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I NORMANNI - la Basilicata - di F. Di Sanza (1928)

Verso il mille, vive in bassa Normandia il vecchio cavaliere Tancredi già celebre per il suo valore ed il suo ardimento nelle guerre di Roberto il Magnifico.

Viveva Tancredi nel castello di Altavilla con una famiglia assai numerosa, avendo 12 figli e parecchie figlie, ed era troppo povero per lasciare ad ognuno di essi una eredità degna del suo nome e della sua gloria. Un giorno chiamò a sé i tre figli maggiori, Guglielmo Braccio di Ferro, Drogone e Umfredo, e lì invogliò a lasciare il castello paterno per andare a cercare fortuna in Italia.

I giovani seguirono il consiglio paterno. Raccolsero un gruppo di compagni poveri come loro, e, con una bisaccia sulle spalle ed il bordone nelle mani, si incamminarono incontro al loro destino, senza mezzi e con molte fervide speranze.

Dopo di essere stati per poco al servizio del principe di Salerno, furono assoldati dall’Imperatore greco, che era allora sovrano della Puglia, della Calabria e della Basilicata. L’Imperatore era in lotta con gli arabi di Sicilia. Durante la guerra ai giovani normanni furono riservati i posti pericolosi ed in più ardui cimenti. Ma quando si trattò di dividere il ricco bottino, ad essi non toccò proprio nulla. Irritati per questo inaspettato trattamento, e guidati da Arduino, un longobardo di Milano cui era toccata la stessa loro sorte, giurarono di vendicarsi.

Varcarono di notte lo stretto di Messina e scesero sulle coste della Calabria coperte dalle neve. Il disagio non li scoraggiò.

Arduino, eletto capo dei ribelli, raccolse altri malcontenti e, con essi, marciò sulla città di Melfi, la quale, prima della guerra, egli stato governatore.

I cittadini si prepararono a resistergli; ma quando Arduino, avvicinatosi alle mura, disse a gran voce che egli veniva per dare al Paese la libertà, furono spalancate le porte, ed i Normanni furono trionfalmente accolti nella città.

Nei giorni successivi, tutti i paesi vicini imitarono Melfi. Incontratisi in duemila appena contro diciottomila, soldati imperiali nelle campagne di Canne, i giovani figli di Tancredi di Altavilla riportarono una prima indimenticabile vittoria, ed un’altra ne conseguirono l’anno appresso nel territorio di quella che oggi si chiama Irsina, liberando dai greci parte della Puglia e quasi tutta la Basilicata.

Guglielmo Braccio di Ferro fu eletto console di Puglia col diritto di possedere la città di Melfi che divenne la capitale del nuovo stato. Morto Guglielmo, morto Dragone in una imboscata presso Bovino per mano di un sicario fu eletto conte Umfredo e, dopo di lui Roberto il Guiscardo, un altro dei figli di Tancredi, che era venuto nel 1047 a raggiungere i fratelli in Italia.

Roberto domò le ribellioni che i longobardo e i sostenitori dei greci avevano suscitate contro i Normanni, si fece riconoscere Conte di Puglia e di Calabria dal papa.

Dopo altre lotte e altre vittorie, Roberto il Guiscardo trasferì la sua sede a Salerno, relegando nel castello di Melfi la buona e mite consorte Alberada, che gli era stata compagna devota e fedele nelle ore tristi delle avventure, per sposare una sorella del Principe di Salerno col quale trovava più conveniente essere imparentato. Papa Niccolò II nel 1059 adunò in Melfi un concilio di 100 vescovi, ed un altro concilio generale di 113 vescovi vi fu convocato nel 1089 dal Papa Urbano II per formarvi la Lega per la spedizione di Terra Santa, dove molti melfesi andarono con Boemonte figlio di Roberto il Guiscardo. Al concilio del 1059, presieduto dal Papa in persona, intervenne anche Roberto, il quale, inginocchiato innanzi al Pontefice, firmava con un segno gli atti che non sapeva leggere.

Autore: la Basilicata - F. Di Sanza (1928)

 

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