Tra il VI e il V sec. a.C. alcuni popoli
osco-sabellici invasero da nord le valli lucane e fra questi (come
attesta Plinio) i Grumentini.
E’ probabile che, prima ancora che
venisse fondata dai Romani la colonia militare di Grumentum, esistesse
un centro indigeno con lo stesso nome.
Distrutta la città romana dai Saraceni,
in più fasi, sul finire dell’anno 1000, la parte più consistente dei
superstiti trovò rifugio sull’antistante colle di Saponara.
Infeudato dai Normanni intorno al 1060,
conobbe quale primo Feudatario Roberto d’Altavilla, Conte di
Montescaglioso.
Tolto al figlio Guglielmo, per la
ribellione contro il Re Ruggiero II, venne assegnato alla famiglia dei
Fasanella.
In epoca sveva (1246) troviamo Saponara
sotto il dominio di un Tommaso di Fasanella che, a sua volta, avendo
partecipato alla congiura di Capaccio, si vide confiscato il Feudo da
Federico II.
Anche Manfredi fece saccheggiare la
cittadina da bande di Saraceni perché i Sanseverino, che ne erano venuti
in possesso nel 1254, parteggiavano per gli Angioini.
Carlo I d’Angiò restituì nel 1267
Saponara a Ruggero Sanseverino, Conte di Marsico. Con i Sanseverino, che
lo tennero ininterrotamente sino al 1806, il Feudo conobbe periodi di
grande splendore ma anche di decadenza. Il ramo dei Sanseverino di
Saponara raggiunse la massima potenza nel 1622, allorquando divennero,
con Luigi, Principi di Bisignano, primo Principato del Regno di Napoli.
Agli inizi del 1700 raggiunse una certa
notorietà Aurora Sanseverino, poetessa dell’Arcadia romana, andata
sposa a Niccolò Gaetani d’Aragona, Principe di Laurenzana.
Cessata la Feudalità nel 1806, Tommaso
di Saponara fu nominato da Giuseppe Bonaparte, Ministro del Regno di
Napoli.
In epoca risorgimentale partecipò
attivamente ai moti liberali del 1820-21 (con Gherardo Ceramelli), del
1848 (con Antonio De Cilla) e all’attività mazziniana del 1853 (con
Giulio Cesare Giliberti).
Rasa al suolo dal sisma del 1857, che
fece più di 2000 vittime, fu interessata, anche dal fenomeno del
Brigantaggio, durante il quale si segnalò Donato Toscano (alias
Caronza) e Diego Di Rago (alias Lineo).
Itinerario nel centro
antico
Punto di partenza dell'itinerario
consigliato è Largo Umberto (lungo il Corso Vittorio Emanuele), in epoca
medioevale chiamato “Lo steccato”, in quanto i Conti vi tenevano
i cavalli alla stanga.
Qui si possono ammirare la Cappella
Giliberti , risalente al 1860 e i resti dell'imponemte Castello
San Severino , dell’XI sec., la cui scuderia conserva una serie di
affreschi settecenteschi dai pittori Perrone ed Altobella, raffiguranti
degli angeli con lira.
Proseguendo per via Roma, in Piazza
Municipio, s’incontra la Cappella gentilizia S. Caterina (3/a),
con corte antistante e pregevole portale in pietra del 1713. Appartenuta
alla nobile famiglia Ceramelli, presenta una cupola schiacciata con
riquadri dipinti d’azzurro.
Poco più avanti (di fronte alla Caserma
dei Carabinieri) vi è un palazzo cinquecentesco (oggi adibito ad
abitazione privata) ove venne istituito dalla Contessa di Saponara
Isabella Gesualdo l’aristocratico Monastero di S. Giovanni Battista
dell’Ordine Carmelitano (3/b).
Alla fine di via Roma vi è la Piazza
Arciprete Caputi ove, sulla destra, è sita la Chiesetta del SS.
Rosario , del 1680 che presenta sul frontone principale una
decorazione in pietra, simbolo della Congregazione del S. Rosario.
All’interno conserva uno splendido altare policromo barocco, con
pregevole paliotto di scuola napoletana.
Salendo una ripida stradina si giunge
alla Chiesa Madre , ricostruita, dopo il terremoto del 1857, su
un preesistente edificio del 1118. Essa fu consacrata a S.Antonino,
Martire di Apamea. Presenta una facciata di stile neoclassico e conserva
al suo interno, dietro l’altare maggiore, la preziosa reliquia della
Terra mista al sangue di Cristo, importata da Gerusalemme nel 1282
dal Conte Ruggero Sanseverino.
