LA GRANCIA DI S.
DEMETRIO
e l'Università di Brindisi di M. - 1902
«Iustum existimo et reipublicae utile, ut qui multum possident, multum
conferunt, parum vero qui sunt in re tenui.»
Dionis Holicarnasso Antiq. Rom. Libro IV pag.
215.
Era morto da poco l'ultimo frate della Certosa di Padula, partecipante ai
beneficia del Sativo S. Demetrio, per cui lo stato gli corrispondeva un
assegno; il Comune avrebbe dovuto, quindi, di diritto subentrare
nell'eredità pel quinto delle rendite.
Nel 1902 mi fu dal Sindaco funzionante, Michele Bellezza, affidato lo studio
della quistione per la parte storica. Raccolsi nella seguente monografia
notizie che già possedevo ed altre attinte ad atti pubblici e privati:
all'archivio Municipale, a quello reale di Napoli e a quello privato
dell'On. Francesco Paolo Materi, che, con squisita compiacenza, mise a mia
completa disposizione tutte le sue pergamene.
Il Prof. Raffaele Alfonso Ricciardi, residente in Napoli, profondo studioso
di scritture feudali ed autore di pregiatissime memorie storiche, araldiche
e genealogiche, demaniali ed amministrative, ed a cui ci eravamo rivolti per
migliori lumi, con lettera del 29 luglio di quell'anno, mentre si dichiarava
lieto di darmi la sua collaborazione e intravedeva la possibilità di
avanzare a favore del Comune qualche domanda anche più seria, suggeriva i
nomi di Mortara, professore di procedura civile vera illustrazione italiana
o quello di E. Presutti, professore di diritto costituzionale ed
amministrativo, entrambi della R. Università di Napoli, per lo studio e la
trattazione legale della quistione.
Affidai la monografia al Comune e non seppi altro, perchè poco dopo cambiai
sede per ragioni di ufficio; ma ancora mi rimane il dubbio che il Comune,
per timore d'impigliarsi in una causa annosa e costosa, s'intiepidisse
dapprima e poi lasciasse la cosa nel dimenticatoio, perdendo forse un buon
momento di rivendica.
Comunque, non sarà proprio vana la inserzione della monografia in questo
libro di memorie.
Roma, 1927.
La Grancia di San Demetrio, estensione sativa e boscosa, ha fatto sempre
parte dell'ex feudo di Brundusii de Montanea, così sotto la signoria di
Guidone da Foresta 1268 , come sotto le altre successive di Gerardo de
Divort -1280 , Aegillio de Bellemonte 1284 R° Fisco e Baldassarre La Zatta,
conte dì Caserta, nel 1414.
Nel 1449 il feudo passò per usurpazione ad Antonio San Severino V, conte di
Tricarico, e nel 1450 al figlio Luca, che nel 1465 comperò il principato da
Ferdinando d'Aragona, acquistando il titolo di primo principe di Bisignano
(1). Luca e Roberto, fratelli, prima di dividersi le loro sostanze nel 1462,
donarono ai Padri Basiliani la parte di territorio di Brindisi denominata:
Feudo di Pietra Morella. Questa parte si estendeva dal vallone delle Corna
(detto ora del Monaco) e dal fiume Basento alla Pallareta (bosco) di
Potenza. Tra questi confini si leva un monte che, detto prima del 1462
Pietra Morella (2), fu denominato, poi, Romito dalla venuta del primo frate
basiliano, il quale, destinato ad amministrare la badia ricevuta in dono
verso il 1450 dai San Severino, fece edificare alla sommità del monte una
prima abitazione, vivendovi da eremita: dell'abitazione si osservano i
ruderi nel punto denominato Chiesa Vecchia. Questo padre veniva da un
monastero, non si sa quale, intitolato di S. Maria dell'Acqua Calda; ma
forse il titolo fu proprio della Badia di Pietra Morella, dal cui seno
sorgeva in tempo remoto molta acqua termale: secondo un'antica tradizione.
La estensione donata alla Rettoria di San Basilio si estendeva in declivio
verso levante, dall'abitazione di questo primo frate fino al Basento, tra la
linea di San Cimino e quella del Casino, ora di Tramater.
