene. Alimentato da una piccola sorgente a monte, sul versante sud occidentale del Sirino, da piccoli affioramenti dal fondo e dalle piogge, il lago non ha un emissario, anche se alcuni sfioratori marginali danno origine ad una risorgiva a 500 metri di distanza, verso Nemoli, dove è attestata l'esistenza di vecchi impianti industriali.
Il lago Sirino appartenne in epoca feudale ai Principi calabresi di Belmonte Calabro (Cs), signori di Rivello, i quali vi costruirono sul poggio "sovrastante una villetta e con ami e remi si divertivano alla pesca". (8)
Insieme ad altri beni ex feudali dell'Università di Rivello, di cui faceva parte il vicino villaggio Bosco (antico nome di Nemoli), l'uso del lago fu condiviso con il Comune di Nemoli, che ne divenne proprietario, a partire dal 1883, data di istituzione di questo Comune.
Il lago Sirino. anticamente, era ricco di trote e di altri pesci (9), mentre l'intero gruppo montuoso del Sirino-Papa ospitava una interessante fauna selvatica. rappresentato da cervi, almeno sino alla fine dell'Ottocento (10), e da cinghiali che vivevano in prevalenza nella valle del Cacciatore, zona ricca di acqua e di vegetazione. In questo senso il toponimo "Porcili". ricorda la presenza in zona di cinghiali o porci selvatici.
La presenza del lupo sul massiccio montuoso è attestata, per altra via, dai premi per l'uccisione di questo perseguitato animale, un premio di un ducato per l'uccisione di un lupo e di due ducati per l'uccisione di una lupa venne istituito con decreto dal Re Gioacchino Murat, mentre il Comune di Lagonegro mise a disposizione ulteriori premi.
Altre testimonianze ascrivibili alla seconda metà dell'Ottocento (11) attestano la presenza di orsi e di cinghiali tra i boschi del Sirino e del Cervaro. Numerosi erano in questi luoghi capri, le volpi, le lepri, i tassi o melogne, i ghiri, le faine, i gatti selvatici, le martore, ecc. Tra gli uccelli si segnalavano l'aquilotto di montagna, le pernici. i colombi, le beccacce, i beccaccini, le quaglie, le tortorelle, le mallarde, le allodole, I tordi, i fringuelli, le starne, i passeri, le capinere, le merule, i corvi, i falchi, i gufi, le civette, gli usignoli ed i cardellini.
Anche per il lago Laudemio, inserito sin dal 1771 tra le aree di importanza nazionale meritevoli di conservazione in Italia (12), si sono posti e si pongono problemi di adeguata tutela, a seguito di una inconsulta e malintesa programmazione turistica e territoriale che rischia di fare scempio delle aree più belle e suggestive della Basilicata sottoponendole ad una intensa trasformazione e ad un intenso utilizzo.


