Capitolo II
ROCCAFORTE REPUBBLICANA CONTRO LE ARMATE SANFEDISTE
Picerno entra nella storia dell'Italia Meridionale soltanto alla fine
del XVIII secolo quando in essa si raccolsero i repubblicani del
dipartimento di Avigliano per organizzarvi, al comando dei fratelli
Vaccaro, la resistenza contro le forze sanfediste che avanzavano verso
Potenza guidati da Sciarpa e da Guglielmo Harley, un ufficiale inglese
sbarcato in Italia Meridionale per organizzare e dirigere la offensiva
sanfedista contro i francesi e la Repubblica Napoletana (110).
L'avanzata sanfedista conclusasi il 10 maggio del 1799 con la presa ed
il sacco di Picerno, cui seguì la resa di Muro Lucano e poi quella di
Avigliano e la conquista di Potenza è stata ampiamente ricostruita,
sfrontata da ogni spirito di campanile e da ogni esagerazione (111).
Tra le città del dipartimento di Avigliano, che il Cuoco definisce "il
dipartimento più democratico della terra" (112), Picerno fu il centro di
raccolta dei repubblicani della Basilicata occidentale e, per l'eroismo
mostrato nel maggio del 1799, meritò l'appellativo di "Leonessa della
Lucania".
Fu possibile organizzare l'ultima resistenza repubblicana a Picerno perché
questa cittadina aveva già aderito al movimento giacobino a seguito
delle infiltrazioni di idee repubblicane attraverso gli studenti
universitari che da Napoli portavano nel loro paese le "nuove idee".
Picerno fu tra le prime cittadine lucane a proclamare la caduta della
monarchia dei Borboni e la sua adesione alla Repubblica Napoletana. "In
Picerno - scrive Vincenzo Cuoco - appena il popolo intese l'arrivo dei
Francesi, corse, seguendo il suo parroco, alla Chiesa a rendere grazie
al Dio d'Israele, che aveva visitato e redento il suo popolo. Dalla
Chiesa passò ad unirsi in parlamento ed il primo atto della sua libertà
fu quello di chiedere conto dell'uso che per sei anni si era fatto del
pubblico danaro. Non tumulti - tiene a far presente il Cuoco - non
massacri, non violenza accompagnarono la revindica de' suoi diritti: chi
fu presente a quell'adunanza udì con piacere ed ammirazione rispondersi
dal maggior numero a taluno, che proponeva mezzi violenti: Non conviene
a noi, che ci lagniamo dell'ingiustizia degli altri, di darne l'esempio.
Il secondo uso della libertà fu di rivendicare le usurpazioni del
feudatario. E quale il terzo? Quello di far prodigi per la libertà
istessa, quello di battersi fino a che ebbero munizioni, e quando non
ebbero più munizioni, per aver del piombo, risolvettero in parlamento di
fondersi tutti gli organi delle Chiese. I nostri Santi, si disse, non ne
hanno bisogno. Si liquefecero tutti gli utensili domestici, finanche
l'istrumenti più necessari della medicina; le femmine, travestite da
uomini, si battettero in modo da ingannare il nemico più col loro
valore, che colle loro vesti" (113).
Presidente della Municipalità Repubblicana di Picerno fu Saverio Carelli e
poi l'arciprete Giulio Salvia (114). Costoro con la partecipazione di
Domenico Calenda, maggiore della Guardia Civica (115), organizzarono le
forze repubblicane del loro paese e parteciparono attivamente ai fatti
d'armi che sconvolsero la Basilicata occidentale tra il marzo e l'aprile
del 1799.
Quando le forze sanfediste, dopo il sacco di Pietrafesa e di Tito, si
diressero verso Bella dove contavano sull'appoggio delle forze
organizzate dal vescovo di Muro Lucano per potersi spingere verso la
valle dell'Ofanto per congiungersi con l'Armata del Cardinale Ruffo
(116), Picerno divenne la leggendaria roccaforte delle ultime forze
repubblicane della Basilicata. Domenico Calenda aveva il comando
militare delle forze repubblicane raccolte a Picerno, mentre il comando
politico della piazza era affidato ai fratelli Vaccaro inviati a Picerno
con il compito ed il grado di Commissari Repubblicani.
A Picerno, in massa partecipa la popolazione per la propria difesa
compiendo numerosi isolati atti di eroismo non comuni. Tra i più
significativi si riporta quello rimasto particolarmente vivo nella
memoria dei picernesi e trasmesso fino a noi da padre in figlio: gli
assalitori che, provenienti dalla contrada Assunta, baldanzosamente
s'affrettavano a salire la china e raggiungere la zona del centro
abitato, denominata oggi via X maggio, sono in vista quando, il rapido
gesto di una giovane popolana nei pressi di Toppo San Leonardo, ne
scompiglia le forze. Ella, imbracciato il fucile, si porta sul tetto
della propria abitazione e, al riparo del comignolo, fa partire un
colpo, freddando il capo di un reparto realista. Ma a nulla valsero tali
ed altre gesta animose dei picernesi. Il numero stragrande degli
assalitori, la loro ferocia e l'inganno permisero alle forze assedianti
di avere ragione della loro resistenza. Era il 10 maggio 1799.
