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Luigi Branco
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Ricordi Bizantini in un dialetto di Basilicata - Sant'Arcangelo


CIVILTA' BIZANTINA IN BASILICATA 

II. ORGANIZZAZIONE ECCLESIASTICA NELLA LUCANIA BIZANTINA

Ciò che più ha contribuito alla "bizantinizzazione" della Lucania, come di tutta l'Italia meridionale, è stato l'elemento religioso, soprattutto i monaci che ebbero una enorme influenza, sotto l'aspetto economico, morale e civile, fra le popolazioni in mezzo alle quali vivevano. 
La prima notizia sicura circa il rito greco di alcune diocesi della Basilicata (ove, già vivevano, come si vedrà meglio in seguito, molti monaci di lingua e di rito greco) risale al sec. X. 
La notizia è di Liutprando, vescovo di Cremona, il quale, ambasciatore a Costantinopoli, ci ha dato una interessante relazione dei fatti del suo tempo e di quelli immediatamente precedenti (1). Dice, dunque, Liutprando che l'imperatore Niceforo II Foca, da abile politico, per procedere a una rapida bizantinizzazione dell'Italia meridionale, ordinò al patriarca di Costantinopoli di elevare alla dignità di sede metropolitana la diocesi di Otranto e di non permettere che si celebrassero, in tutta la Puglia e la Calabria, cerimonie in rito latino ma in rito greco. "Quindi Polieucto, patriarca di Costantinopoli, mandò privilegio al vescovo di Otranto, dandogli autorità di consacrare i vescovi in Acerenza, in Tursi (Turcico), in Gravina, in Matera, in Tricarico; che è ritenuto appartengano alla consacrazione del Papa". (2) Come si vede, divenne di rito greco buona parte della Basilicata. Il fatto deve essere riportato all'anno 968. Prima, come fa notare lo stesso Liutprando, si deve pensare che tutta la Lucania fosse di rito latino; anche la diocesi di Acerenza, contrariamente a quanto pensa il Racioppi che la fa dipendere "per qualche tempo ... dal metropolitano greco di S. Severina" (3). Questa diocesi di S. Severina, fondata come seconda metropolia di Calabria, dopo Reggio, nel sec. IX, ha sì, fra i suoi suffraganei "o Acherentias" (4) ( il vescovo di A.) ma questa città non corrisponde ad Acerenza (tanto lontana da S. Severina che si trova nelle vicinanze di Crotone) come, oltre al Racioppi ritenne il Minasi (5), bensì a Cerenzia, in Calabria, come ritiene, a ragione, un benemerito ricercatore di storia religiosa calabrese, il P. Francesco Russo (6). 
La diocesi di Acerenza non durò a lungo nel rito bizantino: con l'affermarsi dei Longobardi sui Greci ritornò all'antico rito latino e, secondo l'Ughelli (7), nell'anno 993 fu fatta suffraganea di Salerno. Ma pochi anni dopo fu elevata anch'essa a sede arcivescovile e fu in questo periodo che s'innalzò la mirabile cattedrale che, ancora oggi, è il vanto più bello della cittadina. 
Molto complessa e abbastanza oscura rimane l'origine della diocesi di Tursi che, secondo la citata cronaca di Liutprando, fu data, nel 968, come suffraganea all'arcivescovo greco di Otranto. Questa oscurità dipende soprattutto dal fatto che spesso insieme con la diocesi di Tursi, o distinta da essa, si trova nominata la diocesi di Anglona, città corrispondente, con ogni probabilità, all'antico Pandoria italica (8), e di cui oggi non resta se non la bella cattedrale, frequentato santuario mariano, recentemente riportata all'antico splendore (9). 
Mentre di Anglona non si ha nessun documento prima del 1110, Tursi, come si è visto, è nominata da Liutprando nel 968, e certamente vescovo di Tursi doveva essere quel Michele nominato in un importante documento riportato dal Trinchera (10). Il documento, che è del 1050, è una prova che in quell'anno sicuramente la diocesi di Tursi era ancora di rito greco. La carta, infatti, proviene dall'antico monastero di Zosimo (Cersosimo) e in essa il monaco Luca (11), accennandosi a un sinodo tenutosi nella chiesa di S. Nicola, lo dice celebrato "sotto la protezione del potente e santo nostro imperatore, del santissimo e gloriosissimo nostro Patriarca ecumenico e del gloriosissimo, piissimo e santissimo nostro vescovo Michele ...". Siccome di Anglona non si è ancora mai parlato in nessun documento e di Tursi si sa che era suffraganea dell'arcivescovo greco di Otranto, bisogna concludere che nel citato documento si trattava della diocesi di Tursi nel cui territorio si trovava, e si trova ancora oggi, l'abitato di Cersosimo. 
