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LUIGI BRANCO - Memorie di S. Maria di Orsoleo
 

X°  UN BENE DI TUTTI

Il problema principale da risolvere, perchè si potesse procedere a lavori di restauro sul convento di Orsoleo, era il passaggio di proprietà, almeno della sola chiesa con le opere d'arte in essa conservate: né la Soprintendenza ai Monumenti, infatti, nè il Genio civile, né qualsiasi altro ente pubblico poteva agire in alcun modo sul complesso monumentale, fino a quando questo fosse rimasto proprietà privata. Si cominciò a diffondere, perciò, non solo fra i vari amministratori che, man mano, si avvicendavano al Comune e alla Provincia, ma anche fra i semplici cittadini, l'idea che bisognasse, in ogni modo, trovare una soluzione al problema, che diventava sempre più urgente man mano che, con il passare del tempo, il degrado diventava sempre più evidente, e sempre più grave il timore che, prima o poi, tutto rovinasse per sempre. Né, evidentemente, poteva fare qualcosa l'Autorità ecclesiastica, trattandosi, appunto, di una proprietà privata su cui non poteva intervenire in alcun modo. Ma proprio sulla legittimità della proprietà di un luogo sacro da parte di privati furono riproposti i vecchi dubbi; e si ripensò alla lettera del 16 febbraio 1965, con cui, dalla Prefettura, si ingiungeva ai proprietari di Orsoleo di consegnare la chiave della Chiesa al Segretario Comunale di Sant'Arcangelo.
La questione fu riproposta, esplicitamente, nel 1968, quando, per interessamento del Dottor Pietro Borraro, allora direttore della Biblioteca Provinciale di Potenza, si costituì, in Sant'Arcangelo, per la prima volta, un "Comitato per la valorizzazione del complesso monumentale di S. Maria di Orsoleo". Il Comitato, purtroppo, non ebbe vita lunga: tenne, in tutto, tre sedute, di cui la prima solo informale; ma ebbe il merito di proporre all'attenzione pubblica, in modo, per così dire, ufficiale, la questione di Orsoleo, e di invitare le Autorità competenti a livello locale, regionale e nazionale, a una riflessione seria e fattiva.
Nella seconda seduta (9 aprile 1968) (1) intervennero, con l'organizzatore Dottor Borraro, il Soprintendente ai Monumenti Prof. Arch. Mario Zampini, Mons. Don Antonio Cesareo, parroco della Chiesa Madre, alcuni padri francescani, fra i quali P. Daniele Murno, e qualche consigliere comunale, fra cui il Sig. Teodosio Michele Galotta, assessore comunale e comproprietario di Orsoleo.
La seduta si tenne nella sala delle riunioni del Comune.
Sul problema della proprietà della chiesa intervenne esplicitamente il P. Murno, il quale, citando la legge del 1866 e varie circolari, sostenne che non solo la chiesa, ma anche le relative pertinenze (i locali, cioè, necessari al culto) potevano essere riscattati dalle competenti Autorità ecclesiastiche, perchè illecitamente messi in vendita in quanto "Parte del Patrimonio indisponibile dello Stato" (2).
Lo stesso concetto dell' "indebita detenzione da parte di privati del Complesso monumentale di Orsoleo" sostenne, sebbene con altre parole e con motivi più generici, il Soprintendente Zampini, il quale, dopo aver accennato alle vie più semplici da seguire per la sistemazione giuridica della questione, al fine di riscattare il complesso monumentale e poter, così, avviare i lavori urgenti di restauro, propose una visita sul posto, perchè tutti si potessero rendere conto delle condizioni in cui il fabbricato si trovava (3). Così tutti i membri del Comitato, a chiusura della seduta, si recarono a Orsoleo.
Il Comitato tenne (sempre nella sala della riunioni del Comune) un'altra seduta, e fu l'ultima alle ore 10 del 7 settembre 1968 (4). Fra gli altri era presente il Sen. Prof. Decio Scardaccione. Il Prof. Alfredo Borghini rappresentava il Sovrintendente Prof. Zampini. La seduta si risolse quasi tutta sulla discussione della proposta del Sen. Scardaccione, il quale, anziché ritornare, come finora s'era fatto, sulle vecchie discussioni circa la proprietà della chiesa, sottolineò "la necessita di acquisire la proprietà del complesso monumentale di Orsoleo (nella sua interezza) nonché il terreno per tutta la estensione, da parte dell'Ente Sviluppo, abilitato all'uopo" (5). La proposta, che era veramente nuova e interessante, parve la migliore soluzione, soprattutto perchè faceva guadagnare tempo e perchè si riferiva non alla sola chiesa, ma a tutto il complesso e a tutto il territorio, su cui, aggiunse esplicitamente il Relatore, si sarebbe ripiantato il bosco distrutto. Concludendo il dibattito, il Sen. Scardaccione aggiunse, tuttavia, di ritenere urgente "la consegna della chiave della Chiesa onde poter eseguire i lavori di consolidamento da parte della Soprintendenza ai Monumenti, con preghiera a quest'ultima di approntare il progetto relativo"; assicurò, inoltre, ogni valido interessamento per la costruzione della strada da parte dell'Ente Irrigazione, con ogni sollecitudine". Il verbale (da cui si sono presi i brani citati) continua, poi, in questi termini: "Il Senatore precisa che appena gli attuali proprietari del fondo in cui è inserita la chiesa avranno avanzato domanda all'Ente Sviluppo scatterà l'iter burocratico per giungere all'acquisizione del medesimo sulla base della stima che ne sarà data, da un'apposita Commissione".