IL PINO LORICATO Di MONTE LA SPINA

Il monte La Spina (m. 1.652) si colloca lungo lo spartiacque appenninico tra il monte Sirino e la Serra del Prete del massiccio del Pollino.
Una montagna a forma conica regolare, collocata in territorio di Lauria (Pz), ben visibile dal tracciato dell'autostrada del Sole, tratto Lagonegro-Lauria, che si snoda nei pressi.
Il monte, ripido e scosceso nei versanti orientali e settentrionali che scendono verso la valle del Sinni, si prolunga in una cresta che si attenua nei gradini rocciosi della regione di Langra, mentre dalle pendici ovest e sud le acque si versano nel torrente Caffaro e nella conca di Galdo, un crinale assai mosso e tormentato lo collega alla cima appiattito e dai fianchi rocciosi del monte Zaccana (m. 1.580).
Verso la base del monte La Spina (nord ovest) giace la bellissima conca del lago della Rotonda, un vero e proprio bacino lacustre sullo spartiacque del bacino del Noce.
Caratteristica è la presenza di questo laghetto carsico che ospita un'ampia vegetazione palustre con cortine di Eleocharis palustris la cui estensione varia con il variare delle stagioni.
Il monte La Spina è rivestito fin quasi sulla vetta da un'estesa faggeta. Al faggio si associano anche l'ontano napoletano ed altre specie arboree ed arbustive come il maggiociondolo, l'agrifoglio, il ginepro, con esemplari di grandi dimensioni di pero selvatico.
Alla ricchezza del sottobosco, abbondante di fragole e lamponi e di diverse specie floristiche, si accoppiano rigogliosi cespugli di prugnolo, di biancospino e di altre piante tipiche delle zone montuose sassose della Basilicata, come il Teucrium montanum L., dal forte profumo di limone e l'ombrellifera.
La presenza più caratterizzante e rara del monte La Spina è rappresentata, però, dal pino loricato, localizzato in prevalenza ai margini della faggeta, nei tratti denudati ed aridi, ma anche frammisto al faggio, che tende a sopraffarlo.
Sul versante orientale della valle Nocara, infatti, il pino loricato scende, insieme al faggio, a quote medio-basse, fino agli 850 metri, inserendosi a gruppi ed a strisce nella faggeta.
La vegetazione del pino loricato sul monte La Spina è distribuita principalmente sui costoni rocciosi, sui crinali e sui detriti di falda, mentre nella vallata Nocara si coniuga alla presenza del faggio, allo stato di fustaia degradata.
Il pino loricato di monte La Spina si presenta diverso rispetto alla stessa specie presente sia sul vicino monte Alpi (m. 1,900) di Latronico sia sul Pollino, laddove risultaa caratterizzato da esemplari spesso plurisecolari, con fusti seccaginosi e chiome appiattite. Meno evidente risulta, invece, in questa zona il carattere rupicaio del pino loricato, trovando analogia in esemplari dello stesso tipo localizzati sul versante meridionale della catena del Pollino. sui rilievi attorno alla valle del Mare Piccolo e nel gruppo di Montea, soprattutto sul monte Faghitello in provincia di Cosenza.
Abbondanti esemplari di pino loricato si insinuano a chiazze tra la faggeta che corre sul versante meridionale che scende tra il monte La Spina ed il monte Zaccana, fino a formare un lembo quasi puro di pineta di pino loricato. (13)
Ai piedi del monte La Spina, sullo spartiacque del bacino del Sinni, il lago artificiale Cogliandrino, realizzato nel punto di confluenza tra il torrente Cogliandrino ed il fiume Sinni, trattiene le acque che scendono anche dai blocchi rocciosi del monte Alpi.
La Regione Basilicata soltanto nel 1986 ha provveduto ad individuare l'area protetta "Monte La Spina", (400 ettari circa) vietando l'eliminazione, anche parziale, delle specie esistenti e l'alterazione delle associazioni floro-faunistiche. (14)
Sono rimasti esclusi da questo vincolo protettivo il monte Zaccana ed il bacino lacustre del lago di Rotonda oltre al lago Cogliandrino che costituiscono per alcuni un tutt'uno naturalistico ed ambientale con il monte La Spina. (15)
Persiste, pertanto, la mancanza di un organico sistema di protezione relativo ai biotopi e di una concreta gestione di parchi, riserve ed aree protette regionali, con una legislazione regionale ferma a tardive individuazioni di aree da proteggere.
Continuano nella zona i pericoli di tagli indiscriminati di faggio e soprattutto dei soggetti migliori di pino loricato e quelli derivanti dal pascolo non controllato che "ostacola la rinnovazione degli alberi, costipa il terreno e mette a nudo le radici superficiali" (16), mentre gli alberi più vecchi risultano facile preda dell'attacco di insetti mangiatori di legno. Anche la fauna della zona (il lupo appenninico, ancora segnalato da D'Antuono nel 1981, così come picchi, beccacce ed altro) corre seri pericoli, risultando decimata dalla pratica della caccia.



Note:

1) Per una prima biografia e bibliografia delle opere di G. De Lorenzo (1871-1957) cfr. S. De Pilato, Fondi, cose e figure di Basilicata, ristampa a cura de[la Biblioteca Provinciale dell'Amministrazione Provinciale di Potenza, Marigliano, Napoli, 1986 e G. Guida. Profili di personaggi lucani, Fasano ed., Cosenza, 1988

2) Giuseppe De Lorenzo, Geologia e geografia fisica dell'Italia meridionale, Laterza, Bari, 1904.