"La piccola città di Picerno che aveva festeggiato con sincera allegrezza
il mutato politico reggimento - scrive Pietro Colletta - assalita dai
borboniani, sbarrò le porte e, aiutandosi del luogo allontanò più e più
volte gli assalitori, sino a che, declinando le sorti universali della
Repubblica, torme più numerose andarono all'assedio; e fu agli abitanti
di necessità combattere dalle mura. Finita dopo un certo tempo la
munizione di piombo e consultati del rimedio in popolare parlamento, fu
stabilito che si fondessero le canne di organo delle chiese, poscia i
piombi delle finestre, in ultimo gli utensili domestici e gl'istrumenti
di farmacia, con i quali compensi abbondò il piombo come abbondava la
polvere. I sacerdoti eccitavano alla guerra con divote preghiere nelle
chiese e nelle piazze: i troppo vecchi, i troppo giovani pugnavano
quanto voleva la debilità del proprio stato; le donne prendevano cura
pietosa dei feriti, e parecchie, vestite come uomini, combattevano a
fianco dei mariti e dei fratelli, ingannando il nemico meno dalle mutate
vesti che per valore. Tanta virtù ebbe mercè avvegnacchè la città non
cadde prima che non cadessero la provincia e lo Stato" (117).
E Sergio De Pilato, dopo la vivace descrizione della "vaga Picerno", con
brevi ed incisive pennellate, ferma l'attenzione del lettore a
considerare l'eroicità di questa gente. Picerno "fu teatro, - dice
l'autore, - di uno dei più eroici episodi della breve istoria della
Repubblica Partenopea: la bella e nobile resistenza alle orde del
Cardinale Ruffo le quali nel 1799 assediarono il paese per varie
settimane. E quando gli abitanti che avevano esaurita ogni munizione,
privi ormai d'ogni altra risorsa, dopo aver respinto ben sei assalti
degli assedianti muniti di cannoni, s'erano rifugiati nella chiesa,
benché il Sacerdote vestito dei sacri paramenti fosse comparso sulla
porta elevando l'ostensorio, gli invasori si abbandonarono alla più
crudele opera di strage, di saccheggio e di sacrilegio". E' sul sagrato
di questa chiesa madre che si compie infine l'ultimo tragico e
sconcertante sacrilego episodio connesso alla difesa di Picerno.
D. Nicola Caivano, senza reticenze, affronta in tutta la sua maestà e
solennità gli assalitori che vuole indurre a retrocedere. Ma l'autorità
morale della chiesa, da lui impersonata, non fa presa sugli animi
assetati di sangue: la presenza del sacerdote costituisce piuttosto
incentivo a perseverarvi.
Le bande armate dello Sciarpa infatti moltiplicano i loro sforzi,
calpestano i corpi esanimi dei fratelli Vaccaro, raggiungono il
sacerdote e, contro di lui rabbiosamente, sfogano la loro ira,
trucidandolo (119). Qui si spegne l'ultima speranza di salvezza: Picerno
è vinta !!!
Nello stesso giorno e senza pompa funebre vennero affidati al pavimento
della chiesa madre i resti mortali delle vittime di questo tragico
momento storico picernese ed, alla lapide in marmo eretta in piazza il
1800, che ne riporta l'elenco, fu affidata la loro memoria (120).
Dopo aver occupata e saccheggiata Picerno "lo Sciarpa nominò Sindaco un
prete paralitico che bisognò portare in sedia nel mezzo della piazza e
da lui volle il Giuramento sul Vangelo di fedeltà al Governo Borbonico"
(121).
Ma il giuramento del nuovo sindaco non legò la parte più responsabile e
viva della popolazione: molti picernesi infatti, anche di notevole fama,
sacerdoti compresi, continuarono in seguito ad impegnarsi nella
piantagione dell'albero della libertà, giurando fedeltà alla Repubblica.
Essi, invisi al governo, vennero deferiti alla giustizia per le relative
condanne. Molti però riuscirono a sfuggire i rigori della legge così
come va rilevato dal "Notamento dei rei di Stato" documento valido ed
attendibile già pubblicato da Tommaso Pedio e che qui di seguito si
riporta (122).
Bianco Francesco nato a Picerno il 28 febbraio 1748 da Nicola e da Palma
Tomasillo: "si diede premura per la democratizzazione e s'oppose
coll'armi alla mano alla Massa di Sciarpa coll'uccisione seguita di più
realisti. Condannato all'esportazione per anni quindici".
Caivano Canio Gerardo nato in Picerno il 16 marzo 1761 da Antonio e da
Giacoma Florio, "alla notizia d'essersi invaso il Regno da' Francesi
s'insigni di coccarda de' Francesi. Indultato".