Ma, chi sa perché, non si fece niente, se non, per volere dell'Amministrazione Comunale, il breve tratto di strada da S. Brancato a Orsoleo (6). Del resto il Comitato stesso non tenne più sedute, e cosi, praticamente, si sciolse, senza che nessuno avesse detto niente e senza che nessuno se ne accorgesse. Ma ormai l'idea che fosse necessario e urgente risolvere una volta per tutte la questione della proprietà del complesso monumentale, che tutti volevano che diventasse un bene della comunità e non restasse più a lungo proprietà di privati, era entrata in tutti, anche se ancora non si sapeva, concretamente, come fare: alcuni pensavano che si dovesse insistere, da parte dell'Amministrazione Comunale, presso le Autorità competenti, perchè si emanasse un decreto di esproprio dell'ex convento per pubblica utilità; altri proponevano, per far prima, l'acquisizione diretta da parte del Comune o di altri enti pubblici; qualcuno insisteva ancora sulla vecchia tesi, tante volte riproposta, che almeno la chiesa dovesse semplicemente ritornare all'Autorità ecclesiastica, essendo stata, a suo tempo, inclusa nell'atto di vendita illecitamente in quanto bene non alienabile. Così, in una lettera del 28 ottobre 1968 (in risposta a sollecitazioni da parte del Comune che, avendo, nel mese di agosto, vietato, "a tutela della pubblica incolumità", l'ingresso nel Santuario, chiedeva che si procedesse a restauri urgenti) il Soprintendente ai Monumenti della Basilicata, Mario Zampini, mentre si riferiva all'intervento del Sen. Scardaccione nella terza seduta del Comitato per Orsoleo, dimenticava che il Senatore stesso aveva parlato non di restituzione, ma di acquisizione di tutto il complesso e di tutto il territorio circostante da parte dell'Ente di Sviluppo, e ritornava sulla solita tesi che la chiesa dovesse semplicemente ritornare all'Autorità Ecclesiastica. Diceva testualmente: " ....questo Ufficio, nel prendere atto della chiusura della Chiesa di Orsoleo disposta a tutela della pubblica incolumità, non può intervenire direttamente nei necessari lavori di restauro del complesso, fino a quando non sarà giuridicamente risolta la questione della proprietà, dovendo il monumentale sacro edificio essere restituito all'Autorità Ecclesiastica, e fino a quando l'Ufficio Tecnico Erariale non sarà messo in grado di rilasciare a tale Autorità il certificato indispensabile per ottenere il finanziamento dei lavori dal Ministero della Pubblica Istruzione.
In attesa di tale azione questa Soprintendenza redigerà apposita perizia dei lavori di restauro da sottoporre alla Cassa per il Mezzogiorno, secondo quanto consigliato dal Senatore Decio Scardaccione nell'ultima riunione del Comitato per la valorizzazione del complesso in oggetto.
Per assicurare la conservazione dell'immobile si potrebbe anche intervenire con la particolare procedura prevista dagli art. 14-15-16-17 della legge 1-6-1939 n. 1089, ma, nel caso in questione, si verrebbe a compromettere l'azione di rivendica perchè si riconoscerebbe agli attuali proprietari il diritto di proprietà che, invece, è nullo, come giustamente rilevato dalla Prefettura di Potenza con lettera del 16-2-1965 n. 3785 Div. 16 diretta ai Sig. Galotta e Pace" (7). Ma poi non si parlò più di questa rivendicazione giuridica e si cominciò, con più insistenza, a parlare di "esproprio per pubblica utilità". Il 25 ottobre 1974, il Ministero per i beni Culturali e Ambientali comunicò alla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Basilicata la propria disponibilità all'emanazione, se ritenuta necessaria dal Comune di Sant'Arcangelo, della dichiarazione di esproprio del complesso Orsoleo a favore dell'Amministrazione Comunale, invitando la Sovrintendenza stessa a darne comunicazione all'Amministrazione civica di Sant'Arcangelo. A questo punto i fatti cominciano ad essere poco chiari, perchè di questa disponibilità del Ministero circa un possibile esproprio, comunicata a Potenza in data 25 ottobre 1974, pare che non sia stata data notificazione alcuna a Sant'Arcangelo; infatti solo nel 1977, con lettera del 9 di febbraio (8) (cioè dopo un ritardo di circa due anni e mezzo) la Soprintendenza, riferendosi a un'altra nota del Ministero, in data 19 gennaio 1977, faceva conoscere al Comune l'intenzione del Ministero circa la possibilità di un esproprio. Forse a Potenza si erano dimenticati di comunicare a Sant'Arcangelo la nota ministeriale del 25 ottobre 1974, infatti, in risposta alla comunicazione del 9 febbraio 1977, il Sindaco di Sant'Arcangelo diceva che al Comune non era pervenuta nessuna richiesta o comunicazione in proposito, e aggiungeva testualmente: "Con l'occasione, si ribadisce quanto già fatto presente da molti anni e cioè che bisogna adoperarsi acchè l'importante patrimonio artistico in oggetto sia salvato. Pertanto si rende necessario ed urgente procedere all'emanazione della dichiarazione di esproprio per pubblica utilità di detto bene a favore di questa Amministrazione Comunale" (9). La richiesta, come si vede, era chiara ed esplicita; ma non ebbe nessuna risposta.

