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Giuseppina Caivano Bianchini
- PICERNO
 

Capitolo III
INDOLE DEL POPOLO PICERNESE E SUE ATTIVITA' DI IERI E DI OGGI

"Picerno - scrive nella sua inedita Storia municipale Tommaso Cappiello - è ben distinto non solo tra i Comuni che lo circondano, ma assai da lungi. I primi suoi gran possidenti non sono que' parassiti che altrove, tutto assorbiscono, anzi, forse per circostanze civili, mostrano essi impegno ad essere liberali e comunali più di quanto internamente vorrebbero. Il Clero è dignitoso, almeno si tiene men d'altri riprovevole, e di esso sono parecchi più che sacerdotalmente istruiti. I Galantuomini (22) con pochi mezzi, lungi dall'essere bassi vili sanno comparire da più di quel che sono ed i Professori sono istruiti a qualche rinomanza. Tutti sono modellati su trattamento altero, egoistico senza bassezze, o debiti: gelosi, invidiosi senza attentarsi radicalmente. 
"Molti in Picerno sono sufficientemente proprietari, denarosi ed industriosi, economici da dare buona regola anzi che no; moltissimi hanno più del bisognevole, ed assai pochi sono veramente poveri. 
"Picerno colla vicinanza della strada Regia, colla fabrica delle Taverne, e costruzione della traversa si è reso assai commerciale. 
"I forestieri vi sono attirati, ed appassionati ben presto, perché i picernesi facilissimamente ospitali, locchè li espone non di rado all'inganni degli avventurieri, ed a tutti i dispiaceri ed errori di affidarsi a forestieri li quali portano con loro la presunzione di essere fuggitivi, e non bene viventi nelle rispettive patrie. 
"Sono i Picernesi vani per imitazione, curiosi, quindi il lusso la concorrenza l'imitazione tanto nelle cose leggiere, che nelle speculazioni finanziarie sono loro caratteristiche perché molti fabricano vorrebbero fabricare tutti uno specula, presto molti speculatori. 
"Con pochi mezzi anelano a grandi risultati. Le nostre feste sono eclatanti con poca spesa. Il nostro vestire, le nostre case hanno l'aspetto del commodo, e della ricchezza che è più apparente manierosa che effettiva. 
"I Picernesi non so donde prendono un tuono di singolarità - ne loro affari; le opinioni hanno per essi una certa fermezza lodevole, e per l'istessa ragione alle volte dannosa senza compenso proporzionato. 
"Le quistioni, un motto, una passione contenuta, una civiltà dimenticata non si dimenticano . . . non godono di armonia, di concordia, ciascuno si reputa, si aguzza, si limita, si governa a non scomparire, a non eccedere locchè ha resi i Picernesi ad uno ad uno valevoli, valutantisi un poco matti per presunzione e familiarizzabili co' Forestieri piuttosto che inclini tra loro. 
"I Picernesi a tal modo, di animo non basso, anzi altero, amano gli estremi; se non distinguonsi per virtù, o vizii, è perché sonosi ammaestrati alla scuola Picernese di contenersi, essere cauti, istruiti a spese altrui, misurarsi, e ponderarsi e guardarsi l'un l'altro " (23). 
A distanza di altre un secolo i picernesi hanno mantenuto molte caratteristiche di quel tempo. 
Difficilmente essi abbandonano le proprie idee per abbracciarne altre, anzi con abilità spesso riescono ad imporsi al forestiero che accolgono fraternamente e trattano con sincerità, fino al punto da indurlo a pensare e ad agire conformemente alle proprie idee. 
Il picernese, attaccatissimo alla propria terra, non se ne allontana facilmente e, se per necessità familiari è costretto ad espatriare, lo fa malvolentieri. Periodicamente però egli è a Picerno per le ferie che trascorre tra i monti e le contrade del proprio paese. 
Allora adocchia un campo e lo compra. E questo, con la vecchia casupola e le tombe dei propri avi, lo richiamano in patria. 
Fino ad oggi l'esiguo clero (24) è riuscito a mantenere alta la propria dignità sacerdotale, conducendo vita costumata ed ha saputo conservare integro il patrimonio religioso, arricchito dalle tante tradizioni popolari, che ha saputo rispettare e valorizzare. 
