Banzi, antico borgo di origini oscane e sannitiche
Dove si trova la Tabula Bantina Osca, prezioso documento epigrafico
Banzi, antico municipio dell'impero romano
Dove si leggono le leggi e le norme della tua civiltà
Banzi, antica sede di una basilica benedettina
Dove si ammirano le opere d'arte e i manoscritti del tuo monastero
Banzi, antica terra di conquiste e di lotte
Dove ogni cosa testimonia il tuo passato
Banzi, oggi sei un tesoro di storia e di cultura
Per il tuo patrimonio artistico, storico e archeologico
Banzi, io ti saluto con rispetto e con stima
E ti auguro un futuro di conservazione e di valorizzazione
BANZI
La cittadina è costruita su un dosso che domina l’alto corso del torrente
Fiumarella, a 558 m.s.m., sui resti di un centro a nuclei sparsi frequentato
dal VI al IV sec. a.C. abitata già nella preistoria. I reperti archeologici
provenienti degli scavi sono conservati in parte presso il Museo
Archeologico Provinciale di Potenza e parte presso i Musei Archeologici
Nazionali di Melfi e Venosa. Tra il III ed il II sec. a.C. diviene Municipio
romano e punto nodale della penetrazione romana nell’antica Lucania. Il nome
della cittadina discende dall’antica Bantia, principale città dei “popoli
bantini”, citata da Livio e da Piutarco per la sconfitta subita dai romani,
al comando dei consoli M. Marcello e T. Quinzio Crispino, contro Annibale
nell’anno 208 a.C.
Nel 1793, nei territori di Oppido Lucano (Pz), viene
ritrovata la “Tavola di Bantia” con una iscrizione, nelle lingue osca e
latina, che riporta lo statuto della città; è una lastra di bronzo, databile
al I sec. a.C., di cm. 26x38 scritta su entrambe le facce e sul retro si
legge una iscrizione latina con un brano della “lex reptendarum” del
periodo dei Gracchi; nel 1968 viene trovato un secondo frammento della
medesima tavola.
Nel centro storico di Banzi sono venuti alla luce una
serie di cippi con iscrizioni latine facenti parte del “templum augurale”,
spazio sacro dal quale venivano tratti agli auspici.
Sull’antico abitato osco-romano è sorta l’attuale
cittadina che mantenne un ruolo importante anche in epoca tardo imperiale;
alla caduta dell’impero Romano esiste a Banzi una delle più antiche
fondazioni benedettine della regione il Monastero di Santa Maria che, nel
797, viene donato, da Grimoaldo III duca di Benevento, all’Abbazia
cassinense. Nel 1075 il pontefice Gregorio VII esenta il monastero
dall’autorità dell’Ordinario Diocesano; l’autonomia del medesimo monastero
induce papa Urbano II, che era stato monaco a Banzi prima di divenire
Vescovo di Ostia e pontefice a consacrare, con propria Bolla, Ursone abate
di Banzi. Intorno al monastero nasce il casale per i lavoratori della
comunità, che raggiunge il massimo splendore nel XII sec. Il sacro edificio
con le pertinenze edilizie occupavano una buona parte dell’attuale
cittadina.
Nel XIV sec. l’Abbazia vive la sua ultima fase
importante con il rinnovamento di fabbriche ed edifici sacri; al termine del
secolo il Monastero diviene Commenda e, dopo i Benedettini, va agli
Agostiniani ed ai Francescani. Essendo molta parte del complesso fittato ai
contadini, i monaci costruiscono un nuovo convento francescano nel 1737
occupando parte degli orti e del giardino.
Nel 1807 la soppressione delle comunità religiose
provoca il trasferimento del grande patrimonio immobiliare e terriero
dell’Abbazia al Comune di Genzano di Lucania di cui Banzi, all’epoca, è
frazione.
Sulla strada che conduce a Palazzo San Gervasio, a
circa due chilometri e mezzo, si costeggia la fonte Nocella, sul lato
destro, che venne identificata con la “Fons Bandusiae” nominata da Orazio
nella XIII ode del Terzo Libro.
Chiesa e Convento di Santa Maria
Gli attuali chiesa e convento sono compresi nel più
vasto perimetro del complesso costituente l’originaria Abbazia benedettina.
Questa, nei secoli, alterna periodi di floridezza ed altri di crisi, con
molte dipendenze a vario titolo; alla gestione della comunità si avvicendano
diversi Ordini religiosi.
La primitiva chiesa romanica, di origine normanna, ha
tra navate absidate, divise da pilastri sostenenti una importante copertura
lignea; ha pavimentazione in mosaico, della quale si sono trovati resti
sotto il pavimento della chiesa del XVIII secolo. Nel XIV secolo viene
rinnovata e di questo intervento rimangono il portale archiacuto d’ingresso
al complesso abbaziale, una serie di bifore superstiti ed alcuni portali
minori con un bassorilievo con la “Vergine in Trono” che è murato
sull’attuale facciata della chiesa ed è datato 1331.
Sul perimetro della chiesa normanna viene ricostruita
la chiesa, a navata unica con quattro cappelle per ciascun lato, presbiterio
e retrostante coro. Sul lato ovest è un portico murato ed inglobato sul
quale è costruito il coro di notte. Nel 1733 iniziano i lavori sotto il
Guardiano, Padre Francescano da Cancellara, con sei muratori della”stessa
Religione, quattro fratelli professi e due terziari” guidati dall’arch.
Giuseppe d’Alicchio.
Alla fine del XVII secolo viene costruito anche il
nuovo convento con la chiesa fulcro ideale e l’edificio conventuale sul lato
destro; quest’ultimo, nel periodo, diviene molto importante poiché è
frequente sede di assemblee, di Noviziato e con uno studio di Teologia e
Filosofia; vi viene realizzato anche un filatoio delle lane “per i frati di
tutta la Provincia”.