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Grottole, Civitas Cryptularum

da: La Basilicata nel Mondo -(1924 - 1927)

Grottole — un tempo Civitas Cryptularum — Cryptolae Castri, Oppidum Cryptularum pheudal e città delle cripte, come risulta dagli annali Angioini e da una Pergamena dell’Archivio della Zecca e uno dei più antichi paesi della Basilicata.

Grande, grigio, alto, chiuso come un pugno in un agglomeramento di case sorgenti dalle fosse delle antiche grotte, esso poggia su due colline rose dal dente dei secoli: «Le Grotte» e «Terra vecchia » donde il panorama si snoda e si slarga su per un altopiano sgroppante e difforme, dalle linee armoniche e dal tono Scuro, che degrada dolcemente verso le sponde del Basento, il Casuentum di Plinio — il fiume dalla corrente. Senza argini e ripidissima, che, quando è in piena, rode rode rode, con la inesorabilità vorace del cancro, le fertili terre delle due sponde, facendo deserto e allargando Sempre più il suo malarico letto di desolazione.

Dall’alto delle due colline, coi grigiore delle sue case e dei suoi tetti, incroscati da pezze di muschio e da rosoni di licheni, ricamati dalla patina dei secoli e dall’ala delle tempeste, Grottole guarda, impassibile, la rovina del suo fiume tremendo. E sembra che lo adocchi con la timidità mansueta di un’amante, che ama e desideri, in un misto di voluttà e di passione, le furie del suo maschio amatore crudele. E l’amoreggiamento continua da una infinita teoria di secoli ; e si rinnova di miracolo, come ammaliato dalla luce di ogni alba nuova, da quando gli Aborigeni, primissimi, tra gli abitatori di Italia, come si rileva dai frammenti della « Vecchia Istoria » di Catone : « Primo ‘tal iam tenuisse quosdom, qui appellobantur a borigjnes » vennero quivi a piantare le loro palizzate e a scavare le loro grotte, nella piena notte della preistoria italica, favoloso cumolo di miti, da cui il Medioevo derivò tutte le sue leggende più ardenti di umanità e più furenti di Santità.

Grottole — cui si accede dalla bella strada rotabile appulo lucana — dista appena sessanta chilometri dalla marina ionica, così sacra alle Walchirie di Wagner e alle Odi di Heine, ed ha perciò un clima mite, dolcissimo, incantevole. Le rondini nidificano abbondevolmente sotto le gronde delle sue case e sotto i rilievi dei cornicioni delle sue chiese e tessono e ritessono voli sghembi, tramati di azzurro, intorno ai suoi campanili, e gli usignuoli fanno melodiose le sue albe rosate, pascoliariamente divine « l’alba nel ciel mattutino stampava le dita di rosa » e i suoi tramonti profusi di porpora logora e di dolcezza morente.

Ha campagna fertilissima, colli festanti di vigne e di olivi, produce abbondanza di cereali e ogni sorta di frutta, non escluso il mandorlo, il cui fiore delicatissimo è nunzio gentile di primavera. Sulle due sponde del Basento, ove soccorressero la opera degli uomini e la cura del Governo, con argini e bonifiche, si potrebbe creare un lembo di paradiso, a giardini irrigui, profumati dagli agrumi, che vi fioriscono soavemente.

Ma la realtà uccide il sogno, dovunque. E su questo magnifico sfondo naturale, si innestano le miserie, di cui soffrono Grottole e i Grottolesi.

Il paese manca di acqua potabile, quella che attualmente si adopera per i bisogni domestici essendo inquinata, e si attende che cali fresca manna ristoratrice l’acqua della conduttura del Basento, mediante la quale dovrà risolversi il problema delle fognature.

Ha però la luce elettrica, che vi fu recentemente inaugurata, e sfavilla orgiasticamente.

Nel territorio di Grottole si rinviene qualche traccia di risorse minerarie : una sorgiva di acqua ferrata, una di acqua salsa, che i poveri adoperano per fare il pane, qualche filone di gesso, cave di creta per laterizi, non ancora sfruttate.