Rimane costante l'ansia di migliorare in ogni campo: tutti vanno a scuola e numerosi sono coloro che mirano ad occupare posti di responsabilità. 
Notevole attualmente il numero di diplomati che, purtroppo, non riescono a trovare occupazione conforme al loro titolo di studio, così come i laureati. 
A gara si negozia, a gara si costruisce, a gara si progredisce. 
Il bar, la piazza, il cinema, molto frequentati, sono come vetrine per le loro innocenti vanità. 
Pochi i proprietari di estesi territori, ma molti quelli che direttamente coltivano limitati appezzamenti di terreni, servendosi delle moderne attrezzature agricole. 
Bravi gli artigiani e piuttosto consistente il numero degli impresari edili che hanno contribuito alla realizzazione di una moderna edilizia e di nuove strade. 
Gran parte della gioventù picernese trova lavoro nelle ferrovie dello Stato e della Calabro - Lucana e presso enti vari. 
Mentre alcuni lavoratori preferiscono viaggiare con mezzi propri o con mezzi pubblici per potersi occupare qui contemporaneamente di agricoltura rustica e tradizionale e di apicultura, altri trovano convenienza a trasferirsi con tutta la famiglia nei luoghi di lavoro. 
Le varie contrade che acquistano, come già accennato, gran valore per l'estesa rete stradale e le irrigazioni artificiali che con abilità gli agricoltori picernesi hanno saputo realizzare, sostenuti dalle autorità competenti e sopratutto dal Sindaco che ha condotto, senza tregua, una politica quasi tutta a favore dell'agricoltura, ospitano esperti lavoratori agricoli. 
Ai picernesi, quindi, non mancano serietà, abilità, sano orgoglio e, tuttavia, essi, amanti della libertà propria fino a farli sembrare "gelosi, egoisti, invidiosi" nei confronti dei loro concittadini, ancor oggi stentano a costituirsi in forme associative (25) che potrebbero agevolare il progresso nelle loro attività, in cui già si impegnano con notevole spirito di iniziativa. 
Quelle oggi prevalenti sono costituite dall'agricoltura, dalla lavorazione e commercio dei prodotti agricoli (26). 
Le campagne punteggiate di belle case coloniche, sono ricche di vigneti e oliveti che danno vini pregiati ed olio finissimo. 
Ottimi per qualità anche gli ortaggi prodotti a valle lungo la fiumara detta di Tito. 
L'allevamento del bestiame alimenta le locali industrie casearie e della carne; rinomati altresì i provoloni ed i caciocavalli di queste zone, così come lo sono i prosciutti ed i salumi destinati al consumo domestico ed al commercio in Italia e fuori. 
E' all'altitudine di m. 1350, presso il gruppo Monti Li Foj che pascoli naturali, costituiti da erbe pregiate, offrono grande possibilità di alimento per circa 600 capi di bestiame bovino da latte. Qui un ampio casone (27) comprendente vari ambienti sapientemente sistemati, permette sia un adeguato ricovero al personale addetto alla custodia delle bestie che alla lavorazione del latte. 
Al confine del detto gruppo Monti Li Foj, anche l'altopiano denominato i Parchi di circa 400 ettari di estensione, esposto a sud, che dalla quota mille di Serra Scagliola degrada alla strada comunale della Fraschetta quota di m. 250 circa, con cui confina a mezzogiorno, consente l'allevamento del bestiame bovino da latte che vi dimora da maggio a novembre tra pascoli ubertosi. Fabbricati atti allo scopo permettono sia la conservazione del foraggio per i mesi invernali che la lavorazione del latte. Pregiatissimi i latticini di tale zona. Centinaia e centinaia di ovini vi pascolano inoltre per tutto l'anno. 
Fino al 1945-50 circa in tale contrada hanno preso stabile dimora numerose famiglie, per la maggioranza ruotesi, che si dedicavano alla coltivazione della terra e ne traevano prodotti di ottima qualità, come grano, legumi e patate. 