3) G. De Lorenzo. Fossili del trias medio dl Lagonegro, Pisa, 1896: dello stesso autore, Azzurruti e malachiti dei dintorni dl Lagonegro in Basilicata, Roma, 1907; Caverna con avanzi preistorici presso Lagonegro in Basilicata, 1914; Litantrace del mesozoico di Lagonegro in Basilicata, 1924; G. De Lorenzo - G. Dainelli, Il glaciale dei dintorni di Lagonegro, Napoli, 1923; G. De Lorenzo, L'Elephas antiquus nell'Italia meridionale, Napoli,1927; (in collaborazione con G. D'Erasmo), Nuove osservazioni sull'elephas antiquus nell'Italia meridionale, Napoli, 1930; E. Cravero Ritrovamenti di vertebrati fossili nella valle del Mercure in Basilicata, Lagonegro, 1982; S. Bianco (a cura di), Testimonianze archeologiche nel territorio di Latronico, Congedo, Galatina, 1984; Paola Bottini (a cura di) Archeologia, arte e storia alle sorgenti del Lao, BMG, Matera, 1988; S. Bianco, M. Tagliente (a cura di), Il Museo nazionale della Siritide di Policoro: Soprintendenza Archeologica "Evidenze archeologiche nel lagonegrese",BMG, MT, 1984.

4) L. Luccioni - La Basilicata com'era. Aspetti territoriali urbani ed umani della Basilicata in un album di immagini d'epoca (1896-1945). Ed. Atena, Roma, 1988.

5) D.P.G.R. 19.4.1985, n. 426. Lagonegro L.R. 22.5.1980, n. 42 Individuazione dell'area protetta lago Laudemio (Remmo). (B.U. 16.6.1985 n. 22). Del. Giunta regionale n 633 del 14.2.1989. Esame osservazioni e controdeduzioni. Piano territoriale paesistico di area vasta Massiccio del Sirino (Lauria, Lagonegro, Nemoli. Adozione definitiva. Archivio Giunta regionale di Basilicata, Atti.

6) Orazio Gavioli, Florae hispanicae et lucanae affinitates aliquae. Cavallinesia (vol.II-IV), Barcellona, 1929,1930.

7) D.P.G.R. 9.7.1986, n. 793. L.R. 22.5. 1980, n. 42. Elenco delle specie vegetali a protezione assoluta e di quelle a protezione limitata (B.U. 2-9-1986 n. 37)

8) C. Pesce, Storia della città di Lagonegro, Stab. Tip. Pansini, Napoli, 1913 Ristampa anastatica, s.d. curata dalla tipografia Neograf di Lagonegro (Pz) e Ricca di Diamante (Cs).

9) Scatet trutis allisque acquaticis sta scritto nella Sinossi della Diocesi di Policastro del 1831.

10) Così testimonia Rosario Magliano (1884-1978), il quale non ancora decenne (1893) assistette all'arrivo in Lagonegro, portato da alcuni cacciatori. dell'ultimo Cervo ucciso sul Sirino. Cfr. Rosario Magliano. Il Monte Sirino, in XIX festa della Montagna per L'Italia meridionale, Monte Sirino. Lagonegro settembre 1970, numero unico a cura dell'Ispettorato forestale di Potenza, Ed. La Buona Stampa, Napoli! 1970, ed. fuori commercio.

11) Cfr. Carlo Pesce, op. cit. - G. Racioppi Tra cacce e cavalli, in, Annuario della sezione lucano del C.A.I., Anni 1878-1880, Tip. Magaldi e della Ratta, Potenza, 1881. Imprecisa risulta, però in questi autori la descrizione di alcune specie faunistiche che comunque riportiamo nel testo.

12) Nel Censimento dei biotopi meritevoli di conservazione in Italia, Camerino, 1971, 1979, effettuato dalla S.B.I. sono state segnalate per la Basilicata 22 aree meritevoli di conservazione e tutela per una superficie totale di 15.490 ettari.

13) L. Filiopo D'Antuono, Una escursione al monte La Spina in Lucania, Natura e Montagna, anno XXVIII, 1981.

14) D.P.G.R. 21 febbraio 1986, n. 97 Lauria. L.R. del 22.5.1980, n. 42. Individuazione dell'area protetta Monte La Spina,(B,U. 16.4.1986,n. 15).

15) In questo senso una proposta di legge regionale è stato presentata in Consiglio regionale dai consiglieri del P.S., Franco Adamo, Antonio Bianco e Fernando Schettini. Proposta di legge n 22. 1988, Istituzione della riserva naturale Monte La Spina ed aree contermini in, Gruppo Consiliare Psi Regione Basilicata, Per una politica dell'ambiente. Tip. Alfagrafica Volonnino, Lavello. 1988,

16) F. Pratesi, F. Tassi, Guida alla natura della Puglia Basilicata e Calabria, Ed. A. Mondadori, 1979.

Autore: Testo di Giuseppe Settembrino - tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie", 1989

 

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