Anzi
(Anxia)
Anzi è un'accogliente, ospitale e caratteristico paese, di circa 2000
abitanti, con una superficie di 78 Kmq. Merita di fregiarsi del titolo di
" città " per via delle sue origini e per documentabili precedenti
storici.
Dista 27 chilometri dal capoluogo di regione e confina con Pignola,
Brindisi di Montagna, Trivigno e Castelmezzano da un versante,dall'altro
invece, con Laurenzana, Calvello e Abriola lungo il torrente Camastra. La
quota più alta del territorio di Anzi e' a mt. 1158, in prossimità del "Casone
Gammuzzi" e a quota 1154 mt nei pressi della Groppa d'Anzi. A Mezzogiorno
scorre il fiume " Camastra " che, muovendosi da ovest ad est, affluisce
nel Basente nei pressi di Albano di Lucania. Il clima è continentale.
D'estate fa caldo, l'inverno è rigidissimo e le precipitazioni nevose sono
in genere abbondanti.
Allo sguardo del visitatore, Anzi si impone con tutta la sua ciclopica
mole di roccia nuda. Un nido coeso di case, qualcuna annerita dal tempo,
addossate fra loro quasi a sorreggersi reciprocamente in uno snodo di vie
tutte in forte pendenza, sul crinale di roccia che fa da sfondo, base e
cornice al paesaggio. Osservando dalla sommità del paese i pendii
punteggiati di sporgenza si ha l'impressione di annotare fantastici campi
di battaglia sui quali dei titani furibondi abbiano combattuto
scegliendosi enormi macigni.
Sulla sommità del paese troneggiano i resti di un castello, simbolo e
testimonianza di una Anzi, che in tempi andati deve aver vissuto momenti
di splendore, come ricorda Francesco Rossi storico del luogo, in una sua
monografia del 1877. In base a tale fonte, i Pelasgi, abitanti la città
enotria di Laraia, in epoca remota, quindi molto prima della fondazione di
Roma, avrebbero abbandonato le loro terre in seguito ad un violento
terremoto e si sarebbero trasferiti nella zona montuosa di Anzi, fondando
qui la loro nuova città. Ancora oggi, nel territorio di Anzi esiste una
contrada denominata "Laraia", ove si rinviene numeroso ed interessante
materiale dell'età 'pre-romana: cenotafi, idoli, armi, vasi siculi
istorati, terrecotte e bronzi con chiari accenni alla loro origine osca,
nonché la presenza di rovine e di antichissime mura. Il Bozza, in un suo
studio sulla lucania attesta, che in agro di Anzi venne scoperta intorno
al 1797, tra altre preziose "anticaglie", una importantissima iscrizione
in lingua osca con caratteri greci, ove si legge una disposizione pubblica
sul seppellimento per "casta" nel sepolcreto degli Anziati, chiamati Einca,
dall'osco Eincia, dove poi derivò Einsia, Anxia, ed Anzi.
Ma la cittadella di Anca, si trova per la prima volta menzionata da Tito
Livio in un passo delle sue "Istorie", ove è detto che fu espugnata da
Fabio Massimo al tempo della II guerra Punica.
Questo, infatti, fa ritenere che tale roccaforte sorgesse nella medesima
giacitura dell'attuale Anzi. Dalla caduta dell'impero romano Anzi conosce
un periodo di grave crisi. I Goti la fortificano nel 408 e nel 585 i
Longobardi la occuparono. I Normanni ne fanno un centro importante e anche
Federico II pone il Castello al centro di attenzioni particolari. Nella
guerra tra Carlo d'Angiò e Corradino di Svevia, Anzi abbraccia le ragioni
di quest'ultimo che viene sconfitto. In epoca Normanna, divenne feudo dei
Loffredo, mutando poi spesso signoria. Il conte d'Andria vi stabilì la sua
dimora asserragliandosi in un ben munito fortilizio, che non resistette
però, nel 1133, al impeto incontenibile della conquista del re Ruggiero,
capitolando poi una seconda volta nel 1191 quando aprì le porte
all'imperatore Enrico VI.
Nel 1269 il tenimento di Anzi venne donato a Pietro de Ugot da Carlo I d'
Angiò e successivamente ne ebbero l'investitura i Guevara, finché nel 1568
l'intero paese e contrade passarono in possesso dei marchesi Carafa di
Belevedere.
Soppressa la feudaliatà il 20 gennaio 1810, per ordine della Commissione
feudale, Anzi ebbe il territorio scorporato in varie proprietà. I Carafa
allora, rimasero Marchesi di Anzi solo nominalmente.
E' questo un primo momento tragico della storia del paese. Un secondo Anzi
lo conosce nelle epidemie di peste del 1413,1439 e 1434 "di duemila e più
anime appena ne rimasero cento" (Rendina 1757, 66).
Ancora un tempo critico la cui spiegazione richiede una premessa interessa
Anzi.
Nel 1799 Francescoantonio Pomarici erige l'albero della libertà. La
reazione sanfedista ha il sopravvento e Pomarici esilia in Francia. Non
tutte le truppe del cardinale Ruffo si sciolgono. Alcune di esse si danno
al brigantaggio. "Un orda di anzesi sobillatisi si fanno facinorosi
ministri d'incendi e di sangue:... per quanto infami scovano le campagne,
devastano la città disonorano le famiglie" (Rossi 1877, 38). Vestono di
rosso e sono capeggiati dal chierico don Giovanni Sangiovanni. Paolicchio
Scattone, anzese, guida l'altra banda di cinquecento briganti. E' il 19
luglio 1807: piombano in paese, incendiano alcuni palazzi, gli archivi
comunali ed ecclesiastici, evirano e poi bruciano semivivo il sindaco
Brancati. Piombano allora le truppe francesi, proclamano la legge
marziale, fanno piazza pulita di tutti i briganti. Memori di tale
occupazione militare, nel 1821 gli anzesi si affrettano a far sapere al
generale Roth di non aver promosso alcun moto antiborbonico, così come è
avvenuto a Laurenzana e Calvello. E le truppe austriache non entrano in
Anzi.