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IL CASTELLO DI LAURENZANA TRA MITO E STORIA

Nel dare alle stampe la "Carta del Sistema Fortificatorio della Basilicata" (1), la Sezione di Basilicata dell'istituto Italiano, dei Castelli, per descrivere il Castello di Laurenzana non ha trovato di meglio che rifarsi allo stupore mitico, proprio di Salvino Bruno (2), "All'estremità del paese, sopra una rupe spicca il castello. AI vederlo, si resta meravigliati per la sua posizione". Manca soltanto la leggenda del vassalletto Muettin del Merlo per giustificare la difficile costruzione sulla rupe di puddinghe fortemente cementate. E' pur vero che la "carta tematica" vuole assolvere alla funzione di far conoscere "il sistema fortificato di Basilicata", quale "valido contributo alla conoscenza di uno dei patrimoni storici ed architettonici più rilevanti della nostra Regione", come scrive la Presidente del Lions Club "Potenza-Pretoria" che ha voluto la carta nell'ambito delle manifestazioni per l'ottavo centenario della nascita di Federico II (3), ma è puranche accertato che non si propone opera seria di divulgazione se si continua a presentare, come "vicende storiche", quell'insieme di notizie utili per le "leggende e i miti fioriti nell'immaginario popolare" di tutti i paesi lucani, peraltro, con la "spiegazione", la quale è una contraddizione in termini, che l'insieme delle opere fortificate "va ricercato soprattutto nella conformazione morfologica della regione i cui rilievi costituiscono veri e propri avamposti naturali di difesa" (4). E fra i "miti lucani" bisogna annoverare anche il Castello di Laurenzana, "pur diruto in più parti, (5) che, anche tra carte mancanti e pietre presenti", quelle poco studiate e queste sempre considerate "in pessime condizioni statiche" (relazione Gallicchio) e "con pericoli di crolli, tanto da prevederne alcune demolizioni" (relazione Spaziante) (6), presenta una accertata "storia di carte medievali", che, in attesa di studi più approfonditi e di sistematiche indagini di archeologia, può essere tranquillamente letta nel breve, ma significativo saggio, "Sulle tracce della storia" dell'omonimo Rocco Motta (7) e nel volume, certamente non esaustivo, "Laurenzana" di Gaetano Cantisani (8).
Nei ricordi della nostra infanzia, dal lungo peregrinare nei pomeriggi di sole, il "castello", con la sua presenza fisica e storica, entrava prepotente nei nostri discorsi, quasi che, con Levi (9), soltanto, le nostre cose, - paese, castello, chiese, case -, dichiarassero la nostra storia, una specifica peculiarità leviana o una particolare aspirazione laurenzanese nella cultura del popolo lucano.
La conclusione "leviana" dei nostri discorsi resta sempre la stessa: perché nella nostra società, segnata da innumerevoli delusioni, sono sempre e soltanto le pietre a farsi storia, civiltà, parole, per cui, tra noi, sono i fatti che dicono più e meglio delle parole. Solo da questa conclusione derivava la giustificazione del nostro impegno nel civile, perché in ogni abitato delle aree interne, caratterizzato da classi subalterne, dove più è marcato l'aspetto dell'abbandono e del sottosviluppo, è il territorio a farsi storia e sul territorio bisognava e bisogna operare. E il territorio del nostro paese era e resta segnato dal castello per il quale si propone un progetto di lettura attraverso la storia delle infrastrutture viarie. La "storia di carte", tardo-antica e medievale, di Laurenzana è segnata da pochissimi atti datati; quella moderna sta venendo fuori dall'analisi degli atti della "sommaria" riguardanti i passaggi del feudo da una famiglia all'altra, i quali evidenziano che, nella lunga durata e fino ai nostri giorni, permane il titolo prestigioso di "duca di Laurenzana", nel casato della famiglia Gaetani (Cafetani), che sin dal 1466 divenne, per concessione di Ferrante d'Aragona dei Principi di Piedimonte d'Alife.
Questo titolo di "duca", già presente, nel 1435, accoppiato a quello di "duca di Venosa" nel casato della famiglia degli Orsini del Balzo, che a quell'epoca era "padrona" di mezzo regno napoletano, essendo l'altra metà infeudata alla famiglia Sanseverino. Tutto questo potrebbe apparire una divagazione: il feudatario resta sempre il responsabile degli abusi sul popolo in nome del Sovrano. Non interessa tanto ricordare le famiglie nobili, - dagli Orsini del Balzo ai Poderico, dai Loffredo ai Filangieri, dai de Ruggeri ai Gaetani e ai Vaglio Belgiojoso, che hanno avuto in feudo Laurenzana, quanto ricordare che tutti questi "baroni", oltre che per il censo, per prestigio hanno preteso di aggiungere al proprio casato quello di "duca di Laurenzana", per cinque secoli sempre attivamente presente nelle azioni della nobiltà napoletana.
Interessa invece evidenziare la connessione, spazio-temporale, che viene da lontano: il rapporto tra Laurenzana e Venosa, che, per molti versi, può farsi risalire fin oltre il V-VI sec. a.C..
L'abitato di Laurenzana, sulle pendici della collina cretosa che "va a terminare in un bosco della Ducale Corte detto La Lata", si è sviluppato nell'alto medioevo, come accentramento intorno alle emergenze edilizie del castello e della chiesa madre, sulle pendici erose dai torrenti Scarranfone-Scruso e Cuccone, affluenti del Serrapotamo, i cui toponimi individuano la doppia presenza longobarda e bizantina a cavallo dello spartiacque Camastra-Sauro. Come ebbi già a dire e a scrivere (10), il territorio, antropizzato da molto prima, è collegato a Venusia da infrastrutture viarie chiaramente individuabili a partire dal II sec. d.C.:
- un itinerario antico romano, il ramo Potentia-Anxiam-Grumentum della via Herculia da Nerulum a Venusia, interessava questo territorio secondo il percorso S. Donato-Ponte Camastra-Belvedere-Tempa Malomo-Val d'Agri (11);
- - un itinerario alto-medievale, coevo all'insediamento del sito urbano, lambiva l'abitato sotto il Castello e sotto il Trono: proveniente da Castelbellotto (toponimo di origine araba) e per il Cugno di San Silvestro raggiungeva la valle del Sauro; tale itinerario, se fossero verificate alcune ipotesi di insediamenti autoctoni pre-lucani, potrebbe essere la via di collegamento dei Santuari lucani del VI-V secolo a.C. Serra Coppola sul Sarmento, Serra lustrante di Armento, Serra di Vaglio e monte Torretta di Pietragalla (12);
- un itinerario medievale, il Tratturo Grande, chiamato, come sostiene Cantisani, Tratturo d'Annibale, che, proveniente dalla Camastra, raggiungeva la valle del Sauro passando proprio per tempa Coriana, da considerare uno dei più facili passaggi istmici dello spartiacque Agri-Basento, dove potrebbe ritrovarsi una Koria di origine basiliana o bizantina e, quindi, non Magno Greca (13);
- un itinerario collegava, per Santa Filomena, l'abitato al ramo della via Herculia.