Di altri due vescovi di Tursi, certamente di rito greco, parlano due antichi documenti: il primo è riportato da F. Ughelli (12), il quale lo trascrive integralmente dalla "Storia del monastero di Carbone" (13), il secondo ancora dal Trinchera. Nel primo, una carta di donazione dei Signori di Chiaromonte Ugo e Gimarga, è segnato, come primo testimone, Simeone, vescovo di Tursi "Simeon Dei gratia Tursitanae sedis, episcopus interfui". È strano che l'Ughelli, che riporta il documento in cui il Vescovo è detto "Tursitanae sedis" dica Simeone vescovo di Anglona. Essendo stato, questo documento, scritto per un monastero greco, quello dei SS. Elia e Anastasio di Carbone, certamente, nel testo originale, doveva essere scritto in greco (14). In greco è riportato dal Trinchera (15) il secondo documento che, fra l'altro, riferisce come, nel mese di luglio dell'anno 1121, il vescovo di Tursi, Giovanni di Turma, consacrasse una chiesa dedicata all'"Immacolata Madre di Dio e sempre vergine Maria"(16). 
Questi documenti, dunque, fanno supporre la pratica del rito greco in questa zona della Basilicata. La storia posteriore di Anglona e di Tursi che, certamente, ebbero ancora per un certo periodo vita distinta per poi unirsi in vario modo: prima Tursi ad Anglona (in un documento del 1320 Tursi è detto "della diocesi di Anglona" (17)) e poi, definitivamente, Anglona a Tursi, nel 1546, per la bolla di Paolo III il quale volle che da allora in poi il vescovo si fosse detto "Anglonensis et Tursiensis" (18), non interessa direttamente l'epoca bizantina della regione lucana. Tuttavia, in questa zona, il rito greco si mantenne certamente a lungo, almeno nell'ambiente monacale, come risulta anche dai tanti toponimi di origine greca e liturgica che ancora si conservano in molti paesi: le tante parrocchie dedicate a S. Nicola e i tanti nomi di antichi monasteri o di antiche chiese e cappelle che oggi designano, in genere, contrade di campagna e antiche masserie: la Trisaia (tris aghia = tre volte santa) sulla costa ionica presso Nova Siri, S. Luca, presso Carbone, S. Elia, presso Sant'Arcangelo, S. Nilo, a Roccanova, e tanti altri. 
Morta, ufficialmente, la liturgia greca, se ne ebbe, sebbene limitata, una inaspettata rinascita nella seconda metà del sec. XVI quando, nella zona sud-occidentale della diocesi, sorsero alcuni piccoli centri fondati e abitati da gente di origine albanese: S. Costantino, Casalnuovo, Castroregio, Farneta. Questi paesi oggi non fanno più parte della diocesi di Tursi, perché, come tutti i centri italo-albanesi dell'Italia meridionale, sono entrati a far parte della nuova diocesi di Lungro, istituita da Benedetto XV con la costituzione "Catholici fideles" del 12 febbraio 1919. 
Fra le diocesi che Polieucto diede come suffraganee ad Otranto c'era anche Tricarico. L'esistenza del rito greco in questa città è provato, fra l'altro, dal fatto che nel 1202 (19) Papa Innocenzo III approvò, in una lettera ad Andrea arcivescovo di Acerenza, l'elezione a Vescovo di Anglona del Cantore della Chiesa di Tricarico (20), sebbene questi, come si legge nel "Decretum Gratiani" (21) fosse figlio di un prete greco. 
Del resto, come si vedrà meglio in seguito, nella diocesi di Tricarico vissero, almeno per qualche tempo, alcuni dei più celebri monaci greci dell'Italia meridionale. Anche se, come per altre diocesi, si deve pensare che, con i Normanni, il rito greco sia stato ufficialmente abolito, in alcuni centri della diocesi dovette durare a lungo, soprattutto per l'opera dei tanti monaci che percorrevano la Regione. 
