Capitolo V
TERREMOTO DEL 1857 IN PICERNO
La sera del 16 dicembre del 1857 (77) Picerno fu sconvolto da frequenti
scosse sismiche, che si ripetettero quasi ininterrottamente durante la
notte ed il giorno successivo causando danni ingenti a vite umane ed a
beni pubblici e privati.
L'inclemenza del tempo rese più tragiche le conseguenze di un sì tremendo
flagello. La zona più colpita nelle cose e nelle persone fu quella
denominata "Bassa la terra", parte più vecchia e più gloriosa di questo
paese già vittima e testimone nel 1799 dell'eroica resistenza del popolo
contro le bande armate di Sciarpa in difesa degli ideali repubblicani.
Andarono distrutti alcuni fabbricati di pubblica utilità in via Santa
Croce, in via S. Leonardo, non escluse le chiese di S. Bartolomeo e
quella di S. Leonardo, templi che la pietà dei fedeli aveva con
sacrifici innalzato e saputo conservare attraverso i tempi, vere
testimonianze di fede, ma di cui oggi non rimane che il ricordo legato
purtroppo a quello del flagello del sisma, in quei luoghi infatti oggi
sono visibili soltanto resti di muri diroccati e là, dove un tempo era
il camposanto, vegeta un macchieto.
Oltremodo danneggiati furono la chiesa della SS. Annunziata, quella di S.
Rocco, il monastero e la chiesa madre. Quest'ultima ebbe buona parte del
tetto crollato, i muri strapiombati e l'arco centrale diviso in due.
Anche il campanile subì gravi danni: parte della cupola cadde e i due
archi dell'ultimo piano furono lesionati e resi pericolanti oltre ogni
dire.
Le rovine della chiesa madre erano tanto ingenti che l'architetto del
comune di Potenza Giuseppe Brancato, coadiuvato dal sindaco e
dall'arciprete don Nicola Caivano, componenti la commissione locale,
fattane la stima, ritenne necessario abbattere parte del tempio;
tuttavia la grandiosità e l'antichità della costruzione, nonché il
valore affettivo che la chiesa aveva per tutti i picernesi, spinsero al
miglior consiglio di restaurarla e di serbarla al culto sacro.
Per abbattere e ricostruire dei muri, rovinati alcuni e pericolanti altri,
rifare quasi completamente il tetto della chiesa e il campanile, fu
prevista una spesa di circa 2400,00 ducati (78).
I lavori furono eseguiti da Michelangelo Vazza e da Gerardo Pagano.
Intanto, in attesa che fossero terminate le riparazioni, si adibì a luogo
sacro una baracca in legno innalzata, insieme ad altre, nella piazza
principale (79).
I secolari alberi del bosco Monti Li Foj e quelli della Macchia del
Crocifisso fornirono del buon legname sia per la costruzione delle
baracche e sia per i lavori di riparazione della chiesa madre, nonché
legna per il riscaldamento domestico estremamente indispensabile a tutti
in modo speciale ai senza tetto, a causa della eccezionale rigidità
della stagione.
Venne danneggiata anche la scuderia della brigata della gendarmeria che
dovette alloggiare pertanto alla Taverna.
Altri uffici pubblici trovarono temporanea sistemazione in baracche
costruite, come già accennato, in piazza accanto a quella adibita a
cappella.
Le carceri, site nell'attuale via S. Nicola, ebbero buona parte dei muri
lesionati. I detenuti chiesero la grazia della liberazione. Al terremoto
non resistettero puranche il magazzino dell'Annunziata e quello del
Crocifisso, adibiti a deposito del grano del Monte Frumentario, nè la
cappella del Legato Pio Tarullo, la chiesa di Sant'Antonio ed altri
templi (80).
Molti dei fabbricati, ormai quasi inutilizzabili, e per la loro
instabilità e per la corrosione dei muri, vennero abbattuti dando luogo
a spazi liberi detti "casalini" tuttora esistenti, utilizzati di tanto
in tanto alcuni ad orti, altri ad aree fabbricabili, altri a giardini.
