PALAZZO SAN GERVASIO
Il primo nucleo del centro abitato, a 500 m.s.m.,
viene costruito per la residenza del personale a servizio del Castello,
dai normanni Drogone e Umfredo di Altavilla nel XII sec., come residenza
di campagna su di un pianoro dominante la fertile valle dell'Ofanto; il
rione sorto per primo attorno alla fortezza viene chiamato Spirito Santo,
ha una piccola chiesa dedicata ai Santi Gervasio e Pròtaso, della quale si
ha notizie in due Bolle del Papa Pasquale II del 22 maggio 1103 e del 16
giugno 1106. Un documento del 1082 cita un "casale Gervasii" che viene
donato al Monastero della SS. Trinità di Venosa; il 10 dicembre 1201 una
Bolla pontificia di Innocenzo II nomina un "Palatium Sancti Gervasii".
L'imperatore Federico II fa restaurare il castello destinandolo a
residenza di caccia e di svago. Dopo il 1250, alla morte dell'imperatore,
è abitato da Re Manfredi, figlio naturale di Federico II e di Bianca
Lancia, fino al 1266 quando viene ucciso nella battaglia di Benevento
contro gli Angioini. Carlo I d'Angiò, nel 1267, istituisce il "tenimento
di San Gervasio", come una delle "difese" della Basilicata e nomina
custode Nicola Frezzano da Venosa. Il 18 maggio 1272, con la moglie
Margherita di Borgogna, si ferma al castello per alcuni giorni.
Documenti del 1281 citano la " marescallia di San Gervasio" come il luogo
dove i Re angioini avevano le migliori razze equine. Durante il regno di
Carlo II d'Angiò il castello viene affidato a Filippo di Grandiprato, che
viene nominato anche custode delle foreste di San Gervasio. Nel 1134
Roberto d'Angiò nomina Bertranda del Balzo principe di Altamura e "custode
delle foreste e delle difese" dei territori di San Gervasio e di
Lagopesole. Durante il regno di Giovanna I d'Angiò inizia la
trasformazione delle regie difese in feudi che prosegue con Carlo III
d'Angiò e con il figlio Ladislao quando, nel 1400, la regina madre
Margherita ha "il tenimento di Palazzo San Gervasio con il castello e la
terra di Stigliano". Il primo atto di infeudazione è del 1434 quando il
feudo di Palazzo San Gervasio è dato, dalla regina Giovanna II, alla
cugina o nipote Covella o Cobella Ruffo; in questo periodo nasce l'abitato
della zona del Piano e si amplia quello dello Spirito Santo. Nel 1507 il
feudo e le pertinenze, tornati alla Regia corte, sono concessi da
Ferdinando il Cattolico a Nicola Maria Caracciolo, marchese di
Castellaneta. Fonti del 1531 danno la presenza di 90 fuochi ed un castello
in buone condizioni.
Il 30 giugno 1532 l'imperatore d'Austria Carlo V d'Asburgo concede il
feudo al favorito barone Ferrante D'Alarcon de Mendoza; nel 1564 i beni
del barone, posti in vendita, sono acquistati da Donna Lucrezia della
Tolfa alla quale, nel 1569, succedono i figli Giovannantonio e Girolamo.
Nel 1587 diventa proprietà di Carlo del Tufo che, per debiti, lo vende al
duca di Acerenza Galeazzo Pinelli nel 1597; dopo tre anni passa al figlio
Cosimo ed al nipote Galeazzo Francesco che lo vendono, nel 1615, ad
Antonio Cattaneo di Genova; poi va alla sorella Ippolita e dopo all'altra
sorella Costanza, moglie di Giovanni de Marinis, feudatario di Genzano di
Lucania. Quindi perviene a Giovanni Andrea de Marinis che ne rimane
feudatario fino alla promulgazione della legge di abolizione della
feudalità del 2 agosto 1806. La cittadina per tutto il XIX secolo è
impegnata nelle cause per la riparazione degli antichi feudi; l'abitato
sviluppa e si arricchisce di chiese e palazzi, con la Parrocchiale di San
Nicola, ricostruita nel secolo scorso, la chiesa di San Rocco del 1753, la
chiesa di Santa Maria del Rosario del 1714 e la chiesa del Crocifisso del
1825.
Ha dato i natali a Taddeo Ciccotti, uomo politico del 1799; Vincenzo
D'Errico, leader liberale, morto esule nel 1854; Giuseppe D'Errico,
economista patriota, morto nel 1872 ed al giornalista Francesco Ciccotti,
morto in esilio, in Argentina, nel 1938.
Il
Castello: L'antico castello, con le sue trasformazioni in Palazzo
Baronale, si vede che, maestoso, dalla cima di una collinetta rocciosa,
domina la vallata del fiume Ofanto; rispetto al centro storico è sistemato
in asse con la Via Re Manfredi.
Si entra nel"Palatium Regium" federiciano attraverso un grande portale con
arco a tutto sesto; da dove un corridoio scoperto conduce al cortile. Su
quest'ultimo si aprono diverse porte, alcune delle quali danno sui locali
che vennero adibiti a carcere. Una scala esterna, sulla parete di fronte
all'ingresso, conduce ad un ballatoio per il primo livello che è
costituito, attualmente, da diversi appartamenti con ampie stanze e
modifiche nelle coperture e nelle pavimentazioni; in alcune si conservano
volte a botte originali, in altre vi sono coperture piane con travi in
legno; alcuni caminetti, ancora esistenti, potrebbero appartenere ad una
delle prime fasi costruttive del fabbricato. Nel XVII secolo, quando il
castello apparteneva alla Principessa di Fondi, Donna Costanza, lo stesso
era arredato sontuosamente con splendidi arredi e dipinti di celebri
artisti; molte di tali opere furono successivamente acquistate da Camillo
D'Errico che, sindaco di Palazzo San Gervasio per oltre trenta anni, in
tal modo iniziò la costruzione della raccolta d'arte "Pinacoteca
D'Errico". La costruzione del "palatium" in epoca normanno-svevo diede,
tra l'altro il nome di Palazzo al casale prima ed alla cittadina in
seguito. Dopo il 1266 i regnanti Angioini destinarono il "Palatium et
defensas Sancti Gervasii" ad importante centro per l'allevamento delle
famose razze equine con la marescallia. Impianto solido, mura massicce e
torri quadrangolare caratterizzano la costruzione che, nel prospetto verso
valle, era alleggierito da bifore e trifore, collegate a loggiato. Nel
1897 Emile Bertaux scrive che la fabbrica federiciana è ancora possente
nelle mura con torri angolari e mostra chiara fisionomia nella
disposizione con la corte, il porticato per il governo dei cavalli, le
scuderie basse e voltate e con quattro bifore a fianco di una trifora
centrale che, al primo piano, scandiscono il prospetto verso la regione
pugliese. Il complesso del castello è organicamente inserito nel centro
abitato come baluardo difensivo avanzato; la tipologia castellana con
pianta quadrangolare, cortile centrale, elevato a tre livelli è
sostanzialmente integra e mantiene la sobrietà e la severità di un
organismo solido ed imponente con i prospetti segnati da feritoie e
finestre e con la presenza delle aperture a loggiato.
L'interno dell'ampio portale archivoltato, con la corte raccolta e la
scala esterna a tre rampe che accede ai livelli superiori, i portici del
piano terra che precedono i locali scuderie, divenuti dapprima carceri e
poi botteghe artigiane, ripropongono la sobrietà e la severità dei
prospetti esterni.
da: A.P.T. Basilicata
testo di Alfredo Borghini