La storia
Il nome attuale fu adottato nel 1887, quando si decise di abbandonare
definitivamente il vecchio toponimo di Pietrafesa o Pietrafixa, e di
riconoscere, quindi, che l’origine del paese affondava le sue radici nella
distruzione dell’antica città di Satrianum, i cui abitanti, intorno al
1420, si riversarono nei centri vicini, ripopolandoli (vedi “La collina di
Satriano”). Il suffisso Fixa, ossia “spaccata”, del toponimo originale
derivava probabilmente da una grossa spaccatura che si apre in un monte
vicino, formando un burrone che serve da passaggio a chi da Satriano si
reca a Potenza. L’antica Pietrafesa si sviluppa lungo le pendici e le
falde di tre rocce, o pietre, dette Castello, Piesco e Madonna della
Rocca, sfiorate dal fiume Melandro. Di qui passava il tracciato
dell’antica Via Herculea, strada romana che fungeva da collegamento tra l’Appia
e la Pompilia, consentendo di raggiungere questi luoghi così interni ed
aspri. Fu contea normanna e, fedele agli Svevi, partecipò alla rivolta
ghibellina del 1268 contro gli Angioini. Ridotta alla ragione da Carlo d’Angiò,
fu da questi infeudata a signori a lui devoti, decadendo al rango di
casale di Satrianum. Successivamente al 1420, fu assegnata da Alfonso
d’Aragona ai Caracciolo. Partecipò ai moti insurrezionali del 1799,
combattendo valorosamente contro i borbonici.
Cosa vedere
La visita si presenta interessante per alcuni edifici baronali del
XVII e XVIII secolo, tra cui si segnalano palazzo Abbamonte, in via
Piazzile, dal portale settecentesco, semidistrutto dal terremoto del 1980;
Palazzo Pignatelli, con portale del 1542; il bel Palazzo Loreti,
in via De Gregorio, appartenente ad una ricca famiglia del ‘700,
recentemente ristrutturato e oggi sede del Municipio; il Castello o La
rocca dei Poggiardo, in via Castello, anch’esso gravemente danneggiato
dal sisma dell’ ‘80.
La Chiesa Madre è intitolata a “San Pietro Apostolo”.
Rifatta in forme moderne, lì dove sorgeva la chiesa originaria del 1600,
conserva il vecchio campanile, alto 37 metri, ed eseguito su disegno del
Vescovo della Diocesi di Satriano, Caramuel (1637, 1663). Da notare le
pareti interne ed esterne in pietra lavorata, ricavata dalle cave presenti
in tutto il comprensorio del Melandro. All’interno, si conserva un mezzo
busto in legno del Patrono San Rocco, di Giacomo Colombo, alcune pale in
legno raffiguranti l’Addolorata e San Giovanni e una croce lignea opera
dello scultore Vincenzo Musner di Ortisei. E’ nel centro storico la
Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, o dell’Assunta. La sua
edificazione risale al XII - XIII secolo.
E’ detta anche chiesa vecchia probabilmente perché funzionante come
parrocchiale fino al 1600, e poi, fino al ‘700 adibita a luogo di
sepoltura. Presenta un’interessate soffittatura, a capriate in legno, e un
sarcofago in pietra, recante lo stemma dell’antica città di Satriano, che
conserva le spoglie del Signore di Pietrafesa, proprietario delle terre di
Satriano, Tito e Sasso. Ancora all’interno, oltre ad alcune pietre tombali
e ad immagini raffiguranti la “deposizione”, sono da notare le tele di
Giovanni De Gregorio, detto il Pietrafesa, pittore nato a Satriano nel
XVII secolo, le cui pregevoli opere si ritrovano in molte chiese della
Basilicata. Da visitare è la Madonna della Rocca, nel rione Santa
Maria. Si tratta della cappella quattrocentesca del Vescovo di Satriano,
la cui particolarità sta nell’essere un tutt’uno con la roccia, sulla cui
sommità è posta la campana, detta del Piesco, che in passato, secondo
antiche credenze popolari, veniva suonata per allontanare i temporali. La
cappella presenta un pregevole portale di ingresso in pietra lavorata,
sormontato da una lapide e, all’interno, un altare maggiore sempre in
pietra. Risale al 1500 la Cappella di San Giovanni, situata
nell’omonima località, sulla strada che conduce a Contrada Isca.
Ristrutturata dopo il sisma dell’ ‘80, si segnala per la presenza,
all’interno, di uno dei pochi, se non l’unico, affresco del Pietrafesa.