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Nel terremoto del novembre 1980, il complesso monumentale (anche il campanile, per il quale si trepidava fin dal 1972) quasi miracolosamente rimase in piedi, anche se, ovviamente, ci furono nuovi, gravi danni nelle strutture murarie. E, finalmente, la questione di Orsoleo arrivò al Parlamento Nazionale, anche se, ancora una volta, per motivi contingenti non si ottenne niente di quanto si voleva e si chiedeva. Il fatto, tuttavia, ha, per se stesso, una certa importanza, perchè, almeno a livello ufficiale, si interessarono alla salvezza e alla valorizzazione di Orsoleo, oltre a uomini politici della Regione, deputati e senatori di fama nazionale e, alcuni, molto noti non solo in campo politico, ma anche, e soprattutto, in campo artistico e culturale.
Onorevoli Senatori - L'abbazia di Santa Maria di Orsoleo in Basilicata, situata in aperta campagna tra i comuni di Sant'Arcangelo e Roccanova, è uno dei più illustri e più abbandonati monumenti della Basilicata. Attorno all'impianto di una chiesa sorta sul finire del XII secolo si sviluppò un complesso architettonico assai pregevole, costruito in successive fasi dal 1474 al 1646. Vi fiorì una comunità francescana, ospitò per alcuni periodi il ministro provinciale dell'Ordine e fu sede di cultura filosofica e teologica. Nel corso del secolo scorso, a seguito del processo di liquidazione dell'asse ecclesiastico, il convento fu prima assegnato al demanio e poi subì successive alienazioni a privati, ospitando, tra l'altro, anche alcune delle rarissime istituzioni per l'infanzia del Mezzogiorno d'Italia.
Intorno al 1930 ne era proprietario il Banco di Napoli che tuttavia, nonostante le sollecitazioni della Soprintendenza, prima lasciò deperire il patrimonio artistico e poi inopinatamente, durante il secondo conflitto mondiale, se ne sbarazzò con procedure liquidatorie e sommarie, cedendolo ad alcuni privati. Nel corso di questi ultimi decenni la Soprintendenza ha più volte impugnato questa alienazione, sostenendo tra l'altro che il Banco di Napoli non si era fornito del richiesto preventivo parere del Ministero della pubblica istruzione, e sollevando quindi, insieme allo stesso prefetto di Potenza, forti perplessità circa la legittimità della vendita. Solo nel 1954 fu posto il vincolo di tutela sul complesso monumentale con decreto del 25 ottobre di quell'anno; ma neppure tale vincolo divenne subito operante essendo stato tra l'altro comunicato ai proprietari una ventina di anni dopo.
Nel 1970 la questione relativa alla legittimità della vendita veniva risolta in palese contrasto con le disposizioni di legge, invocando una non ben definibile "usucapione traslativa".
Queste vicende caratterizzate da estrema indecisione e da contraddittorietà di indirizzi hanno pesato negativamente sulla situazione di continuo degrado del monumento, che attualmente persino sulle più accreditate guide turistiche viene descritto sommariamente e quasi declassato a masseria. In effetti gli attuali proprietari utilizzano in gran parte i locali per l'organizzazione del proprio lavoro di campagna.
Nel 1972 un fulmine compromise seriamente il campanile della chiesa che da allora è pericolante e ciò indusse la Soprintendenza a porre in salvo la parte degli affreschi più esposti, circa 200 metri quadrati su un totale complessivo di circa mille metri quadrati, che negli anni successivi e fino al 1974 furono staccati e depositati presso il comune di Sant'Arcangelo insieme ad altri oggetti d'arte di pertinenza dell'abbazia.
Il complesso monumentale è costituito da vari corpi di fabbrica articolati attorno a due cortili quadrangolari. Il convento si sviluppa su due piani con gli ambienti destinati ad ospitare una comunità di 20-25 religiosi. Nei documenti sono segnalati una biblioteca, una farmacia, un mulino, due cantine, magazzini, stalle e due grandi cisterne di supporto ad una fiorente azienda agricola. La chiesa si sviluppa nel lato sud ad una navata, con cupola absidale e con il campanile che si affaccia sul chiostro. La sua ristrutturazione barocca è considerata di notevole pregio, con stucchi policromi, ricco arredo degli altari, soffitto ligneo cassettonato e pavimenti in ceramica. Un coro ligneo è datato 1614 ed ora è rimosso per le medesime esigenze conservative di cui abbiamo parlato a proposito degli affreschi. Questi ultimi, nonostante l'attuale situazione, appaiono in gran parte recuperabili; tele, statue lignee ed arredi sacri completano il patrimonio d'arte dell'intero complesso. L'attuale stato di conservazione è pessimo e la presenza di un'azienda agricola privata, se ha scongiurato il completo abbandono degli edifici, non ne ha certamente impedito il progressivo pauroso degrado soprattutto del chiostro e della chiesa. Le coperture lignee sono fatiscenti ed in parte sfondate, la presenza di umidità produce continui effetti distruttivi sugli stucchi, sui legni e sulla decorazione pittorica. La struttura muraria presenta fessurazioni diffuse ed il paventato crollo del campanile, alto circa 30 metri, comporterebbe danni irreparabili per il convento e la chiesa sottostanti.
La Soprintendenza ha più volte predisposto perizie per lavori urgenti, con dettaglio e precisione di interventi. Ma le numerose difficoltà, derivanti soprattutto dalle vicende legate alla titolarità del monumento, ne hanno impedito la realizzazione.
Riteniamo quindi non solo giustificato, ma anche necessario questo disegno di legge, che deve essere considerato come atto dovuto a titolo risarcitorio che in qualche modo ripari alle vicende qui sommariamente richiamate.
Noi proponiamo che il monumento venga assegnato alla comunità montana competente per territorio, riservandosi il Ministero per i beni culturali ed ambientali, attraverso le Soprintendenze regionali, l'attuazione di un programma di restauro e di rivitalizzazione dell'intero complesso, finalizzandolo ad attività varie di uso collettivo. Particolare rilievo ci pare debba avere la creazione in loco di un museo archeologico che raccolga le vistose ed importanti testimonianze sulle popolazioni elleniche ed anelleniche presenti nella Valle dell'Agri, come soprattutto in quest'ultimo decennio la Soprintendenza della Basilicata ha lodevolmente accertato e documentato nei suoi programmi di scavi e di studio. Questa nostra proposta infatti vuol essere anche un esplicito riconoscimento all'attività istituzionale delle Soprintendenze della Basilicata, agli studi portati avanti dai soprintendenti, dal personale, dai tecnici e dalle maestranze che vi collaborano, e che lavorano spesso in condizioni non ottimali.

