Eccoci sulla sommità del monte Siri, dall'arabo Sirr, (Nzrr) a quota 1067
m.t. sul livello del mare. Qui, così come è riportato
nella
decorazione posta su un portale di stile gotico datato 1525, vi è ubicata la
cappella di
S. Maria del Rosario o S. Maria della
seta per dirla con gli antichi. Il luogo di culto è di costruzione
antichissimo, come dimostrano gli uscii bassissimi e le fabbriche
irregolarmente aggiuntevi. La chiesa è ad aula unica e si eleva nella zona
presbiterale e sulla destra, mentre in adiacenza al presbiterio e alla
navata stessa si slarga in due cappelloni coperti da due volte comunicanti.
Un'arcata a tutto sesto occupa quasi l'intera facciata terminale. La
continuità della parete fa supporre per la presenza di un abside ad un
ingresso principale. Sulla parete longitudinale destra è l'entrata. Un
apertura in stile gotico racchiusa da un portale in pietra datata 1525. Una
doppia falda lignea chiude il tetto. Occhioni circolari, per una "luce
chiusa nella perfezione del cerchio" secondo l'uso medioevale,
caratterizzano le aperture sui prospetti longitudinali. Sulla parete
sinistra sono ben visibili diciannove scene rappresentanti i principali
avvenimenti biblici. Non si è certi sulla firma dell'autore. Alcuni per via
dei volti ieratici, per la durezza del disegno, per la rigidità delle
figure, per i metodi di illuminazione richiamano la considerevole influenza
della scuola senese sull'arte di Roberto Odorisi, che lascia riverberi di
grazia e chiari influssi anche in alcuni maestri del 1500. Altri invece,
attribuiscono quest'opera a Giovanni Todisco, un pittore lucano, nativo di
Abriola e vissuto tra il 1545 ed il 1566, al servizio dei Minori Osservanti.
Veramente bello invece, è il
Sacrario di Santa Lucia, un tempo Chiesa
del Carmine, che la tradizione locale ritiene parte di un antico monastero
femminile dell'ordine delle Carmelitane Scalze, del XII sec. Lo stile
romanico ed i particolari elementi architettonici, confermano l'epoca di
costruzione. Oggi la chiesa è a navata unica con doppio ordine di arcate
laterali. L'entrata, assiale rispetto al prospetto è delimitata da un
duplice portale con doppio arco a tutto sesto, sorretto da colonne e
capitelli di carattere tardo gotico. A sinistra dell'ingresso vi è una
lastra di pietra circolare suddivisa da una croce, che ricorda, secondo
tradizione, la partecipazione degli anzesi alla prima crociata in Terra
Santa. Era il 1147 ed il Tasso nella sua "Gerusalemme conquistata" cita:
"Roberto fu il compagne e'n sleme crebbe del buon Marchese d'Ansa ultimo
figlio, né per venir seco unqua gl'Increbbe o disagio o fatica aspra o
periglio" Secondo gli storiografi si tratta di Roberto, figlio di
Tristano, feudatario del luogo. L'altare maggiore reca dipinto sul paliotto
la morte di Cristo. Lo sovrasta una pregevole pala lignea del Cinquecento
che inquadra la Madonna del Carmelo.
L'antica chiesa di S. Andrea, poi denominata di S. Giuliano Eremita, oggi
detta
chiesa parrocchiale di S. Donato.
Il
portone è di stile dorico ed ha nell'alto lo scudo della chiesa suddiviso da
un croce trasversale ed al suo interno reca nelle due metà cinque pampini
con cinque spighe di grano, esprimenti la rendita che la stessa chiesa
esigeva su vigne e terre. In passato, questa chiesa doveva essere piccola,
con una torre a fianco che intercomunicava con un corridoio sotterraneo da
un lato con il palazzo marchesale dei Carafa e dall'altro con quella
dell'allora "barone" Giuseppe Fittipaldi. Nell'anno 1828, il popolo di Anzi
volle un nuovo edificio, che si realizzò grazie all'instancabile zelo di Don
Michele D'Aquino, avvocato di professione e ricco proprietario. E' da
riferirsi a questo periodo la grossa disputa che interessò la Chiesa ed il
popolo, da una parte e Giuseppe Fittipaldi, divenuto "barone" a seguito di
un titolo nobiliare concesso da re Ferdinando di Borbone, dall'altra. Il
"barone" si arrogava il diritto di aprire all'interno della chiesa un palco
intercomunicante con il suo Palazzo. Il popolo però insorse e la vicenda si
concluse solo grazie all'intervento dell'allora Papa, Pio IX, al secolo
Giovanni Maria Mastasi Ferretti. Oggi la chiesa ha cambiato aspetto ed al
suo interno vi si ammirano tra le altre bellezze, l'elegante statua del
martire Donato, terzo vescovo di Arezzo, la cui devozione trova memoria
attraverso quindici secoli di storia. La cittadinanza di Anzi, oltre ad
esporre un monumento marmoreo nella piazza principale del paese, come
simbolo di protezione e di guida, conserva di S. Donato la reliquia del
braccio e migliaia di ex voto che stanno a dimostrare la potenza del Santo,
comunemente chiamato dei "comiziali", cioè guaritore degli epilettici, dei
lunari o volgarmente del "male di S. Donato".
Il nostro viaggio nel mondo della religiosità anzese continua con la
chiesa della Trinità o di S. Antonio,
nata
da un decreto Napoleonico del 1808 che sopprimeva i Monasteri dei Minori
Osservanti. A questo tempio e'legata la figura di Antonio Scirosci, un frate
francescano che per la sua vasta dottrina ecclesiale ottenne la laurea
dottorale ed il berretto rosso a quattro punte della prestigiosa Accademia
Francese della Sorbona di Parigi.
In
questa chiesa di ordine ionico si ammira un elegante dipinto di Giovanni De
Gregorio detto il Pietrafesa, sicuramente uno dei più interessanti pittori
lucani vissuti tra la fine del XVI e la prima metà del XVII sec. La tela
raffigura la Trinità e l'Incoronazione della Vergine con gli Angeli.
L'espressione più alta dal punto di vista artistico è il dipinto della
Madonna del Rosario con i 15 misteri della seconda metà del XVI sec.
attribuito nel 1983, sulla base di un confronto con la Madonna del Rosario
esposta nella Cattedrale di Vieste, a Michele Manchelli, un pittore senese
vissuto nel XVI sec.
|