Lasciato il centro abitato e percorsi pochi chilometri sulla SS.95 per
Brienza, si giunge al Santuario della Madonna delle Grazie, situato nella
contrada omonima. L’edificio, del 1826, è stato recentemente restaurato a
cura della Soprintendenza ai monumenti di Potenza e costituisce la meta
dei festeggiamenti in onore della Madonna delle Grazie, il 2 luglio.
Escursioni In direzione Sud-Est, fuori dell’abitato di Satriano, è
possibile effettuare un’ interessante escursione al Bosco Ralle
(indicazioni a sinistra dell’incrocio sulla strada proveniente da Satriano).
Lungo la salita si incrociano un fontanile e un Casone ben conservato. Il
bosco offre ampi spazi aperti, tra le sue alte piante di faggio, adatti al
pic-nic (un’area è stata appositamente attrezzata), ed inoltre la
possibilità di pescare le trote nel bacino artificiale di Ralle. Seguendo
la strada comunale del Bosco Ralle (che in realtà è uno sterrato), si
scopre un suggestivo angolo naturale lì dove il sentiero sbuca al centro
di una gola, posta a 894 metri, in cui è stato creato un laghetto
artificiale sul corso del Melandro. Altrove il bosco si fa più selvaggio,
divenendo quasi una foresta inestricabile di aceri, faggi, querce.
Eventi e manifestazioni
L’evento di principale richiamo anche per i centri vicini, è il
Carnevale di Satriano. Considerato uno degli ultimi riti arborei
sopravvissuti nella loro integrità, prevede la presenza di alcune maschere
ricche di simbolismi. Sono, ad esempio, il romita (o eremita), avvolto e
ricoperto di tralci di edera, raffigurante il satrianese rimasto,
nonostante la povertà e le difficoltà di questi luoghi, nel suo paese
natio, e l’orso, vestito di pelli di pecora o di capra, l’emigrante che ha
fatto fortuna lontano dalla sua terra e che torna per questo rivestito di
pelli pregiate, ma ormai isolato dai suoi paesani, e perciò muto. Maschera
particolarmente sentita a Satriano è quella della Quaresima, che ha il
compito di portarsi via, in una culla in equilibrio sulla propria testa,
il carnevale ormai finito. L’insieme ricorda la vita dura di questi
contadini che, costretti a lunghi percorsi per raggiungere i campi,
usavano portarsi dietro i loro bambini in una culla sulla testa. Le
maschere girano per il paese raccogliendo regali, ma soprattutto cibarie e
vino.
Il 2 luglio, nella campagna intorno all’omonimo santuario, si svolgono i
festeggiamenti per la Madonna delle Grazie. In quest’occasione si
preparano le “cende”, ossia tempietti votivi, ottenuti intrecciando spighe
di grano su una base circolare forata al centro, ornati con nastri
colorati e figurine sacre. Le “cende” sono caratteristiche di molte
processioni in onore della Vergine, ma possono variare per dimensioni o
materiali, così da essere più o meno alti, o fatti di materiale diverso,
come ad esempio, in alcuni paesi, di candele di cera.
Le cende, a Satriano vengono preparate anche in occasione della festa del
patrono, San Rocco, che si svolge il 10 agosto. Tutta la settimana, che va
dal 10 al 16 agosto, è ricca di manifestazioni organizzate per promuovere
il patrimonio artistico e culturale locale e, al tempo stesso,
intrattenere i tanti turisti che affollano il centro. Oltre alle sagre
gastronomiche, quali quel la del Coniglio, che è una pietanza
caratteristica della gastronomia satrianese (soprattutto in passato c’era
l’usanza, durante i banchetti nuziali, di servire un coniglio ripieno ogni
quattro persone), della Trota, o del Fagiolo nano, prodotto tipico del
luogo, vengono organizzate visite al Museo archeologico “Satriano le
Origini” e al Museo della Civiltà contadina. Nelle vie del centro storico,
sulle facciate delle abitazioni, artisti eseguono quei murales che ormai,
dal 1982, costituiscono una caratteristica del paese e che, spesso,
parlano della storia di questi luoghi, delle sue credenze magiche e dei
suoi riti e mestieri in via di estinzione (l’arte del ricamo, della
lavorazione del giunco, un tempo raccolto nelle paludi, e poi lavorato per
ottenere ceste per i più diversi usi; della lavorazione del legno). In
quest’ambito si svolge inoltre il premio pittorico De Gregorio, intitolato
all’artista detto il Pietrafesa, originario di Satriano che operò in
Basilicata tra il ‘600 e il ‘700.