PRESENTAZIONE
«Franco, tieni, è il CD che contiene le foto del mio nuovo lavoro: "...E
la storia continua" il seguito della raccolta di fotografie su Armento e
i suoi abitanti; dacci un'occhiata e poi fammi sapere cosa ne pensi».
Appena giunto nella mia stanza ho acceso il computer, inserito il CD e ...
via!
Sono rimasto in silenzio mentre le foto scorrevano sul monitor, poi con
gli occhi chiusi mi sono perso in una tempesta di ricordi.
Ricordi della mia infanzia con i racconti delle nonne e dei nonni che a
turno mi raccontavano la loro vita, il lavoro, le abitudini, il modo di
mangiare, il modo di vestirsi.
La povertà! La povertà, sì, la povertà! La povertà dei nostri avi, il
nostro retaggio. Povertà di cui personalmente ricordo di averne vissuto
gli ultimi colpi di coda.
Forse i giovani non mi crederanno, ma è proprio così: finanche i favolosi
anni '70 non avevano niente a che vedere con il mondo di oggi che ci
illude facendoci credere che sia stato sempre tutto così.
Ricordo il giorno che arrivò l'acqua in casa, che festa! fino al giorno
prima mamma e le altre donne andavano al lavatoio comunale o alla
fiumara per fare il bucato! Ricordo il primo televisore, in bianco e
nero, la nostra prima automobile, la "1100" , la mitica 1100 che è stata
anche la mia prima auto.
Poi un susseguirsi di innovazioni, di cambiamenti di abitudini di vita, di
cose che portano lontano anni luce tutti i ricordi: computer, fax,
modem, scanner, internet, e-mail...
... E la storia continua ...
Franco Curto
Sindaco di Armento
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ARMENTO TRA MEMORIA E STORIA
Cenni Storico-linguistico
Le origini antichissime di Armento meritano particolare attenzione perché
questo centro dell'Alta Val d'Agri è situato in un'area dialettale di
particolare importanza per le caratteristiche di arcaicità dell'aspetto
fonetico, morfologico e lessicale del suo dialetto. Antica colonia
gallo-italica, è situato nel lembo territoriale che accompagna il fiume
Agri dalla sorgente alla foce (si getta nel Mar Ionio-Golfo di Taranto)
e che si estende per circa 500 Kmq nel cuore dell'Appenino Lucano.
Si tratta della cosiddetta "Zona Lausberg' che prende il nome da
Lausberg, che insieme a Rohlfs, fu uno dei primi studiosi interessati a
questo dialetto. Era chiamata "Voiposten" ossia avamposto perché,
come affermava Lausberg , "ha un valore decisivo per la valutazione e
la critica linguistica tra l'Italia Meridionale e i Balcani".
Il Bigalke, invece, colloca Armento nella zona centrale delle cinque da
lui distinte, tenendo conto dello sviluppo delle vocali toniche latine.
Oltre alla denominazione delle strade di Armento (Via Pelasgica, Via
Terenzio Lucano) e i resti del castello dove, secondo la leggenda, aveva
dimorato il poeta latino Terenzio Lucano, la prova dell'esistenza del
borgo già in epoca preromana e romana, è la presenza, nel dialetto, di
parole di origine greca. Troviamo, però, il latino come base
linguistica, con componenti longobarde, gotiche, franche, arabe,
berbere, normanne, spagnole e rumene.
Ogni dialetto è, dunque, depositario di fattori politici, storici,
economici, sociali della comunità di appartenenza, per questo ha un suo
fascino particolare e merita di essere rivalutato, come già da tempo
fanno alcuni autori lucani. Lo studio diacronico del proprio dialetto
da' la sensazione di trovarsi davanti ad un fiume che scorre che non è
mai lo stesso e che non è mai solo la sommatoria di abitudini ma
rappresenta momenti di adattamento degli antenati.