L'insieme di questi itinerari è schematicamente riportato nella "mappa delle sezioni catastali" (14) dell'Archivio di Stato di Potenza, redatta, nel 1807, per l'avvio delle operazioni catastali connesse con l'eversione feudale imposta dall'occupazione francese. II castello, verosimilmente, ha origine longobarda: è, quindi, più antico del feudo e dell'insediamento antropico.
Si è già ricordato che nella toponomastica laurenzanese si rinvengono toponimi longobardi e toponimi bizantini (15). Per decenni lo spartiacque Camastra-Sauro è stato il confine di presenze contrapposte: nel tardo antico e nell'alto medioevo da una parte i longobardi del Latiniano o di Sighinolfi e dall'altra i bizantini o i saraceni di Taranto che innalzano, nel'840 d.C., un presidio fortificato in Castelbellotto (16); nel Catalogo Baronum del 1154, in cui non è annotato il feudo di Castro Bellocto, risulta che il feudo di Laurentianum, tenuto da Guillelmus filius de Matteus de Tito, appartiene al Comitatus Gravinae, mentre il feudo di Cornitum, tenuto da Robertus Corniti, appartiene al Comitatus de Monte Piloso (17); con Federico lI, da una parte gli abitanti di Castelbellotto devono contribuire alla manutenzione del Castrum Brundisii sulla via Herculia, dall'altra gli homines Laurenciani, Corneti, Perticare, devono provvedere al castrum Ansie (18). II dissesto diventa più evidente con gli Angioini e i Durazzeschi e si protrae per tutta la presenza Aragonese: sul Camastra l'abitato di Laurenzana appartiene alla Diocesi di Acerenza e il feudo viene assunto dagli Orsini del Balzo; sul Sauro l'abitato di Corleto appartiene alla Diocesi di Tricarico mentre il feudo viene assunto dai Sanseverini (19).
In questa situazione di presenze contrapposte sui due bacini idrografici, che ha origine antica, è difficile controllare gli spostamenti degli uomini di tutte le fazioni in lotta.
Da questa constatazione deriva la "mia ipotesi" che le strutture di avvistamento e di controllo sul territorio dello spartiacque e del confine amministrativo, il Castello di Laurenzana alla testata del Camastra e la Torre di Perticara alla testa del Sauro, hanno ambedue origine longobarda (20).
Questa ipotesi per il Castello di Laurenzana, che abbisogna di verifiche mediante indagini archeologiche in sito propedeutiche a qualsiasi intervento di recupero, vale essenzialmente per il torrione di sinistra, sul torrente Scruso.
Questo tozzo "torrione o bastio ", insieme ai due capisaldi di avvistamento avanzato sul territorio e allineati con il castello-Torretta a Nord sul Serrapotamo e quello -"detto Torre" (21), ubicato più a monte all'incrocio della strada provinciale n. 60 "di Lagotodaro" con la strada statale n. 92 "dell'Appennino Meridionale"-, dovrebbe essere la struttura muraria "genetica" dell'intero complesso castrale, che, già in epoca alto-medievale, si amplia con le sette torri le quali delimitavano e proteggevano lo spazio antropizzato, successivamente chiamato "borgo", le cui "strettele" furono, a giusto titolo, denominate dai nostri predecessori "vie degli Antenati": soltanto adesso posso darmi le risposte ai quesiti che mi ponevo andando nel "borgo" a frequentare la scuola elementare nei locali di fortuna di proprietà della famiglia Cassieri, cui apparteneva don Ciccio, il nostro maestro-sacerdote (22).


