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RICORDANDO IL BARONE

CHIAROMONTE – «La mia terra, come più volte ho detto, è un lusso di feroci affetti». Quante volte, gli abbiamo sentito dire queste parole, i più anziani se lo ricorderanno sicuro. Sembra ieri, in realtà moriva il 30 gennaio di 20 anni fa, il barone Giovanni di Giura. A distanza di tantissimi anni dalla sua scomparsa, la figura di questa persona straordinaria, lascia ancora un grande vuoto nella piccola comunità chiaromontese. Raccontare la vita del barone Giovanni, in poche righe non è cosa facile. Uomo di vasta cultura, tutti lo ricordano come persona “squisita e dai modi gentili”, che scambiava una parola e un sorriso con tutti. Abitava a Roma, ma trascorreva l’estate tra il suo palazzo di famiglia a Chiaromonte, e la sua tenuta di campagna a Battifarano, una grossa contrada a pochi chilometri dal paese. Sposato con la contessa Maria Adelaide Alvarez de Castro, il barone Giovanni, ebbe quattro figli: Gerardo, Fabrizio, Flaminia e Livia. Nel 1978 il re Umberto II ha concesso il titolo di marchese a Don Gerardo (deceduto il 7.4.1997) e a Don Fabrizio, attualmente l’ultimo figlio maschio in vita del barone Giovanni. Il rientro a Chiaromonte d’estate, per lui significava “rinascere”. Adorava passeggiare per il paese, dove veniva salutato da tutti, e, da persona educata che era, ricambiava sempre la cortesia. Specialmente quando si recava a Battifarano, salutava tutti i dipendenti, che con garbo e affetto, li considerava semplicemente “i suoi collaboratori”. Durante i pasti, infatti, li voleva tutti intorno alla sua tavolata, per discutere della sua passione più grande: l’agricoltura. Per lui la campagna non era un segreto, anzi, lo ripeteva spesso, non solo alla gente semplice di cui si è sempre circondato, ma anche davanti alle persone di potere con cui quotidianamente intratteneva rapporti di lavoro a Roma. Non a caso ripeteva sempre con orgoglio: «mi onoro di essere un agricoltore, oltre che un diplomatico». Naturalista convinto, proibiva a chiunque di recidere gli alberi, e per lo sviluppo agricolo della sua tenuta a Battifarano, destinava tutti i suoi risparmi costruendo strade, realizzando l’elettrificazione, e tanto altro, senza resoconti d’alcun genere. Nel 1936 costruì un bellissimo edificio e lo adibì gratuitamente a scuola elementare. La scuola fu intitolata a suo padre Gerardo, che l’aveva istituita per primo, nella sua dimora, già dai primi del 1900. Appena rientrava a Roma, ogni 15 giorni voleva essere informato dal suo fattore sull’andamento della tenuta, dove da persona precisa quale era, dettava le sue istruzioni con criteri di straordinaria competenza ed efficacia. «Non a caso – si legge nel libro del dottor Francesco Elefante “Storia di Battifarano” pubblicato nel 2007, - durante la sua gestione, l’azienda ha conosciuto una fase di grande sviluppo, ottenendo diversi premi nazionali per la produzione di grano e olio. La zootecnia contava un migliaio e più tra ovini e caprini, oltre 200 bovini, e circa 500 suini». Per il suo impegno nello sviluppo dell’Azienda di Battifarano, il barone si guadagnò la Stella d’Oro al Merito Rurale e poi la nomina a Cavaliere del Lavoro nel giugno del 1958. Ma questi sono soltanto 2 dei tanti riconoscimenti che ebbe in vita il barone. Nella sua lunga carriera, fu per circa 20 anni amministratore del Banco di Roma, presidente dell’Ente italiano per gli scambi teatrali, presidente della Società Dante Alighieri, Ispettore Onorario ai Monumenti, Accademico dell’istituto di Studi Romani, Accademico Cosentino. Insignito di numerose onorificenze (medaglia d’oro dei benemeriti della Pubblica Istruzione, Collare dell’Ordine Supremo della SS. Annunziata, Balì d’Onore dei SS. Maurizio e Lazzaro), ha