Caivano Felice Nicola di Pasquale e di Domenica Manfreda, nato in Picerno
il 4 agosto 1774, sacerdote, appartenente a famiglia gentilizia, "fu
impegnatissimo nella piantagione dell'albero. Predicò al Popolo di
conservarsi fedele alla Repubblica quando la Massa Cristiana assaliva
Picerno. Non fu mai carcerato".
Caivano Nicola Felice di Giuseppe e di Paola Secco, "massaro di campo"
analfabeta, "fu tra coloro che resisterono alla Massa Cristiana e Reale
di Sciarpa che s'avanzava a realizzare il Regno". Non è stato mai
carcerato".
Caivano Pietro Pasquale nato a Picerno il 9 luglio 1760 da Domenico e da
Domenica Coletta, "resistè alla Massa Cristiana e Reale che s'avanzava a
realizzare il Regno. Non è stato mai carcerato".
Caivano Saverio (Francesco Saverio), nato in Picerno il 21 febbraio 1773
dal notaio Bartolomeo e da Giacinta Fasulo, "fu impegnatissimo per la
piantagione dell'albero. Resistè alla Massa Cristiana e Reale di
Sciarpa. Realizzato che fu il Regno allarmò la Popolazione dicendo che i
Francesi erano ritornati e giunti a Roma. Non è stato mai carcerato".
Calenda Domenico Venatino Felice Maria, nato in Picerno il 23 ottobre 1772
dal Dottore in U.J. Francesco e da Francesca Ostuni, "nel sentire la
Massa di Sciarpa avvicinarsi al Tito s'unì coll'altra gente e con essa
si portò a respingerla. Non è stato mai carcerato".
Capece Benedetto, dottore in U. J., nato in Picerno il 13 febbraio del
1748 da Gennaro, ricco "massaro di campo", e da Rosa Tarullo, alla
notizia dell'invasione de' Francesi "s'insigni di coccarda tricolore.
Resistè coll'armi alla mano alla Massa di Sciarpa coll'uccisione seguita
di più realisti. Realizzato che fu poi il Regno, sparse notizie
allarmanti che i Francesi erano arrivati e dovevano di nuovo invadere il
Regno. Assente ed eccettuato dall'indulto".
Capece Domenico, fratello del notar Nicola, nato in Picerno il 3 marzo
1756 da Giuseppe e da Carmela Verdecanna nel sentire la Massa di Sciarpa
avvicinarsi al Tito unì gente e con essa si portò a respingerla. Mai
carcerato".
Capece Nicola Pasquale, nato in Picerno il 9 aprile 1754 da Giuseppe e
Carmela Verdecanna, "fu impegnatissimo per la piantagione dell'albero.
Fu Municipe. Sobillò il Popolo a resistere alla Massa Cristiana di
Sciarpa che s'avanzava a realizzare il Regno. Non fu mai carcerato".
Capece Tommaso nato in Picerno verso il 1764 "fu impegnatissimo per la
piantagione dell'albero. Insinuò massime repubblicane. Unito all'altri
resistè coll'armi alla mano alla Massa Cristiana e Reale di Sciarpa che
s'avanzava a realizzare il Regno. Condannato all'esportazione per anni
venti".
Cappiello Canio Felice, sacerdote, nato in Picerno il 13 gennaio 1744 dal
dottore in U. J. Tommaso e Giacoma Marsilio, "alla notizia d'essersi da'
Francesi invaso il Regno mostrava lettera del di lui nipote commorante
in Napoli per ragioni di studio e s'insigni di coccarda tricolore che
diceva avergli mandato detto suo nipote. Fu premuroso di democratizzarsi
come avvenne. Unitamente al parente D. Canio sparse voci allarmistiche
dopo che il Regno s'era realizzato. Indultato".
Cappiello Canio Vito Nicola nato in Picerno l'8 maggio 1779 da Giuseppe e
da Angela Cataldo, "sparse voci allarmistiche dopo che il Regno s'era
realizzato. Non fu mai carcerato".
Cappiello Francesco Canio nato in Picerno il 15 febbraio 1773 da Nicola e
da Rosa Cerbasi "ebbe premura per la piantagione dell'albero come seguì
spargendo al Popolo sentimenti repubblicani con maldicenze alla
Sovranità. Non è stato mai carcerato".
Cappiello Pasquale Leonardo, fratello di Canio Vito, da non confondere
coll'omonimo figliuolo di Gerardo, nato in Picerno il 23 aprile 1764 da
Giuseppe e da Angela Cataldo, "fu impegnatissimo per la piantagione
dell'albero. Resistè coll'altri alla Massa Cristiana e Reale di Sciarpa
che si avanzava a realizzare il Regno. Non fu mai carcerato".