Manlio Cortellazzo afferma: "Il dialetto è infine, una condizione della
cultura, anzi ne costituisce il più largo, efficace e frequente mezzo di
apprendimento e di trasmissione... Ritornare sic et simpliciter all'uso
dialettale è tanto utopistico quanto riprendere l'illuminazione pubblica
a gas o quella privata con la candela o col lume a petrolio...."
(1)
Certamente è utopistico l'uso corrente del dialetto, ma si può
rivitalizzarlo così come si farebbe per un bene archeologico col
recupero e la conservazione del patrimonio linguistico. Alcuni
amministratori illuminati già lo fanno: la memoria come ricerca
dell'identità storica.
La convinzione nasce anche da un'interpretazione legoffiana della storia,
secondo la quale per scoprire la storia "presente" del proprio vissuto
bisogna andare a recuperare i motivi che determinano la storia del
"passato" e che rappresentano i sostrati inconsapevoli in ogni coscienza
moderna.
Recuperare, dunque, in termini conoscitivi tradizioni ed abitudini
linguistiche, con una forma di retrospezione dei propri vissuti,
significa recuperare un patrimonio culturale che, per tanta parte, ha
contribuito a delineare la storia della propria comunità.
ANGELA DIBUONO
(dal volume "La ricerca dell'identità", A. Dibuono 1999)
1 - M. Cortellazzo, La Nuova Tribuna letteraria, Abano
Terme (PD), pag.16, n.42.
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Interno Chiesa di
San Vitale - Armento |
IL MAGGIO DEI
RICORDI
(Chiesa di San Vitale - Armento)
A maggio, di sera
I rintocchi del campanile vicino
chiamavano la notte
sui miei capelli intrecciati
tuffati nel vento,
sulle lucciole prigioniere
nelle mie mani,
sui tetti sconnessi, sugl'archi
sospesi su notturni silenzi.
Le volte
affrescate della chiesa
coloravano le mie tristezze di bimba
non siederò più su quei sedili di legno
in un alone tutto mio di silenzio
in attesa delle parole
risonanti di poesia
del mite parroco d'un tempo.
Delle sere di
maggio dell'infanzia
rincorro ancora echi struggenti
di voci e profumi perduti.
A me sola ora
chiedo
se esiste ancora lo stupore d'allora
l'entusiasmo puerile e la curiosità
che mi faceva spiare ogni respiro
della natura e della vita
come nel maggio dei ricordi
che è rimasto lì
all'ombra del campanile.
Angela Dibuono
(dal volume "Spicchi di luna...orizzonti lucani" Edito da Dibuono
Edizioni) |
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PRESENTAZIONE
Con questa
seconda raccolta fotografica dedicata ad Armento e agli armentesi
l'autore, Gianni Di Capua, vuole comunicare un importante messaggio
cercando di scavare un solco profondo nella memoria collettiva.
Le due pubblicazioni, Imarcord e ...E la storia continua, non sono solo il
frutto di un hobby, di un impiego ottimale del tempo libero;
rappresentano tasselli di un mosaico infinito che si va arricchendo di
anno in anno, mosaico che è la nostra storia: la storia di Armento e
quella degli armentesi dell'ultimo secolo.
Ogni tassello, ogni foto, ogni gruppo di foto è legato ad avvenimenti, a
storie e circostanze di vita quotidiana, magari monotone, fors'anche
banali, ma che riscopriamo e riviviamo con entusiasmo e commozione
apprezzando la semplicità, la operosità, la umiltà e la eroicità di quel
vissuto.
Questi due volumi, Imarcord dell'agosto 2002 e ... E la storia continua
fresco di stampa, oltre che un viaggio nella memoria sono un atto di
amore e di giustizia verso tutti gli armentesi, famosi ed anonimi,
potenti ed umili, tutti comunque tenaci, onesti e laboriosi, che si sono
sempre adoperati per dare un contributo alla Società senza ricevere, il
più delle volte, riconoscimenti o gratificazioni. Queste foto parlano
direttamente al cuore: testimoniano momenti di vita vissuta con
tribolazione, con modestia, con fantasia, con religiosa rassegnazione,
con amore per il prossimo, con rispetto per le istituzioni, con
dignitosa miseria o dignitoso benessere.