I boschi, costituiti in massima parte da faggi, querce, olmi, castagni che si stendono sui monti confinanti con il comune di Potenza, un tempo popolati di ogni specie di selvaggina, ed ora quasi privi, hanno fornito nel passato materiale per il commercio di legname, carbone e carbonella. 
Negoziare oggi materiale boschivo resta prerogativa della famiglia Carleo che, continuando ad esercitare l'atavica attività, fornisce abbondante legname per l'artigianato locale e legna da ardere, esportandolo nelle varie parti dell'Italia meridionale e centrale. Tagli di boschi vengono effettuati allo scopo anche nelle zone limitrofe. 
Il sottobosco è ricco di gustosissime fragole selvatiche che vanno ad allietare il mercato paesano e quello dei dintorni. 
In tempi ormai lontani era rigogliosa la coltivazione del lino. Numerosi erano pertanto i telai a mano sui quali scorrevano tele originali nei colori e nei disegni. Esse venivano utilizzate sia per realizzare i ricchi corredi delle spose, e qui la fantasia e il gusto delle donne picernesi avevano modo di esprimersi compiutamente, sia, più umilmente, per realizzare sacchi, bisacce, teloni necessari all'azienda agricola. 
Le donne picernesi erano anche esperte nella lavorazione della lana che usavano sia per confezionare calze, maglie e coperte a mano o ai ferri o all'uncinetto, e sia per tessere pesanti e calde coperte, stoffe per le gonnelle pieghettate e panno, scarlatto per i loro costumi e nero per le mantelle degli uomini; a esperti e numerosi sarti locali era affidata la loro confezione. 
Ancora in qualche casa si trovano il fuso, il "matassaro" detto pure "naspa", l'arcolaio detto "'vvinn'l'" la rocca, strumenti questi indispensabili per la lavorazione di filati di lana e di lino. 
All'inizio del sec. XIX, durante il decennio francese, Picerno era nota per i manufatti tessili. Il lino, prodotto nelle contrade di Serralta e del Marmo, era " di buona qualità ". Di qualità " discreta " era la lana il cui prezzo era di 6 carlini il rotolo, pari a circa seimila lire attuali il chilogrammo, per quella " detta gentile " tosata in maggio e di grana 45 (pari a circa 4500 lire attuali) quella tosata in agosto. Il lino e la lana venivano lavorate in loco e le donne addette alla " filatura " percepivano tre grana (pari a circa trecento lire attuali) per ogni libbra filata. Erano efficienti, inoltre, una gualchiera per la lavatura della lana ed una tintoria 28. 
Di queste attività oggi non rimangono che i ricordi tramandati dalle vecchiette ed un mulino che affiancava la gualchiera utilizzata quest'ultima per una delle ultime fasi della lavorazione della lana. Il nome di tale fase è entrata nella toponomastica della zona circostante al mulino stesso; infatti essa è denominata con l'appellativo di "Vatt'nnar". 
Non del tutto scomparsi nella casa dei "massari", proprietari terrieri di antica origine, sono gli antichi telai che oggi, anche se in maniera molto ridotta, continuano ad essere attivi per la confezione di tele ottenute con lane di scarto e cotone, destinate a soddisfare alle necessità domestiche ed agricole. 
Le zone acquitrinose del territorio di Picerno offrivano terreno favorevole alla vegetazione del salice, i cui rami teneri decorticati venivano usati per confezionare candidi cestini e panieri di ogni grandezza, dai graziosi cestini da tavola alle grosse ceste per il trasporto di biancheria e di generi d'uso vari, nonché cestoni da carico per muli, ottenuti questi ultimi dalla lavorazione dei fusti più duri e non decorticati. 
L'arte del canestraro era un tempo florida e redditizia; oggi solo pochi dilettanti, di tanto in tanto, mandano i loro manufatti sui mercati mensili di Picerno e dei paesi viciniori. 