Questa nuova badia fu confirmata da Nicola 5° (3), sommo pontefice, tra il
1450 ed il 1455. I monaci dell'ordine di S. Basilio si diffusero nelle
provincie meridionali ed ebbero molti proseliti. Risalgono al IV secolo:
Giovanni di Cappadocia fondò nel 1002 l'abazia di Grottaferrata, alle porte
di Roma, ove si erge venerata la statua di S. Nilo. I frati basiliani furono
scacciati dai frati benedettini da molti luoghi di Basilicata e vi
lasciarono tracce della loro arte pittorica. Come gli anacoreti d'Egitto,
s'internarono nei luoghi più selvaggi d'Italia in vero eremitaggio: nelle
grotte e nelle spelonche amavano rifuggiarsi e pregare.
I Basiliani tennero, dunque, la Rettoria per oltre quarant'anni, cioè, anche
dopo la distruzione di Brindisi, causata dal terremoto nel 1456; nel 1500 la
Rettoria passò ai padri certosini di Padula, della provincia di Salerno, ai
quali fu donata con pubblico istrumento dal principe Nicola S. Severino,
signore dell'intero tenimento di Pietra Morella.
La rettoria di S. Maria dell'Acqua Calda, o di S. Basilio, fu eretta in
Grancia di S. Demetrio dai Padri certosini di Padula per designazione del
Rettore Gerardo Curch, detto Dionisio Canonico Potentino; e il Pontefice
Giulio II (4) nel 1503 la confermava con apposita bolla.
Nel 1512 insorse lite sulla legittimità del possesso tra i Padri Certosini e
Berardino San Severino, lite che terminò con bonaria transazione e lasciò ai
Certosini il godimento della cosa donata.
Nel 1513 Giovanni Maria Comite di Salerno possedette Brindisi mediante
contratto di pegno, stipulato con Berardino San Severino per lire
diecimilaseicentoventicinque, e i Padri Certosini nel 1514 lo
disimpegnarono.
Nel 1700 i Certosini estesero i loro possedimenti a tutto il feudo di Pietra
Morella. Si avvalsero, pertanto, dell'agitazione in cui versavano tutti per
i continui terremoti, che, sconvolgendo coi corpi gli animi, facevano
temere, come nel mille, la fine del mondo. I principi, svegliati da tardi
rimorsi, ritenevano valevole per la redenzione dello spirito l'offerta dei
loro beni terreni alle chiese ed ai monasteri.
A queste circostanze contingenti dobbiamo associare l'abituale liberalità
dei Sanseverino a favore di corporazioni religiose.
Estesi i possedimenti, i padri vollero migliorarli, fabbricandovi
abitazioni, mulini, ovili e piantandovi vigneti.
Ampliarono ed abbellirono il fabbricato di loro dimora, che ancora giace
sontuoso alla falda meridionale del monte Romito per attestare la prisca
dovizia dei frati. Pretendevano essi l'autonomia con giurisdizione separata
sotto il governo del Priore e ne litigarono il riconoscimento fino al 1770,
tempo in cui fu riconfermata legalmente la dipendenza all'ordinaria
giurisdizione di Brindisi.
Nel 1771, ad istanza dei signori Antinori, l'agrimensore Filippo Ambrosino
di Armento misurò l'estensione del territorio della Grancia e la trovò di
tomoli 13000 circa, cioè di ha. 5349.50. Fino a detta epoca la Grancia era
governata da due frati laici, detti grancieri, per destinazione della
Certosa di Padula, la quale non domandava per sè che la rendita di ducati
mille (L. 4250 ), rinunziando a loro favore la pingue rimanenza. Nel 1779,
decretata dal Re la rassegna di tutti i beni fondiari, la Certosa fu gravata
di annuo tributo su l'imponibile di ducati 14000 (L. 59500) e i padri
dovettero fittare i beni della Grancia, ricavando l'entrata annua di ducati
4000 (L. 17000 ). Crebbe l'entrata, ma venne meno l'interesse di migliorare
i fabbricati e financo di conservarli, non volendo i locatori sostenere le
necessarie spese di manutenzione. I fabbricati deteriorarono ed allora i
Certosini, veri interessati, si misero essi stessi all'immediata
amministrazione, preponendovi un padre sacerdote, quale procuratore, alla
vigilanza ed alla riscossione delle loro rendite. Costui resiedeva in
Potenza.