Carelli Giuseppe Angelo Gaetano nato in Picerno il 9 dicembre 1774 da
Nicola Felice e da Teresa Lancieri, "alla notizia d'essersi da' Francesi
invaso il Regno si pose la coccarda francese. Ebbe di poi la premura per
la piantagione dell'albero e accolse D. Francesco Antonio Ceglia
ricompensato dalla Nazione Francese ad oggetto di democratizzare la
Popolazione ed eliggere al tempo stesso i Municipali. Andiede coll'altri
a Potenza per ripiantarvi l'albero e vi fece da Capo, ma vi giunse che
in quella terra s'era di già fatta la processura di D. Nicola e D.
Basilio fratelli Addone. S'oppose alla Massa Cristiana al Marmo nel
mentre li suoi paesani portavano l'armi per la difesa contro l'assalto
di Picerno della Massa Cristiana che di già avevano realizzato Vietri. E
andiede al soccorso di altri Paesi. Assente ed eccettuato
dall'indulto".
Carelli Nicola, nato in Picerno il 21 luglio 1780 da Michele e da Rosa
Faraone "alla notizia precorsa che i Francesi avevano preso la Capitale
di Napoli, s'insigni della coccarda francese. Unito all'altri resistè
alla Massa Cristiana e Reale di Sciarpa all'assedio del Tito e nella sua
Patria. Fu condannato all'esportazione per anni cinque".
Carelli Saverio da non confondersi coll'omonimo arciprete, nato in Picerno
il 6 febbraio 1771 da Nicola Felice e da Teresa Lancieri, fu uno di
quelli che all'avvicinarsi della Massa Cristiana minacciarono la
popolazione di Bella di sterminio se non si democratizzava con la
piantagione dell'albero. Resistè coll'armi alla mano alla Massa
Cristiana che s'avanzava a realizzare la sua Patria. Si portò colla
Guardia di Avigliano in Altamura contro il Cardinale Ruffo. Assente ed
eccettuato dall'indulto".
Cerbasi Felice difficilmente individuabile tra i due omonimi che, nel
1799, vivevano in Picerno, "si prestò per la piantagione dell'albero
insinuando al Popolo massime repubblicane. Resistè coll'armi alla mano
alla Massa Cristiana e Reale di Sciarpa che s'avanzava a realizzare il
Regno. Condannato all'esportazione per anni quindici".
Cerbasi Michelangelo nato in Picerno verso il 1770, "fu impegnatissimo per
la piantagione dell'albero insinuando al Popolo massime repubblicane.
Resistè coll'armi alla mano alla Massa Cristiana e Reale di Sciarpa che
s'avanzava a realizzare il Regno. Condannato all'esportazione per venti
anni".
Cerbasi Nicola, che aveva bottega di falegname e di fabbro alla "strada
Boschetto", era nato in Picerno, verso il 1769 da "mastro" Alessio e da
Cecilia Pascale, "resistè coll'armi alla mano alla Massa Cristiana e
Reale che s'avanzava a realizzare il Regno. Non è stato mai carcerato".
Colletta Giacomo, dottore ni U. J. aveva scuola in Picerno 'dell'una e
dell'altra legge', "ebbe premura per la piantagione dell'albero. Fu
Municipe. Realizzato che fu il Regno sparse voci allarmanti che i
Francesi erano vicini di ritorno. Non è stato mai carcerato".
Colletta Giuseppe, "esattore delle R. Collette, prima del 1799, alla
notizia che i nemici avevano invaso il Regno s'insignì di coccarda
tricolore. Fu impegnatissimo per la piantagione dell'albero. Sparse
sentimenti repubblicani. Indultato".
Croce Giuseppe Francesco, sacerdote, da non confondere con il popolano
omonimo che aveva casa alla "via S. Pasquale", nato in Picerno il 27
settembre 1753 da Felice e da Laura Temuto, "alla notizia che i nemici
avevano invaso il Regno predicò in Chiesa e s'insignì di coccarda
tricolore. Realizzato che fu il Regno sparse voci allarmistiche che i
Francesi erano vicini al ritorno. Non fu mai carcerato".
De Canio Domenico Giuseppe, Sacerdote, da non confondere con il ricco
"massaro di campo" omonimo che aveva casa nei pressi del palazzo
Caivano..., nato in Picerno l'11 novembre 1755 da Carlo e da Luigia
Cappiello, "nel sentire la Massa Cristiana di Sciarpa avvicinarsi al
Tito unì gente e con essa si portò a respingerla. Non è stato mai
carcerato".
De Canio Nicola Mario Prospero, sacerdote, nato in Picerno l'8 settembre
1761 da Giuseppe e da Costanza Carelli, "si portò coll'altri a
democratizzare i vicini luoghi. Predicò in Chiesa di resistere coll'armi
alla mano alla Massa Cristiana e Reale che si avanzava a realizzare il
Regno. Non è stato mai carcerato".