Disegno di legge

Art. 1.

Il Ministro per i beni culturali ed ambientali, a norma dell'art. 54, secondo comma, della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni, è autorizzato ad emanare decreto di esproprio (11), a favore della comunità montana dell'Agri-Sauro in Basilicata, dell'intero complesso monumentale di Santa Maria di Orsoleo sito nel comune di Sant'Arcangelo in provincia di Potenza. Il decreto di esproprio di cui al comma precedente deve riservare al Ministero dei beni culturali e ambientali parte del complesso monumentale per l'allestimento di un "Museo archeologico delle popolazioni elleniche ed anelleniche della Valle dell'Agri".

Art. 2.

Le Soprintendenze regionali e la comunità montana dell'Agri Sauro entro il 31 luglio 1985 predispongono un programma comune di utilizzazione del complesso monumentale di cui alla presente legge, indicando le finalità specifiche cui gli stabili saranno destinati, tenuto conto:
a) delle esigenze della comunità montana medesima, in ordine al reperimento di sedi adeguate al suo funzionamento ed alle proprie attività;
b) della valorizzazione storico - ambientale del complesso architettonico e delle opere d'arte in dotazione;
c) della necessità di costruire un "Museo archeologico delle popolazioni elleniche ed anelleniche della Valle dell'Agri", di cui all'articolo 1 della presente legge;
d) dell'opportunità di dotare la zona di strutture di uso pubblico per attività sociali e culturali.

Art. 3.

Il Ministero per i beni culturali ed ambientali attraverso le Soprintendenze regionali dispone il programma di restauro e valorizzazione del complesso monumentale e delle opere d'arte mobili ivi esistenti, prevedendo:
1) le opere di consolidamento delle strutture secondo la perizia d'intervento urgente elaborata nel 1980, con la stima aggiornata dei danni provocati dal sisma del 23 novembre 1980;
2) Il restauro e la ricollocazione in loco degli affreschi staccati nel 1974 ed attualmente custoditi presso il comune di Sant'Arcangelo in provincia di Potenza;
3) il restauro degli affreschi attualmente esistenti nel complesso monumentale;
4) il restauro delle opere d'arte mobili e degli arredi che costituiscono il patrimonio dell'abbazia;
5) ogni altro intervento di restauro, manutenzione e conservazione anche finalizzato al programma di cui all'articolo 2 della presente legge.

Art. 4.

Il Ministro del tesoro è autorizzato alla spesa di cui alla presente legge, iscrivendola a carico dei capitoli 2034, 2035, 8005 e 8010 dello stato di previsione del Ministero per i beni culturali ed ambientali, in ciascuno degli anni finanziari 1985,1986,1987,1988 e 1989, secondo la tabella allegata alla presente legge.

Art. 5.

La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella "Gazzetta Ufficiale".

La tabella allegata al disegno di legge indicava come spesa globale (per manutenzione, conservazione, acquisti, espropriazioni, lavori di ammodernamento ecc.) la somma totale di 9 miliardi e 400 milioni.
Ma, come è stato già detto, la proposta non andò in porto; così, per non perdere altro tempo, si cominciò a parlare, con più insistenza, di acquisto, anzichè di esproprio.
Nell' estate del 1986, dopo un convegno sulla valorizzazione del patrimonio storico della media Valle dell'Agri, il Sindaco di Sant'Arcangelo, con una lettera del 16 luglio, sollecitava l'Assessore alla Programmazione della Regione Basilicata a non perdere altro tempo. Scriveva testualmente: "Il giorno 11 u. s. in un importante convegno organizzato dall'Amministrazione Comunale con la Soprintendenza ai beni archeologici sulla valorizzazione del patrimonio storico della media Valle dell'Agri è emersa ancora una volta la necessità dell'immediato recupero del complesso monumentale di Santa Maria di Orsoleo, per il quale codesto dipartimento si è già tanto attivamente impegnato, nella concreta prospettiva di farne un importante punto di riferimento per l'itinerario artistico archeologico della Valle Dell'Agri.
Si chiede pertanto di accelerare al massimo le procedure dell'acquisizione anche al fine di porre termine alle solite speculazioni dei ritardi indefiniti e del disinteresse pubblico per i beni culturali...".
Così, dopo che, ovviamente, i proprietari avevano manifestato la loro disponibilità alla vendita, si pensò seriamente all'acquisto, da parte della Regione Basilicata; e all'acquisto si arrivò nell'adunanza del Consiglio Regionale del 24 novembre 1987. Il Consiglio aveva all'ordine del giorno un solo argomento: L.R. "Autorizzazione acquisto complesso monumentale Santa Maria di Orsoleo, da adibire a sede del centro polivalente di attività culturali".
Ecco, nelle parti salienti, il testo del verbale della seduta": "Il Consiglio Regionale
Visto il testo di legge segnato in oggetto;
Sentito il parere della Prima Commissione Consiliare Permanente, espresso in aula dal Presidente Schettini;
Sentiti gli interventi dell'Assessore D'Andrea e dei consiglieri Adamo e Bubbico;
Visto l'esito della votazione sui singoli articoli e sul testo di legge nella sua interezza, approvati con identico risultato: consiglieri presenti 21- votanti 21 - voti favorevoli 21;
delibera
di approvare la L. R. "Autorizzazione acquisto complesso monumentale Santa Maria di Orsoleo, da adibire a sede del Centro polivalente di attività culturali" nel testo allegato al presente provvedimento di cui è parte integrante e sostanziale".
Nella "Relazione" che segue, prima si dice dell'importanza storica e artistica di Orsoleo ("tanto da essere dichiarato in data 27-1-1954 di interesse particolarmente importante ai sensi della legge 1-6-1939 n. 1089 e sottoposto a tutela da parte della Soprintendenza...") e dell'intenzione di acquisto da parte della Regione Basilicata nell'ambito degli interventi relativi al Programma Triennale 1985-1987 nel settore dei beni di interesse storico ambientale"; poi si passa a una esposizione generale della storia del Convento, ricalcando, più o meno, la descrizione premessa al già citato disegno di legge al Senato; alla fine, con riferimento specifico, si dice "non solo giustificata ma anche necessaria" la proposta di legge in oggetto, da considerare "come atto consequenziale al deliberato CIPE del 2-5-1985" che prevedeva "l'acquisizione ed il restauro del complesso monumentale"; e si conclude dicendo che si affidava alla Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici della Basilicata "l'attuazione di un programma di restauro e di rivitalizzazione dell'intero complesso, finalizzandolo ad attività varie di uso collettivo".
Seguono i tre articoli della L. R. che veniva approvata:

Art. 1

E' autorizzato l'acquisto dell'immobile descritto al successivo art. 2 di proprietà dei Sigg. Galotta Teodosio Michele e Rossi Maria Giuseppa sito nel Comune di Sant'Arcangelo da destinare a sede del Centro Polivalente di attività Culturali al prezzo globale di £ 897.474.200. (14)
La spesa già prevista dal Programma Triennale di intervento 1985-87 approvato dal CIPE con la deliberazione del 2 maggio 1985, trova copertura finanziaria sul Cap. 7316 del Bilancio di previsione per l'esercizio 1987.

Art. 2

Il complesso di cui all'art. 1 é costituito da:
a) fabbricati in agro di Sant'Arcangelo in catasto alla partita 581 particelle 13/2 e lett. A del foglio 30 del Comune di Sant'Arcangelo, comprendenti:
un corpo A di mq 300
corpo B di mq 955
corpo C di mq 885
corpo D di mq 210 costituenti l'intero complesso monumentale di S. Maria d'Orsoleo.
b) terreni per Ha 2.00 circostanti il complesso monumentale così come delimitati nella planimetria allegata (15).

Art. 3

La presente legge è pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione Basilicata. Segue la firma del Presidente Prof. Mario Di Nubila.

Così, dopo più di un secolo, dopo tante tristi vicende e dopo tante speranze di rinascita, l'antico Convento, anche se spogliato, ormai, delle suppellettili che un tempo lo facevano ricco e sontuoso, privato di alcune delle più belle e più significative opere d'arte, e malandato nelle stesse strutture murarie; sul punto, quasi, della distruzione totale; misero e spoglio; senza vita, senza preghiere e senza canti devoti, non ritornava ai vecchi abitatori (cosa ormai impossibile) ma, per lo meno, ritornava di utilità pubblica, diventava un bene di tutti.
Subito dopo l'acquisto, con ammirevole celerità si pensò al restauro degli edifici, e già il 15 aprile del 1988, l'"Impresa Giardini" di Roma potè dare inizio ai lavori sotto la direzione e la guida di esperti e di tecnici della Soprintendenza. Finora si è proceduto solo a lavori di rinforzo delle fondamenta, dei muri portanti e delle volte. Si spera che si vada avanti senza le soste cui così spesso, purtroppo, si assiste nei lavori di interesse pubblico, e che tutto il complesso dell'antico convento riprenda, quanto prima, un aspetto dignitoso e decoroso che possa avviarlo a una nuova vita, diversa, ovviamente, da quella per cui era stato fondato e che l'ha caratterizzato per tanti secoli, ma, si vuole sperare, ugualmente nobile e, anche se in modi certamente non immaginati da chi lo aveva voluto, ugualmente utile per tutti gli abitanti della Valle. Perchè è necessario, se veramente si vuol salvare Orsoleo, non solo restaurarlo, ma "rivitalizzarlo", vivificarlo con energie ed attività giovanili, senza dimenticare, però, l'antica funzione che sempre il complesso monumentale ha avuto, di santuario mariano per tutti gli abitanti della zona.
Già si è notato come tutti quelli che si sono interessati al recupero di Orsoleo, abbiano pensato anche alle funzioni a cui destinarlo: nella proposta di legge presentata alla Camera dei deputati il 20 aprile 1983 e nel disegno di legge comunicato alla Presidenza del Senato della Repubblica il 10 maggio 1984, si diceva esplicitamente: "Noi proponiamo che il monumento venga assegnato alla comunità montana competente per territorio, riservandosi il Ministero per i beni culturali ed ambientali, attraverso le Soprintendenze regionali, l'attuazione di un programma di restauro e di rivitalizzazione dell'intero complesso, finalizzandolo ad attività varie di uso collettivo. Particolare rilievo ci pare debba avere la creazione in loco di un museo archeologico che raccolga le vistose ed importanti testimonianze sulle popolazioni elleniche ed anelleniche presenti nella Valle dell'Agri, come soprattutto in quest'ultimo decennio la Soprintendenza della Basilicata ha lodevolmente accertato e documentato nei programmi di scavi e di studio".
Cose più o meno simili venivano proposte nei vari convegni, più o meno importanti, che, in diverse occasioni, si tenevano, a vari livelli, sia a Sant' Arcangelo che nella stessa sede di Santa Maria di Orsoleo. Da parte sua, il Consiglio Regionale, acquistando il vecchio monastero diceva di volerlo "adibire a sede del centro polivalente di attività culturali" e proponeva di affidarlo "alla Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici della Basilicata... (per) l'attuazione di un programma di restauro e di rivitalizzazione dell'intero complesso, finalizzandolo ad attività di uso collettivo". Ma sull'utilizzazione del Convento, una volta restaurato, l'intervento più esplicito e più chiaro si è avuto con la presentazione di un altro disegno di legge, da parte di ben quindici senatori, comunicato alla Presidenza del Senato della Repubblica il 18 ottobre 1988. Il disegno di legge è stato presentato "d'iniziativa dei senatori Coviello, De Rosa, Spitella, Manzini, Moro, Zecchino, Parisi, Perina, Pinto, Toth, Mezzapesa, Leonardi, Tagliamonte, Boggio e Sartori" (16). Il disegno di legge, presentato da tanti autorevoli parlamentari di ogni parte d'Italia, propone non solo l'istituzione di un museo archeologico nel vecchio edificio una volta restaurato, ma anche di un laboratorio e di una scuola per il restauro. Il disegno di legge si intitola esplicitamente "Istituzione del Museo archeologico nazionale delle Genti Italiche, del Laboratorio e della Scuola per il restauro nel complesso di Santa Maria d'Orsoleo in Sant'Arcangelo". E' preceduto da una relazione introduttiva: "Onorevoli Senatori: Negli anni più recenti, ed in particolare dopo gli eventi sismici del 1980, nell'area meridionale campano-lucana, per meglio conservare la memoria storica e marcare una identità culturale che rischia di essere rimossa, si è andato accentuando l'interesse delle comunità locali verso i beni culturali e le istituzioni locali, e gli organi periferici dello Stato stanno elaborando una forte iniziativa progettuale per il loro recupero, utilizzando appieno la normativa speciale per la ricostruzione e l'intervento straordinario nel Mezzogiorno.