Sicchè "Bassa la terra" risultò distrutta per i due terzi circa.
Questa zona soleggiata, prospiciente la fiumara, conserva ancora vicoli
stretti ed anguste scalinate, tipici dei paesi lucani che sfociano in
brevissimi tratti di strada carrozzabile.
La strada del Marmo che porta a Salerno era sprofondata in più punti,
tagliata in alto in due parti e resa malsicura per gli enormi massi
cadenti tanto da non rendere possibile il transito.
In quelle orrende immagini di distruzione e di morte, mentre la terra
continuava a tremare, l'allucinante momento che sembrava non avesse mai
termine, fa tacere odi e faziosità e rancori ed accomuna tutti in un
cristianesimo fatto di servizio ai fratelli. Anime generose
esterrefatte, con i segni della disperazione sul volto, ravvisando nei
sofferenti il Cristo, ne vanno in cerca affannosamente. Osservano il più
rigoroso silenzio e, trattenendo il respiro, sono attente a captare il
più debole segno di una vita che si va spegnendo tra le macerie e la
traggono alla luce.
L' Archivio di Stato di Potenza, con i documenti dell'epoca, ci fornisce
notizie attestanti sia 1' angoscia di quei giorni e sia l'eroica
attività svolta disinteressatamente anche dai cosidetti "notabili" del
paese. Se ne trascrivono alcuni: "prova di filantropico coraggio fin dal
primo momento della avventura - diede - lo zelante sacerdote don
Alessandro Caivano incoraggiando la forza pubblica ed ebbe la
intrepidezza a girare nel corso della notte, e nel profondo buio,
l'intero abitato, facendo disotterrare da sotto le rovine i feriti ed
assolvendo coloro che erano per esalare l'ultimo respiro. Mercè l'opera
sua coadiuvato però da questo capo Urbano Gioacchino De Canio e da
questo Comandante la Gentarmeria Reale Vincenzo Adinolfi e suoi
dipendenti, vennero sottratti dalle rovine e liberati da certa morte
dieci individui esponendosi i medesimi a grave pericolo".
I cadaveri disotterrati venivano custoditi da mura provvisorie in attesa
di essere sepolti nel seminterrato della chiesa della SS. Annunziata.
Troppo sconcertante il bilancio del sisma di quell'anno per un paese
piccolo e povero come Picerno: circa trecento le case crollate e
pericolanti, ventisei i morti, ventuno i feriti (81).
Lenta e insufficiente fu quella della ricostruzione totale di quanto il
terremoto, nel giro di pochi secondi aveva distrutto: nè fu tanto
sollecita l'azione di solidarietà da parte dei paesi viciniori sfuggiti
al cataclisma. La lentezza delle comunicazioni e la deficienza di mezzi
finanziari ne avevano ostacolato il pronto intervento. Sicchè solo il 2
luglio dell'anno seguente (1858), fu possibile, alla Commissione
costituita da d. Nicola Caivano, Vincenzo De Meo, Vincenzo Figliola,
provvedere alla distribuzione di indumenti pervenuti a Picerno.
Se ne trascrive lettera dell'avvenuta ricezione da parte del Sindaco.
"Signor Intendente, per mezzo del portalettere mi furono giunti oggetti al
margine notati per distribuirli ai poveri danneggiati dal terremoto, e
assicuro che adempirò al dovere di metterle i debiti verbali non appena
sarà eseguita la distribuzione ". Il Sindaco Nicola Caivano".
Camicie da uomo n. 5; camicie da donna n. 5; calzoni n. 5; sottocalzoni n.
8; gonne n. 5; vesti n. 5; scialli n. 2; semelli n. 2; fazzoletti n.
12.
Con altri mezzi di diversa provenienza furono prredisposti centri di
raccolta per sgomberare le strade e demolire edifici pericolanti, nonché
riattare almeno in parte il fondo stradale danneggiato del centro
abitato.
Fu molto difficile comunque per questa gente superare il trauma della
tragedia e soffocare i sentimenti di sconforto per poter dare inizio con
forza e coraggio ad una ripresa che fu lenta e faticosa.