Esistono oggi forni moderni per la confezione del pane che soddisfano le esigenze di tutto il paese, ma un tempo, non molto lontano, la panificazione veniva effettuata da ogni famiglia in abitazioni private e la madia, detta "fazzator'", la "seta" per setacciare la farina e il "cernicchio " per crivellare il grano, il "mezzetto", lo "stuppieddu" ed altre misure in legno, rivestite in ferro, erano corredo indispensabile in ogni casa, specialmente in quelle dei "massari" produttori di grano. Numerosi erano quindi i "setari", i "cernicchiari", i "warr'cchial'", i quali ultimi erano esperti sia nella fabbricazione delle misure citate che in quella delle botti, dei tini, delle galette, dei barili, delle secchie e delle fiasche ecc.. 
Non mancavano in antico sellai, "mmwastar'", ferrai, ebanisti, orefici, manescalchi, fornaciari. 
Questi ultimi erano specializzati nella lavorazione e nella cottura di mattoni usati per la pavimentazione, della quale interessante testimonianza esiste in alcune delle abitazioni alla contrada Palazzo, chiamata anche "ru furnasc'". Di essa sono da notare le abitazioni dei fratelli Curci i cui antenati esercitavano fruttuosamente tale attività, un tempo molto fiorente. Essi stessi erano altresì specializzati anche nella fabbricazione delle "p'tarr'" recipienti in creta che un tempo abbondavano presso tutte le famiglie di proprietari e usati per riporre l'olio: attualmente invece sono ricercate le "p'tarr'" come oggetti di arredamento 
Tali attività hanno inesorabilmente ceduto dinanzi alla diffusione dei prodotti delle grandi industrie ed al trasformarsi del paese, che ha sempre più abbandonato le proprie tradizioni per adeguarsi ad un tenore di vita più moderno. 
Tuttavia è ancora possibile trovare chi è rimasto legato con quella tenacia e caparbietà, tipica dei picernesi, alle antiche usanze e coltiva nella propria abitazione sopratutto l'arte della lavorazione del legno. Cucchiaioni, forchettoni, attrezzi per la lavorazione del latte, pratici attaccapanni, piccoli spianatoi con originali incisioni, "scutedd", "squagn'" escono ancora dalle mani di pastori e vaccari. 
"Scutedd'" e "squagn'" sono manufatti di origine molto antica che ancora oggi abbondano nelle abitazioni di campagna. 
La "scutedd'" è un piatto di legno massiccio, più o meno fondo e di varie dimensioni, usato per consumare le vivande e in particolare la tradizionale "acqua sala", cibo quotidiano dei pastori con ricotta salata. 
Lo "squagn'" è un sedile di forma circolare ricavato da un solo pezzo di legno massiccio, al quale sono stati fissati ad incastro per mezzo di cunei lignei tre piedi. "Squagn'" piuttosto ampi ed alti venivano usati come tavole per pranzare. 
Sopravvive a Picerno un solo bottaio. L'arte di impagliare le sedie, praticata un tempo in moltissime famiglie e dalla quale si traeva il necessario sostentamento, è ancora viva; così non di rado oggi si sente il battere dello scalpellino che continua la dura lavorazione della pietra. In via S. Donato l'antica bottega del fabbro ferraio Conte è stata trasformata dai suoi figliuoli, che concordemente si sono specializzati sia nella realizzazione di impianti di riscaldamento domestico e sia nella lavorazione dell'alluminio anodizzato, in un attrezzatissimo laboratorio dotato di moderni macchinari. 
In via Giacinto Albini invece è intatta una "forgia" in cui il maniscalco usa attrezzi tradizionali quali la fucina, il mantice, l'incudine, ecc.. Essa dà il nome ai luoghi circonvicini. Però anch'essa è destinata ad essere distrutta per dare spazio a costruzioni di moderne palazzine. Anche l'arte della lavorazione del marmo è attiva. Ad essa si dedica con passione Felice Marsico. 
Sulla soglia delle case e sulle terrazze non è raro il caso di vedere donne anziane intente ai lavori all'uncinetto ed ai ferri. Esse continuano un'antica tradizione che però va inevitabilmente scomparendo. Ancora curata è l'arte del ricamo a mano a domicilio. Nè si può dire che siano scomparsi il sarto, le sarte, i falegnami, i calzolai ecc.. 