Fu tanta l'influenza del rito greco in questa diocesi che ancora nel sec. XVIII, nella stessa chiesa cattedrale se ne conservava qualche reliquia, infatti Mons. Zavarroni, vescovo di Tricarico alla metà del Settecento, scriveva "... ancora di questo rito se ne conserva nella chiesa cattedrale la memoria, e col cantarsi nelle solennità delle messe l'epistola e il vangelo dal pulpito, come fanno i greci dall'ambone, e colle mozzette negre, le quali usano le dignità e li canonici, che non hanno voluto mai deporre per memoria che il colore nero si portava dai loro antecessori, quando la loro chiesa era governata da vescovi greci" (22). 
Il fiorire del rito greco a Matera (di cui sono molto oscure le origini come sede vescovile autonoma; per secoli, infatti, è stata unita all'arcidiocesi di Acerenza) è attestato, non fosse altro, dalle numerose e interessanti chiese bizantine ipogee che si trovano sparse nel suo territorio. 
Non sono molte le notizie che si hanno circa l'organizzazione interna delle diocesi di rito bizantino, che, comunque, non erano, certamente, organizzate come le diocesi moderne. 
Nella città episcopale, subito dopo il vescovo appare un ton presbitéron protos(primo dei preti) detto "protopapa" (23) cioè primo prete. Al protopapa seguiva un'altra dignità ecclesiastica, il "Secondo", con nome greco déuteros che i Latini chiamarono "deuteréo" o "ditteréo": era un vice del protopapa. Di questi deuterei si trova un ricordo in alcune pergamene greche scritte in Calabria. In un atto di donazione stipulato a Rossano nel 1086 troviamo uno "Stefano, umile prete e deutereo" (24). A Locri, nel 1106, firma un documento un "Eustrazio umile prete e deutereo della santissima grande chiesa di Locri" (25). Per la Basilicata non si hanno documenti espliciti, ma, certamente, l'organizzazione delle diocesi di rito greco, in questa Regione, doveva essere identica a quella della vicina Calabria. Vicino al protopapa e al deutereo funzionava, nella chiesa vescovile, un gruppo di sacerdoti che formavano un collegio corrispondente, più o meno, ai canonici della chiesa latina. Fuori della sede vescovile si ripeteva, a un dipresso, l'organizzazione centrale: così in ogni paese si aveva il protopapa, il deutereo e sacerdoti semplici. Da notare, ancora, che in ogni città o paese i Bizantini avevano un solo battistero; non si può pensare, quindi, a un'organizzazione parrocchiale come quella odierna. 
Un fatto molto importante da tener presente, quando si considera l'organizzazione e la vita del clero nelle diocesi bizantine, è la facoltà, sempre riconosciuta ai preti di rito greco, di potersi sposare, purché il matrimonio fosse celebrato prima del conferimento degli ordini sacri. 
Molto numerosi sono i documenti in cui si parla di "figli di presbiteri" e siccome si tratta di documenti ufficiali e l'espressione è naturale e semplice, come se si parlasse di figli di uomini esercitanti una qualsiasi professione, si deve pensare a una situazione non solo accettata ma del tutto regolare, quindi a preti greci che erano regolarmente sposati (26). Il fatto è tanto più significativo se si pensa che alcuni di questi preti sposati vivono dopo che il papa Gregorio VII (morto nel 1085) aveva strenuamente combattuto in difesa del celibato dei preti (27). Obbligo confermato nel Concilio Lateranense (canone 21) adunato da Callisto II nel 1123, e nel Concilio Lateranense II (canone 7) adunato nel 1139; e dal papa Alessandro III che, nel 1180, estendeva l'obbligo del celibato anche ai suddiaconi (28).
Il che significa (se si pensa che l'ultimo documento riportato dal Trinchera è del 1232) che in Basilicata, e nel Meridione in generale, queste leggi ecclesiastiche, sostenute, certamente, anche dall'autorità politica dei Normanni che intendevano, in ogni modo, procedere alla rilatinizzazione delle loro a non erano osservate, almeno da parte di alcuni sacerdoti; né il popolo ne subiva scandalo, abituato com'era al clero di rito greco che sempre aveva accettato il matrimonio.


