CENNI
STORICI
Maschito sorse verso il 1467 sotto Ferdinando D'Aragona, quando Giorgio
Castriota Skanderbergh gli mandò notevoli rinforzi di truppe per
combattere gli Angioini pretendenti al trono di Napoli, e i baroni. Dopo
la presa di Kroja da parte dei Turchi e l'abbandono di Scutari, si ebbe
tra il maggio 1478 e il principio del 1479, una prima emigrazione di
albanesi in Basilicata. Più tardi nel 1533, quando cadde la fortezza di
Corone e la conquista dell'Albania fu definitiva si aggiunse, ai
primitivi albanesi, un notevolissimo numero di Coronei (Greci di
Corone), cui, volentieri seguirono i Meldesi. Col trattato di pace, tra
Carlo V e il sultano Solimano II, firmato a Costantinopoli nel giugno
del 1533, la piazza forte di Corone, sita all'estremità orientale di
Messenia, veniva consegnata ai turchi, a condizione che gli abitanti,
disposti a lasciare la città, si imbarcassero su di una flotta,
appositamente apprestata da Carlo V e si rifugiassero in Italia. In tal
modo i Coronei si spersero in varie località dell'Italia meridionale
fondando, in Basilicata San Costantino Albanese, San Paolo Albanese,
detta oggi Casalnovo Lucano, Farneta ripopolando i casali di Ginestra,
Barile e Maschito. A quel tempo, il territorio di Maschito era proprietà
della Mensa Vescovile di Venosa e del Priorato del Santo Sepolcro
dell'ordine Gerosolomitano di Bari. Con instrumento del 17 novembre
1539, presso il notaio Giacomo Citamiore di Venosa, regnando a Napoli il
vicerè Don Pedros de Toledo, l'anzidetto territorio fu ceduto al signor
Don Giovanni de Icis, che si impegnava a corrispondere 66 ducati annui
(L. 280,50) alla Mensa Vescovile e ducati 20 (L. 85) al Priorato di
Bari. In seguito, il Delcis, debitamente autorizzato, fondò il casale di
Maschito e, con atto pubblico, redatto dal notaio Giovanni Francesco De
Judice di Cosenza il 26 settembre 1541, i greci albanesi si obbligarono
a pagargli l'anno censo d'un ducato (L. 4,25) per ogni popolare o
tugurio e, in più, 200 ducati (nel caso che il numero dei focolari
aumentasse anche di uno solo). In Maschito, diventato poi Feudo dei
Carafa D'Andria, si conservò nei primi due secoli, il rito greco nella
chiesa di S. Nicola ora distrutta, indi fu accettato il rito latino.
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