De Meo Berardino Nicola, sacerdote, nato in Picerno il 3 marzo 1761 dal
notar Stefano e da Caterina Caivano, "compose una satira contro la
Sovranità affìggendola all'albero democratico. Non fu mai carcerato".
De Meo Giuseppe Maria, "fu impegnatissimo per la piantagione dell'albero.
Si portò coll'altri a democratizzare li vicini luoghi e resistè alla
Massa Cristiana di Sciarpa. Non è stato mai carcerato".
Di Lucia Francesco Sacerdote di Picerno "manifestò sentimenti repubblicani
con maldicenze alla Sovranità. Non è stato mai carcerato".
Di Muro Nicola da Polla (Salerno), trasfertosi a Picerno dove aveva
contratto matrimonio, "fu impegnatissimo per la piantagione dell'albero.
Resistè alla Massa Cristiana e Reale che si avanzava a realizzare il
Regno. Si portò a Potenza con Sciarpa per realizzare quella Terra ma
commise eccessi. Non è stato mai carcerato".
Faraone Felice Paolo, "massaro di campo", nato in Picerno da Domenico e da
Caterina Galasso ed aveva abitazione alla "via San Lorenzo", fu
impegnatissimo per la piantagione dell'albero. Unito al di lui germano
Sabato che rimase ucciso fu tra coloro che resisterono alla Massa
Cristiana e Reale di Sciarpa che s'avanzava a realizzare il Regno. Non
fu mai carcerato".
Figliuolo Felice, Sacerdote, da non confondere con il "possidente" omonimo
. . . apparteneva ad una delle più ricche famiglie di Picerno dove era
nato verso il 1777, "si diede premura per la democrazia. Andò coll'altri
in Baragiano per ripiantarvi l'albero come seguì e commorò alla casa di
D. Francesco Saverio Venetucci suo compaesano. Resistè coll'armi alla
mano colli patrioti di Muro, Baragiano Santo Fele, Avigliano e d'altre
terre del Marmo, in dove fu fatto prigioniero D. Pantaleone Spicacci
della città di Muro. Fu indi all'assedio di Picerno contro la Massa di
Sciarpa coll'uccisione seguita di più Realisti. Condannato
all'esportazione per anni dieci".
Gaimari Camillo, Sacerdote, nato in Picerno da ricca famiglia gentilizia
che aveva abitazione in una "traversa della Strada San Bartolomeo",
"sparse voci allarmanti per il Paese quando il Regno era di già
realizzato spacciando essere giunti a Roma i nemici. Non è stato mai
carcerato".
Gaimari Francesco Saverio, fratello di Camillo, nato in Picerno il 9
luglio 1771 da Vincenzo e da Antonietta Ferretti, "seminò massime
avverso la Sovranità. Non è stato mai carcerato".
Gaimari Giuseppe Antonio, fratello di Camillo e di Francesco Saverio, nato
in Picerno il 20 marzo 1779 da Vincenza e da Antonietta Ferretti, "alla
notizia che i nemici avevano invaso il Regno rientrò in Patria e si
insignì di coccarda francese. Impegnatissimo per la piantagione
dell'albero sparse sentimenti repubblicani. Resistè coll'armi alla mano
alla Massa Cristiana e Reale che s'avanzava a realizzare il Regno.
Indultato".
Gaimari Saverio, "dottore fisico", fratello di Camillo, di Francesco
Saverio e di Giuseppe, da Picerno, "fu impegnatissimo per la piantagione
dell'albero. Resistè alla Massa Cristiana e Reale di Sciarpa. Realizzato
che fu il Regno allarmò la Popolazione dicendo che i Francesi erano
ritornati e giunti a Roma. Indultato".
Gigantiello Nicola Pasquale Antonio "galantuomo" nato in Picerno il 23
maggio 1773 da Giuseppe e da Angela Capece "alla notizia percorsa che i
Francesi avevano preso la Capitale di Napoli s'insignì di coccarda
francese. Uniti all'altri resistè alla Massa Cristiana e Reale che
s'avanzava a realizzare il Regno coll'uccisione seguita di più realisti
nell'assedio del Tito e Pietrafesa e nella di lui Patria. Condannato
all'esportazione per anni quindici".
Iasillo Nicola "fu impegnatissimo per la piantagione dell'albero. Resistè
alla Massa Cristiana e Reale che s'avanzava a realizzare il Regno. Non
fu mai carcerato perché latitante e fuggitivo".
Iervasio Nicola "resistè coll'armi alla Massa Cristiana che s'avanzava a
realizzare il Regno. Non fu mai carcerato".
Marsico Giovanni Battista, sacerdote, nato in Picerno il 24 febbraio 1771
da Antonio e da Caterina Becco, "alla notizia che i nemici avevano
invaso il Regno predicò in Chiesa e s'insignì di coccarda tricolore.
Resistè alla Massa Cristiana e Reale che s'avanzava a realizzare il
Regno. Indultato".
