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ragazzi del 2000

Albano di Luc.


 

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I RAGAZZI DEL 2000
ALLA RICERCA DEL PASSATO DI

ALBANO DI LUCANIA

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TRADIZIONI VARIE

 

A Natale

Tanto tempo fa c’era una tradizione nel mio paese: la vigilia di Natale il padrone di casa prima di andare a dormire metteva nel focolare un grande ceppo di legna che veniva chiamato: “u cap’t’l”’ e si copriva con la cenere.

Se il mattino dopo si trovava ancora acceso significava che il padrone si sarebbe trovato ancora vivo per il Natale dell’anno prossimo. Al fuoco si metteva pure “u c‘ccarr” perché il fuoco potesse durare più a lungo affinché il Bambin Gesù, venendo nelle case, potesse trovare il fuoco acceso.

 

 

A “Jacc‘(a)r‘(a)”

La vigilia di Natale anticamente i giovani giravano per le strade del paese portando in mano a “Jacc’(a)r’(a)” cioè una grande fiaccola fatta con una pianta “Luc‘l” e con altre erbe secche e stoppie legate tra loro. A Jacc‘(a)r‘(a) era molto lunga. Girando per le strade i giovani indirizzavano verso le categorie dei cittadini benestanti delle allegre invettive tipo:

-     A Jacc’(a)r’(a) di mezzanott i galantum’n chi pid cott;

-     A Jacc’(a)r’(a) d’mezzanott tutti i priv’t ca cap rott;

Si facevano il giro del paese accompagnati da qualcuno che suonava i "sun" e così la povera gente inveiva contro chi stava meglio e che spesso li sfruttava; sfogo che si faceva all’oscuro, come la vigilia di Natale e a Carnevale, quando ci si mascherava, per non correre il pericolo di essere riconosciuti.

 

 

Quaremm’

La moglie di carnevale.

L’ultimo giorno di carnevale è al seguito del marito che fa l’ultimo giro del paese. Piange, si dispera, grida: “Carn‘val mij(o), Carn‘val mij(o), chiin d pagghi(a) osc(i) sauzizz e maccarun e crai(a) agghia. (Carnevale mio, Carnevale mio oggi salsiccia e maccheroni (cioè abbondanza di piaceri) e domani agli (penitenza).” Carnevale ha contratto molti debiti, è morto arso vivo, non può pagare i suoi debiti. È rimasto solo Quaremma con i figli.

Allora si mette a filare la lana vicino alla porta e le donne che passavano le chiedevano: “Quaremma che fai ?“

Rispondeva: “Devo lavorare per pagare i debiti di quel disgraziato: egli li ha fatti e io li devo pagare “. - Oppure si rivolgevano con queste parole:

“Qua remm a vucch tort che fai nanda a sta port”.

Ed ella: “A spett a Pasquaredd si m’annusc na r‘quttedd, si m‘l port bon fazz nu bell cauzon, si m’l port brutt fazz, nu bell carvutt”.

(Quaresima bocca torta cosa fai davanti a questa porta. Aspetto la Pasqua per avere un po' di ricotta, se è buona farò una pizza rustica, altrimenti farò un bel buco cioè niente.) A simboleggiare tutto questo si appendeva ai fili dei balconi “Quaremma un pupazzo fatto di lana, di stracci, con i capelli scarmighiati e lo si lasciava dondolare appeso ai fili per 40 giorni.

 

 

SIN’GE’A C’P’

Un‘altra curiosa tradizione, si svolgeva il primo Agosto. Ognuno la mattina presto usciva per mettersi al sole per vedere se “n‘gera a c’p“, l’ombra della testa. Se c’era non correva pericolo di morte per tutto l’anno, se non c’era...!!! (ahimè).

 

 

Previsioni... del tempo

 

“I Calend”

I nostri vecchi erano ottimi metereologi e difficilmente sbagliavano le loro previsioni. Conoscevano bene la direzione dei venti, il movimento delle stelle, le correnti d’aria.

P’ciond” un povero vecchio saggio di Albano sapeva predire anche le coppie dei gemelli che sarebbero nati nel corso di un anno.

“P’ciond” per i nostri vecchi era “un altro profeta” e molte sono le sue predizioni. I nostri contadini, osservavano i fenomeni atmosferici, le correnti d’aria, i venti, sapevano predire l’andamento del tempo nei dodici mesi.