Da queste foto vengono fuori i valori autentici della civiltà
agro-pastorale di buona parte dei paesi lucani, le radici profonde degli
armentesi: il senso del dovere e di appartenenza ad uno Stato Unitario
(quanti giovani armentesi hanno volontariamente partecipato all'Unità
d'Italia arruolandosi con Garibaldi, quanti si sono sacrificati per
difendere i confini e l'integrità nazionale nelle tante, troppe guerre
succedutesi all'Unità d'Italia), l'amore per la famiglia, il rispetto
per gli anziani, la sacralità dell'amicizia, l'attaccamento al lavoro
ovunque, la "cultura del vicinato" e la "cultura dell'accoglienza" oggi
tanto di moda,
Osservando queste foto mi viene in mente una canzone di circa quarant'anni
fa di Enzo Ierardi "I luoghi parlanti" in cui un vecchio (Armento) si
rivolge ai giovani (armentesi) sfogandosi così:
Tu
sta(e)i cantènn què e-t' ng' agg(e) katacquòt
nun t(e) ne puoi scappè, nun fa vrè quanta sì ciuòt'
e stamm' a sent mo', fors' tu nun m(e) canusc'(e)
ma su' u pais' tu-u e s(e) parl' m(e) capisc'(e)
Quann' tu jer' appena net, ohi quanta gent a ra què s' n'è scappet.
Cumm' m(e) vir' mo', ij su vecchj e scalcagnèt
e tu ca s' dottor' nun puòi sanè quistu malèt ...
quill' ca fec' mel nun jè pò tant' à v-cchiej(e)
jè ca nun tengh' cchiù chi m(e) fec' cumbagnie
e' u viern morija picch'a picch' ca m'è r-mast' chi jè vecchj o tropp'
zicch'.
A dec' u' ver ij' n'agg(e) mei p-ss'rut assei
e a l(e) figl(e) mej n'agg(e) fatt' passè (h) uèi
agg(e) circhet pèn a chi ten pur' u ches'
e a dec' u ver' semb' anguna cosa m'ha pr-mmis
ma intant"o figli(i) fann' grann' e hanna mangè
e p' chiss' s'(e) n' vann'...
E tanta tiemb' fè, ij nun era propri(e) brutt'
tu nun tu puoi p-nsè ca m(e) vir' cum' su' r-ddutt'
e m(e) ven' ra chiang'(e) quann' pens' a tiemb antich'
quann' què `ng'era 'a gent e faciàn cum a pich'(e)
Mo vegh' 'o fi'gl(e) mei quann' ven 'u mes r'aust'
hann' cangiet' faccia, ca j manch' l'(i) canusch'
ma su' cuntent' assei s'(e) l'(i) vegh ca stann' bbuon
e l(i) vuless' rè tanta ves' a un a un ...
m'hann prummis sold' p l'(i) fè turnè
ma nu `ngi creh' ca l(i) pozz' fe campè...
Cosa è
stato fatto negli ultimi 50 anni per Armento e per gli armentesi?
La risposta non sta' a me darla, ognuno ne avrà una appropriata, valida.
L'unica constatazione oggettiva è che dagli inizi degli anni '50 ad oggi
il paese è andato sempre più spopolandosi e gli armentesi hanno
contribuito notevolmente al progresso e allo sviluppo di tante città
europee ed americane "asservendo le prosperose braccia ed il proprio
ingegno a meno ospitali contrade".
Analizzare nell'era del "Computer in ogni casa" le foto scattate con
apparecchiature di fortuna, nel senso che era una fortuna possederne
una, fa tanta tenerezza. Infatti, le foto rivelano il candore,
l'ingenuità, il vezzo di "posare" oltre al tentativo di carpire la
tecnica e il segreto dei grandi fotografi.