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22 La popolazione di Picerno era divisa in varie classi pressappoco come quelle delle altre regioni d'Italia; tale divisione era più accentuata al tempo di Gioacchino Murat. 

23 T. CAPPIELLO, "Storia di Picerno" cit. .

24 Attualmente l'unico sacerdote picernese D. Vito Russo ama svolgere il proprio ministero in Villa D'Agri, dove è parroco dal 1958, in seguito ad un periodo di attivissima collaborazione con l'Arciprete di Picerno Mons. Umberto Lazzari, pure di Picerno. 
Nel passato, propriamente nei secoli XVIII e XIX, Picerno ha avuto al servizio della popolazione un discreto numero di sacerdoti: nel 1810 essi erano 27, (cfr. TOMMASO PEDIO, "La Basilicata durante la dominazione borbonica" ed. Montemurro Matera, 1961). E' da ritenersi, che, sia a mantenere saldi certi principi religiosi e sia a mantenere viva la fede nei valori soprannaturali, sono valse e la loro presenza e la loro solerte attività pastorale tra la gente. Molti di essi provenivano dal seminario di Muro Lucano, dove valenti professori erano preposti alla loro istruzione e formazione spirituale. 
Le nostre chiese, secondo si apprende dalla viva voce di persone molto anziane, specie di quelle che vivono nelle campagne, erano gremite. Le funzioni liturgiche si svolgevano abitualmente prima dell'alba e il popolo vi partecipava noncurante della pioggia, della neve, qui tanto abbondante nel periodo invernale. Attraverso impervi viottoli questo popolo era solito recarsi in pii pellegrinaggi sia alle varie chiese e cappelle sparse nelle nostre campagne e sia, due volte all'anno ossia a maggio ed a settembre, dopo la celebrazione della SS.ma Eucarestia alla chiesa della Pietà, preceduto dallo stendardo della Vergine, al Santuario di Viggiano. Quivi giungevano i pellegrini dopo alcuni giorni di cammino insieme ai muli carichi di vettovaglie. Nelle famiglie si seguiva tutto un rituale religioso ormai scomparso quale la recita del Rosario alla sera, l'accensione in occasione di temporali improvvisi della candela ricevuta in chiesa nel giorno della Candelora, sormontare l'uscio di casa con l'ulivo benedetto per scongiurare mali e tempeste. In tempo di trebbiatura sulla massa del grano si poneva una croce di legno: usi ora del tutto scomparsi. 

25 A Picerno esistono solo le organizzazioni religiose, quali quella della Congregazione del Bambino Gesù sorta nel 177, quella del Terz'Ordine francescano, la più florida sorta nel marzo del 1936 e quelle più recenti dell'Azione Cattolica e dell'Apostolato della Preghiera. Molto più facile riesce a questa popolazione organizzare pellegrinaggi ai santuari: preferiti sono quelli mariani. 

26 Attività che danno luogo sia a piccole industrie domestiche private da parte di famiglie dislocate nelle campagne e sia a industrie di maggior consistenza. Di una certa importanza è il laboratorio di Francesco Jasparra nel centro abitato e quello di Casale in periferia. 
In Estratto del Censimento generale della popolazione alla data del 24 ottobre 1971 si legge: 
Popolazione attiva e non attiva per sesso dai 14 anni in poi:
I attiva per condizione professionale: Totale N. 1781 di cui maschi N. 1164
in cerca di prima occupazione: Totale N. 80 di cui maschi N. 59
II popolazione non attiva: Totale N. 1698 di cui maschi N. 525
III popolazione non attiva per sesso e condizione non professionale da 14 anni in poi:
a) studenti in totale N. 186 di cui maschi 109
b) casalinghe in totale N. 781
c) ritirati dal lavoro in totale N. 566 di cui maschi 314
d) altre condizioni in totale N. 165 di cui maschi 102

27 Il casone e le tre vasche per abbeverare il bestiame al pascolo al bosco Monti Li Foj furono costruiti nel 1924 dalla ditta Nicola Pagano su progetto dell'ingegnere Emidio De Stefano. Il mutuo fu concesso dalla Cassa del Credito Agrario per la Basilicata. Arch. di Stato di Potenza. 

28 Cfr. T. PEDIO, "La Statistica Murattiana del Regno di Napoli", parte I: "Condizioni economiche artigianato e manifatture in Basilicata all'inizio del sec. XIX", Potenza, La Nuova Libreria di Vito Riviello, 1964, p. 115.

 

 

 

 

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agg. al 30/08/2004

 


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