Mardilio Antonio, da non confondere con il "coltivatore" omonimo che aveva
casa alla "Via Retro la Terra", e che aveva sposato una figliuola di
Benedetto Capece, Pasqualina, "fu uno che resistè alle armi a Massa.
Condannato all'esportazione per quindici anni".
Mauro Nicola, nato in Picerno il 20 giugno 1778 da Casimiro e da Isabella
Pagano, "alla notizia precorsa che i Francesi avevano presa la Capitale
di Napoli s'insigni di coccarda tricolore. Unito all'altri resistè
coll'armi a Massa al Tito e Pietrafesa e nella sua Patria. Condannato
all'esportazione per anni dieci".
Molinari Domenico Antonio, Sacerdote, nato in Picerno il 16 settembre 1775
da Nicola, indicato come "magnifico" a f. 32 del VI vol. dei Libri dei
Battezzati di Picerno, e da Angela Galasso, "alla notizia d'essersi
invaso il Regno da' nemici proclamò al Popolo la democrazia. Indi
realizzato che fu il Regno sparse voci allarmistiche che i Francesi
erano giunti a Roma. Non è stato mai carcerato".
Potenza Giovanni, nato in Picerno il 24 ottobre 1774 da Canio e da Antonia
Russillo, "alla notizia che i Francesi avevano invaso il Regno s'insignì
di coccarda tricolore. Fu impegnatissimo per la piantagione dell'albero.
Resistè coll'armi alla mano alla Massa Cristiana che s'avanzava a
realizzare il Regno. Indultato".
Russo Gerardo, nato in Picerno verso il 1762, "fu impegnatissimo per la
piantagione dell'albero. Fu uno di quei che resistè alle armi a Massa e
andiede al soccorso d'altri paesi. Condannato all'esportazione per anni
dieci".
Russo Liborio, "galantuomo", nato in Picerno il 21 luglio 1748 da Tommaso
e da Antonio Gasparro, "resistè alla Massa Cristiana e Reale che si
portava a realizzare la sua Patria. Indultato".
Salvia Giulio, nato in Picerno dal dottore in u.j. da Francesco e da Maria
Giuseppa Venetucci, "Impegnatissimo per la piantagione dell'albero.
Predicò al Popolo di conservarsi fedele alla Repubblica quando la Massa
Cristiana aveva fatto prigione D. Pantaleone Spicacci e assaliva
Picerno. Fu Presidente. Si accolse D. Michelangelo Vaccaro commissionato
dal Governo Repubblicano che faceva dimora nella di lui casa. Resistè
coll'armi alla mano alla Massa Cristiana e Reale che s'avanzava a
realizzare la Patria. Condannato all'esportazione per anni dieci".
Salvia Nicola Maria Giacinto, fratello dell'Arciprete Giulio, nato in
Picerno il 29 luglio 1771 da Francesco e da Maria Giuseppa Venetucci,
"resistè coll'armi alla mano alla Massa Cristiana e Reale che s'avanzava
a realizzare il Regno. Non fu mai carcerato".
Sproviero Saverio Coronato nato in Picerno il 25 aprile 1750 da "maestro"
Michelangelo e da Margherita Riviello, "fu impegnatissimo per la
piantagione dell'albero. Sedusse il Popolo a mantenersi fedele alla
Repubblica. Resistè alla Massa Cristiana e Reale che s'avanzava a
realizzare il Regno. Condannato all'esportazione per anni quindici".
Tancredi Stefano, nato in Picerno il 19 maggio 1771 da Felice e da Carmela
Russo, "fu impegnatissimo per la piantagione dell'albero. Resistè alla
Massa Cristiana e Reale che s'avanzava a realizzare il Regno. Realizzato
che fu il Regno allarmò la popolazione dicendo che i Francesi erano
tornati e giunti a Roma. Indultato".
Tancredi Domenico, nato in Picerno verso il 1750,Si prestò per la
democrazia. Unito all'altri andiede al Tito a respingere l'armi a Massa
di Sciarpa. Condannato all'esportazione per anni cinque".
Tirone Stefano "fu impegnatissimo per la piantagione dell'albero. Unito
all'altri andiede nel Tito a respingere le armi di Sciarpa a Massa
coll'uccisione di più Realisti. Indultato" (123).
lll
110 Sciarpa (Gerardo Curcio da Polla) "uno dei più grandi e più funesti
controrivoluzionari, lo divenne per calcolo": offrì a Schipani, inviato
a spegnere i focolai filoborbonici nelle Calabrie, le sue truppe, purché
gli venisse offerto un compenso, ma ne ottenne un netto rifiuto. Egli il
3 maggio occupava Tito, il 7 assediava Picerno e la prendeva di assalto
il 10, il 15 saccheggiava Muro; il 18 entrava in Potenza.
111 Per una esatta ricostruzione dei fatti conclusisi il 10 maggio del
1799 con la caduta di Picerno cfr. T. PEDIO, "Giacobini e Sanfedisti in
Italia Meridionale", Bari, Adriatica Editrice, 1974, vol. II, pp. 733
ss..