Ed ora voglio brevemente commentare le foto dei miei coetanei, giovani che
non avevamo a disposizione sale di posa o saloni di aggregazione o sale
di teatro per divertirci! Ci arrangiavamo con la nostra fantasia, con le
nostre regie piene di inventiva, con il cinema di mast'Antonio, con la
saletta della Madonna del Carmine o con il salone dell'Edificio
Scolastico; non andavamo in gita a Capri o alle Baleari o in Costa
Azzurra, ma a la Jumèr' o a lu Tonz' r' Viulin'; i nostri pellegrinaggi
non erano a Fatima o a Lourdes ma alla Madonna della Stella o al
Capannone; non avevamo a disposizione biblioteche o ludoteche o
discoteche, ma ci accontentavamo del Circolo CRAC, delle Feste di
Diploma o di Laurea, dei Veglioni improvvisati con giradischi, a volte a
batteria, perché dove si ballava non c'era la corrente elettrica.
.... "E tutto era più bello ..." hanno cantato qualche anno dopo i Dik
Dik.
Le nostre colonne sonore erano i complessi "The Black Hand", "L'autostrada
ad una corsia", "Il Frutto Nuovo", "La Famiglia Otis": tutta gente che
faceva musica dal vivo.
I nostri idoli erano Frank Angerosa, detto Zappa perché zappava sulla
chitarra (rompeva non meno di due corde per serata), il "tastierista"
(perché soleva tastare tutto) Vincenzo Solimando, "i percussionisti"
(che erano anche i buttafuori) Peppino e Tonino, i chitarristi Gianmario
e Luca, "The Voices" Enzo, Peppinuccio e Nunzio. E che dire delle
"Spalle di piazza" quali Giacomino e Pinuccio!
Ogni pagina d'album che si sfoglia è un ricordo, una pillola contro il
Morbo di Alzheimer, un mezzo terapeutico per tener sotto tensione i
recettori nervosi e sentirsi sempre e continuamente circondati da amici
e da luoghi cari pur se distanti.
Grazie Gianni per questa immensa "Agorà" che ci consegni permettendo
collegamenti con persone e cose a noi care senza costringerci a star
davanti ad un monitor e a tentare connessioni impossibili.
Non barattiamo i valori "umani" in cambio di una contagiosa apatia, di un
tecnicismo esasperato, di una scarsa o nulla partecipazione alla vita
attiva e decisionale, di un progresso miope che ci lascia alle spalle
solo desolazione, eredità purtroppo di nessun valore per le future
generazioni. Cosa fare? Francamente non lo so.
Da solo l'individuo non può far cambiare o invertire un certo "andazzo",
bisogna essere uniti, discutere, discutere e ancora discutere e dar
senso alla parola "libertà".
".... Libertà è partecipazione" diceva una canzone di Giorgio Gaber.
Bisogna partecipare alla vita pubblica, discutere insieme e forse qualche
rimedio si potrà ancora trovare.
"Il tempo passato rivive se il presente lo vuol far rivivere".
Nino
Caiazza
|
Lettere a..
Caro
Gianni,
oggi è arrivato il tuo libro. Appena tornato a casa, insieme ad Antonella
e a mia figlia Emanuela, lo abbiamo sfogliato e ci è sinceramente
piaciuto. Ti facciamo i complimenti per questa realizzazione artistica.
E' senz'altro originale l'impostazione e l'uso delle foto.
dott. Angelo Saitta - Villanova Sull'Arda (Pc)
Caro
Gianni,
finisco adesso di sfogliare l'album di foto nelle quali mi sembra di
rivedere il vecchio paese di mio padre, Castronovo di Sicilia, cosi'
come è nei miei ricordi di quando ero bambina. Queste foto sono la
storia di tutti noi. Hai avuto proprio una bella idea: fermarsi per
gettare uno sguardo indietro nel passato collettivo. Complimenti e ciao.