Cominciavano ad osservare le condizioni del tempo il giorno 13 Dicembre e l’abbinavano ai mese di Gennaio e così fino al 24 Dicembre che rappresentava Dicembre.

Il 25 ricordava il Natale, la nascita di Gesù, luce del mondo, centro di ogni tempo, principio e fine di ogni cosa e non si faceva nessuna previsione.

Riprendevamo il conteggio, questa volta, alla rovescia il 26 Dicembre che rappresentava Dicembre, il 27 Novembre e così via fino al giorno dell‘Epifania, 6 Gennaio che raffigurava Gennaio.

Confrontando i dati raccolti nei due giorni rappresentanti il mese facevano la previsione... esatta dei mesi.

Anticamente anche in chiesa il sacerdote il giorno della Befana, cantava solennemente la “Calende” cioè il succedersi, la data delle varie festività liturgiche.

 

 

Altri modi di prevedere il tempo

I contadini nell‘osservare i fenomeni atmosferici per le loro previsioni non tralasciavano l’osservazione dei venti.

Così oltre alle “Calend” avevano altri giorni prestabiliti da osservare.

A ust è cap d’virn” dicevano gli antichi. Questo detto può trovare origine da questo: Osservare il tramonto del sole il 31 Agosto. Se il tramonto era sereno, senza foschia, senza la più piccola nube l’inverno sarebbe stato mite. Se il tramonto era nuvoloso l’inverno sarebbe stato freddo.

 

16 Novembre: “U’ Ciri(o) di San Martin Osservavano i venti che spiravano per l’intera giornata e quel vento o quei venti avrebbero soffiato fino a Pasqua, se la giornata era “nigghilusa” cioè nebbiosa ci sarebbero stati molti frutti, ma poco grano.

 

“CUMM VANN I IURN DI BRILLANT ACCUSSI VANN FIN A QUARANT “.

1-2-3 Aprile erano i brillanti. Se pioveva in questi tre giorni sarebbe piovuto per quaranta, se non pioveva in questi tre giorni non sarebbe piovuto per quaranta.

 

U’cirio di PASQUA: Il sabato santo, al momento della “gloria” cioè quando le campane si svegliano per annunciare la Resurrezione di Cristo, mettevano tre candele sul portico della chiesa e osservavano la direzione del vento. Se spirava la “voir” cioè la bora o un altro vento freddo sarebbe stato un anno ricco di grano, se il vento era caldo il raccolto sarebbe stato scarso.

 

 

CONSIGLI UTILI

 

Per la Pasqua: Ricetta della “Pizz’ c’ddov”

La sfoglia si prepara impastando la farina, con uova un po’ di sugna e un pizzico di sale.

Il ripieno si prepara: grattugiando la “tuma” (formaggio fresco) meglio se è pecorino o di capra, mescolata con un po’ di ricotta. Si aggiunge salame piccante, uova, prezzemolo.

Il tutto viene mescolato ben bene. Si stende una prima sfoglia, preferibilmente rotonda, e la si copre con delle fettine di “tuma” poi si mette uno spesso strato di ripieno, a sua volta ricoperto con sottilif ette di “tuma”

Il tutto viene ricoperto da un’altra sfoglia. Si congiungono le due sfoglie, facendo dei contorni ricamati. La sfoglia superiore viene spalmata con tuorlo di uova. Il tutto viene trapunto con una forchetta. Si può portare al forno.

 

 

Contro la tosse

Decotto: si mette a cuocere in una “pignata” mezza mela, orzo, fichi secchi, “i scescl” cioè le giuggiole, un po’ di malva, camomilla, bucce di mandarino, di mandorle, si lascia bollire fino a far consumare quasi tutta l’acqua. Il tutto si cola, si zucchera e si beve molto caldo.

 

 

Antireumatico: “I C’ppitt”

Si avvolge una moneta con un pezzettino di stoffa, si lega ben stretta e si forma “u micc(i) “.

Si imbeve di olio, si accende e si mette sulla parte dolorante. Si copre con un bicchiere con un bordo molto largo.

“U micc(i)” si spegne e la carne riempie il bicchiere. Si toglie il bicchiere quando la carne è tornata al suo posto. Bisogna farne sempre in numero dispari. Assicurano gli antichi che toglievano il dolore. Era un‘ottima fisioterapia e favoriva l’afflusso di sangue che al calore alleviava il dolore.

 

 

 

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