112 V. CUOCO, "Saggio storico della rivoluzione napoletana del 1799" a
cura di N. CORTESE, P. 206.
113 V. Cuoco, "Saggio storico" cit., pp. 129 s..
114 Consigliere di Intendenza durante il decennio, deputato nel 1809 al
Parlamento Nazionale che non fu mai riunito da Gioacchino Murat,
coinvolto nei moti carbonari del 1820-21, il Carelli, che si era
ritirato a Napoli, mori nella città partenopea nel 1825. Il Salvia,
canonico e poi arciprete nel suo paese, fu esule dopo la caduta della
Repubblica Napoletana e mori a Picerno il 21 aprile del 1811. Su
entrambi cfr. T. PEDIO, "I presidenti delle Municipalità Repubblicane
dei paesi lucani durante la Repubblica Partenopea" in "Arch. Stor.
Calabria e Lucania ", a. XXVI (1957), pp. 128 s. .
115 Su Domenico Calenda, nato a Picerno il 28 ottobre 1772 e morto a
Picerno il 30 settembre del 1824 cfr. T. PEDIO, "Dizionario dei Patrioti
Lucani" cit., vol. I, p. 227.
116 Il cardinale Fabrizio Ruffo, sbarcato in Calabria il 3 febbraio del
1799 con pochi uomini, riuscì a costituire una forte Armata che si disse
"della Santa Fede" con il proposito di riconquistare il Regno di Napoli.
La marcia del Ruffo ha del prodigioso. Cfr. in proposito T. PEDIO,
"Giacobini e Sanfedisti nell'Italia Meridionale" cit., vol. I, pp. 58
ss.. Occupata Matera, egli si spinge verso Altamura. L'8 maggio il
Cardinale Ruffo circonda con le sue masse la città di Altamura che viene
assalita, il 9 dello stesso mese si apre il fuoco, all'alba del 10
maggio la città viene occupata e saccheggiata casa per casa. "Il sacco,
secondo Vincenzo Cuoco, era stato promesso ai soldati dal Cardinale
Ruffo per indurli alla avanzata mediante la collaborazione di galeotti
che portò a guadagnare alla causa regia Gravina, Spinazzola, Venosa,
Melfi. Intanto "Nel Vallo di Diano era a capo un certo Gerardo Curcio da
Polla famoso e famigerato nel nome di Sciarpa... che occupa i paesi
difficilissimi e da natura aspramente fortificati dal prossimo
Campestrino e quello del Marmo: e di là minacciando a Potenza si portò a
Vietri, e si spinse a Muro, dove nonostante la valorosa resistenza dei
patrioti entrò a saccheggiare, incendiare ed uccidere. E crescendo
sempre di numero per dove passavano, mercè assimilazione simpatica dei
più impuri elementi della società, tra il marzo e l'aprile poterono
togliere al governo della repubblica, oltre a metà del salernitano
nonché tutto il Cilento, ma non breve parte della Basilicata, specie le
comitive nelle valli del Sinni e dell'Agri. Contro le masse di Sciarpa
che minacciava i paesi dell'altra "valle del Basento, si opposero fin
d'allora, e non senza successo, schiere di patrioti di Potenza, di
Avigliano, di Picerno, di Tito ed altri paesi lì intorno; i quali fecero
punto fino a Vietri si spinsero e minacciarono fino a Polla, quartier
generale dello Sciarpa". (Tanto viene rilevato dal carteggio del
Cardinale Ruffo del 27 aprile da Rocca Imperiale, pag. 260). Mentre il
Cardinale riportava trionfi sul versante ionico, giunse Schipanni che fu
costretto a ritirarsi. "Lo Sciarpa intanto si spinse innanzi verso la
parte montuosa della Basilicata non corsa dal Cardinale, per abbattere
le neorepubblichette e far bottino ladroneggiando; risale la valle del
Platano ma incontra un intoppo verso il paese di Picerno. Erano i
patrioti di Basilicata, con a capo gli animosi fratelli Nicola e
Gerolamo Vaccaro di Avigliano; i quali raccolta buona mano di gente ben
disposta e volenterosa della loro patria e dei prossimi paesi di Ruoti,
di Tito ed altri d'intorno, sbarrarono alle orde di Sciarpa il cammino a
Picerno. E qui avvenne la lunga eroica resistenza. Era il 10 maggio
1799. Cfr. RACIOPPI, "Storia dei Popoli della Lucania e della
Basilicata", Vol. II, Loechester, Roma 1889, pp. 445 s..
117 P. COLLETTA, "Storia del Reame di Napoli" ed. a cura di N. Cortese,
vol. II.
118 S. DE PILATO, "Il 1799 in Basilicata" in "Arch. Storico Calabria e
Lucania" 1939.