Il Grottolese è un tipo, che ricorda stranamente il tipo morale dei Germani di Tacito. Di media statura, muscoloso, robusto, laborioso, tenace, ospitale: però, è facilmente irascibile ed estremamente geloso. Se oppresso dalla miseria, o esaltato dai fumi dionisiaci della ebbrezza, si dà facilmente al delitto. Le rivalità e gli odi fra le famiglie Si tramandano, come nel popolo sardo, di generazione in generazione, fino alla morte, e gli intrighi, le maldicenze, la invidia regnano assolutamente sovrani. Non sono tuttavia affatto radi i casi di generosità spontanea, violenta, istintiva, di quella particolare generosità sentimentale, che è la caratteristica spirituale più spiccata delle razze forti e sane.

Il dialetto grottolese e uno strano, pittoresco miscuglio di parole, di articolazioni, di suoni, che hanno indubbiamente il loro substrato nella prisca favella degli aborigeni, infarcita e impastata, attraverso i secoli, con parole greche e latine.

Unico monumento moderno di Grottole è la targa ai Caduti in guerra: murata sul frontone del palazzo municipale, su piazza della Riscossa, e donata al Comune dalla generosità patriottica dei Grottolesi emigrati nelle Americhe.

E passiamo in rassegna, fuggevolmente, le cose più notevoli. Nel Rione « Le Grotte » il monumento più notevole è il Castello feudale Grottole subì il feudalismo dall’885 al 1806, epoca in cui venne abolito per decreto di Giuseppe Bonaparte — che sorge a cavaliere di un’altura, tetro e possente, istonato dallo scudo dei Bisignano, classico per le grandi corna bovine. Il Castello, costruito nell'885 dal primo feudatario di Grottole, Siconolfo principe di Salerno, dove essere munitissimo, con lunga teoria di merli e di feritoie per i numerosi arcieri della difesa, e dovè servire come caposaldo delle fortificazioni di Grottole, che, in antico, come leggesi nei « Registri angioini » era cintato di mura, con vallo e porte presidiate.

Tra i feudatari,che lo abitarono, si ricordano in particolar modo il marchese Sances e il principe S. Severino, conte di Chiaromonte e Saponara.

Vi si nota ancora — ossatura gigantesca e mutilata di un tempio, che non fu mai compiuto — la rovina della Chiesa di San Luca e Giuliano.Una grande cupola abbozzata, un campanile tronco, i pilastri della navata centrale, che non sorressero mai nessuna volta, qualche cappellone e, nel sottosuolo un cimitero, nel quale si ammirano nicchie mortuarie di costruzione solida e perfetta, alquanto simili a quelle degli Etruschi, che, in arte funeraria, furono insuperabili, e dentro le quali i morti venivano composti in maniera tutta particolare.

Nello stesso Rione, entro la Chiesa di Santa Maria la Grotta recentemente riconsacrata nel nome di San Rocco vi e, pregevole opera di arte, un grande quadro di ignoto autore, ma di scuola classica, raffigurante vani episodi biblici. Degno di menzione per il suo valore artistico è pure il pergamo, sostenuto da una grande aquila di noce massiccio, in rilievo, con lo stemma del Comune di Grottole : il quale — per chi non lo sappia e per i cultori di araldica — raffigura due grotte: sull’una, sorge una torre menata, con bandiera in sommo, sull’altra una quercia. Le grotte hanno color roccia ; la torre, mattone fulvo ; la quercia, verdeggiante; la bandiera (ahimè !) rossa, come il sole dell’avvenire.

Nella « Terra Vecchia » triste e squallido ammonticchiamento di tuguri, nulla di notevole, oltre la Chiesa di San Nicola, nella quale si conserva una statua di pietra, ritenuta dal popolo miracolosa; quella del Purgatorio e l'attuale Chiesa Parrocchiale.

Nel Comune di Grottole, come in tutti i Comuni e Comunelli d’Italia, non mancarono i Conventi, e due ve ne sorsero e prosperarono: uno dei Frati di San Domenico, l’altro dei Cappuccini questuanti.

Quello dei Domenicani lo aveva fondato la volontà espressa del Cattolicissimo re Ferdinando d’Aragona, nel 1506 è durato tre secoli e tre anni, fino aI 1809.

Quello dei Cappuccini lo fondò Terzo. I monaci vivevano di carità pubblica, e il Convento era dotato dal Comune di terreni, che facevan parte della Difesa Serre.