Nel 1735 Geronimo Antinori, morendo senza eredi legittimi, aveva chiamato il
Fisco a succedergli (5). Suo fratello Gioacchino, gesuita, rivendicò poi i
diritti burgensatici spettanti alla sua famiglia. Nel 1740 Giuseppe
Domenico, figlio illegittimo di Ottavio, che era morto prima del fratello
Geronimo, possedette Brindisi per usurpazione e s'intitolò Duca di Brindisi
e di Pietra Morella. A Giuseppe Domenico, nel 1764, successe Flaminio e poi
Giuseppe nel 1773. A costui il Comune contese molti capi di gravezze,
continuando un giudizio prodotto fin dal 1675 contro il Duca Flaminio. La
contesa terminò il dì otto aprirle 1805, con la stipula, cioè,
dell'istrumento di transazione fra l'ultimo Giuseppe ed il Comune,
rappresentato dai deputati Mangoni e Pelosi. In questa contesa la R. Camera
spediva il 15 Novembre 1791 un suo provvedimento contro la Certosa di S.
Lorenzo di Padula per l'esibizione del titolo riguardante molti corpi
feudali, e fra essi quello della Grancia di S. Demetrio.
Il Comune, come appare da pubblici atti, aveva sempre esatto la fida
dell'erba e la vendita di legname morto a terra nel bosco e nei terreni
della Grancia.
Il R. Fisco per la tassazione della decima sui beni fondiari aveva facultato
gli Amministratori e i Deputati di questa Terra ad applicare e suddividere
la tassa ordinaria di ducati 484.89 (L. 2560,28) ai diversi possessori de'
beni. L'operazione fu eseguita, ne fu redatta particolare relazione e il 23
maggio 1789 fu inviata alla R. Sopraintendenza di Basilicata. Della tassa
sui luoghi pii si trovarono assegnate alla ven.ble Grancia di S. Demetrio
renditizia ai P. P. Certosini di Padula, sita in Terra di Brindisi once
novemila e quattrocento(6), con pagamento annuo di ducati 372,72 (L. 1513,81
).
Col regime napoleonico e per effetto della legge del febbraio 1806 fu
soppresso l'ordine dei Certosini; la Grancia, come ogni altro loro bene, fu
incorporato allo Stato e ad essi non rimase altro che un congruo assegno
annuo.
Il signor Nicola Addone, potentino, fu delegato a sopprimere di fatto la
badia di S. Demetrio. Egli, dopo molto esitare, ad istanza dei fratelli
baroni Blasi e per minaccia del Generale Ducaisne, espulse i monaci
esistenti, compilò l'inventario di tutti i beni mobili, e questi e quelli
immobili affidò in amministrazione ai brindisini Saverio e Vincenzo Potenza,
i quali tennero l'amministrazione per conto del governo fino al giugno del
1809. I monaci, col ritorno dei borboni, riacquistarono la parte invenduta,
cioè il Sativo, e la tennero fino al 1848, epoca in cui furono espulsi. La
riebbero nel 1860, tanto che i Baroni Blasi per due o tre novenni la tennero
in fitto, ed a loro successero i Branca ed altri quali locatari.
Nel maggio del 1809 vennero da Vignola, ora Pignola, Ferdinando e Luigi
Blasi, fratelli, e Saverio Lombardi per conto dei Blasi, e presero possesso,
per legale acquisto, della Grancia, cioè dei fabbricati, boschi, vigneti,
giardini, mulini e terreni coltivati rivolti al sud, dal Romito e dalla
Pallareta al torrente Monaco, e di un'altra zona alla sommità dei monti sul
declivio del Basento (7). In questo versante buona parte dei terreni sativi
più prossimi all'abitato di Brindisi rimase, e, a titolo di colonia
inamovibile, in potere dei naturali di questo Comune, i quali fino al 1880
versavano allo Stato un canone, parte del prodotto, e dopo tale epoca, per
effetto della legge di commutazione, lo versarono in denaro, assumendo,
inoltre, il pagamento del tributo fondiario. In continuazione, l'altra terra
coltivata confinante col territorio di Potenza fu divisa in molti lotti, che
vennero acquistati, con obbligo di pagamenti rateali ed annui, dai vicini
vagliesi, per effetto della legge di liquidazione dell'asse ecclesiastico 15
agosto 1867 N. 3848 (8) e del relativo regolamento 22 agosto 1867 N. 3852.
