INDICE

successivo  >>


Luigi Branco
.

Ricordi Bizantini in un dialetto di Basilicata - Sant'Arcangelo


Presentazione

Questo libro è nato soprattutto dal desiderio di far durare il più a lungo possibile, perlomeno nel ricordo, tante parole che sono state vive per secoli nel dialetto di Sant'Arcangelo e, in genere, nelle parlate meridionali, e che ora corrono il rischio, come tante altre cose del passato, non solo di morire (destino comune a ogni creazione dell'uomo) ma anche di essere dimenticate per sempre. È per questo che nel raccogliere le parole di origine greca del dialetto di Sant'Arcangelo di Lucania (solo per comodità e chiarezza si è guardato a questo dialetto, ma ci sono, nel libro, riferimenti continui ad altri idiomi meridionali) non si è fatto un semplice arido elenco delle parole, ma si è cercato di illustrarle con riferimenti, quando è stato possibile, ai testi classici dell'antica civiltà ellenica e con il ricordo di poesie popolari, di stornelli, di proverbi che, nati in tempi lontani e diversi dai nostri, sono ormai dimenticati da tutti. La piccola antologia che, dunque, accompagna questa breve raccolta di vocaboli di origine greca vuol far sentire queste parole, specialmente a chi le ha già dimenticate e le va dimenticando, come naturali espressioni di un modo di vivere e di pensare ormai tramontato, e come documento di una civiltà umile e semplice, ma, nello stesso tempo, nobilissima nei sentimenti e profondamente umana. 
Siccome, secondo l'opinione di molti studiosi, quasi tutti i vocaboli di origine greca dei dialetti meridionali non derivano dalla lingua parlata, una volta, nelle antiche colonie della Magna Grecia, bensì dalla viva lingua greca parlata nell'Italia meridionale nel periodo bizantino, si è pensato di far precedere il breve glossario da uno studio introduttivo sulla civiltà bizantina in Basilicata e, più in generale, nel Meridione d'Italia. 
Lo studio dell'Italia meridionale bizantina è del massimo interesse per la comprensione della storia civile di queste terre. Anche se non potevano, certamente, dirsi floride le condizioni di vita degli uomini, in quei tempi lontani, alta veramente, soprattutto se paragonata a quella di altre zone dell'Italia e dell'Europa di quel tempo, era la vita spirituale e civile delle popolazioni del Meridione d'Italia. La cultura bizantina che, attraverso gli scritti e le tante opere d'arte, permeava gli spiriti più nobili di queste terre e affinava il gusto del popolo, la fioritura meravigliosa di monasteri e i tanti santi che in essi vivevano, collocano queste contrade fra le più civili dell'Italia medioevale. 
S. Fantino che, prevedendo un'invasione saracena, va piangendo nei boschi del Mercurion sulla rovina dei monasteri e sulla perdita dei libri in essi conservati; S. Nilo di Rossano che, vecchissimo, parte per Roma per salvare il suo concittadino Filagato dall'ira di Ottone III e di Gregorio V e impedire, così, che si compia uno dei più vergognosi delitti della Roma medioevale, possono considerarsi come i simboli della civiltà umana e cristiana che fioriva nel Meridione d'Italia in uno dei periodi più oscuri della storia d'Europa. 
Questa civiltà sembrò che dovesse soccombere all'arrivo dei Normanni, ma questi, dopo un primo periodo di violenze e di disordini, sentirono il fascino della raffinata civiltà delle terre che venivano conquistando, la seppero, almeno in parte, assorbire, e iniziarono, per tutto il Mezzogiorno d'Italia, un periodo di giovanile operosità e di civile benessere. 

Sant'Arcangelo (Potenza), ottobre 1983

 

 

  [ Home ]    [ Scrivici ]