NOTE

1 Legatio Liutprandi, in "Rerum italicarum scriptores" II. 

2 G. RACIOPPI, op. cit. II, pp. 128-129, e pg. 133 n. ove è riportato il testo latino originale "Scripsit Polyeuctus, Constantinopolitanus Patriarca Hydruntino Episcopo privilegium, quo sua auctoritate habeat licentiam episcopos consecrandi in Acirentia, Turcico, Gravina, Matera, Tricarico, qui ad consecrationem Domini Apostolici pertinere videntur". Cfr. anche G. GAY, op. cit., pp. 229-230. 

3 G. RACIOPPI, op. cit. II, pp. 229-230 (cfr. anche pg. 142). 

4 G. ClPRII, Descriptio orbis romani. Ed. E. Gelzer, Lipsia, pg. 82, n. 1729, 1763. 

5 G. MINASI, S. Nilo di Calabria, Napoli, 1892, pp. 107-108. 

6 F. RUSSO, La metropolia di S. Severina, in "Archivio storico per la Calabria e la Lucania" anno XVI, f. II, pp. 1-20. Rip. in "Scritti storici calabresi" Napoli, 1957, pp. 43 sg. 
Cerenzia, attualmente un piccolo centro in prov. di Catanzaro, fu unita, nel 1438, dal papa Eugenio IV alla diocesi di Cariati, di nuova fondazione. 

7 F. UGHELLI, Italia sacra, Venezia, 1721, col. 6. 

8 G. ANTONINI, La Lucania, Napoli 1797, II, pp. 22 sg. 

9 I restauri hanno, fra l'altro, riportato in luce alcuni antichi affreschi che, per il loro stile, confermano un sicuro periodo greco della chiesa. Del resto già l'Ughelli (op. cit., VII, col. 69) aveva detto che la cattedrale di Anglona era "intus picturis ac imaginibus graecis ornata". 

10 F TRINCHERA, op. cit., pg. 45, doc. XXXVII. Un confronto cronologico dei più importanti documenti antichi riguardanti Tursi e Anglona si trova in RACIOPPI, op. cit., II, pp. 133-134, v. 

11 Non Lucio, come scrive il RACIOPPI, l. cit. 

12 F. UGHELLI, op. cit., vol. VII, col. 71-72. 

13 "La storia del monastero di Carbone" fu scritta in latino da P. E. Santoro nel 1601 e tradotta in italiano, e continuata, da M. Spena, Napoli, 1831.

14 G. RACIOPPI, op. cit., II, pg. 133 n. 

15 F TRINCHERA, op. cit., pg. 116, doc. LXXXVIII. 

16 Si può notare come un fatto liturgico importante il culto della Madonna sotto il titolo di "Immacolata" già nei primi anni del sec. XII. 