Ora, qualche nota.., geografica. Il vastissimo e fertile territorio di Grottole, la cui vegetazione pingue ingrassa intere mandrie di bovini e di ovini — famosi i cacicavalli e i burrini di Grottole — è traversato dai corsi di due fiumi : tra i più importanti della Regione : il Bradano, lentissimo, il Basento, rapidissimo.

Contrasti.., ideali !

Per la toponomastica aggiungiamo che Grottole è cinque chilometri lontano dalla stazione ferroviaria, alla quale si accede comodamente per una rotabile comunale, attraversando un artistico ponte in cemento armato, costruito recentemente dallo Stato.

Per la storia antica, ricordiamo, riepilogando, che, dagli Aborigeni ai Saraceni, dal Feudalismo al Bonapartismo, Grottole subì 1’influsso di tutte le dominazioni politiche.

Per il Governo (che non lo dimentichi!) ricordiamo che Grottole, con decreto prefettizio del 14 giugno 1903, inserito nella Gazzetta Ufficiale del 3 luglio, al N. 163 abbondiamo in particolari perché il Governo non perda tempo nel riscontro!— fu dichiarato zona malarica, a causa degli stagni e degli acquitrini del ruscello Cupolo, e che i Grottolesi bevono acqua inquinata.

E per i cultori di memorie, di tradizioni e di glorie civiche, terminiamo con una breve biografia di Monsignor Tommaso Antonio Gigli, un grottolese, che, insieme con lungo ordine di altri valentuomini, molto onorò la sua Terra natale.

D. Tommaso Antonio Gigli, nato in Grottole il 30 Marzo 1772, vestì l’abito di S. Francesco nei Minori conventuali di S. Lorenzo Maggiore di Napoli, in austera, quieta solitudine, fece i suoi studi. Recatosi in Roma, ottenne dal Collegio della Sapienza la laurea in Sacra Teologia, e, poco di poi, soppressi gli ordini religiosi , si ritirò in Potenza , nel cui Seminario, sotto gli auspici di Monsignor De Cesare, insegnò Filosofia. Fu Reggente del Convento di S. Francesco.

Ripristinato l’ordine e riaperti i Monasteri, nel 1819 tornò a S. Lorenzo, dove, nel 1824, fu prima nominato Padre Guardiano, esaminatore Prosinodale del1a Diocesi di Napoli, e membro di quel Collegio dei Teologi; poi, padre provinciale nel 1829, e finalmente Vescovo di Muro Lucano, nel 1832, consacrato dal Cardinale Odescalchi, il giorno otto luglio dello stesso anno.

Fra le tante opere di beneficenza ch’Egli compì, la più bella, la più santa, la più utile fu la fondazione dell’Ospedale Diocesano, che dotò di una rendita di L. 1775, iscritta sul Gran Libro del debito pubblico, oltre alla rendita dì altre lire 3500 annue, ricavate da una Masseria nel Comune di Somma Vesuviana nella Provincia di Napoli.

Questo Vescovo, scrive il D’Avina di Monsignor Gigli, che, semplice, mite, frugale, conservò fino all’ultimo sospiro della sua vita le abitudini del Chiostro, che visse lunga vita, e che governò la Diocesi per 27 anni, facendosi scrupolo di spendere un sol centesimo in pro della sua famiglia, fu considerato dai Muresi l’angelo tutelare del poverello, il consolatore degli afflitti. Diede alle stampe, in Napoli, nel 1827, le «Istituzioni di Logica e Metafisica » nonché un’opera di filosofia di gran pregio. Nel 1841, tenne un Sinodo, i cui decreti, raccolti in un volume, furono stampati nel 1832 pei tipi di Gaetano Reale »

Nel 1858, a causa della sua tarda età, al Vescovado e si ritirò a Barra, presso Napoli, nel Monastero dei Padri Conventuali.— Nel 1865, con la calma, e la serenità del giusto, nella grave età di 93 anni, mori, povero, in Portici, e fu seppellito nel Cimitero di S. Giovanni a Teduccio, a cura e spesa di suo nipote Giovanni Andreucci. Arciprete della Chiesa Collegiale di Grottole, che gli fece erigere una bellissima tomba in marmo, uno dei migliori monumenti funebri, che si veggano in quel recinto.

Grottole ne custodisce, con amore materno, la memoria pura e gloriosa.

Autore: da: La Basilicata nel Mondo - (1924 - 1927)

 

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