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Maschito è un piccolo centro adagiato su
un colle, chiamato Mustafà a circa 594 m. sul livello del mare ed è situato
a nord-est della Basilicata. Fa parte dell'isola etnica albanese del Vulture
ed occupa una superficie di 45,49 kmq.
Confina a nord con Venosa, a sud con Forenza, ad est con Palazzo San
Gervasio e ad ovest con Ginestra.
Il paese ha un clima di tipo Mediterraneo da cui differisce in parte per la
lontananza dal mare e per fattori di altimetria, perciò rientra nel
sottotipo appenninico.
L'economia è basata essenzialmente sull'agricoltura (in specie coltivazione
della vite e dell'ulivo). La popolazione residente è di circa 2000 abitanti.
Cenni Storici di Maschito
Maschito sorse verso il 1467
sotto Ferdinando D'Aragona, quando Giorgio Castriota Skanderbergh gli mandò
notevoli rinforzi di truppe per combattere gli Angioini pretendenti al trono
di Napoli, e i baroni. Dopo la presa di Kroja da parte dei Turchi e
l'abbandono di Scutari, si ebbe tra il maggio 1478 e il principio del 1479,
una prima emigrazione di albanesi in Basilicata. Più tardi nel 1533, quando
cadde la fortezza di Corone e la conquista dell'Albania fu definitiva si
aggiunse, ai primitivi albanesi, un notevolissimo numero di Coronei (Greci
di Corone), cui, volentieri seguirono i Meldesi. Col trattato di pace, tra
Carlo V e il sultano Solimano II, firmato a Costantinopoli nel giugno del
1533, la piazza forte di Corone, sita all'estremità orientale di Messenia,
veniva consegnata ai turchi, a condizione che gli abitanti, disposti a
lasciare la città si imbarcassero su di una flotta, appositamente apprestata
da Carlo V e si rifugiassero in Italia. In tal modo i Coronei si spersero in
varie località dell'Italia meridionale fondando, in Basilicata San
Costantino Albanese, San Paolo Albanese, detta oggi Casalnovo Lucano,
Farneta ripopolando i casali di Ginestra, Barile e Maschito. A quel tempo,
il territorio di Maschito era proprietà della Mensa Vescovile di Venosa e
del Priorato del Santo Sepolcro dell'ordine Gerosolomitano di Bari. Con
instrumento del 17 novembre 1539, presso il notaio Giacomo Citamiore di
Venosa, regnando a Napoli il vicerè Don Pedros de Toledo, l'anzidetto
territorio fu ceduto al signor Don Giovanni de Icis, che si impegnava a
corrispondere 66 ducati annui (L. 280,50) alla Mensa Vescovile e ducati 20
(L. 85) al Priorato di Bari. In seguito, il Delcis, debitamente autorizzato,
fondò il casale di Maschito e, con atto pubblico, redatto dal notaio
Giovanni Francesco De Judice di Cosenza il 26 settembre 1541, i greci
albanesi si obbligarono a pagargli l'anno censo d'un ducato (L. 4,25) per
ogni popolare o tugurio e, in più 200 ducati (nel caso che il numero dei
focolari aumentasse anche di uno solo). In Maschito, diventato poi Feudo dei
Carafa D'Andria, si conservò nei primi due secoli, il rito greco nella
chiesa di S. Nicola ora distrutta, indi fu accettato il rito latino.
da "Maschito - Un piccolo paese fra storia e leggenda"
a cura della Associazione Donne Maschito
Pubblicazione Autorizzata
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