17 F UGHELLI, op. cit., VII, col. 86. 

18 F. UGHELLI, op. cit., VII, col. 101. 

19 Il RACIOPPI dice (op. cit., II, pg. 97) 1212. 

20 F. UGHELLI, op. cit., VII, col. 80. 

21 Nel cap. "Cum olim: de Clericis coniugatis" citato da P. P. Rodotà, Dell'origine, progresso e stato presente del Rito greco in Italia, volumi 3, Roma, 1757-1760 vol. I, pg. 202. Cfr. RACIOPPI, op. cit., II, pg. 97. 

22 Riportato dal RACIOPPI (op. cit., II, pg. 137) il quale, in nota riporta una testimonianza ben più importante del Rodotà, il quale dice che i preti di Tricarico "nella messa pontificale cantano l'Epistola e il Vangelo in lingua greca". 

23 "Papa" dicevano i Bizantini il prete. Il termine è ancora oggi in uso nella penisola salentina e nella diocesi di Lungro in Calabria. 

24 F. TRINCHERA, op. cit., pg. 65. 

25 F. TRINCHERA, op. cit., pg. 92. 

26 Considerando la sola diocesi di Anglona-Tursi (nel cui ambito si trova anche Sant'Arcangelo) ecco alcuni casi particolari riferiti dal già tante volte citato "Syllabus graecarum membranarum" di F. Trinchera, a cui si riferiscono l'ordine dei documenti e i numeri delle pagine volta per volta indicati. 
I. Nel 1063, Leone, figlio del presbitero Ursino, insieme con altre persone, offre in donazione, alla chiesa di S. Teodoro e al monastero di Cyr-Zosimo, delle terre site nel territorio di noia (Noepoli). XLVI, pg. 60. 
II. In un atto di vendita di un terreno nell'agro di Noia, del mese di maggio del 1118, firma, fra i testimoni, "Felice, figlio del presbitero Teodoro Antioco". LXXXV, pg. 112. 
III. In una carta scritta a Policoro nel gennaio del 1131, firma, fra i testimoni, un "Giliberto Cavaliere, figlio del presbitero Urso". XC, pg. 145. 
IV. In un interessante documento del 1133 sono enumerati i furti subiti dal monastero di Cersosimo e dagli abitanti del villaggio pel opera di ladri stabiliti a Noia "da Roberto figlio di Riccardo". Orbene fra i ladri è ricordato "Balduino, figlio del presbitero Cariberto" e fra quelli che macellarono gli animali rubati è ricordato un fratello di Balduino "Giordane, figlio del presbitero Cariberto". XCIII, pg. 151. 
V. In un atto di donazione di un terreno sito in agro di Noia al monastero di Zyr-Zosimo, del mese di dicembre dell'anno 1145, risulta, fra i testimoni, "Basilio, figlio del presbitero Eustrazio". CXLI, pg. 188. 
VI. Nel documento con cui Guglielmo di Favale (Valsinni), nel 1146 adotta un Filippo figlio di Nicola, tra i fideiussori (fra i quali vi è anche un "Giovanni di Sant'Arcangelo") si trova un "Giovanni figlio del presbitero Giorgio". CXLII, pg. 189. 
VII. In un atto di vendita stipulato ad Episcopia nell'anno 1138, risulta, fra i testimoni, un "presbitero Giovanni, genero del presbitero Giovanni Gemello". CXIX, pg. 159. Lo stesso personaggio ("Giovanni sacerdote, genero di Gemello") si ritrova in un atto di donazione stipulato, sempre ad Episcopia, nell'aprile del 1141. CXXVII, pg. 169. 
VIII. In una causa tenutasi a Noia nel mese di gennaio del 1175, risulta, fra i testimoni, un "Ruggero, figlio del presbitero Arberto e giudice di Noia". CLXXXIV, pg. 243. Si notino in questo documento, anch'esso scritto in greco, i nomi di suono germanico. 
IX. Atto di vendita stipulato a Colobraro nel 1191: fra i testimoni (tra i quali c'è anche un Goffredo di Sant'Arcangelo "giudice di Colobraro") risulta il "presbitero Tolomeo, figlio del presbitero Leone". CCXXVIII, pg. 305. 
X. Atto di donazione di un fondo in agro di Policoro, stipulato nel 1194. Tra i testimoni risulta un "Giovanni, stratega pro tempore, figlio del presbitero Consta". CCXXXVII, pg. 320. 
XI. Strumento di permutazione (anno 1232) di una terra sita in agro di Noia da parte del "presbitero Manasse, figlio del presbitero Simeone". Fra i confinanti del fondo risulta un "Giovanni, figlio del presbitero Guglielmo". CCLXXXV, pg. 394. 

