Presentazione
Questo libro è nato soprattutto dal desiderio di far durare il più a
lungo possibile, perlomeno nel ricordo, tante parole che sono state vive
per secoli nel dialetto di Sant'Arcangelo e, in genere, nelle parlate
meridionali, e che ora corrono il rischio, come tante altre cose del
passato, non solo di morire (destino comune a ogni creazione dell'uomo)
ma anche di essere dimenticate per sempre. È per questo che nel
raccogliere le parole di origine greca del dialetto di Sant'Arcangelo di
Lucania (solo per comodità e chiarezza si è guardato a questo dialetto,
ma ci sono, nel libro, riferimenti continui ad altri idiomi meridionali)
non si è fatto un semplice arido elenco delle parole, ma si è cercato di
illustrarle con riferimenti, quando è stato possibile, ai testi classici
dell'antica civiltà ellenica e con il ricordo di poesie popolari, di
stornelli, di proverbi che, nati in tempi lontani e diversi dai nostri,
sono ormai dimenticati da tutti. La piccola antologia che, dunque,
accompagna questa breve raccolta di vocaboli di origine greca vuol far
sentire queste parole, specialmente a chi le ha già dimenticate e le va
dimenticando, come naturali espressioni di un modo di vivere e di
pensare ormai tramontato, e come documento di una civiltà umile e
semplice, ma, nello stesso tempo, nobilissima nei sentimenti e
profondamente umana.
Siccome, secondo l'opinione di molti studiosi, quasi tutti i vocaboli di
origine greca dei dialetti meridionali non derivano dalla lingua
parlata, una volta, nelle antiche colonie della Magna Grecia, bensì
dalla viva lingua greca parlata nell'Italia meridionale nel periodo
bizantino, si è pensato di far precedere il breve glossario da uno
studio introduttivo sulla civiltà bizantina in Basilicata e, più in
generale, nel Meridione d'Italia.
Lo studio dell'Italia meridionale bizantina è del massimo interesse per la
comprensione della storia civile di queste terre. Anche se non potevano,
certamente, dirsi floride le condizioni di vita degli uomini, in quei
tempi lontani, alta veramente, soprattutto se paragonata a quella di
altre zone dell'Italia e dell'Europa di quel tempo, era la vita
spirituale e civile delle popolazioni del Meridione d'Italia. La cultura
bizantina che, attraverso gli scritti e le tante opere d'arte, permeava
gli spiriti più nobili di queste terre e affinava il gusto del popolo,
la fioritura meravigliosa di monasteri e i tanti santi che in essi
vivevano, collocano queste contrade fra le più civili dell'Italia
medioevale.
S. Fantino che, prevedendo un'invasione saracena, va piangendo nei boschi
del Mercurion sulla rovina dei monasteri e sulla perdita dei libri in
essi conservati; S. Nilo di Rossano che, vecchissimo, parte per Roma per
salvare il suo concittadino Filagato dall'ira di Ottone III e di
Gregorio V e impedire, così, che si compia uno dei più vergognosi
delitti della Roma medioevale, possono considerarsi come i simboli della
civiltà umana e cristiana che fioriva nel Meridione d'Italia in uno dei
periodi più oscuri della storia d'Europa.
Questa civiltà sembrò che dovesse soccombere all'arrivo dei Normanni, ma
questi, dopo un primo periodo di violenze e di disordini, sentirono il
fascino della raffinata civiltà delle terre che venivano conquistando,
la seppero, almeno in parte, assorbire, e iniziarono, per tutto il
Mezzogiorno d'Italia, un periodo di giovanile operosità e di civile
benessere.
Sant'Arcangelo (Potenza), ottobre 1983 |