Antonella Saitta
Ciao
Gianni,
abbiamo ricevuto il tuo libro e l'impressione è che ogni paese dovrebbe
avere una testimonianza del proprio passato. Non ci stupiamo che tanti
abbiano trovato interesse alla tua opera. Tutti abbiamo bisogno di
ricordare. Inoltre, con le tue foto abbiamo avuto ulteriore conferma che
l'Italia e' fatta di mille paesi curiosamente diversi ma con troppe cose
in comune: il lavoro nei campi, le processioni, sono simili ovunque e
ogni paese ha dei militari caduti in guerra da piangere. Complimenti.
Vincenzo e Morena Barbieri - Modena
Gent.mo
sig. Gianni,
ci conosciamo poco perchè apparteniamo a generazioni diverse, ma il libro
fotografico edito con il suo interessamento, denota un forte
attaccamento ad Armento e agli armentesi. Ha provocato in me una forte
emozione e fatto riaffiorare ricordi antichi.
Tonino Menna - Asti
|
Telegrammi inviati da
armentesi alla famiglia D'Alessandro, per la morte di Vittorino
(fondatore del convitto "Dante Alighieri", intitolato successivamente al
suo nome), padre di Celeste che fu segretario comunale ad Armento.
21-2-1933
|
Primo documento relativo ad
insediamenti italiani in Sud Africa recuperato dallo studioso Guido
Benigni dell'Università di Roma. L'originale è conservato nel museo
ugonotto di Franschhoesk di Citta' del Capo.
Capo
di Buona Speranza - Giugno gli 3 1833
Cariss.mi Padre e Madre
Fratelli e Sorelle
Dopo
tanti anni che desiderai di farvi sapere le mie novelle che vivo, e sto
bene l'opportunità mai mi fu offerta come la presente. Come parte da qui
il Sig.r C.F.Drege, Naturalista, e Speciale di Medicina di Nazione
Germanico e mio intimo amico mi hà promesso di farvi avere questa mia
lettera, come che noi non possiamo far passare dà qui dritto al Italia
le lettere senza pagare il dritto di franco a Londra, le lettere non
vànno che da qui fino a Londra e poi restano se no ci stà un
corrispondente che paga il franco per far che vaddino al loro destino.
Così mii parenti voi crederette che io fui ingrato, e per che non vi ho
scritto più sovente o più d'ora.
Padre e Madre cari sapete dopo che sono partito d'Armento 25 di 7bre per
Napoli sono andato in Spagna, subito dopo fui fatto prigioniero e
trasportato in Ingelterra e a forza fatto soldato nel detto Servizio; e
depo 3 Mesi di soggiorno in Ingelterra il Regimento dove che io era fù
mandato al Capo di Buona Speranza, e avendo servito 6 anni e 3 mesi e la
pace fù fatta hebbi il mio congedo, ma nel tempo che io era al servizio
qui al Capo ho appreso il mestiere di calzolaio che mi fece profitto, e
quando hebbi il mio congedo mi sono stabilito in un Borgo distante della
villa del Capo 40 miglia e cominciai non solamente il mestiere di
calzolaio ma anche il conciatore di pelle, così che con tutte e due mi
fu di gran profitto con la gran bontà di Dio. Ho comprato un terreno
dove che sono, e uno non tanto distante da dove io sto dove l'uno mi da
vino e l'altro grano. Di più addopo ho messo una becheria e un molino a
grano così che combinando tutti gli profitti potete considerare che mi
hanno fatto una fortunetta che sempre devo ringraziare il gran Dio della
sua gran bontà. Con tutte queste Cariss. Parenti dovete sapere che poco
dopo il mio congedo ho fatto matrimonio con una signorina di nome
Catarina Carlotta Theron della stirpa Germanica, e Dio mi diede una
buona e brava consorte e al 1818 Dio mi diede dal frutto del mio
matrimonio una fanciulla "col nome che diedi della gran Madre" che si
chiama Gertruda Catarina Catoggio, e faccio il possibile di dargli una