Note

1) ISTITUTO ITALIANO DEI CASTELLI, Sezione di Basilicata, Carta del Sistema Fortificatorio della Basilicata 1/300.000) Potenza 1995.,


2) S. BRUNO, Castelli di Basilicata, Matera, 1967, pp. 85-87.

3) Presentazione della "carta" da parte di Titina SANZA di TULLIO, presidente del Lions Club "Potenza-Pretoria" ivi.

4) Presentazione della carta da parte di Michele SPAZIANTE presidente Sezione Basilicata Istituto Italiano Castelli, ivi.

5) A. RESTUCCI, Itinerari per la Basilicata, Guide de l'Espresso Vicenza 1981, p. 218.

6) Le "relazioni" Gallicchio e Spaziante sono in G. CANTISANI Laurenzana-Fatti Persone Immagini e Costumi, Rocco Fontana, Editore Matera 1991, pp. 16- 18.

7) R.M. MOTTA, Sulle tracce della Storia, in COMUNE DI LAURENZANA, Un castello da recuperare - Concorso per un progetto idea, Potenza 1989, pp. 25-57.

8) G. CANTISANI, Laurenzana, cit.

9) C. LEVI, Le parole sono pietre, Einaudi Torino 1955.

10) A. MOTTA, Materiche incisioni/danno calore, Prolusione letta nella Sala del Consiglio Comunale di Laurenzana il 18 febbraio 1990, ora in ID, Edita Inedita. Memorie di un impegno meridionalista, Archivio Lucano Studi Territoriali Potenza 1994, pp. 173-185.

11) Per la via Herculia mi permetto di rinviare al mio volume Da Venusia a Venosa Itinerari nella memoria - Contributi per la storia della viabilità meridionale, Venosa Appia n. 2, 1993; pp. 39-44.

12) A. MOTTA, Materiche, cit., p. 182

13) ibidem.

14) G. ANGELINI (a cura), il disegno del territorio -Istituzioni e cartografia in Basilicata, 1500-1800, Bari Laterza 1988, p. 84.

15) F. SABATINI, Riflessi linguistici della dominazione longobarda nell'Italia mediana e meridionale, "Accademia Toscana di Scienze e lettere "La Colombaia"", Olschki Firenze 1963.

16) T. PEDIO, La Basilicata Longobarda, Deputazione di Storia Patria per la Lucania, Potenza 1987, p. 174.

17) T. PEDIO (a cura di), Giustino Fortunato - Badie feudi e baroni della valle di Vitalba, Lacaita Manduria 1968, vol. III, pp. 99-100; cfr. E. JAMISON, Catalogus Baronum, Roma 1972; E. CUOZZO Catalogus Baronum-Commentario Roma.

18) E. STRAMER, Die Verwaltung der Kastelle in Konigreich Sizilien unter Kaiser Friedrich II und Karkl I von Aniou, Leipzig 1914; cfr. T. PEDIO, Badie, cit., p. 147.

19) A. MOTTA, Da Venusia, cit. p. 140.

20) ivi, p. 86; cfr., R. LICINIO, Castelli medievali - Puglia e Basilicata: dai Normanni a Federico II e Carlo D'Angiò, Dedalo Bari 1994 p. 38.

21) R.M. MOTTA, Sulle tracce, cit., p. 40.

22) A. MOTTA, Materiche, cit., p. 174.

Autore: Testo di Antonio Motta - tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie, 1995

 

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