ottenuto la cittadinanza onoraria di Chiaromonte nel 1932. Cariche certamente importanti e prestigiose, ma la sua carriera, a radici ben più lontane, e le sua vita è stata vissuta sempre in prima linea, come la storia della sua vita insegna. Il barone Giovanni di Giura, nacque a Roma il 6 gennaio 1893 da Gerardo Giosuè, e dalla baronessa Alba Ricco Nicotera, dama di 1ª classe dell’Ordine del Santo Sepolcro. Si laureò a 20 anni in legge, all’università di Roma. Non incline alle toghe e alle aule giudiziarie, prese parte al primo concorso diplomatico, e lo vinse brillantemente. Le sue doti, non fecero fatiche ad essere apprezzate, tanto che l’allora Ministro degli Esteri d’Italia, il barone Sonnino, destinò il giovanissimo diplomatico alla più importante ambasciata italiana: quella di Londra. Prestissimo, grazie alle sue doti diplomatiche, guadagnò consensi tra la corte dell’aristocrazia britannica, tanto da piacere ai suoi superiori. Dopo poco tempo, fu promosso Segretario e trasferito presso la Regia Legazione italiana dell’Aja. Dopo lo scoppio della guerra europea, egli non esitò un istante. Interruppe la carriera, e, giovanissimo volle servire la Patria. Chiese ed ottenne di essere arruolato tra i volontari di guerra, e come tanti, prese parte a tantissime azioni sul fronte, rimanendo in primissima linea fino al termine del conflitto. Dopo la grande guerra, rientrò in diplomazia, entrando nella direzione generale degli affari politici. Ritornò all’Aja, ricoprendo il ruolo di delegato italiano alla conferenza internazionale. Di ritorno dall’Aja, fu destinato alla Regia Ambasciata presso il Governo degli Stati Uniti a Washington, con l’incarico di Primo Segretario, dove rimase per circa un anno. Incaricato d’affari in Messico, dove assolse con grande soddisfazione i suoi impegni diplomatici, fu destinato ad altri incarichi diplomatici a Pechino e Tokyo, dove ebbe funzioni di Consigliere di ambasciata, e successivamente fu trasferito in Norvegia, rendendo segnalati servizi al paese per il salvataggio del dirigibile Italia. Arrivò tra il 1938 e il 1946 a svolgere anche il ruolo di Ministro Plenipotenziario in Lituania e Venezuela. Rinomata la sua passione per la lettura, infatti, scrisse e pubblicò diversi libri di carattere diplomatico, storico ed artistico. Tra le sue pubblicazioni più importanti, l’ultima sua opera: (Lituania e Venezuela, notizie diplomatiche 1938-1946 – Perugia 1984), hanno un valore documentario inestimabile. Con l’avanzare degli anni, ha conservato vivo l’interesse per la conoscenza e la lettura fino alla fine dei suoi giorni, infatti, amava trascorrere le giornate leggendo un buon libro, e difficilmente guardava la televisione. Per lui Chiaromonte era tutto, e ogni volta che tornava nel suo paese, amava circondarsi dei suoi concittadini, per discutere su come migliorare semplicemente la qualità della vita in paese, donando tutta la sua conoscenza e la sua saggezza. Il barone Giovanni, era una fonte inesauribile d’idee, e chi lo conosce bene, sa, che aveva ancora tanti progetti da suggerire alla sua comunità. Lucidissimo fino alla fine, si è spento serenamente a Roma il 30 gennaio 1989 all’età di 96 anni. La sua salma, accompagnata da una folla impressionante di gente, e stata trasportata fino alla sua amata Chiaromonte, dove i suoi concittadini gli hanno reso l’ultimo saluto, prima di essere sepolto tra i suoi avi a Battifarano, nella Cappella di Famiglia, intitolata a Sant’Andrea Avellino. Chiaromonte, dopo 20 anni, non dimentica uno dei suoi figli più illustri, e, chi lo conosceva bene, in questo triste anniversario lo ricorda e lo piange con infinita commozione e affetto.

Il Quotidiano della Basilicata

Autore: Lucio Vitale

 

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