Si vanno, così, ripristinando e rendendo valide strutture monumentali, alle quali non solo viene dato rilievo culturale, ma viene anche riconosciuto il valore di risorsa proficuamente utilizzabile per la crescita economica e sociale delle popolazioni locali.
Insieme alla riscoperta si va esaltando il loro ruolo, affidando al bene culturale non solo il valore di testimonianza isolata di un avvenimento, ma anche la funzione di risorsa legata al contesto storico ambientale che lo ha prodotto.
In questo quadro, la tutela del bene si lega sempre più alla valorizzazione, alla promozione e crescita socio-culturale dell'area, perseguibili attraverso l'attività di pianificazione e gestione dell'ambiente in cui si situa.
Da qui derivano la necessità e l'utilità della stretta collaborazione tra lo Stato, che detiene la competenza in materia di tutela e conservazione dei beni culturali, e le istituzioni locali, in primo luogo le regioni, che hanno la responsabilità della programmazione economica e territoriale.
La linea qui appena indicata viene perseguita in Basilicata, dove si sta realizzando un vasto programma nel settore dei beni archeologici e monumentali e dove si sta validamente sperimentando una positiva convergenza tra il recupero, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio attraverso la destinazione funzionale in rapporto alla necessità di promuovere ed allargare i servizi culturali nel territorio. Il programma del recupero corrisponde al disegno di sviluppo che la regione si è dato e che è indicato nel piano di assetto economico e territoriale.
Va così prendendo corpo un progetto di sistema museale a scala regionale, ma con orizzonte operativo agganciato agli itinerari culturali del Mezzogiorno; un sistema articolato territorialmente in un disegno organico legato intimamente alle caratteristiche storiche del territorio, che esalti i ruoli del Ministero per i beni culturali e ambientali, delle sovrintendenze, delle regioni, degli enti locali e della Chiesa nell'ambito delle rispettive competenze.
L'area sud-occidentale della Basilicata, a ridosso del confine con la Calabria, non rientra certo fra le entità territoriali più favorite da quei processi di sviluppo che si vanno affermando in molte zone del Sud. Così come in altre parti del Mezzogiorno, si può anzi affermare che il processo storico marca qui una radicale differenza rispetto al passato classico; questi stessi territori hanno infatti costituito a lungo un punto nodale nella vicenda della Magna Grecia.
Per comprendere tale favorevole posizione, occorre partire dalla trasformazione naturale dell'area, caratterizzata dalla presenza dei due bacini fluviali dell'Agri e del Sinni, volti in direzione dello Ionio, che si diramano dalle alture dell'Appennino affacciate invece sul Tirreno; com'è facile rilevare, un'ottima via di transito tra i due opposti versanti marittimi.
Come indicano i ritrovamenti delle grotte di Latronico, in queste due ampie vallate la presenza umana è certo molto antica; perchè si dispieghino appieno le potenzialità naturali di crescita occorre tuttavia giungere ai secoli successivi all'VIII avanti Cristo.
Lungo le coste dei mari meridionali verso quell'epoca si verifica infatti uno degli avvenimenti storici che più ha inciso nella definizione stessa della nostra civiltà: la colonizzazione greca...". Segue una breve esposizione storica generale sulle colonie greche del litorale ionico e sull'importanza delle valli dell'Agri e del Sinni nello sviluppo economico e civile della zona nei tempi antichi. Quindi il relatore continua: "La riscoperta dell'esistenza stessa delle culture italiche costituisce... uno dei più rilevanti successi dell'archeologia italiana del secondo dopoguerra, reso ancora più significativo dal recente, accresciuto interesse per le sorti del nostro patrimonio culturale.
Nel caso specifico dell'area in esame, un vero e proprio salto di qualità dell'attività di ricerca può essere riconosciuto nell'attuazione dei provvedimenti di ricostruzione e di sviluppo successivi al terremoto del 1980 (legge n. 219 del 1981 e legge n. 80 del 1984, di conversione del decreto-legge n. 19 del 1984).
A definirlo possono essere indicativi alcuni dati quantitativi. Dal 1982 ad oggi, in una sola delle varie necropoli di Aliano, sono stati scavati 900 complessi tombali enotri, per un totale stimato di circa 15.000 reperti. Così come meritano di essere segnalate tutte le nuove scoperte effettuate dal 1980 in poi, in particolare le forme insediative: le fattorie con relative aree di necropoli di Aliano-Alianello (Maria Santissima della Stella) Armento, Castronuovo, Gallicchio, Guardia Perticara, Missanello, Montemurro, Roccanova, S. Chirico Raparo, S. Martino d'Agri e Sant'Arcangelo, nella valle dell'Agri; e Cersosimo, Chiaromonte, Episcopia, Noepoli, S. Giorgio Lucano e Teana in quella del Sinni; i piccoli santuari rurali di Santa Maria d'Anglona, Armento, Chiaromonte ed Episcopia. Gli abitati fortificati di Roccanova-contrada Marcellino, Serre e Tre Confini; Cersosimo Latronico-Colle dei greci e Agromonte Magnano.
Fatto della massima importanza, al salto quantitativo ha corrisposto anche un netto progresso delle tecniche di scavo; nel caso delle sepolture più ricche e complesse si è, ad esempio, messa a punto una procedura di recupero che consente l'asportazione integrale della tomba con tutta la sottostante zolla di terreno. Il prelievo degli oggetti può così essere differito e venire eseguito in laboratorio, con l'ausilio di tutti i mezzi di ricognizione, restauro ed analisi.
In una situazione che non ha possibilità di confronto in nessun altro sito mediterraneo, si dispone così di un complesso di deposizioni - al momento già cinquanta casi - che possono essere oggetto di un microscavo di assoluta precisione ....
La conclusione logica cui si perviene, in vista di simili prospettive scientifiche e dopo uno sforzo finanziario comunque non trascurabile, è certo quella di porre un tale patrimonio culturale a disposizione dei cittadini, come fonte di conoscenze, ma anche quale risorsa da valorizzare sotto il profilo turistico.