buona educatione, e non lascio nessuno sparmo per compire tutto quello
che si deve fare per bene educarla e come è estremamente buona in tutte
le maniere sempre fa gioja a un padre e madre quando Dio ni benedisce
con una tale che possiede tutto che si può desiderare. Parenti carissimi
voi desiderarete le novelle di questa parte del mondo. Il Capo di Buona
Speranza è una bella Città che contiene 18 Mille persone "di dire
schiavi e Liberi". Gli abitanti bianchi sono la più parte della stirpa
Olandesi, Francesi e Germanici. Il climate del Capo è nell'inverno
moderato, il thermometer non và più basso che a 55 gradi Far.t a 10
Gradi Reauter qualche volta un poco più basso, nel estate da 80 fino a
90 gradi Far.t e a 100 gradi a 30 gradi Reauter ma non sovente, come che
abbiamo nel estate sempre un vento forte che soffia del levante che
tante volte soffia terribilmente, ma come noi che siamo accostumati non
ci pensiamo molto, perciò fa che queste parti sono salubri e non abbiamo
malattie epidemice. Qui abbiamo tutto cioè vino in abbondanza, grano di
tutte le sorte, e frutti in quantità. Il vivere è a bon patto carne e
pesce in abbondanza, e a buon mercato che uno che è industrioso può
vivere onestamente e sempre avere quale di più nei bisogni urgenti.
Tanti Inglesi si sono stabiliti qui ma a la distanza del Capo a 700 miglia
più di 5000 milla e fanno bone; nei primi anni hanne avuto molti
ostacoli a sormontare, essendo collocati vicino alle terre dei nativi
che si chiamano Cafferi e non conoscendo le stagioni "come che qui il
più corto giorno da noi è il più longo qui così è vice versa nella
stagione l'inverno qui è l'estate da voi" così fu la cagione di tanti
ostacoli nel agricoltura ma addesso va meglio, e fanno bene hanno
commercio dritto dei loro prodotti che consiste in lana, pelli, corni di
bovi, denti di elifanti e tante altre cose, che col tempo farane bene
gli loro affari. Altro al presente non abbiamo di impartirci che
aspetiamo tutti gli giorni l'Ordine del Parlamatto di Ingelterra per
fare Liberi tutti gli schiavi, che ci farà molte danno a noi tutti,
perché qui il lavoro è fatto dai schiavi, e che essendo fatti Liberi non
vogheranno più lavorare come prima. Io che ne ho quattro schiavi, se
fatto Liberi "o si bene che il Governo promette di pagare per la loro
libertà" con tutto ciò non darà mai il prezzo che costano: come che qui
ce ne sono che costano 3 a 4 mille dollari del Capo (che è moneta
d'Italia un mille dollari del Capo vale 2650 L. moneta di Italia)
considerate che somma enorme che pazandoli al valore il governo deve
fare. Così siamo al presente in un dilemma di fastidio non sapendo come
reussirà a vedere il risultato di questo cambiamento. Dunque cariss.mi
Parenti tutto è quale vi debbo notificare del Capo, e nel istesso tempo
vi debbo dichiarare che in questo mondo insieme non ci rivedremo (come
che io sono collocato sarebbe stolto di lasciare queste parte dove che
io fò bene) così rimetto tutto a voi cari, e a miei fratelli, e sorelle
mi dichiaro escluso in tutte le maniere di profitto in favore dei miei
fratelli e sorelle. Nel istesso tempo debbo conchiudere con tutta la
stima dovuta a un Padre e Madre carissimi fratelli e sorelle augurandovi
tutti gli beni celesti e mondani pregandovi di essere ricordato nelle
vostre preghiere che Dio vi dia longa vita e salute volesi per l'anima
come per il corpo, e senza mai finire col cuore continuando sempre nella
mente mia con gli gran rispetto a tutti voi abbracciandovi.
