Calvello - LUCANIA / BASILICATA - (VISITA LA LUCANIA)

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Calvello

           
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H O M E
CALVELLO


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Città di Calvello
Fosti madre grande,
e luminosa fonte di diritto.
Alle vetuste e antiche genti
Donasti la bellezza di Ebe,
la forza e la pace,
la lode e la scienza dell'arte
e ogni altro bene.


CIVITAS CALVELLI

C aro et vellus, civitas,
A mpla fuisti mater,
L uminosa fons juris,
V etustae antiquae gentis,
E bis pulcritudinem,
L ocasti, et vim et pacem,
L audem et scientiam artis,
O mnia aliaque bona.


CALVELLO

(Caro et vellus = carne e lana) in provincia di Potenza, è il malleolo della penisola ed è posto in una fertile vallata, bagnata dalle acque del fiume “ La Terra”, in un mare di verde, circondata da fitti boschi di faggio, degradanti dal Volturino, la cima più elevata dell’Appennino Centrale Lucano (m. 1.836). L’estensione del comprensorio è di 105 Kmq (...in dieta terra...ampla et populosa) (vedi Diploma di Sisto V). L’abitato si snoda in forte salita, per un percorso contorto, interessante per vicoli stretti e piccoli larghi. Si sale dai circa 600 mt. del Piano, ai 730, con pendenza di oltre il 15%. Per il corso Garibaldi e piazza Sedile, ci si inerpica per via Concezione fino alla vetta, ove sono posti la Chiesa di San Nicola e il “Castello”..
Il percorso offre angoli, archi e vicoli molto caratteristici, fortunatamente non alterati dal tempo. Ci si è come catapultati in tempi remoti, quando sulle viuzze strette e contorte si aprivano finestrelle e porte, attraverso le quali le donne si scambiavano notizie e, pettegolavano di tutti e di tutto; così come oggi le chiacchiere con i vicini non risparmiano nessuno, e i fatti degli altri rappresentano per molti un elemento essenziale al viver quotidiano.
Subito dopo piazza Sedile, ci si imbatte nella Chiesa di San Francesco di Paola che è di proprietà privata, ma aperta al pubblico. E’ del 1717, come rilevasi da uno stemma con la data, posto sul timpano dell’edificio. Il sisma del 1980 l’ha gravemente danneggiata, finalmente dopo tanto tempo sono iniziati i lavori di riparazione. La statua del Santo, titolare della Chiesa, una grossa scultura lignea di notevole pregio, è custodita dai proprietari.
Le origini di Calvello risalgono a prima del 1170, al tempo in cui San Giovanni da Matera mandava i suoi seguaci, raccolti nella Congregazione Benedettina Pulsanese (da Pulsano presso Foggia-Montesant’Angelo nel Gargano), da lui fondata, per le nostre valli, a cantare tra i silenzi e tra il verde, le lodi a Dio e, a strappare alla terra dura ed avara, il pane per la vita.
I monaci fondarono due grossi Cenobi: l’uno di San Pietro “A Cellaria- o Cellularia o Uccellaria”, ora scomparso; l’altro di Santa Maria “De Plano”, tuttora esistente, ma fortemente rimaneggiato, del quale rimane, nelle sue purissime linee romaniche, la Chiesa, per quanto resta della navata centrale.Di grande interesse sono i due portali e una statua lignea dorata, bizantina, raffigurante la Vergine seduta col Putto benedicente fra le ginocchia.
Intorno a questa Abbazia, degradando nella vallata e su per il colle, si sviluppò l’abitato che in breve raggiunse circa 10.000 abitanti. Era classificato: “populosa universitas Calvelli” (Diploma Sisto V sul passaggio di quanto restava dell’Abbazia Benedettina ai Minori osservanti). I Monaci Benedettini edificarono anche una cappella sul Monte Saraceno (2), donde la denominazione del Santuario; una cima di 1.320 mt. alle propaggini del colosso appenninico, in un paesaggio quasi fiabesco, ricco di acque, meta di continui pellegrinaggi e turisti da ogni parte della Lucania e Regioni limitrofe, in cerca affannosa di silenzio e di pace, di ossigeno e riposo, lontani dal bailamme e dalla confusione di un mondo che li strozza; all’ombra di uno sprazzo di cielo puro, che continua a ripetere, dall’alto del caratteristico tempietto, ove sorride la Gran Madre di Dio, i valori intramontabili ed eterni dello Spirito.