119 Arch. Parr. di Picerno: "Libro dei Defunti".
120 De Meo Bernardino Nicola Sacerdote per dovere di ufficio trascrisse
nel "Libro dei Morti" della chiesa madre di Picerno un elenco non
completo di coloro che caddero "in conflitto" il 10 maggio 1799. I morti
furono settanta tra i quali diciannove donne. Nell'elenco compaiono i
nomi di Girolamo e Nicola Vaccaro di Avigliano, e Giuseppe Gentile di
Avigliano, Francesco Scavone di Ruoti, Rocco Palermo di Pietrafesa,
Ciarlone di Nocera e Nicolò Caivano ucciso a colpi di pietra in Chiesa,
mentre presentava la immagine di Cristo crocifisso ai briganti
irrompenti. Con la morte dei Vaccaro, che con il loro corpo avevano
fatto da scudo a Picerno, le porte della città furono aperte e donne e
uomini inermi divennero vittime della barbarie degli assalitori. Tra le
altre morirono alcune famiglie dei Caivano. Cfr. RACIOPPI, "Storia dei
popoli della Lucania e della Basilicata", Loechester. Dai libri
parrocchiali si rileva: Die decima M. Mai A. D. mille septingentesimo
nonagesimo nono, in conflictu huius terrae Picerni secu, et exsepulti
fuerunt in ecclesia S. Nicolai, sine pompa funebri: Nicolaus Caivano,
occisus in Ecclesia ictibus lapideis stans, in manibus imaginem et
crucem Domini nostri Iesus Christi habens - Angela Cappiello Felix
Marchetto - Paschalis Galasso - Ioseph D'Antonio - Nicolaus Tirone -
Ioseph Caivano progino - Stefania Caivano - Ioseph Caivano - Ioseph
Caivano nepos - Scipione Caivano - Dominus Vitus Caivano - Rocchus
D'Agoglio - Lavinia Caivano - Franciscus Capece - Iosephus Carluccio -
Pascalis Pannullo - Gerardus Casale - Angela D'Antonio - Rosa Vazza -
Canion Carluccio - Petrus Galasso - Antonius Caivano - Gerardus Marsico
- Domenica Russiello - Roccus Palenno, terrae petrafisii - Iacopus
Marrese - Domenica Bove - Vincentius Cerbasi - Domimcus Gerbasi filius -
Virgitta D'Aquino - Dominicus Colletta - Maria Gioiosa - Rosa Potenza -
Carmelia Potenza - Salvator Marchetto - Paschalis Corvino - Paschalis
Lorusso - Michaele Chiriano - Iosepha Pasquale et Sabatus Faraone
coniuges - Ioseph Marcone - Angela Russillo - Laura Capece - Felix
Salvia - Antonius Tancredi - Felix Curcio - Catharina Decanio - Notarius
Dominus Gerardus Scarillo - Thomas Figliuolo - Brigitta Coletta -
Domenica Tarallo - Nicolaus Capece - Franciscus Capece - Sabatus Tataro
- Rosa Sapienza - Rosa Cataldo - Ioseph Latorre - Doctor Phisicus
Nicolaus Decanius - Dominus Alojsius Decanius, filius - Rosa Tomasillo
Franciscus Caivano - Angelus Riviello - Nicolaus Latorre - Canion
Manfreda - Dominus Michael Vaccaro et Dominus Hyerominus Vaccaro,
fratres, et Magnificus Ioseph Gentile, terrae Aviliani - Franciscus
Scavone, terrae Roti - Dominus Antonius Ciarlone, civitatis Noceriae.
Questo elenco di martiri venne poi pubblicato da G. FORTUNATO nel 1884 e
poi raccolto, con la sua monografia su "Il 1799 in Basilicata" negli
"Scritti vari", Trani, Vecchi, 1900. Cfr. l'elenco in ordine alfabetico
con dati biografici in T. PEDIO, "Uomini aspirazioni e contrasti nella
Basilicata del 1799", Matera, Montemurro, 1961, pp. 249-252.
121 B. CROCE, G. CECI, M. D'AYALA, S. Dl GIACOMO, "La Rivoluzione
Napoletana del 1799 illustrata con ritratti, vedute, autografi ed altri
documenti figurativi e grafici del tempo. Albo pubblicato nella
ricorrenza del I Centenario della Repubblica Napoletana", Napoli,
Morano, 1899, p. 40.
122 I "Notamenti dei rei di Stato" furono formati dai "Visitatori generali
del re o di giustizia per le provincie di Terra di lavoro, Salerno,
Chieti, Teramo, Lecce, Basilicata, Catanzaro, Cosenza". Quello della
Provincia di Basilicata, comprendente 1307 nominativi, è in T. PEDIO,
"Uomini aspirazioni e contrasti", cit., pp. 105-337. I "rei di Stato" di
Picerno sono a pp. 240-249.
123 In T. PEDIO: "Uomini, aspirazioni e contrasti nella Basilicata del
1799" cit. pp. 240-249.
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