Addio
tutti carissimi
Sono vostro affez.to figlio
Rocco Catoggio
PS
Gli Individui qui sotto
desidero del più gran
rispetto e complimento
la cara mia sorella Rosa Lucia
il mio fratello Simeone
il mio compare Don Pasquale Cassino
Don Guglielmo Cassino
Don Cola Cassino
Don Giuseppe Mazziote
Don Vincenzo Mazziote
Famiglia del sig.Tortorelli e tutti gli parenti e amici addio.
Chiedo risposta di questa e dirigete come la direzione che stà qui dentro
e scrivete il nome alla maniera inglesa.
Al
sig.r Biaggio Catoggio
a Armento
nel dipartimento di
Napoli provincia di
Basilicata
Italia |
dirigete così
Aan De Heer
R: Catorzia
Paarl
Cape of good Hope
Afriica |
|
Studio archivio parrocchiale dal 1640 al
2000.
(c'e'un vuoto dal 1652 al 1688 per la mancanza di due volumi)
I cognomi
piu' diffusi sono:
Pascarelli=1.070 - Ierardi=786 - Catoggio=753 - Baiona=681
cognome
e nome piu'comuni:
Pascarelli Maria Giuseppa=40
Pascarelli Anna Maria=32
Pascarelli Filippo=31
Ierardi Giuseppe Antonio=27
Baiona Maria Giuseppa=27
Ierardi Anna Maria=27
nome
piu' comune: Maria Giuseppa=649 - Anna Maria=623
nome
piu' lungo:
Saponara Francesco Rocco Ignazio Vittorio Liberato Trieste.
altri
nomi relativi a conquiste di guerra:
Ierardi Adua, D'Amato Carlotta Axum.
nomi
con accostamenti particolari:
Rosa Margherita di Giacinto, Vittoria Fortunata, Vittoria Benedetta,
Pasqua Benedetta, Grande Nevicata.
Per i "trovatelli"c'era
scarsa fantasia. Si va dai nomi dei mesi in cui c'è stato l'abbandono
(da Gennaio fino a Ottobre), ai luoghi del ritrovamento (Francavilla,
Cuccovia, Vianova), ai segni zodiacali (Sagittario, Scorpione), ai nomi
beneauguranti: Bellanata, Bonasperanza, Simpatica, Speranza). I più
"sfortunati" in tutti i sensi sono stati: Giuda Disastro e Leone Scarso.
anno
con piu' nati: 1819=142 - con meno nati: 1985=4
Ulteriore
curiosità: il nome Mario compare la prima volta nel 1851, ma è dal 1921
che diventa piu' comune.
Per quanto riguarda i cognomi, ci sono stati varie trasformazioni nel
corso degli anni. Ad esempio, in origine, il cognome Ritunnano era
Rotondano, poi Ritundano, quindi Ritunnano.
E poi, Turturella divenne Tortorelli, Ierardi si trasformo' prima in
Irardo, poi in Irardi per poi ritornare Ierardi. C'è poi il caso di due
gemelli, uno registrato come Pascarelli, il secondo come Pascarella.
|
Elenco degli Arcipreti
(da una ricerca iniziata da Giuseppe Martino)
D.