Si può dire che in questo paese è ancora vivo, attraverso il racconto
tramandato da padre in figlio, il ricordo delle sofferenze di
quell'anno, e delle difficoltà incontrate e con perseveranza superate
negli anni successivi.
Rimane comunque l'orgoglio di avere ricostruito ciò che il terremoto aveva
in sì poco tempo distrutto. Sicchè la chiesa madre in modo speciale,
intorno alla quale già si stringeva il paese, è venuto ad assumere, dopo
il lontano 1857, ancora di più un valore di simbolo.
lll
77 Da Arch. di Stato di Potenza: Intendenza di Basilicata. Cart. 1375,
fasc. 136. Sul terremoto che devastò i paesi della Basilicata nel
dicembre del 1857 è una ricca bibliografia. Oltre R. BATTISTA, "Il
Terremoto del 1857 in Basilicata - Relazione alla Società Economica
della Provincia di Basilicata con Appendice", Potenza, Santanello, 1858
e G. RACIOPPI, " Memoria sui tremuoti di Basilicata nel dicembre del
1857", Napoli, Stamp. dell'Iride, 1858, cfr. T. PEDIO, "Saggio
bibliografico sulla Basilicata", Potenza, 1961, pp. 236 ss.
78 La perizia dei danni alla chiesa madre venne effettuata il 16 gennaio
1858 dall'Architetto Brancato al quale fu corrisposto il compenso di
venti carlini al giorno. Con altra perizia del 2 marzo 1858 fu
determinata parte delle spese per i primi lavori quali: 1) per
puntellatura duc. 18; per demolizione della navata centrale duc. 14; per
puntellatura del muro che sta dietro la cappella della Concezione duc.
12; per puntellatura della tettoia sopra l'organo duc. 08 e grani 59;
per scomposizione dell'organo per salvarlo dalle rovine duc. 01 e grani
30; per sgombero del tetto precipitato e ricostruzione dello stesso duc.
11 e grani 25; per ricostruzione del tetto caduto della Cappella di S.
Nicola duc. 04 e grani 45; per sgombero di tutto il materiale con la
relativa spesa duc. 03 e grani 75. Al perito Nicola Capece che in
seguito assistette alle operazioni di puntellature e demolizione dei
muri di questa chiesa madre, e fece lavori di progetto per il restauro,
furono corri sposti otto ducati e cinquanta grani. In proposito si
legge, in un manoscritto senza data, reperito presso l'Archivio di casa
Caivano: "La Chiesa di questo Comune fu col tremuoto del 1857
positivamente danneggiata, e nei primi successivi anni si ripararono
alcune mura più pericolanti. Nell'anno scorso minacciando il tetto
rovina, venne alla meglio riparato con le offerte della carità
cittadina. Non dispone di mezzi di sorta per la manutenzione e
riparazioni, ed allo stato presente mi duole l'animo doverlo confessare,
la chiesa di questo Comune trovasi in poco decenti condizioni, non
essendovi modo a ripararla; anche perché le offerte che si potrebbero
avere da questa Cittadinanza in tempi così miseri riuscirebbero di ben
lunga inferiori alla bisogna".
79 Con verbale del 5 febbraio 1858 in Picerno si comunica, da parte della
Commissione Comunale di Picerno, quanto segue all'Intendente: " Si sono
costruite le baracche per la chiesa, per i poveri; una per la
Gentarmeria a cavallo ed una per quella a piedi, una ad uso del Giudice
Regio. 2) I cadaveri in numero di 26 sono stati seppelliti nella chiesa
della Annunziata essendo rimasta crollata la cappella di S. Leonardo
addetta provvisoriamente a Camposanto. 3) Tutta la parte di "Bassa la
terra" che forma la maggior parte del centro abitato è rasa al suolo;
alcune case sono state puntellate altri muri abbattuti, quelli che
formano il prospetto del paese che appaiono intatti, nell'interno sono
crollanti. 4) Le strade sono sgombre di macerie. 5) Essendoci recati ad
ispezionare la chiesa madre questa minaccia imminente rovina". Nel
febbraio del 1859 il signor Nicola Felice Caivano riscosse quattro
ducati per l'uso "delle robe per l'ornamento della cappella in piazza".