Molti, poi, rimasero privi dei terreni acquistati e per non aver versato
alcune rate di pagamento perdettero anche quelle versate.
Da tutti i pubblici atti di vendita e di donazione che si depositavano
nell'Archivio generale del Regno, interceduti fra i Bisignano e i Des
Alvarios (odierni Derario) di Tolve (9), da questi ai Parisi di Moliterno
(10), dai Parisi agli Antinori (11), sembra che i Padri Certosini siano
rimasti nel godimento dei beni ricevuti in dono, e ciò appare anche dai
documenti che seguono trascritti.
Dall'atto di vendita sub asta Sacri Concili! ad istanza della Principessa di
Stigliano, creditrice di molte migliaia di ducati, a danno di Lelio, Troilo
e Giuseppe Parisi, risulta che il feudo di Brindisi passò a Flaminio
Antinori «con i suoi territorii, pertinenzie e distretto, casa,
vassallaggio, rendite di vassalli, feudi, suffeudi, beni entrate,
giurisdizioni, banchi di giustizia, e cognizione di prime, seconde e terze
cause, etiam di vedove, pupille, ecclesiastiche, ed altre qualsivogliano
persone previlegiate, civili criminali e miste, mero e misto impero, quattro
lettere arbitrarie e potestà di comporre li delitti, e con qualsivoglia
altri beni, membri ed entrate burgensatiche e feudali di qualsivoglia altra
natura, e qualità, ragioni, giurisdizioni ed intiero suo stato, jus
patronato di chiese, et ragioni di presentare in quelle quatenus vi fossero,
e come meglio e più pienamente al presente detto Lelio lo tiene et possiede,
et suoi predecessori, et signanter il principe di Bisignano l'han tenuto e
posseduto, e li potrieno spettare in virtù di sue cautele, e privilegi, et
in qualsivoglia altro modo, et etiam de facto, et con qualsisia altri beni,
entrate, ragioni, et giurisdizioni, che sono state possedute e si possedono
par detto Lelio, e suoi predecessori etiam titolo particolari acquistati, od
altri possessori di detto feudo, seu casale, et in qualsivoglia modo inclusi
nella compra gli anni passati fatta di esso feudo per il quondam Carlo
Parise padre ecc.»
Il S. R. Concilio, nel decretare la consegna dell'intero feudo, dava le più
ampie garanzie di legge sulla effettuazione del possesso e sulla
continuazione agli eredi del nuovo signore, a juxta naturam feudi, et formam
privilegiorum de eo apparentium ecc.»; confermando così ogni diritto
feudale, quello di «patronatus Ecclesiarum et pritandi eis, ecc.» compreso.
Per effetto della pubblica dichiarazione resa da Giuseppe Antinori pel notar
Lauro di Napoli, nel 1805, e dell'istrumento di transazione rogato dal notar
Vignoli nello stesso anno, l'università di Brindisi fece suoi molti capi di
gravezze, e fra essi la decima dovuta dalla Certosa di Padula per la Grancia
di S. Demetrio: decima che ad essa università era stata devoluta dal R°
Fisco fin dal 1798. Infatti, il Marchese de Petris, Sopraintendente della
decima residente in Matera, il 14 settembre 1803, emetteva la seguente
ordinanza di pagamento:
«Ill.mo Sig. Principe Colen.mo Gli Amministratori dell'Università di
Brindisi, in cotesta Provincia, han esposto in questa Real Sopraintendenza
che la Grancia di S. Demetrio de' P.P. Certosini della Padula sia in debito
per decima in ducati seicento circa, che devono alla R. Percettoria, per cui
vengono da V. S. Ill.ma a nome di questa Real Sopraintendenza astretti al
pagamento. Han dimandato perciò gli ordini corrispondenti, perchè fosse
astretta detta Grancia come morosa al pagamento che va in attrasso dovuto
per decima per le once novemila e quattrocento de' beni che possiede in
tenimento di Brindisi, non ostante qualunque ordine che tenesse in
contrario; mentre per Reale risoluzione del 1798 non ostante che detta
Grancia sia tenuta di pagare annualmente docati 300 per l'armamento