Giovanni Antonio Ferri - 1327/1344
D. Cirillo Brincieri - 1420
D. Antonio Aliano - 1434
D. Giovanni Martino - 1455
D. Leonardo Romano - 1533
D. Luca Mirabile - 1553
D. Marcantonio Mirabile - 1556/1580
D. Ascanio Mirabile - 1580/1593
D. Luca Ferro - 1593/1608
D. Giovanni Michele Raimondi - 1608/1616
D. Matteo Soldano - 1616/1638
D. Paolo Mazziotta - 1640
D. Lelio Ferro - 1641/1668
D. Ottavio Caradonna - 1676/1685
D. Paolo Donnino - 1687/1697
D. Cesare Blanco - 1703/1737
D. Ettore Ferro - 1738/1782
D. Michele Sassone - 1784/1822
D. Nicola Defilippis - 1829/1858
D. Francesco Maria Salvati - 1858/1883
D. Giacomo Pascarelli - 1886/1909
D. Vincenzo Viola - 1909/1916
D. Giuseppe Di Biase - 1916/1930
D. Nicolo' Pascarelli - 1930/1949
D. Domenico Angerosa - 1949/1992
D. Nicola Balzano - 1992/1994
D. Nicola Urgo - 1994/1996
D. Pietro Zambrino - 1996/2001
D. Giuseppe Soccio - 2001
|
Ciao Piero
Amico
indimenticabile, Compariello acquisito e tanto stimato. Ricordo il
giorno della tua Cresima (tantissimi anni fa), quando un momento prima
ho fatto da padrino al tuo carissimo padrino Peppino Ierardi "della
latteria". Sicché avevamo amabilmente deciso sin d'allora di chiamarci
compari e rispettarci tali.
Ricordo le mie frequenti venute da Roma dov'era il tuo impegno lavorativo
in qualità di "Educatore" nel carcere romano di Rebibbia, quando mi
raccontavi delle tue particolari esperienze vissute con "i tuoi
carcerati". Ho vissuto la toccante visita del Papa al carcere stesso nel
tuo dettagliato racconto; io che l'avevo seguita attentamente in
televisione.
Ricordo le tue voci scarpinate per il corso di Armento nel tentativo di
organizzare un concertino con la tua band o uno spettacolo di varietà
estivo per poterci divertire e divertirti. Ci sei sempre riuscito molto
bene!
Ricordo le cenette gaie e spensierate trascorse con tutti i nostri amici,
con "la compagnia di sempre" che ti ha stimato e voluto tanto bene.
Ricordo la cena (ahimè ultima) del 3 gennaio di quest'anno (fatta anche
per me) al ristorante "Eco del fiume" di Moliterno, le tue simpatiche e
brillanti barzellette, la tua gioia genuina in tutta la sua effusione
per avere intorno a te tutti i tuoi amici e persone care, i tuoi
progetti per l'anno nuovo che s'iniziava. Purtroppo è sopraggiunta
sfortunatamente la morte improvvisa, prematura ed ingiusta. Si pensava
già a come festeggiare i tuoi primi cinquant'anni, ricorrenti alla fine
di quest'anno.
Ricordo venerdì 21 marzo u.s., quando ad Armento si è saputo del tuo
decesso improvviso in Roma, la disperazione della tua famiglia e
l'incredulità degli amici tutti.
Ricordo il giorno del tuo funerale, la commozione profonda della tua
Armento e di tutti quelli convenuti da Gallicchio, da Corleto P., da
Moliterno, da Viggiano, da Villa d'Agri e da tanti altri paesi per darti
un ultimo, caro, personale saluto.
Le esequie officiate nella Chiesa Madre di Armento alla presenza di una
immensa folla.
Ricordo l'omelia di Mons. Don Mimì Angerosa, intrisa di misticità e
rassegnazione che sicuramente ti ha accompagnato degnamente in cielo da
tuo padre, facendoci dimenticare per un solo attimo che egli è un tuo
caro zio.
Ricordo quella bara portata a spalle da tutti i tuoi amici per l'ultima
tua passeggiata prima in piazza e poi alla fontana lunga. C'eravamo
proprio tutti.
Che bruttissimo ricordo!
Termino qui perché voglio serbare di te, caro Pieruccio, un bellissimo
ricordo di compare rispettoso, di amico simpatico, di persona gioiosa e
cara.
CIAO
PIERO!
Armento, 7 Aprile 2003
Pinuccio
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