27 Il fatto che i preti greci fossero coniugati influiva anche sui preti latini, alcuni dei quali, nella seconda metà del sec. XI, vivono, sicuramente, in matrimonio. Del resto, come è stato già notato, alcuni dei preti coniugati di cui parlano i documenti surriferiti, dovevano essere di rito latino, avendo nomi (Ruggero, Alberto, Guglielmo ecc.) sicuramente non greci. Dunque nell'Italia meridionale la riforma propugnata da S. Gregorio VII non dovette portare molti frutti. Cfr., in
proposito, F. CHALANDON, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, Paris, 1907, pp. 580-581. 

28 Enciclopedia cattolica, Roma, 1949, vol. VIII, col. 1263.

29 Nel Concilio di Melfi (1059) Niccolò II fece vassallo di S. Chiesa Roberto il Guiscardo, dandogli il ducato di Puglia e Calabria. Il nuovo duca giurò fedeltà al Papa e promise di portare sotto la sua potestà tutte le chiese che si trovavano nei suoi domini. Il testo del giuramento si trova nel "Liber censuum de l'Eglise romaine" edito dal Fabre in "Bibliotheque des Ecoles francaises d'Athenes et de Rome", Paris, 1905, tomo I, pp. 421-422. 
Lo stesso giuramento venne ripetuto, nel 1080, dinanzi a Gregorio VII. Non si parla esplicitamente di chiese greche ma, certamente, si vuole intendere anche, e soprattutto, questo: la romanizzazione delle tante chiese di rito greco dell'Italia meridionale.
Nella politica di rilatinizzazione Roberto ed il figlio Boemondo si mostrarono più contrari ai Greci che non Ruggero e suo figlio Ruggero II. L'opera intrapresa si presentò subito molto delicata, perché i Normanni, che durante la conquista si erano comportati da predoni non inferiori agli stessi Saraceni, non erano ben visti dalle popolazioni locali, soprattutto dai Greci, legati a Bisanzio per la religione, per la cultura e politicamente; essi, perciò, disprezzavano e odiavano quelli che erano soliti chiamare "i maledetti Franchi".
Se il Guiscardo avesse obbedito ai suoi sentimenti, avrebbe volentieri piegato con la forza l'elemento greco, ma era troppo astuto e intelligente per non capire che avrebbe ottenuto di più se avesse usato una politica meno dura e di effetto più certo e duraturo, anche se non immediato. (Cfr. E. PONTTERT, op. 
cit., pg. 180).
I Normanni agirono, dunque, con grande prudenza. In genere le varie diocesi venivano latinizzate quando morivano i vescovi greci. In Calabria, pero, in alcuni casi la latinizzazione non fu possibile sotto i Normanni; così Gerace fu latinizzata solo nel 1461 e da un vescovo greco di nascita, Atenasio Calceopilo; Oppido fu latinizzata, dallo stesso Calceopilo, nel 1471; e la diocesi di Bova, all'estrema punta meridionale della Calabria, nel 1574.

 

 

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