marittimo contro degl'infedeli, deve anche soddisfare la decima per detti
beni proporzionatamente alle once catastali; per la qual cosa non debbono
essere molestati essi amministratori per la decima corrispondente alla
partita dovuta all'anzidetta Grancia, che si è resa morosa. Di tanto sono a
pregarla, con partecipare tale risoluzione al Percettore per l'esatto
adempimento. ecc. Dalla Real Sopraintendenza della decima Curtis
Segretario Gius. Licchetti Avv. fiscale della R. Udienza di Matera Fir
Pietro de Petris.» (12) E il Capo Quota Andrea Biondi, l'8 ottobre 1803,
scriveva da Matera al Sig. Giovanni Spada, R. Precettore della Provincia,
residente a Spinazzola, nei seguenti termini:
«Ill.mo Sig. Principe Colend.no Dal Sig. Sopraintendente detta Decima,
Marchese de Petris Fraggianni, per la mia assenza, è stata scritta nel
passato ordinario al Sig. Avvocato Fiscale di questa R. Udienza lettera del
tenor che segue .... ( qui riproduce la lettera precedente ). Nel comunicare
io, dunque, a V. S. Ill.ma la preinserta lettera, ordino di non far
molestare gli Amministratori dell'Università di Brindisi per la soprascritta
somma di docati seicento circa per l'attrasso della decima, dovendosi tal
somma soddisfare dalla Grancia di S. Demetrio de' PP. Certosini della
Padula, a' quali sono stati spediti i corrispondenti ordini, ecc.»
Contemporaneamente il Biondi spediva contro la Grancia i seguenti ordini: «
Ferdinando IV Dei Grazia Rex ecc. D. Andrea Biondi Miles per Dec. delle
leggi Capo Quota per S. M. in questa Provincia di Basilicata, ed alle cose
infrascritte suddelegato Algozini e servi tanto di questa R. Udienza che di
ogni altra corte in solidum saprete come col passato ordinario è stata a noi
scritta dal Sig. Sopraintendente della Decima Marche de Petris Fraggianni
lettera del tenor che segue ecc.
.... Chepperò in esecuzione della soprascritta lettera vi dicemo ed ordinamo
di conferirvi di persona nella Terra di Brindisi, ed ivi farete ordinare al
Granciere dei PP. Certosini della Padula residente nella Grancia di S.
Demetrio sita in detta Terra, che fra 'l termine di giorni dieci dopo la
presente deve incassare nella R. Percettoria di Spinazzola i soprascritti
docati seicento e rotti che detta Grancia di S. Demetrio è in attrasso, in
virtù di Decima per le once 9400, de' beni fondi che possiede in tenimento
di detta Terra di Brindisi, non ostante qualunque ordine che tenesse in
contrario. Così eseguirete e farete eseguire, e non altrimenti .... Elasso
il suddetto termine si procederà al sequestro ecc. » Dalla regia percettoria
di Spinazzola, in data 23 ottobre 1803, vennero comunicati gli ordini del
Marchese de Petris contro la Grancia S. Demetrio per la stessa contribuzione
della decima Ferdinando IV per la grazia di Dio Re ecc. D. Giovanni Spada R.
Percettore ed abilitato militare per S. M. (D. G.) in questa Provincia di
Basilicata Algozzini e servi di questa R. Percettoria saprete come dalla R.
Sopraintentenza della decima ci è stata scritta lettera del tenor che segue:
«Ill.mo Sig. Signor e Procur. Padre Col.mo. Per parte della R. Certosa di S.
Lorenzo della Padula mi è stata presentata copia di lettera di questa R.
Sopraintentenza de' 13 Giugno 1803, con cui dandosi carico di altra
provvidenza de' 30 Maggio 1798, si prescrive che gli Amministratori
dell'Università di Brindisi non avessero molestata la Grancia di d.tta R.
Certosa per lo peso decimale tassati sulli beni assegnati a beneficio della
regia Corte per lo mantenimento della real marina, potendo dirigere le
ragioni contro coloro che ne hanno percepito e ne percepiscono le rendite.
Si è preteso per ciò esserne esente detta Rt. Certosa. E da questa R.