Scendendo da Piazza Arc. Caputi lungo
via Garibaldi, si giunge in rione S. Rocco ove, in aderenza alle antiche
mura medioevali, si ergono gli adiacenti Palazzi cinquecenteschi
Giliberti e Danio, fra cui è collocata la cappella gentilizia di
S. Maria della Pietà. Essa presenta sul portale d’ingresso un rosone
raffigurante la Madonna delle sette spade e all’interno un gruppo
scultoreo che riproduce la Pietà di Michelangelo. Oggi è detta
Cappella Camilla Caputi.
Proseguendo per via S. Infantino si
giunge alla Chiesetta di S. Rocco ,, costruita dopo la peste del
1656, che conserva al suo interno una pregevole statuetta lignea del
Santo.
Ritornando indietro lungo via Sotto le
Mura, che costeggia appunto i resti delle mura medioevali, si incontra
la Chiesetta di S. Infantino ,, antica struttura basiliana del X
sec. d.C., il cui nome all’origine era S. Maria di Costantinopoli.
All’esterno si nota una nicchia quadrilobata con l’immagine della
Madonna dipinta su lamina di rame e all’interno, sulla parete di fondo,
affreschi con i Santi Martiri Cosma e Damiano.
Percorrendo la lunghissima salita di via
B. Maiorino si arriva in rione Clemenza ove è ubicata la Chiesetta
Madonna della Clemenza ,, una volta chiamata S. Maria di Loreto, con
annessa Abbazia di proprietà dei Sanseverino.
Deviando a destra, per una breve
discesa, si ritorna in Corso Vittorio Emanuele. Di qui proseguendo a
sinistra per circa un Km. si giunge al Convento francescano dei
Cappuccini ,. La struttura venne edificata nel 1555 in un luogo ove
sorgeva già la chiesetta di S. Giacomo e S. Filippo Apostoli. Sede di
una ricchissima Biblioteca nel 1734 divenne capofila di una delle tre
Custodie monastiche della Basilicata, quella delle Marine.
Nel
territorio extraurbano occorre segnalare altre emergenze monumentali,
fra cui la Chiesetta Madonna delle Grazie ,, lungo la SS. 103 in
località S. Sebastiano, dell’XI-XII sec. d.C., con un simulacro in
pietra ritenuto molto miracoloso, il Santuario della Salus Infirmorum,
(in località Grumentino), così detto perché nel 1739 fece cessare
un’epidemia pleuritica e il Santuario di Maria di Monserrato, a 6
km. dal centro abitato, ai confini con il territorio di Tramutola.
L'antica città romana di Grumentum ebbe
origine nella prima metà del III sec. a.C., contemporaneamente a Venusia
e a Paestum. Fu un sito militarmente strategico collegato dalla Via
Herculia, alla via Appia, nei pressi di Venosa e alla via Popilia,
nei pressi di Nerulum (Rotonda). Un braccio dell’Erculia da Grumentum
giungeva ad Eraclea, sulla costa ionica.
Tra il III e il II sec. a. C., Grumentum
visse un periodo di grande floridezza economica, nonostante due
tentativi di conquista da parte dei Cartaginesi, guidati da Annone e
Annibale, nel 215 e nel 207 a.C..
La guerra sociale (91-89 a.C.),
scoppiata tra Roma e la Confederazione dei popoli meridionali, fece
sentire i suoi effetti anche a Grumentum che, devastata, conobbe una
lunga crisi economica e demografica.
Assegnata nell’87 alla Tribù Pomptina,
riemerse dalle difficoltà agli inizi della seconda metà del I sec.
a.C.
Durante l'età augustea si ebbe
un’intensa attività costruttiva con la sistemazione dell’impianto
urbanistico, il rifacimento in basoli delle strade e la costruzione di
impianti di acqua corrente con la captazione, mediante un imponente
acquedotto, della sorgente Castagneto di Moliterno.
Di questo periodo è la costruzione del
Teatro, dell’Anfiteatro, del Capitolium, del Macellum nell’area del
Foro, delle Terme imperiali e di splendide Domus.
Fra il IX e il X sec., tre successivi
attacchi saraceni frantumarono l’assetto economico ed urbanistico della
città i cui abitanti trovarono rifugio in luoghi circostanti, meglio
difesi, dando origine a piccoli Paghi, fra cui Saponaria (oggi
Grumento Nova).
Agli albori del Cristianesimo, nel 370
d. C., Grumentum divenne sede episcopale con Papa Damaso, poi trasferita
a Marsiconuovo, allorquando il Vescovo, sotto l’incalzare dei Saraceni
fu costretto a fuggire.
Con l’istituzione della Sovrintendenza
Archeologica di Basilicata nel 1964 e l’arrivo di Dinu Adamesteanu si
diede concreto inizio alla valorizzazione delle emergenze archeologiche
di Grumentum, sfociata nella creazione del Museo Nazionale dell’Alta Val
d’Agri, inaugurato il 16 Dicembre 1995.