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POLLINO: STORIA ED ARCHEOLOGIA


Evidences of the life and rites of ancient hunters, traces of the Metal Age, presence and evocative power of the Magna-Greece civilization, signs of the power of Rome, Byzantine and Longobard defensive works.
  
Una delle componenti caratterizzanti il Parco Nazionale del Pollino è l'estrema varietà di risorse storico-archeologiche e paleontologiche offerte dal suo territorio.
L'area si pone tra Calabria e Basilicata, tra mare Jonio e mar Tirreno, e riafferma una sua unità culturale che travalica ed annulla ogni convenzionale confine amministrativo.
Ai chiari momenti di lettura delle ere geologiche nelle sue rocce e nella morfologia dei suoi rilievi si aggiungono i rinvenimenti di reperti fossili di animali pleistocenici, mentre l'intera vicenda dell'evoluzione dell'uomo, della sua cultura e dello svilupparsi della sua civiltà è testimoniata, nel territorio del Pollino, dalla presenza di una serie di siti che abbracciano tutte le epoche preistoriche e protostoriche, fino al formarsi della civiltà italica e al suo incontro con i colonizzatori greci, fino all'arrivo della potenza romana ed alle successive epoche medievali e, quindi, ancora senza soluzione di continuità, sino ai giorni nostri.
Endemismi floreali, fauna autoctona e, nelle valli del Pollino, è stato anche rinvenuto il corpo quasi completo di un Elephas Antiquus (di tale specie, a livello nazionale, è forse il più importante rin-venimento), un elefante alto quatto metri e, comprese le zanne, lungo sei metri, che viveva circa 700.000 anni fa (tra la glaciazione di Mindel e quella di Riss).
Questo animale fossile è stato trovato in posizione rannicchiata e con una serie di fratture e lesioni che collegano la sua morte ad un evento traumatico. Presumibilmente, considerati i contemporanei sedimenti, anche di natura lacustre che ricoprono il suo corpo, l'elefante, che doveva avere circa trenta anni, è caduto nelle acque di quello che doveva essere l'antico lago pleistocenico del Mercure. L'elefante, insieme con i resti di un più antico Ippopotamus antiquus, è stato rinvenuto nei pressi di Rotonda ed in quella cittadina, nel Museo Naturalistico del Pollino, sono custoditi i resti di entrambi gli animali fossili. L'uomo compare, invece, nello scenario della preistoria più remota, a Celimarro di Castrovillari, in un luogo posto lungo la vallata del fiume Coscile. Questa località ha restituito, inglobati in un banco di travertino, manufatti di pietra scheggiata con la tecnica Levallois riferibili al Paleolitico inferiore o medio, frammisti a resti di mammiferi contemporanei, tra i quali l'uro o bue selvatico (bos primigenius) estinto ormai da secoli. L'estremo stato di frammentarietà di reperti ossei, alcuni dei quali presentano tracce di combustione, di antichi animali selvatici e resti di antichi strumenti di cacciatori paleolitici, svelano ai nostri occhi uno scorcio di vita di uomini di 50, 100 e 150 mila anni fa che effettuano battute di caccia nei territori alle falde del Pollino e bivaccano in riva ad un fiume ed attorno ad un fuoco consumano le prede con i loro primordiali utensili. Ancora più avvincente diventa l'incontro con gli antichi cacciatori paleolitici del Pollino se dalla valle del Coscile ci si porta nella vallata del fiume Lao e ci si spinge, nel comune di Papasidero, fino alla grotta del Romito, uno dei più importanti centri della preistoria italiana. All'ingresso dell'anfratto è stata rinvenuta, su un grande masso, una superba figura di toro incisa con tratto profondo ed uniforme; l'incisione risale a circa 12.000 anni fa ed è la più grande esistente sul territorio italiano, tanto da essere autorevolmente defi-nita "la più maestosa e felice espressione del verismo paleolitico mediterraneo". Tale raffigurazione potrebbe costituire un suggestivo esempio di "bos primigenius" e, quindi, rivelare l'esistenza di tale culto presso la comunità che ivi viveva (secondo tale culto il gruppo che abitava la grotta riconosceva uno stretto rapporto di parentela, o addirittura di discendenza, col tipo di animale rappresentato). Se si tiene presente, invece, che per l'uomo del paleolitico la caccia costituiva uno dei principali mezzi di sussistenza, l'immagine incisa potrebbe avere un valore magico di evocazione dell'animale e di propiziazione per la sua cattu-ra. Sullo stesso masso sono state rinvenute altre figure di bovidi ed il sito ha restituito anche delle sepolture, che svelano antichi riti funebri legati alla caccia.
La vallata del fiume Lao, che conduce all'area tirrenica del Pollino, doveva costituire un'antica via fluviale percorsa anche dall'uomo preistorico. Le indagini, infatti, che si sono susseguite nel sottosuolo della grotta della Madonna, nei pressi di Praia a Mare hanno rivelato l'esistenza della più completa serie stratigrafica finora incontrata in Calabria. I livelli del Paleolitico presentano analogie con la grotta del Romito di Papasidero ed attestano l'avvento, successivo alla razza di Neanderthal, dell'homo sapiens sapiens. Significative tracce dell'uomo preistorico sono ancora state rin-venute nel territorio di Tortora, lungo la fiumara Noce-Castrocucco, ed in quello di Latronico nella grotta L3.