Sopraintendenza si è risoluto rescriversi a V. S. Ill.ma che S. M., a
ricorso del Procuratore Padre Ottantasio Pagliarini presso la real
Segreteria di Stato del Marchese di Gallo a 25 Agosto 1798, comandò che i
docati 50 dovuti alla real marina non soffrano diminuzione per la decima
imposta sulli beni delle Certose, dovendosi la Xma pagare dalle stesse
Certose. Molto più si è da pagare per la Grancia di S. Demetrio in Brindisi,
se tale Grancia si amministra dalla suddetta R. Certosa di S. Lorenzo. E
perciò si serva Ella, di far eseguire i dovuti pagamenti di decima dalla
detta Certosa ovunque possiede beni, e specialmente in Brindisi senza veruna
eccezione de' pagamenti che si fanno alla R. Marina. E con ogni stima mi
raffermo Di V. S. Ill.ma Dalla Real Sopraintendenza della decima 18 ott.
1803 De Curtis Segr. Dev.mo ed obb.mo servit. Marchese de Petris Fraggianni.
Che perciò, in adempimento di quanto colla preinserta venerata lettera sta
prescritto ed ordinato vi dicemo ed ordinamo di conferirvi nella Terra di
Brindisi ed ivi farete ordine e mandato alla Grancia di S. Demetrio, e per
essa al di lei Granciere Ammin.re od altra persona legittima, acciò fra il
perentorio termine di giorni quattro rimettesse in questa Cassa locchè deve
per la decima burgensatica fissa sotto la det. Terra di Brindisi per tutto
lo passato terzo di agosto, altrimenti si procederà da noi alla spedizione
del Commissario Il Mag.co Mastro della C. Locale di Brindisi riferisca in
dorso del presente la notificazione seguita, e lo ritorni a noi
coll'espressato nostro Algozzino Nicola Immundi, mastrodatti della Ducal
Corte di Brindisi, unitamente all'Algozzino, Domenico Scatamacchio, notificò
personalmente, in presenza di Nicolò Petrizzo e Francesco Petrizzo, il
retroscritto ordine al Granciere Fra Benedetto Ferrara; e ciò avvenne il 26
ottobre 1803».
lll
NOTE
(1) Quinternone I°, fog. 162, esistente nel R. Archivio del Regno.
(2) La denominazione di Pietra Morella rimane ora localizzata e ristretta ad
una parte, emersione rocciosa, plumbea, verso la sommità: a guisa d'un gran
colombo che posa con la testa verso l'ala destra, sulla pendice che guarda
l'abitato.
(3) Eletto pontefice nel 1417; protettore di lettere e di scienze. Per
stabilire e regolare i diritti e i privilegi fra la chiesa e l'impero
conchiuse nel 1448 un concordato con Federico 111 di Austria e lo incoronò a
Roma nel 1453.
(4) Giuliano della Rovere, eletto Pontefice il 1° novembre 1503, fu papa
guerriero e gran politico.
(5) Decreto die 7 mangio Julii 1 735.
(6) I Deputati e gli Amministratori applicarono la tassa in esecuzione delle
istruzioni ricevute, per mezzo della R,. Percettoria, da. S.E. il Marchese
de Petris, sopraintendente delle decime. Ogni oncia era di grana 4 e mezzo
callo, nella tassa era compreso l'aggio dell'Esattore.
(7) Questa proprietà passò agli eredi dei Blasi. Buona parte venne poi
conservata dall'on. F. P. Materi e dal Cav. Martinelli; la restante fu
divina e suddivisa; appartiene agli eredi dei furono G. ed A. Blasi, di
Tramater e di Carolina Blasi. La proprietà degli eredi di Materi è stata poi
venduta al Demanio.
(8) Art. 7 della legge: «I beni immobili già passati al demanio per effetto
della legge 7 luglio 1866 e quelli trasferiti in virtù della presente legge
saranno amministrati ed alienati dall'Amministrazione demaniale sotto la
immediata sorveglianza di una commissione istituita per ogni provincia del
Regno, e mediane l'osservazione delle prescrizioni infraspresse.
(9) L'istrumento fu rogato da Grimazio Amadeo di Napoli 8 luglio 1606.
(10) Compera sub -asta Sacri Concilii istrumento dello stesso Amadeo 1610 :
come dal Quinternone 43 fog. 122 (a tergo).
(11) Compera sub asta Sacri Concilii istrumento del notar Salvadore Crispino
di Napoli 1831 27 marzo.
(12) Rog. al vol. 493 della R. Udienza di Matera.
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