Allo stato attuale delle cose, non esiste tuttavia alcuna istituzione museale in grado di ospitare i reperti di cui si è detto; per il museo di Policoro, già largamente insufficiente, le possibilità di ampliamento sono remote (data la sua ubicazione all'interno dell'area archeologica di Heracleia), mentre il quasi ultimato museo di Grumentum appare lontano e già del tutto impegnato dalle potenzialità della città romana cui si affianca.
Unica soluzione del problema è quindi la nascita di una nuova struttura espositiva.
In coerenza con il principio sia culturale che economico del recupero delle strutture monumentali già esistenti, per essa lo stesso territorio della Valle dell'Agri offre una sede ottimale, con il complesso monastico di Santa Maria d'Orsoleo, in comune di Sant'Arcangelo (Potenza), di recente acquisito dalla regione e in fase di avanzato recupero".
Il relatore passa poi a parlare, per sommi capi, dell'origine, della storia, dell'importanza del convento di Orsoleo nel corso dei secoli. Quindi continua: "Con il presente disegno di legge si pensa di utilizzare il complesso come istituzione a funzioni plurime:
1) come istituto museale, non più solo destinato alla conservazione ed esposizione di oggetti, ma atto a concentrare in una stessa sede la biblioteca e l'archivio, come la documentazione e l'informazione relative alle risorse culturali del territorio, la didattica e l'attività di promozione sociale e culturale;
2) come laboratorio per il recupero dei beni archeologici;
3) come centro di formazione professionale di giovani o di unità, già operanti nel lavoro di recupero archeologico, impiegate dalle istituzioni e dalle imprese che lavorano in questo settore nella regione.
Il recupero del monumento, reso possibile a seguito dell'intervento straordinario, offre questa possibilità. Il restauro e la destinazione d'uso dell'edificio sono infatti gli aspetti prettamente interdipendenti dell'attività di conservazione del monumento legati il primo, a metodologie storico-critiche e tecnico-scientifiche e, il secondo, alla individuazione di un uso che sia compatibile con le caratteristiche tipologico-distributive proprie dell'edificio.
La destinazione museale e comunque socio-culturale dell'edificio appare senz'altro la più idonea a produrre la pluralità di effetti descritti, che vanno dalla possibilità di una corretta finalizzazione dell'intervento di restauro alla produttività culturale conseguente alla riappropriazione sociale dell'edificio storico-rappresentativo, alla economicità globale in termini di costi-benefici dell'operazione, che concorre anche all'obiettivo di rivitalizzazione del centro storico e dell'intera media Valle dell'Agri.
Tale destinazione, che vede concordemente favorevoli sia gli organi periferici del Ministero per i beni culturali ed ambientali interessati che la stessa regione Basilicata, consentirebbe i seguenti risultati:
esposizione in tempi brevi dei reperti archeologici;
restituzione di una funzione pubblica ad uno dei più notevoli complessi monumentali della regione, finora escluso da ogni fruizione;
nascita di un polo di interesse nella media Valle dell'Agri, quasi a metà strada fra i due comprensori archeologici di Grumentum e di Policoro, già dotati di strutture museali.
Grazie alla peculiarità dei complessi recuperati nella loro totale integrità ed alla particolare natura dei reperti, il museo - che merita senz'altro il nome di Museo archeologico delle genti italiche - potrebbe venire allestito secondo criteri fortemente innovativi, proponendo la ricostruzione al vero di un lembo della necropoli e realizzando un sorta di esposizione di quelle forme di esibizione della ricchezza attraverso gli oggetti esotici e l'abbigliamento che costituiscono uno degli atteggiamenti più singolari ed affascinanti di queste genti.
Con un'adeguata preparazione ed un'informazione mirata, sarebbero notevoli le possibilità di ricaduta sul piano della fruizione turistica, anche ad ampio raggio.
Da quanto detto in precedenza appare chiaro come la scelta della badia di Santa Maria d'Orsoleo quale contenitore espositivo si riferisce alla sistemazione delle sole strutture di visita.
Accanto, appare molto importante la disponibilità di ambienti per il restauro, l'analisi e la documentazione dei reperti.
Anche in questo caso, la situazione presente appare drammaticamente inadeguata; per fornire uno spazio operativo all'équipe dell'Istituto centrale del restauro, che affianca la soprintendenza archeologica della Basilicata nel trattamento di questi materiali, si è di recente ricorsi addirittura all'impiego di una delle sale di esposizione del museo di Policoro, sottratta così al pubblico.
La creazione di una scuola-laboratorio può avvenire anche utilizzando allo scopo la struttura convittuale della scuola professionale agraria di S. Brancato. Quest'ultima nell'anno scolastico 1988-89 ha subito un provvedimento di soppressione, poi revocato, per limiti numerici di alunni convittori.
L'utilizzo di questa struttura anche per la scuola di restauro consente una felice integrazione di attività procurando l'esaltazione funzionale scolastica del centro, che diffonde i suoi benefici effetti su un territorio molto vasto.
L'impiego del complesso scolastico di S. Brancato, disponibile con fabbricati di tipo comunitari, consente l'abbattimento dei costi e l'accelerazione dei tempi operativi. Esso, oltre a fornire indispensabile supporto logistico alla nascita ed alla vita del Museo, può divenire un centro di riqualificazione del personale e di formazione giovanile, in funzione sia della sovrintendenza che dello stesso Istituto centrale del restauro, che potrebbe così iniziare nel concreto quella politica di decentramento sia didattico che operativo che è già nei suoi obiettivi strategici".
Segue una esposizione generale degli articoli proposti che, testualmente, sono così enunciati:

Disegno di legge

Art. 1.

1. Sono istituiti in Sant'Arcangelo, presso il monastero di Santa Maria d'Orsoleo e il collegio-scuola di San Brancato, in provincia di Potenza, il Museo archeologico nazionale delle genti italiche, il Laboratorio di restauro dei beni archeologici, quale sede distaccata meridionale dell'Istituto centrale del restauro, e la Scuola professionale per la formazione degli operatori nel settore del restauro dei beni culturali.

Art. 2.

1. Il Museo, il Laboratorio e la Scuola operano in collaborazione con la regione Basilicata e nell'ambito delle rispettive finalità sulla base di intese tra i competenti organi statali e regionali.

2. Il Museo provvede alla raccolta, alla conservazione ed al restauro del patrimonio archeologico rinvenuto nelle Valli dell'Agri e del Sinni, promuove, anche in collaborazione con la regione Basilicata e gli enti locali, studi e ricerche sulla storia antica delle Valli dell'Agri e del Sinni e sulla storia delle genti italiche, nonchè le connesse iniziative per la promozione culturale dell'area.

3. La scuola provvede alla formazione professionale del personale addetto al restauro dei beni archeologici. L'attività della Scuola è svolta in collegamento, sul piano scientifico e tecnico, con l'Istituto centrale del restauro avvalendosi con apposite convenzioni dell'opera di istituti universitari e di altri istituti specializzati.

4. La Scuola, che si articola in un corso triennale, provvede all'insegnamento del restauro in particolare di quello relativo ai beni archeologici ed antiche opere d'arte minore.

Art. 3.

Il Museo, il Laboratorio e la Scuola si avvalgono, per il proseguimento delle proprie finalità, anche di contributi finanziari di enti e di privati.

Art. 4.

1. Col decreto del Presidente della Repubblica, adottato, su proposta del Ministro per i beni culturali e ambientali, con la procedura prevista dall'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è emanato il regolamento per l'esecuzione della presente legge. Sullo schema di regolamento la regione Basilicata esprime il parere entro sessanta giorni dalla comunicazione.

Art. 5.

1. Il Ministro per i beni culturali e ambientali è autorizzato a stipulare una convenzione con la regione Basilicata per l'uso del convento di Santa Maria d'Orsoleo quale sede del Museo.

Art. 6.

1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a lire 1000 milioni annui a decorrere dal 1988, si fa fronte, quanto a tale anno, mediante parziale riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del Tesoro, all'uopo utilizzando l'accantonamento "Istituzione dell'Agenzia per il controllo dell'attuazione dei trattati internazionali relativi alla libertà e ai diritti civili per l'informazione nei Paesi a regime dittatoriali", e corrispondenti capitoli per gli anni successivi.

2. Il Ministro del Tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. -

Questo è il disegno di legge presentato il 18 ottobre 1988 alla Presidenza del Senato della Repubblica dal Senatore Coviello e da altri 14 Senatori d'ogni parte d'Italia.
Per quanto riguarda, dunque, la riutilizzazione del complesso di Orsoleo, una volta restaurato, l'opinione prevalente è che il vecchio monastero sia destinato a funzioni socio-culturali e, più specificamente, a sede di un museo archeologico e a scuola di restauro.
 

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NOTE DEL CAPITOLO 10

1) II verbale della seduta è in ACS, fascic. " Orsoleo" .
2) Idem
3) Idem.
4) Anche il verbale di questa seconda seduta è in ACS, fascic. "Orsoleo".
5) Idem
6) Di una strada carrozzabile che portasse a Orsoleo si parlava da anni; nella seduta del 9 aprile era stata caldeggiata esplicitamente dal Comitato.
7) A.C.S.; fasc. "Orsoleo".
8) Tutti questi dati sono riscontrabili in varie carte raccolte nel fascicolo "Orsoleo" in A.C.S.
9) A.C.S., fasc. "Orsoleo".
10) Camera dei Deputati, Atti parlamentari, VIII legislatura - Disegni di legge e relazioni Documenti - N. 4068.
11) Come si vede, questo disegno di legge prevedeva l'esproprio, non l'acquisto per libera vendita del complesso di Orsoleo.
12) Senato della Repubblica, - Atti parlamentari, IX legislatura, N. 710.
13) Copia in A.C.S., fasc. "Orsoleo".
14) Per curiosità si può notare che nella tabella allegata alla proposta di legge al Senato (della quale si è ampiamente detto) alla voce "Spese per acquisti ed espropriazione, ecc." si assegnavano in tutto solo 100 milioni di lire!
15) Si ricordi che il territorio di Orsoleo è di circa 200 ettari. I due ettari acquistati sono, perciò, veramente pochi.
16) Senato della Repubblica - Atti parlamentari - N. 1361, com. alla Presidenza il 18 ottobre 1988 - X legislatura - disegni di legge e relazioni - Documenti.

 

 

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