Le successive età dei metalli sono documentate su tutta l'area del Pollino: dal versante calabrese della valle del Coscile, con l'insediamento eneolitico della grotta di Donna Marsilia a Morano, e della valle del Lao, con i corredi tombali dell'età del Ferro di Laino Borgo e Castello, al versante lucano delle valli del Sinni e del Sarmento con i ritrovamenti di ceramica dell'età del Bronzo di Senise e Castelsaraceno, le necropoli enotrie di Chiaromonte e Noepoli e gli ultimi rinvenimenti di Cersosimo.
La colonizzazione greca e fondazione sul Mare Ionio della mitica città achea di Sibari permea il massiccio del Pollino di suggestive presenze elleniche. I traffici e gli scambi commerciali dei Sibariti si svilupparono lungo antichi percorsi di valico e fondo valle sino al Mar Tirreno, ove fondarono la città di Laos, che tanta importanza ebbe per i rapporti della città achea con gli Etruschi. Un'ascia votiva del VI a.C. rinvenuta nel territorio di San Sosti, nell'area della gola che il fiume Rosa si apre tra il monte Mula e la Montea, testimonia, con la sua iscrizione in lingua greca l'antica esistenza in quelle contrade di un santuario dedicato alla dea Era e delle offerte cultuali che ad essa si dedicavano. 
L'ellenizzazione delle comunità indigene del Pollino si evolve nella fioritura di molteplici centri di civiltà italiota, tra i quali quello di Cersosimo, che presenta i resti di una poderosa cinta muraria. È a questa stessa epoca che sembra risalire uno degli ultimi straordinari rinvenimenti effettuati sul massiccio del Pollino: a circa duemila metri d'altezza, sulla vetta orientale della Manfriana, una delle montagne più alte del Parco, sono stati rinvenuti numerosi massi squadrati che hanno dato vita a complessi interrogativi archeologici. Il luogo è alto ed impervio, domina importanti valichi montani, il paesaggio spazia dal mare Jonio a tutta la piana di Sibari, alla Sila e ai monti di Orsomarso. Queste caratteristiche di punto di vedetta e di postazione strategiche spingono ad identificare questi massi con i resti di un insediamento militare lucano o brezio; ma sono state avanzate anche altre ipotesi che, seppure intrise di notevole misticismo, ravvisano nei massi squadrati i resti di un antico luogo di culto. Un rinvenimento del genere a tale altitudine costituisce, ancora e comunque, un affascinante mistero archeologico. L'area del Pollino, però, diventa più tardi lo scenario di cruenti contrasti tra i centri indigeni, seppure profondamente ellenizzati, e le popolazioni greche fino al punto che queste sono costrette a chiedere l'intervento di Roma, nuova potenza emergente del Mediterraneo. I Romani intervengono e dopo qualche decennio consolidano la loro presenza costruendo la via Popilia, la prima strada che, per collegare Reggio Calabria a Capua, attraversa il cuore del massiccio e fissa una delle sue "staziones" a Morano ed un'altra a Rotonda, in cui viene ormai diffusamente individuata l'antica "Nerulum".
La via Popilia continuò, anche nel Medioevo, ad essere una importante via di comunicazione attraverso il Massiccio del Pollino. Fu una strada che utilizzarono anche i pellegrini per recarsi in Terra Santa. Essa superava il valico di Campotenese e nel territorio di Morano passava nei pressi dell'insediamento medievale di Sassone i cui ruderi, ora, ne fanno una suggestiva località archeologica. Il sito è costituito da una collina che sorge sulla destra idrografica del Fiume Coscile. L'area presenta i resti di una cinta muraria di epoca longobarda al cui interno sono distribuiti alcuni edifici sacri e, di recente, sono state rinvenute una necropoli del VII sec. d. C. ed i resti di una chiesetta bizantina del IX-X sec. d.C. Il perimetro mura-rio, che circonda la sommità dell'altura, si sviluppa, con spessore variabile, per una lunghezza di circa 1500 metri e in alcuni punti raggiunge un'altezza di quasi 4 metri; presenta, inoltre, due porte collocate, rispettivamente, lungo il versante occidentale e quello settentrionale. 
I ruderi di un altro insediamento fortificato di epoca bizantina-longobarda sorgono, nell'area occidentale del Parco, sulla sommità di una notevole altura che sovrasta l'antico Santuario della Madonna del Pettoruto e domina la valle del Fiume Rosa. La località è quella dei Casilini di San Sosti, dove fu rinvenuta l'ascia votiva con l'iscrizione greca. Il luogo offre un panorama montano di bellezza incommensurabile e presenta una fortezza, di cui si conservano i ruderi di enormi cisterne per la raccolta dell'acqua, di una cinta muraria dotata di una strategica porta a tenaglia, di poderosi torrioni, di una chiesetta con l'abside rivolta ad Oriente e di diversi altri edifici.
Il comprensorio del Parco Nazionale del Pollino, per ogni epoca che si è succeduta sino ai nostri giorni, è costellato di conventi, castelli, santuari e centri storici di raro ed incomparabile fascino che ne fanno un territorio in cui archeologia, storia, arte e natura si fondono in un insieme unico ed irripetibile.

Testo di  Claudio Zicari                        
 tratto da  "BASILICATA REGIONE Notizie", 2001

 

 

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