Da Arch. di Stato di Potenza Intendenza di Basilicata, fasc. cit.,
Terremoto 1857.
80 Il Vescovo di Potenza e Marsico, il 31 ottobre 1859, a seguito della
lettera del Comune di Picerno diretta a chiedere l'intervento
dell'autorità ecclesiastica perchè si fossero presi seri provvedimenti
riguardo alla cappella di Sant'Arcangelo diroccata e ridotta ad un
mucchio di macerie e di conseguenza luogo di turpitudine, invita
l'Intendente a disporre che detta cappella, secondo le regole canoniche,
sia recintata da un muro per impedire che il luogo venga ancora
profanato, lasciando altresì alla famiglia Mancini libertà di trasformar
la cappella a suo piacimento, quando lo vorrà.
Altri documenti: Il 18 ottobre 1859 il Giudice Regio comunica
all'Intendente di Basilicata che la cappella gentilizia di
Sant'Arcangelo dei Signori Mancini, luogo di sepoltura di famiglia, è
stata protetta da mura di cinta e nel mezzo è stata piantata una croce
in legno ad indicarne il luogo sacro. Altri documenti: 1) il 17
dicembre: lettera della Guardia Urbana all'Intendente: "Le case sono
abbandonate, le sostanze in balia della sventura... gli ordini
eseguiti". 2) Il 17 dicembre 1857: lettera del Giudice del Circondario
di Picerno all'Intendente: " l'ira di Dio ha percosso questo paese con
circa dieci scosse di tremoto. L'abitato è in buona parte atterrato e
quasi tutte le case bastantemente lese. Si deplorano ora circa otto
cadaveri e si dubita con fondamento che molti altri siano rimasti sotto
le rovine per le scosse che tuttora continuano non si sono potute
disotterrare". 3) Il 18 dicembre 1857: lettera del Sindaco con la quale
si comunica all'Intendente che, fino ad oggi 18 dicembre, le vittime
sono 18, le altre sono restate sottoterra. "I Gentarmi Fiaschetti - dice
il documento - ed altri si sono prestati con zelo ed alacrità nelle
operazioni di sgombero per sotterrare i cadaveri". 4) Nella stessa data
il Sindaco invita i medici Vincenzo Caivano, Vincenzo De Meo, Francesco
Gaimari ad assistere i feriti, e comunica inoltre che i morti vengono
seppelliti a spese del Comune. 5) Il 21 dicembre 1857 il Sindaco
comunica che fino ad oggi 21, le vittime sono salite a ventiquattro e
per oggi si assicura che non ve ne sono altre, e che la Gentarmeria
Reale e la Guardia Urbana hanno dato prova di zelo per scavare i morti e
liberare coloro che davano segni di vita, "Vincenzo Caivano - continua
il documento - non ha tralasciato di assistermi assiduamente ed
energicamente si è personalmente affaticato per liberare gli infelici
per sotto le macerie si è prestato con amore e con zelo effettivamente
cristiano occupato a medicare feriti... dopo il decorrimento di 38 ore
circa riusciva a questo attivo e zelante sottocapo Urbano Gioacchino De
Canio in unione dei Gentarmi Antonio Fiaschetti, Antonio Giannino e
Costantino d'Antonio di liberare da sotto le macerie di tre appartamenti
la ragazza Filomena Picerni, la quale veniva consegnata sana e salva
alla desolata sua genitrice". Da Arch. di Stato di Potenza. Intendenza
di Basilicata, fasc. cit., Terremoto 1857.
81 Patrimonio valutato per le case private in quattrocento ducati circa, e
per i palazzi pubblici in quattromilanovecentoquaranta ducati circa. Fra
le abitazioni crollate figurano quelle di Calenda e quella di Gaimari.
|