Poco lontano dall’abitato, all’incirca 4 Km. di ottima strada, in una gola aspra e selvaggia, sprofondata in un silenzio appena rotto dal mormorio lieve e placido delle acque, con al termine una caratteristica, piccola cascata, sgorgano bolle di acque sulfuree e ferruginose, meta di scampagnate estive, ma più ancora speranza di salute per ammalati epatici o afflitti da incontenibili eruzioni e pruriti cutanei.
Nella Chiesa di San Nicola, nella cappella di San Giuseppe, nella Parrocchiale e nelle altre numerose Chiese, si conservano tele di Federico Fiore detto il Barocci (”Riposo nella fuga in Egitto”), di un grosso pittore che ha lavorato a Napoli per molti anni (San Giovanni, giovinetto), di Guido Reni (Un Cristo Crocifisso), una dolcissima Vergine di Costantinopoli di scuola fiorentina, ma di ignoti; affreschi del 1616 di Gerolamo Todisco e un Trittico su tavole di Simone da Firenze.
Le costumanze caratteristiche del paese sono: le processioni serali della vigilia delle feste patronali con l’accensione dei “f’ ocanoi” al passaggio dei simulacri; la festa dei galli il 17 gennaio e i pellegrinaggi al Santuario del Monte Saraceno che si rifanno ai tempi dei monaci Benedettini.
Attualmente le fitte boscaglie che circondano l’abitato fino a lambirne i margini, ricche di selvaggina, di sorgenti e di ombreggiate radure, sono attraversate da strade che ne permettono un facile accesso e offrono un paesaggio “svizzero” estremamente suggestivo.
Due sono gli avvenimenti di notevole rilievo che hanno caratterizzato la storia civile e religiosa della Città. Il primo fu la resistenza popolare alla dominazione francese di Carlo D’Angiò, stabilitosi a Napoli. Da questa Città partì un forte contingente militare per domare l’insurrezione di Calvello stanca di balzelli sempre più gravosi, e specialmente per gli insopportabili soprusi che ne limitavano la libertà.
Alla Serra Visciglieta (Casetta Bianca), l’orda militare, già in vista dell’abitato, s’imbattè in una vecchietta dal viso scarno, dolce e materno, ma fermo, deciso e forte, che l’esortò a desistere dal proposito d’incendiare il paese, posto sotto la protezione della Madonna della Pietà. La vecchietta venne brutalmente sospinta ai margini del tratturo, e pesantemente insultata. Non l’avessero mai fatto! Perché immediatamente s’accorsero di essere diventati ciechi.
Accompagnati giù al paese, da lavoratori che si recavano nei campi, e portati nella Chiesa Parrocchiale, avanti alla statua lignea della Pietà, riacquistarono la vista e riconobbero nella Sacra Effige le sembianze della vecchietta incontrata lassù. In ricordo dell’avvenimento, la prima domenica di giugno, giorno del miracolo, fu istituita la festa della Pietà, detta dei “Francesi
L’altro avvenimento inerente “ai martiri del 1822”, viene illustrato in altra parte.


1 - Beatissimus ioannes eremita, moribus egregius, parentibus non gregalibus (Regalibus) genitus, Apulia provincia, civitate Matera, oriundus est (ex manuscripto perantiquo codice).
2 - Una postazione militare di grande importanza strategica, per il controllo del flusso viario dal Vallo del Diano verso la Puglia, e per il passo del Volturino.

 

 

da: Calvello "storia, arte, tradizioni" di Luigi De Bonis
su autorizzazione dell'autore